Le autorità uzbeke affermano che le recenti sommosse nella regione del Karakalpakstan sarebbero state orchestrate dall’esterno. Potrebbero rientrare anche queste nella strategia di destabilizzazione dell’area ex sovietica in funzione antirussa.
All’inizio di luglio, il Karakalpakstan, regione dell’Uzbekistan che gode dello status di repubblica autonoma, è stato sconvolto da violente sommosse che sono partite dal capoluogo Nukus. Ufficialmente, le manifestazioni sarebbero sorte come forma di protesta nei confronti di alcune riforme costituzionali proposte dal governo. Ma le proteste non autorizzate sono ben presto sfociate nella violenza, con il presidente Shavkat Mirziyoyev che è stato costretto a introdurre lo stato d’emergenza nella regione interessata dal 3 luglio al 2 agosto.
La situazione è presto rientrata, anche perché il presidente Mirziyoyev ha deciso di non emendare la Costituzione riguardo allo status del Karakalpakstan, venendo dunque incontro alle richieste dei manifestanti. Dopo l’annuncio del presidente, anche il parlamento di Taškent ha confermato che gli articoli costituzionali riguardanti il Karakalpakstan resteranno invariati. Il bilancio delle due giornate di protesta è stato comunque pesante, visto che i dati ufficiali della polizia uzbeka parlano di 18 morti e più di 240 feriti, compresi 38 membri delle forze dell’ordine.
L’oggetto del contendere, per la precisione, è un articolo della Costituzione uzbeka redatta nel 1992, subito dopo il raggiungimento dell’indipendenza della repubblica dell’Asia centrale. Questo articolo non solo concede al Karakalpakstan lo status di repubblica autonoma, ma prevede anche che la regione abbia il diritto, qualora lo ritenga opportuno, di indire un referendum per l’indipendenza. Nei trent’anni di storia dell’Uzbekistan indipendente, i governi regionali non hanno mai fatto appello a questa possibilità, ma evidentemente il governo centrale teme che questo possa avvenire in futuro.
Quanto avvenuto in Uzbekistan, tuttavia, non può essere analizzato unicamente alla luce delle dinamiche interne. Dopo la Bielorussia, il Kirghizistan e il Kazakistan, l’Uzbekistan è infatti la quarta repubblica ex sovietica che negli ultimi due anni è stata al centro di sommosse popolari violente. Se a questo si aggiunge anche il conflitto tra Armenia e Azerbaigian per il controllo del Nagorno Karabakh, senza parlare dell’attuale situazione ucraina, appare chiaro come tutti questi eventi facciano parte di un piano molto più ampio per destabilizzare i Paesi che si trovano nella sfera d’influenza russa.
Il presidente Mirziyoyev ha esplicitamente detto di avere gli elementi per affermare che le rivolte di Nukus sarebbero state preparate con molti anni di anticipo con l’aiuto di Paesi stranieri: “Tutti gli eventi recenti sono stati preparati e organizzati non uno, e nemmeno dieci giorni, prima che si svolgessero. Questi eventi sono stati preparati per molti anni da forze straniere“. “L’obiettivo principale era violare l’integrità territoriale dell’Uzbekistan e innescare un conflitto interetnico“, ha aggiunto.
“L’1-2 luglio 2022 nella città di Nukus è stato fatto un tentativo di minare l’ordine costituzionale, l’integrità territoriale e l’unità della Repubblica dell’Uzbekistan. Con il pretesto di protestare contro le proposte di modifiche costituzionali che sono state sottoposte alla discussione generale, un gruppo di autori ha organizzato violente rivolte e tentativi di sequestro di edifici governativi con la forza“, si legge nel comunicato ufficiale del ministero degli Esteri uzbeko. Il ministero ha affermato che le rivolte portavano segni di un sabotaggio pre-pianificato volto a incitare al separatismo e destabilizzare il Paese.
“L’Uzbekistan è il nostro alleato, un paese amico e un partner molto importante per noi“, ha reagito Dmitrij Peskov, portavoce del Cremlino, interrogato sugli avvenimenti uzbeki. “Tutte le questioni esistenti saranno risolte grazie agli sforzi attivi della leadership dell’Uzbekistan“, ha aggiunto. “Accogliamo con favore le misure adottate dalle autorità dell’Uzbekistan e siamo convinti che aiuteranno a normalizzare la situazione in questa parte del Paese“, gli ha fatto eco il ministero degli Esteri di Mosca. “Stiamo tenendo d’occhio gli sviluppi in Uzbekistan, la nostra nazione amica, dove è in corso una discussione a livello nazionale sui cambiamenti e le aggiunte alla costituzione del Paese sulla base della politica delle autorità volta a migliorare le basi legali dello Stato“.
Il presidente uzbeko Shavkat Mirziyoyev ha successivamente affermato di aver sentito telefonicamente Vladimir Putin, il quale ha espresso sostegno alle misure risolute per stabilizzare la situazione in Karakalpakstan. “La parte russa ha espresso sostegno agli sforzi delle autorità uzbeke per stabilizzare la situazione in Karakalpakstan“, ha affermato Mirziyoyev. I presidenti hanno anche discusso “diverse questioni attuali sull’agenda bilaterale, inclusa la cooperazione nella sfera commerciale ed economica“, e hanno ribadito il loro impegno per un partenariato strategico più stretto e relazioni alleate.
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