di Shane Quinn
https://www.geopolitika.ru/en/article/major-power-rivalries-eurasia
L’“agenda della libertà” del presidente George W. Bush potrebbe essere definita come sovversione, ovvero il tentativo di minare la struttura di una nazione straniera per raggiungere un cambio di regime o obiettivi politici. La propaganda è un elemento centrale delle azioni sovversive e include la diffusione di materiale in gran parte falso in modo da screditare i regimi all’estero.
Questo è stato il caso – 20 anni fa ormai – della preparazione dell’invasione dell’Iraq guidata dagli Stati Uniti nel marzo 2003, quando Saddam Hussein è stato ingiustamente accusato di possedere armi di distruzione di massa (WMD) o di avere legami con Al Qaeda. La propaganda può essere diffusa abbastanza facilmente attraverso i media corporativi occidentali, come si vede in relazione a Iraq, Afghanistan, Serbia e così via.
Molto utili anche per alimentare disordini sono le organizzazioni statunitensi come il National Endowment for Democracy (NED), il National Democratic Institute (NDI), l’USAID, la Freedom House, i gruppi della Open Society di George Soros e, naturalmente, la CIA.
Molti di questi hanno sostenuto e finanziato le “rivoluzioni colorate” che si sono verificate in stati come la Georgia (2003), l’Ucraina (2004) e il Kirghizistan (2005). Questi o condividono un confine con la Russia o sono ex repubbliche sovietiche, non può essere una coincidenza. Le rivoluzioni colorate erano, chiaramente, un mezzo conveniente per l’amministrazione Bush per perseguire la propria politica di accerchiamento della Russia.
Ad esempio, nel febbraio 2005 il Wall Street Journal ha riconosciuto che nello stato dell’Asia centrale del Kirghizistan organizzazioni come USAID, NED e Soros’ Open Society stavano finanziando l’opposizione antigovernativa, istigatore chiave della “rivoluzione dei tulipani” del Kirghizistan. Negli anni precedenti, l’USAID da solo aveva dispensato centinaia di milioni di dollari per tali attività. Stati come il Kirghizistan sono stati identificati dal presidente Bush come importanti non solo per invadere la Russia, ma come trampolino di lancio per le offensive militari statunitensi.
Dal dicembre 2001 gli americani hanno iniziato ad arrivare in Kirghizistan, utilizzando la capitale Bishkek come centro logistico per sostenere la loro invasione dell’Afghanistan. Washington stava anche cercando di aumentare la sua presenza nelle tanto desiderate regioni del Mar Caspio e del Mar Nero, insieme alle aree circostanti ulteriormente contese tra la Russia e le potenze occidentali.
Nonostante Washington interferisse in territori come l’Ucraina e la Georgia, gli americani non desideravano particolarmente seminare instabilità nello stato dell’Azerbaigian nel Caucaso meridionale, un’altra ex repubblica sovietica che confina a nord con la Georgia. In Azerbaigian, infatti, gli americani avevano bisogno di un ambiente stabile, poiché avevano interessi in infrastrutture petrolifere che collegassero i giacimenti di produzione di Baku, la capitale dell’Azerbaigian, al porto mediterraneo di acque profonde di Ceyhan, nel sud della Turchia, capace di ricevere navi cisterna ciascuna con capacità di oltre 300.000 tonnellate di petrolio .
Baku aveva fornito alla Russia sovietica almeno l’80% del suo intero petrolio durante la seconda guerra mondiale, il che fu cruciale nella vittoria dell’Armata Rossa contro la Germania nazista.
L’Azerbaigian odierno detiene ancora notevoli quantità di petrolio e, di conseguenza, la sua importanza strategica rimane chiara: l’Azerbaigian condivide un’estesa costa con il Mar Caspio, mentre è una rotta energetica vitale che collega il Caucaso e l’Asia centrale, come aveva evidenziato Zbigniew Brzezinski quando era il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti (1977-81). Invece di inviare soldati americani per salvaguardare gli obiettivi di Washington in Azerbaigian, il Pentagono ha inviato “appaltatori civili” da compagnie militari private come la Blackwater. Uno dei loro obiettivi principali era proteggere i giacimenti di petrolio e gas del Mar Caspio, storicamente controllati nella maggior parte dei casi dalla Russia.
Il Mar Caspio, il lago più grande della terra, è estremamente ricco di risorse naturali ed “è una delle più antiche aree produttrici di petrolio al mondo” e “una fonte sempre più importante di produzione energetica globale” secondo la US Energy Information Administration (EIA ).
Nel 2012, la stessa EIA ha stimato che il Mar Caspio e i suoi dintorni contengano quantità di petrolio accertate per 48 miliardi di barili, più di quanto sia presente in America o in Cina. L’US Geological Survey ha calcolato che le riserve reali di petrolio del Caspio sono significativamente maggiori delle quantità accertate, contenendo, forse, altri 20 miliardi di barili di petrolio non ancora scoperto.
Nel 2012, la regione del Caspio ha prodotto, in media, 2,6 milioni di barili di greggio al giorno, pari a circa il 3,4% dell’offerta mondiale. Gran parte del petrolio viene estratto vicino alle coste del Caspio. Complessivamente, si ritiene che la produzione di petrolio del Caspio abbia superato quella del Mare del Nord e le trivellazioni petrolifere esplorative in quest’ultimo specchio d’acqua sono scese da 44 pozzi nel 2008 a soli 12 nel 2014.
Eppure ci sono ancora 16 miliardi di barili di petrolio recuperabili al largo la costa della città scozzese di Aberdeen e ad ovest delle isole Shetland più a nord.
La US Energy Information Administration ha stimato che il Mar Caspio contiene “riserve probabili” di 292 trilioni di piedi cubi di gas naturale. L’US Geological Survey ritiene, inoltre, che ci siano altri 243 trilioni di piedi cubi di gas non scoperto nel Caspio, la maggior parte dei quali si trova nel bacino del Caspio meridionale. La Russia e il suo vicino Kazakistan hanno controllato la maggior parte del Caspio.
Al quarto vertice del Caspio, convocato ad Astrakhan, in Russia, il 29 settembre 2014, le cinque nazioni che condividono una costa con il Mar Caspio – Russia, Iran, Azerbaigian, Turkmenistan e Kazakistan – hanno deciso all’unanimità di difendere la sicurezza della regione e impedire che questa venga penetrata da potenze esterne. Questo accordo ha cercato di proteggere il cuore dell’Eurasia dalla NATO espansionista – intendendo, in effetti, gli Stati Uniti – la cui presenza militare negli ultimi anni è stata notevolmente ridotta in Asia centrale.
L’accordo raggiunto, al quarto vertice del Caspio, ha, di fatto, chiuso il Mar Caspio ai progetti del presidente Barack Obama. Gli Stati Uniti avrebbero incontrato difficoltà ad avanzare in un’area in cui in precedenza avevano mantenuto strette relazioni con l’Azerbaigian, il Turkmenistan e il Kazakistan dall’attacco militare del 2001 all’Afghanistan, sostenuto dai paesi della NATO Germania, Gran Bretagna, Italia e Canada. Gli Stati Uniti avevano distorto il ruolo della NATO per fare dell’Alleanza uno strumento militare offensivo di vasta portata. Oltre al Caucaso stesso, tra le ambizioni di Washington c’era quella di assicurarsi una presenza a cavallo delle catene montuose dell’Hindu Kush e del Pamir dell’Asia centrale e meridionale.
Nel maggio 2005 il presidente Bush aveva visitato la capitale georgiana Tbilisi, dicendo che la Georgia era diventata un “faro di libertà”. Bush considerava il controllo del Caucaso meridionale e dell’Asia centrale vitale per ottenere la vittoria in Afghanistan più a est. La Casa Bianca di Bush si era assicurata basi militari statunitensi in Asia centrale, come nell’Uzbekistan meridionale, non lontano dal Tagikistan, e la base aerea di Manas nel Kirghizistan settentrionale.
Washington ha tentato, così, di posizionare la sua potenza militare al centro dell’Eurasia, in particolare in Georgia e Azerbaigian, da dove le truppe della NATO avrebbero potuto essere inviate in Afghanistan e in Iraq. Le basi militari statunitensi in Georgia sarebbero servite da supporto alle basi del Pentagono in Turchia, a breve distanza dalla Georgia; mentre una presenza militare americana in Azerbaigian avrebbe dato all’amministrazione Bush la possibilità di lanciare un attacco contro l’Iran, cosa di cui si parla da tempo a Washington.
La maggior parte delle élite americane da allora si è resa conto che un’invasione dell’Iran sarebbe altamente rischiosa e difficilmente avrebbe successo. L’esercito americano non è riuscito a superare l’Iraq, un paese molto più piccolo e più debole dell’Iran. In effetti, l’Iraq, una nazione in gran parte indifesa, era stato gravemente minato da anni di sanzioni occidentali prima dell’offensiva anglo-americana del 2003.
Nel 2008, il successo dell’intervento militare russo in Georgia ha ricordato all’Occidente che il Caucaso, come i dintorni del Mar Nero e del Caspio, è nella sfera di influenza della Russia. Mosca non avrebbe permesso la continua espansione degli americani. Delle ex repubbliche sovietiche, la Georgia si era allineata più strettamente con gli Stati Uniti, dopo la “rivoluzione delle rose” alla fine del 2003, sostenuta dal Pentagono e finanziata da gruppi legati al governo statunitense (NED, Freedom House, ecc.) oltre che dal miliardario Soros.
Secondo l’ex ambasciatore della Georgia in Russia, Erosi Kitsmarishvili, il fallito attacco georgiano del 2008 all’Ossezia del Sud è stato pianificato dal regime di Mikheil Saakashvili – sostenuto dagli Stati Uniti – solo dopo che l’amministrazione Bush aveva autorizzato l’azione militare. Il vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney ha anche informato il leader georgiano Saakashvili che “Noi vi guardiamo le spalle”, in caso di conflitto tra Russia e Georgia. Come si è scoperto, c’era poco che gli americani potessero fare.
Si può ricordare che l’Unione Sovietica non era stata battuta militarmente dagli Stati Uniti. All’inizio di questo secolo la Russia aveva 1,2 milioni di soldati nelle sue forze armate e possedeva 14.000 testate nucleari di cui 5.192 operative. Gli Stati Uniti, d’altra parte, possedevano 9.962 testate nucleari nel 2006, di cui 5.736 operative, e l’esercito americano aveva 1,3 milioni di membri in servizio attivo. Non c’è molta disparità tra queste cifre e la Russia possiede armi più che sufficienti per competere con l’America.
Il presidente Bush, come il suo predecessore Bill Clinton, ha continuato a provocare inutilmente la Russia. Poco dopo essere entrato in carica nel 2001, Bush ha ritirato gli Stati Uniti dal Trattato sui missili balistici (ABM) che era stato firmato nel 1972 con l’Unione Sovietica, al fine di implementare il sistema di difesa antimissilistico, e quindi ridurre la minaccia della guerra nucleare.
Bush ha continuato le sue mosse pericolose stabilendo infrastrutture missilistiche negli Stati membri della NATO, Polonia e Repubblica Ceca, e ha portato la NATO alle frontiere della Russia incorporando gli stati baltici nell’organizzazione militare. Bush ha rifiutato di ratificare il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (1996) insieme alle modifiche all’accordo SALT 2 sulla riduzione degli armamenti strategici.
Tuttavia, la Russia non poteva essere sottomessa come lo è stata la Germania, poiché il suolo della Russia non è mai stato catturato da potenze straniere, come lo era stato il suolo tedesco dal 1945. A differenza anche della Germania, la Russia è uno stato ricco di risorse situato in un’area cruciale dell’Eurasia . La Russia ha la capacità di usare la sua influenza, inoltre, per dettare accordi commerciali con l’Unione Europea relativi a importanti consegne di petrolio e gas. Gli europei sono molto più dipendenti dai russi che il contrario.
La Russia si stava rafforzando internamente dopo gli sconvolgimenti degli anni ’90. Nel 1998 oltre il 35% dei russi viveva al di sotto della soglia di povertà; ma nel 2013 questa cifra era stata ridotta all’11%, un numero inferiore rispetto agli Stati Uniti, dove, nel 2014, almeno il 15% degli americani era colpito dalla povertà.
La Russia ha beneficiato degli elevati prezzi del petrolio e del gas sul mercato internazionale e la sua crescita industriale è aumentata notevolmente. In aumento anche gli investimenti interni ed esteri della Russia – in particolare nell’industria automobilistica – che sono aumentati del 125%, mentre il PIL del paese è cresciuto del 70%, collocando la Russia tra le maggiori economie del mondo.
NOTE AL TESTO
U.S. Energy Information Administration, “Oil and natural gas production is growing in Caspian Sea region”, 11 September 2013
Andrew Cockburn, “The Bloom Comes Off the Georgian Rose”, Harper’s Magazine, 31 October 2013
Wall Street Journal, “In Putin’s backyard ‘democracy’ stirs – with U.S. help”, 25 February 2005
Luiz Alberto Moniz Bandeira, The World Disorder: US Hegemony, Proxy Wars, Terrorism and Humanitarian Catastrophes (Springer; 1st ed., 4 Feb. 2019)
Guardian, “Bush hails Georgia as ‘beacon of liberty’”, 10 May 2005
U.S. Energy Information Administration, “Overview of oil and natural gas in the Caspian Sea region”, 26 August 2013
Daily Telegraph, “North Sea oil production rises despite price fall”, 3 August 2015
PBS, “Who counts as poor in America?”, 8 January 2014
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