Articolo originale: http://www.young-diplomats.com/frances-projection-military-force-west-africa-sahel/
Le prospettive future dello sviluppo dell’area saharo-saheliana richiedono una cooperazione politica ed economica più profonda tra la regione e il Nord Africa; tuttora realizzazione di questo potenziale si fonda sulla stabilità politica della regione e sulla sicurezza.
La Francia è stata un elemento essenziale nello sviluppo della architettura di sicurezza e nella costruzione del rapporto tra la vasta regione che copre la parte occidentale e settentrionale dell’Africa e le aree Saharo-Sahel.
Uno studio sulle cause, i modelli e le tendenze nella proiezione della forza militare francese in Africa occidentale e nel Sahel, scritto da Marcel Kitissou e Beniam Awash che scrive per il Consorzio Sahel, partner di Young Diplomats.
Riassunto delle idee chiave
Dal 1960, momento in cui è venuto meno l’ambizioso progetto di Charles De Gaulle per un “Grande Sahara francese”, la proiezione della forza militare francese ha portato a più di 100 operazioni militari.
La logica che sottostava a queste era una combinazione di recidività – mantenere per mantenere il suo status di potenza globale insieme alla presenza egemonica nell’Africa francofona – e deterrenza – mantenere le minacce fuori da quest’area. I più recenti interventi militari francesi in Costa d’Avorio, Libia, Mali e dimostrano entrambe le qualità, si stabilizzazione e di destabilizzazione, e mostrano le intenzioni di deterrenza – nel dissuadere gli estremisti violenti dagli intenti di destabilizzare la regione – e il ricorso all’intervento ai fini del mantenimento dell’influenza francese e, così, proteggere i suoi privilegi storici.
La creazione di un’architettura di sicurezza in grado di facilitare la cooperazione saharo-saheliana e del Nord Africa richiede, in parte, la valutazione delle motivazioni e delle conseguenze della proiezione militari francese sulla sicurezza e la stabilità politica di questa vasta zona incline al conflitto. Inoltre, l’identificazione delle fonti del malcontento delle popolazioni locali, vale a dire l’emarginazione economica e politica, che generano la violenza politica, è il meccanismo principale per garantire una duratura stabilità politica e la sicurezza di questa zona.
Nel 2002, l’Operazione Licorne, il recidivo intervento francese in Costa d’Avorio, ha portato all’arresto e la destituzione di Laurent Gbagbo dal potere, stabilizzando la situazione politica in Costa d’Avorio. Al contrario, nel 2011, l’intervento della NATO ma guidato da Parigi in Libia, Opération Harmattan (Operazione Odissea all’alba per gli Stati Uniti), che porta alla morte di Gheddafi ha due sfortunate conseguenze regionali non intenzionali: (i) la proliferazione delle milizie armate e dei jihadisti in Libia; (Ii) la destabilizzazione degli stati dell’area Saharo-Sahel attraverso il traffico di armi e gli attacchi opportunistici da parte di gruppi estremisti jihadisti.
Il crollo della Giamahiria Araba Libica e la proliferazione di milizie armate e gruppi jihadisti impegnati nel traffico di armi hanno avuto un effetto profondamente destabilizzante per la sicurezza regionale. Un afflusso di combattenti tuareg induriti nel nord del Mali e dotato di armi pesanti provenienti dai depositi di armi libici e i sequestri delle forze ribelli tuareg da parte di gruppi jihadisti algerini e mauritani è il contesto per il più recente intervento francese. Operando nel vasto spazio saheliano vagamente pattugliato, i gruppi jihadisti come al-Qaeda nel Maghreb islamico, avevano già stretto alleanze con le tribù tuareg e Bérabiche locali al fine di collaborare nel traffico clandestino di cocaina, cannabis e tabacco contraffatto. L’instabilità politica in Mali e il crollo dello Stato libico, lasciato così un vuoto di sicurezza, ha presentato questi gruppi jihadisti con la possibilità di violenza armata contro lo Stato del Mali.
L’intervento francese nel nord del Mali, Operazione Serval, combina la recidività, rafforzando l’immagine della Francia come potenza globale e indicando di fatto la creazione di un esercito europeo, e la deterrenza, eliminando gli estremisti violenti in modo da evitare che le aree del nord del Mali e i vasti spazi scarsamente governati del Saharo-Sahel fungano da rifugi sicuri per gli estremisti violenti.
Eppure, se la logica di tali operazioni, passate e presenti, è in primo luogo il bene degli interessi al di fuori dell’Africa, trascurando il malcontento delle popolazioni locali che ha alimentato i conflitti nella regione, non riuscirà a migliorare la sicurezza e la stabilità dell’area politica saharo-saheliana. Questo crea, inoltre, una barriera per le prospettive di cooperazione futura all’interno della zona e con il Nord Africa e produrrà un’architettura di sicurezza basata sul troppo affidamento su un intervento militare esterno, indebolendo, così dei meccanismi locali di risoluzione dei conflitti.
Young Diplomats è partner del Centro Studi Eurasia e Mediterraneo.
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