di Thomas L. Friedman
Articolo pubblicato su NEW YORK TIMES, traduzione Veronica Vuotto
Nutro molto rispetto nei confronti della speaker della Camera, Nancy Pelosi. Tuttavia, se davvero dovesse procedere con la visita a Taiwan questa settimana, contro il parere del Presidente Biden, commetterà qualcosa del tutto sconsiderato, pericoloso e irresponsabile.
Nulla di buono può venir fuori da questa visita.
Taiwan non sarà certo un posto più sicuro o prospero a seguito di questa visita puramente simbolica, e molte cose negative potrebbero accadere: tra queste, una risposta militare cinese, la quale potrebbe far precipitare gli USA in conflitti indiretti con una Russia dotata di armi nucleari, e con la Cina, anch’essa dotata delle stesse armi.
E se pensate che i nostri alleati europei — i quali stanno affrontando una guerra esistenziale con la Russia in Ucraina — si uniranno a noi in caso di un conflitto degli Stati Uniti con la Cina su Taiwan, innescato da questa visita non necessaria, state interpretando male il mondo.
Innanzitutto, pensiamo al conflitto indiretto con la Russia, e come la visita della Pelosi a Taiwan incomba su di esso. Ci sono momenti nelle relazioni internazionali in cui è necessario tenere d’occhio il premio. Oggi quel premio è chiarissimo: dobbiamo garantire che l’Ucraina sia in grado, come minimo, di smussare – e, al massimo, invertire – l’invasione non provocata di Vladimir Putin, la quale, in caso di successo, rappresenterà una minaccia diretta per la stabilità dell’intera Unione Europea.
Per contribuire a creare la più grande possibilità per l’Ucraina di invertire l’invasione di Putin, Biden e il suo consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan hanno tenuto una serie di incontri molto duri con la leadership cinese, implorando Pechino di non entrare nel conflitto in Ucraina fornendo assistenza militare alla Russia – e soprattutto ora che l’arsenale di Putin è stato ridotto da cinque mesi di guerra stridente.
Secondo un alto funzionario statunitense, Biden avrebbe detto personalmente al presidente Xi Jinping che se la Cina entrasse in guerra in Ucraina al fianco della Russia, Pechino rischierebbe l’accesso ai suoi due mercati di esportazione più importanti: gli Stati Uniti e l’Unione Europea. (La Cina è uno dei migliori paesi al mondo nella produzione di droni, che sono esattamente ciò di cui le truppe di Putin hanno più bisogno in questo momento).
Apparentemente, mi dicono i funzionari statunitensi, la Cina ha risposto non fornendo aiuti militari a Putin, in un momento in cui gli Stati Uniti e la NATO hanno fornito intelligence a supporto dell’Ucraina e un numero significativo di armi avanzate che hanno causato gravi danni alle forze armate di Russia, apparente alleato della Cina.
Il tempismo non poteva essere peggiore. Caro lettore: la guerra in Ucraina non è finita.
E in privato, i funzionari statunitensi sono molto più preoccupati per la leadership ucraina di quanto non facciano intendere. C’è una profonda sfiducia tra la Casa Bianca e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, molto più di quanto riportato. E ci sono affari loschi in corso a Kiev. Il 17 luglio, Zelensky ha licenziato il procuratore generale del suo paese e il leader della sua agenzia di intelligence interna, la più significativa scossa nel suo governo dopo l’invasione russa di febbraio.
Sarebbe l’equivalente di Biden che licenzia Merrick Garland (procuratore generale degli USA) e Bill Burns (direttore della CIA) lo stesso giorno. Ma non ho ancora visto alcun rapporto che spieghi in modo convincente di cosa si trattasse.
È come se non vogliamo guardare troppo da vicino sotto il tappeto a Kiev per paura di quale corruzione o buffonate potremmo vedere, quando abbiamo investito così tanto lì.
Nel frattempo, alti funzionari statunitensi credono ancora che Putin sia abbastanza preparato a prendere in considerazione l’utilizzo di una piccola arma nucleare contro l’Ucraina se vede il suo esercito possa affrontare una sconfitta certa.
In breve, questa guerra in Ucraina non è affatto finita, è del tutto instabile e di sicuro non è senza pericolose sorprese che possono spuntare ogni giorno.
Eppure, in mezzo a tutto questo, rischiamo un conflitto con la Cina per Taiwan, provocato da una visita arbitraria e frivola da parte della speaker della Camera?
Questa è geopolitica: non vai contemporaneamente incontro a una guerra su due fronti con le altre due superpotenze.
Ora, passiamo al potenziale conflitto indiretto con la Cina e al modo in cui la visita di Pelosi potrebbe innescarlo. Secondo le notizie cinesi, Xi avrebbe detto a Biden, durante la telefonata della scorsa settimana, alludendo al coinvolgimento degli Stati Uniti negli affari di Taiwan, come una possibile visita di Pelosi, che “chiunque giochi con il fuoco si brucerà“.
Il team di sicurezza nazionale di Biden ha chiarito a Pelosi, da tempo sostenitrice dei diritti umani in Cina, il motivo per cui non dovrebbe andare a Taiwan ora. Ma il presidente non l’ha chiamata direttamente per chiederle di non andare, apparentemente preoccupato di sembrare debole agli occhi della Cina, lasciando un’opportunità ai repubblicani per attaccarlo prima del midterm.
È una misura della nostra disfunzione politica che un presidente democratico non possa dissuadere una speaker della Camera democratica dall’impegnarsi in una manovra diplomatica che la sua intera squadra di sicurezza nazionale – dal direttore della CIA al presidente del Joint Chiefs – ritengono imprudente.
A dire il vero, alcuni sostengono che Biden dovrebbe semplicemente chiamare il bluff di Xi, supportare Pelosi in tutto e dire a Xi che se minaccia Taiwan in qualsiasi modo, è la Cina che “si brucerà“. Questo potrebbe funzionare. Magari potrebbe farci sentire bene per un giorno. Potrebbe però anche dare anche inizio alla terza guerra mondiale.
Secondo la mia opinione, Taiwan avrebbe semplicemente dovuto chiedere alla Pelosi di non andare lì ora. Ammiro profondamente Taiwan e l’economia e la democrazia che, dalla fine della seconda guerra mondiale, è riuscita a costruire. Ho visitato Taiwan diverse volte negli ultimi 30 anni e ho personalmente assistito all’enorme cambio del Paese in quel periodo.
C’è però una cosa che non è cambiata per Taiwan: la sua geografia! Taiwan è ancora una piccola isola, ora con 23 milioni di persone, a circa 100 miglia al largo della costa di una gigantesca Cina continentale, con 1,4 miliardi di persone, che rivendicano Taiwan come parte della madrepatria cinese.
I luoghi che dimenticano la loro geografia finiscono nei guai.
Non pensate che questo sia una sorta di pacifismo da parte mia. Non ho dubbi che difendere la democrazia taiwanese sia un interesse nazionale vitale per gli Stati Uniti, nell’eventualità di una invasione cinese non provocata. Tuttavia, se davvero abbiamo intenzione di entrare in conflitto con Pechino, facciamolo però con i nostri tempi e per i nostri problemi. I nostri problemi sono il comportamento sempre più aggressivo della Cina su un’ampia gamma di fronti, dalle intrusioni informatiche, al furto di proprietà intellettuale alle manovre militari nel Mar Cinese Meridionale.
Detto ciò, questo non è il momento di prendere in giro la Cina, soprattutto considerando il momento delicato per la politica cinese. Xi è alla vigilia di un’estensione indefinita del suo ruolo di leader della Cina, che potrebbe essere confermato al 20esimo Congresso del Partito Comunista, previsto per questo autunno. Il Partito Comunista Cinese ha sempre chiarito che la riunificazione di Taiwan e della Cina continentale è il suo “compito storico” e, da quando è salito al potere nel 2012, Xi ha costantemente e incautamente sottolineato il suo impegno per tale compito, con manovre militari e aggressive intorno a Taiwan.
Con questa visita, Pelosi darà in realtà un’opportunità a Xi di distogliere l’attenzione dai suoi stessi fallimenti: una strategia complessa per cercare di arginare la diffusione del Covid-19 attraverso la chiusura delle principali città cinese, un’enorme bolla immobiliare che si sta sgonfiando minacciando una crisi bancaria, e un’immensa montagna di debito pubblico derivante dal sostegno sfrenato di Xi nei confronti delle industrie statali.
Dubito seriamente che l’attuale leadership taiwanese, dal profondo del cuore, voglia questa visita della Pelosi ora. Chiunque abbia seguito le azioni caute della Presidente del Partito Democratico Progressista di Taiwan Tsai Ing-Wen, dalla sua elezione nel 2016, deve essere colpito dai suoi sforzi persistenti per sostenere l’indipendenza di Taiwan evitando di fornire alla Cina un comodo pretesto per un’azione militare contro Taiwan.
Ahimé, temo che il crescente consenso della Cina di Xi sia che la questione di Taiwan possa essere risolta solo militarmente, ma la Cina vuole farlo secondo i suoi tempi. Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di dissuadere la Cina da un tale sforzo militare secondo i nostri tempi, vale a dire per sempre.
Ma il modo migliore per farlo è armare Taiwan in quello che gli analisti militari chiamano un porcospino – irto di così tanti missili che la Cina non vorrebbe mai metterci le mani sopra – dicendo e facendo il meno possibile per indurre la Cina a pensare che debba metterci le mani sopra adesso. Perseguire qualcosa di diverso da quell’approccio equilibrato risulterebbe in un terribile errore, con conseguenze vaste e imprevedibili.
Il CeSE-M sui social