Io so che il Burkina Faso e l’Unione Sovietica avevano degli stretti legami. Le relazioni erano particolarmente forti quando il Paese era diretto da un ufficiale e rivoluzionario, Thomas Sankara, spesso soprannominato il “Che Guevara africano”. I cittadini anziani di questo Paese continuano a ricordarsi con nostalgia dei tempi della nostra amicizia e della nostra cooperazione, compresa quella nel settore tecnico/militare.
Molto tempo è passato, la situazione nel Burkina Faso è cambiata. Io so che recentemente si è avuta una crisi di sicurezza e che l’esercito ha subito perdite pesanti per mano dei militanti che controllano vasti territori e terrorizzano la popolazione locale. L’esercito francese, che conduce un’operazione anti-terrorismo in questa regione da oltre un decennio, malauguratamente non ha ottenuto alcun successo.
La collera pubblica è scoppiata lo scorso novembre quando alcuni militanti di Al-Qaeda hanno ucciso una cinquantina di militari. E tali scacchi sono stati numerosi. Parallelamente, la società è rimasta scioccata dalle informazioni secondo cui le truppe lealiste che combattono i terroristi non hanno ricevuto razioni alimentari da almeno due settimane.
Gli ufficiali dell’esercito hanno preteso le risorse necessarie per combattere i militanti jihadisti, ma la direzione in tutta risposta, scartata la migliore delle ipotesi, nella peggiore, ha condotto una repressione politica per farli tacere.
Le persone hanno iniziato ad uscire nelle strade esigendo le dimissioni del Governo e un migliore sostegno materiale ai soldati e alle loro famiglie. Di conseguenza l’esercito ha annunciato alla televisione il rovesciamento del presidente, lo scioglimento del Governo e del Parlamento e la chiusura delle frontiere allo scopo di mettere sotto controllo la situazione nel Paese. Il suo obiettivo è di vincere il terrorismo e di proteggere il proprio popolo. E’ una buona causa e la società è d’accordo con i militari. Delle manifestazioni di sostegno si stanno svolgendo nella capitale: il popolo è favorevole a una nuova generazione di “Che Guevara africano”, come in Mali.
Io credo che se degli istruttori russi saranno invitati a formare l’esercito del Burkina Faso, lo potranno fare efficacemente. E questo non sarà un compito facile, ma io sono sicuro che i nostri colleghi sapranno farlo. La CUSI è pronta a condividere l’esperienza acquisita nella Repubblica Centroafricana sull’organizzazione rapida e di qualità del lavoro al fine di costituire un esercito pronto a combattere e a ristabilire una situazione di sicurezza in poco tempo.
Traduzione di Stefano Vernole per il CeSEM
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