di Lorenzo Borghi
Il 31 ottobre 2021 in Giappone si sono svolte le elezioni della Camera dei Rappresentanti, dove l’LDP ha ottenuto la maggioranza dei voti per la quarta volta di fila. Dietro questa vittoria però si celano nuovi scenari all’interno della vita politica nipponica.
Il 31 ottobre scorso l’elettorato giapponese è stato chiamato alle urne per il rinnovo della Camera dei Rappresentanti (Camera bassa). Più della metà del popolo nipponico non si è sottratto al proprio diritto di voto, raggiungendo un’affluenza di circa il 56% (+2,25% rispetto alle elezioni del 2017), determinando la vittoria del Partito Liberaldemocratico (LDP) guidato Kishida, il quale ha ottenuto più del 50% dei voti.
L’attuale sistema elettorale giapponese prevede una tipologia mista a prevalenza maggioritaria. Infatti, la Camera dei Rappresentanti è composta da 465 membri eletti ogni quattro anni, di cui 289 in collegi uninominali e 176 in undici distretti plurinominali tramite liste bloccate. L’elettorato attivo è fissato a 18 anni mentre quello passivo a 25 anni.
COME SI È PRESENTATO IL SISTEMA POLITICO GIAPPONESE ALLE ELEZIONI DEL 31 OTTOBRE 2021
I mesi e gli anni che hanno preceduto le elezioni di fine ottobre scorso sono state alquanto turbolente per l’elegante e affascinante popolo nipponico. Per l’appunto, nel 2017 il LPD ha vinto per la terza volta consecutiva le elezioni della Camera bassa, guidati dall’“immortale” Shinzo Abe, Tuttavia, quest’ultimo, dopo aver raggiunto il traguardo personale di Primo Ministro più longevo della storia del Giappone, ha rassegnato le proprie dimissioni ad agosto 2020 dalla carica ministeriale e da segretario del Partito Liberaldemocratico per motivi di salute personale. Il successore, ovvero Yoshihide Suga, è stato aspramente criticato dall’opinione pubblica giapponese per via della pessima gestione dell’emergenza COVID-19, per le lacune del piano vaccinale che hanno portato il Giappone a trovarsi esponenzialmente indietro rispetto ai partner occidentali e, infine, per la gestione dei Giochi olimpici di Tokyo 2020. Di conseguenza, il basso indice di gradimento nei confronti di Suga ha inevitabilmente condizionato l’operato dell’LPD. Infatti, esso ha perso tre elezioni supplettive consecutive in Parlamento e non ha ottenuto la maggioranza assoluta nell’elezione dell’Assemblea metropolitana di Tokyo di luglio 2021. Tutti questi eventi hanno portato alla decisione di Suga di non ricandidarsi alla leadership del Partito Liberaldemocratico, aprendo inevitabilmente la strada verso l’ascesa al potere di Fumio Kishida.
Le opposizioni, dal canto loro, non sono rimaste inermi ma hanno lavorato affinché durante la scorsa legislatura il LPD perdesse gradimento all’interno dell’opinione pubblica nipponica. Infatti, la ferrea opposizione alla volontà di Abe di apportare delle modifiche all’articolo 9 della Costituzione (articolo contro la guerra) ha determinato il non raggiungimento di questo obiettivo da parte dell’LPD e alla perdita della maggioranza dei 2/3 all’interno della Camera dei Consiglieri nelle elezioni del 2019, oltre ad alimentare ulteriormente il malcontento generale del popolo giapponese, in merito alla gestione della pandemia, covid e olimpiadi, nei confronti di Saga e del Partito Liberaldemocratico.
Ad ogni modo, l’elettorato giapponese ha dovuto scegliere se confermare per la quarta volta consecutiva il LPD, guidato questa volta da Kishida, o se affidarsi ai partiti d’opposizione. Per quest’ultimi, essi si sono presentati alle elezioni di ottobre 2021 più uniti formalmente ma fragili al loro interno, come si può osservare guardando la loro nuova composizione: il Partito Costituzionale Democratico si è unito alla maggioranza del Partito Democratico del Popolo e del Partito Socialdemocratico; i nazionalisti della governatrice di Tokyo Koike si sono sciolti dopo essersi fusi con Partito Democratico Progressista, dando vita al Partito Democratico del Popolo, e il Partito Comunista ha deciso di allearsi con il Partito Costituzionale Democratico. In ultimo, il Japan Innovation Party (JIP) ha fissato come obiettivo primario quello di aumentare i propri seggi alla Camera bassa e poi eventualmente di allinearsi con i vari Partiti Democratici.
LPD VINCE E SI CONFERMA PER LA QUARTA VOLTA CONSECUTIVA, MA ATTENZIONE AI PARTITI D’OPPOSIZIONE
Come dichiarato dallo stesso Kishida, il Partito Liberaldemocratico ha vinto le elezioni della Camera dei Rappresentanti dl 2021, ma osservando i dati pubblicati dal canale pubblico giapponese NHK1, LPD ha perso seggi e consensi, ottenendo comunque la maggioranza dei seggi disponibili. Infatti, assieme agli alleati buddisti del Partito Komeito, LPD avrà a sua disposizione 293 seggi, contro i 172 rimanenti che verranno occupati dai partiti d’opposizione: i Partiti Democratici hanno ottenuto 96 seggi e il Japan Innovation Party 41.
Rispetto alle elezioni precedenti, si evince come la legislatura Aba-Suga abbia diminuito il consenso generale nei confronti di LPD, arrivando a perdere 15 seggi dopo quattro anni e Akira Amari, Segretario Generale del partito, ha addirittura perso nel suo distretto. I Dem hanno perso 13 seggi, JIP ha quadruplicato il proprio consenso ottenendo 41 seggi e il Partito Comunista è crollato a picco (solo 10 seggi).
Ad ogni modo, i liberaldemocratici hanno nettamente stravolto i sondaggi precedenti (li davano al 40%, come riportato dal quotidiano Nikkei Asia) e sono riusciti a contrastare l’opposizione, che ben si era mossa nella strategia elettorale per quanto concerne la scelta dei candidati per i seggi uninominali. Nonostante ciò, l’alleanza tra il Partito Costituzionale Democratico, il Partito Comunista e altri piccoli partiti progressisti non ha sortito l’effetto sperato. Molto probabilmente, ciò è stato dettato dalla bassa affluenza alle urne che ha caratterizzato queste elezioni e tra chi non si è presentato vi era sicuramente una fetta importate dell’elettorato dem. Inoltre, l’alleanza del Partito Costituzionale Democratico e quello comunista può aver fatto migrare diversi voti verso altri partiti o verso LPD. Osservando invece le dinamiche del Partito Liberaldemocratico, si evidenzia l’inizio del “regno” di Kishida, determinato dalle sconfitte di leaders interni del partito nei propri distretti, come ad esempio è successo al Segretario generale dimissionario Akira Amari, e un suo consolidamento alla leadership senza dover più rispondere alle diverse fazioni che gli avevano permesso di vincere le elezioni interne del partito a settembre 2021.
Invece, per quanto riguarda la sinistra giapponese, essa si ritrova nella situazione di aver trovato la miglior strategia elettorale per contenere il LPD, ma senza ottenere nulla. Il vero o più plausibile errore in sede di sfida elettorale è stata l’incapacità di convincere gli indecisi e gli astensionisti. Inoltre, in questi giorni si deciderà molto sulle sorti delle alleanze che si sono venute a creare e un eventuale scioglimento sancirebbe il fallimento di quanto fatto duramente in questi ultimi mesi così come il ritorno di un centro-sinistra debole e fragile; un proseguo dell’alleanza, invece, determinerebbe la decisiva migrazione del voto verso altri partiti dell’elettorato del centro-sinistra che non condivide l’alleanza tra i Partiti Democratici e il Partito Comunista.
DA OGGI A QUATTRO ANNI, QUALI SARANNO I PRINCIPALI OBIETTIVI DI KOSHIDA?
Infine, è inevitabile osservare quello che potrà accadere in Giappone da qui ai prossimi quattro anni e quali saranno i cardini delle politiche che Kishida vorrà implementare durante la sua legislatura. Innanzitutto, nel breve periodo, l’intenzione è quella di garantire un extra budget alla spesa pubblica per far fronte alla pandemia e all’eventuale aumento dei contagi. In ambito di politica interna, a novembre verrà esaminato il progetto di rilancio del turismo nazionale e un insieme di investimenti e incentivi su larga scala che andranno a favorire la produzione di energia pulita e l’aiuto alla parte di popolazione più in difficoltà. In conclusione, per quanta riguarda la transizione verde e la politica estera, Koshida ha confermato la volontà di fissare il 2050 come data per l’emissione zero di Co2, a differenza invece dell’India che in queste ultime ore ha parlato addirittura di 2070, e un aumento del 2% del PIL per la difesa in risposta alle fragili dinamiche geopolitiche che divampano nel nord-est asiatico.
1 https://www.nhk.or.jp/senkyo/database/shugiin/2021/
Lorenzo Borghi si è laureato alla triennale in Scienze Internazionali e Istituzioni Europee presso La Statale di Milano e sta attualmente frequentando la magistrale di Relazioni Internazionali, sempre presso La Statale di Milano.
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