di Matteo Pistilli
“La guerra della Russia contro l’Ucraina potrebbe trasformarsi nella peggiore crisi energetica del mondo dagli anni ’70, afferma un importante storico dell’economia (Daniel Yergin ndr)” su Business Insider, 4 marzo.
‘La peggiore crisi dalla seconda guerra mondiale’: la Germania si prepara all’embargo russo sul gas”, Financial Times, 21 aprile
“Minaccia di una carenza di cibo ‘apocalittica’, afferma il governatore della Banca d’Inghilterra”: Sydney Morning Herald, 17 maggio
“Quarantanove milioni di persone in 43 paesi a un passo dalla carestia, l’allarme del Segretario generale nel briefing al Consiglio di sicurezza sui conflitti e la sicurezza alimentare“, Nazioni Unite , 19 maggio
Sul settimanale economico statunitense Forbes, in un articolo del 26 maggio (1), Tilak Doshi (Università di Singapore) ha elencato questi pareri, fra i più significativi e rilevanti, riguardo le sanzioni inflitte alla Russia. L’autore definisce queste sanzioni “l’attacco economico più completo e senza precedenti a una nazione sovrana nella storia recente”. Nel descriverle ne sottolinea l’enormità: espropriazione della metà delle riserve valutarie della Banca Centrale russa detenute offshore (650 miliardi di dollari), blocco dell’accesso al sistema di pagamenti SWIFT.
L’obiettivo perseguito dai sanzionatori è né più né meno “devastare l’economia russa”, e chiaramente un cambio di regime: “Putin must go” ha affermato il Presidente Biden, e l’evergreen neoconservatore Lindsey Graham, presente alla conferenza di Monaco del 2015 dove gli Usa già boicottarono il dialogo a favore delle armi, ha incredibilmente auspicato l’assassinio di Putin per mano di un novello Colonnello Stauffenberg (membro dell’opposizione “nazionalbolscevica” o meglio rivoluzionaria conservatrice, al nazionalsocialismo).
Doshi fa notare che dopo un’iniziale crollo, il Rublo si è affermato come “la valuta con la migliore performance mondiale rispetto al dollaro nel 2022” e il taglio del tasso di interesse dal 17% al 14% della Banca centrale, sommato all’alto livello della spesa al dettaglio in bar e ristoranti, confermano tale analisi.
Mosca ha presto risposto alle “sanzioni finanziarie shock and awe” (interessante parallelismo con il “colpisci e terrorizza” che ha castigato l’Iraq nel 2003) producendo un’incomprensibile protesta dei Paesi UE che hanno parlato di violazione contrattuali per la richiesta di pagamento in rubli del gas: lo stesso autore di Forbes, pare incredulo su come sia stato possibile per questi stessi Paesi non considerare violazioni contrattuali le mastodontiche espropriazioni della ricchezza russa messe in atto precedentemente.
La Russia non è come Cuba, la Corea del Nord, l’Iran o il Venezuela, colpite duramente dalle solite sanzioni statunitensi. Parliamo di uno spazio enorme, del terzo esercito più grande al mondo (nucleare), Mosca è centrale elettrica ed esportatrice globale; Ambrose Evans-Pritchard sul Daily Telegraph la definisce “una superpotenza delle materie prime a tutto spettro, meno vulnerabile alle sanzioni rispetto alla stessa Europa“. Si ricordi per inciso che è la terza produttrice mondiale di grano (dopo Cina e India e subito prima gli Stati Uniti), ma prima esportatrice dello stesso, a pari merito, non stupisca, degli Stati Uniti.
La Russia ha ben presto sostituito la parte mancante delle esportazioni del petrolio verso l’Europa (in Europa si cerca comunque di importarlo svicolando i divieti), in direzione Cina, ma soprattutto verso l’India: a causa dei prezzi crescenti, ha triplicato l’avanzo delle partite correnti nei primi quattro mesi dell’anno.
In tutto questo è interessante notare come proprio sulla rivista statunitense si sottolinei il “suicidio economico europeo”. Dato questo che evidenzia un dibattito interno alla società americana, cosa a quanto pare proibita nei più rilevanti mass media nostrani.
Doshi infatti evidenzia come l’Europa non possa fare a meno dell’energia russa, e per esempio deride l’Agenzia internazionale dell’energia, considerata alla stregua di un pazzo allarmista che propone soluzioni fantasiose e poco credibili all’emergenza climatica tanto da essere state definite da importanti personalità internazionali come “torta in cielo” o meglio ancora il sequel di “La La Land” (2).
Ovviamente lo scopo dichiarato dell’Agenzia è ora quello di “aiutare l’Ucraina”, non di trovare soluzioni energetiche.
Prosegue Doshi: “La Bundesbank tedesca ha dichiarato a fine aprile che in uno “scenario di grave crisi, il PIL reale nell’anno in corso sarebbe diminuito di quasi il 2% rispetto al 2021” e che il “tasso di inflazione sarebbe stato significativamente più alto per un periodo di tempo più lungo” a seguito di un embargo. Uno studio più recente sull’impatto dell’embargo immediato sulle esportazioni di gas russo in Germania ha stimato che potrebbe ridurre il PIL del 2022 fino al 12%. Manfred Knof, CEO di Commerzbank, la seconda banca privata tedesca per dimensioni, ha avvertito che uno “tsunami di fallimenti” potrebbe colpire il più grande hub manifatturiero d’Europa mentre i rischi di stagflazione aumentano a causa delle sanzioni occidentali sulle esportazioni di energia russe.”
Ha quindi buon gioco Dimitri Medvedev, attualmente vice presidente del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, a parlare di boomerang per l’occidente prodotto dalle “sanzioni infernali”. Aveva già aggiunto: “Sta arrivando un’era di valute regionali” e la fiducia nella valuta di riserva del dollaro sta “svanendo come la nebbia mattutina“.
L’80% dei Paesi del mondo non ha aderito alle linee guida Usa, come invece ha subito fatto l’Unione Europea. Fra questi ci sono, senza sorpresa, tutti quelli definiti negli anni “Paesi in via di sviluppo”, o per usare una dizione più datata ma praticamente coincidente, i “Paesi non Allineati”. E’ evidente, in questa spaccatura, la faglia geopolitica fra il polo atlantico che cerca di difendere disperatamente la supremazia sul globo, e l’ormai inevitabile comparsa sulla scena di altri poli.
E’ sotto minaccia lo stesso sistema finanziario globale unipolare egemonizzato del dollaro/euro. Il campo “globalista” ha nel suo arsenale le principali banche e istituzioni finanziarie del mondo, inclusi gli hedge fund di Wall Street e le agenzie multilaterali come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale; il quantitative easing, la MMT sono altresì strumenti come le sue principali élite tecnocratiche rappresentate da istituzioni del calibro del World Economic Forum, la già citata Agenzia internazionale per l’energia (IEA), la burocrazia delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, i colossi della Silicon Valley, il mainstream internazionale e i social media. Le idee di mobilitazione del campo globalista includono i modelli ambientali, sociali e di governance (ESG) e lo“stakeholder capitalism”.
E’ l’Europa in tutto questo ad essere fuori dallo spazio e fuori dal tempo, non perseguendo i propri interessi, probabilmente non avendo nemmeno più contezza di quale sia la postura geopolitica da tenere. Votata al suicidio sulle spalle dei propri popoli non riesce a differenziarsi, a definire e d esprimere una strategia, quindi un orizzonte verso il quale le conviene procedere. L’atlantismo senza se e senza ma messo in atto da una classe dirigente calata dall’alto (quasi inutile ricordare il percorso dell’attuale premier italiano Mario Draghi, o della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che da Ministro della Difesa tedesco, già nel 2016 si faceva portavoce della NATO chiedendo l’aumento delle spese militari) non corrisponde a nessuna logica politica, sociale, economica e se non frenato in tempo anche da analisi e dibattiti, porterà alla catastrofe l’intero continente.
NOTE AL TESTO
Note: 1) https://www.forbes.com/sites/tilakdoshi/2022/05/26/watch-western-sanctions-on-russia-boomerang-a-global-energy-and-food-crisis-in-the-making/
2): Le soluzioni adottate sono le solite: abbassare la velocità su strada, l’ormai immancabile smartworking e via dicendo. https://www.bbc.com/news/science-environment-56596200
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