Dal 1 ottobre la valuta cinese è entrata a far parte del paniere di calcolo degli Special Drawing Rights, l’unità di conto del Fondo Monetario Internazionale. Un ulteriore passo avanti verso la piena inclusione di Pechino nel sistema finanziario internazionale
UNA DECISIONE STORICA – Era il 30 novembre del 2015 quando l’IMF decise l’inclusione della valuta nazionale cinese nel paniere degli Special Drawing Rights (una sorta di asset monetario globale ideato alla fine degli anni Sessanta e ponderato sui valori delle maggiori valute di riserva). Insieme a dollaro, euro, yen e pound. Una decisione storica, ufficializzata, come da programma, lo scorso primo ottobre. Pertanto, asset denominati in yuan verranno da oggi valutati in modo ancor più favorevole.
Se alcune decine di banche centrali già detengono yuan nelle loro riserve, per un totale di quasi il 2 per cento al livello globale, con la decisione del 1 ottobre la presenza dello yuan crescerà in automatico, benché modestamente, e i prestiti del Fondo monetario saranno correlati anche alla valuta cinese; poi starà alle banche centrali riorganizzare eventualmente le proprie riserve ufficiali aumentando le quote di asset in yuan. E’ evidente che si tratta di un traguardo molto rilevante per la presenza cinese nella finanza globale, conseguito in ragione di uno sviluppo socioeconomico senza precedenti. Tuttavia, per molti si tratta di un punto di partenza piuttosto che di arrivo. Essere negli SDRs non garantisce di divenire in breve tempo una vera valuta di riserva, cioè ampiamente richiesta nel mondo. Peraltro, l’integrazione finanziaria tra Cina e il resto del mondo è asimmetrica, nel senso che sta crescendo gradualmente con alcuni Paesi in via di sviluppo mentre è più rallentata con quelli del sistema nordatlantico, benché vi siano nuovi segnali di parziale apertura.
LA STRADA E’ ANCORA LUNGA – Sicuramente la Cina ha già garantito maggiore apertura agli scambi di capitali con l’estero e un maggiore accesso a banche straniere. Di fatto, però, permangono barriere geopolitiche ed economiche: se la Cina ha una politica monetaria attentamente controllata e non si può ancora permettere una totale convertibilità dello yuan, i cui margini di circolazione internazionale si sono notoriamente ampliati negli ultimi 5 anni, gli Usa, ad esempio, non sono ancora propensi ad aprire alle banche statali cinesi (a parte alcune eccezioni) e non vedono di buon occhio la concorrenza che lo yuan potrebbe esercitare sul predominio del dollaro, strumento unico per influenzare e condizionare a proprio vantaggio le relazioni col resto del mondo. Peraltro Stati Uniti ed Europa hanno sistemi bancari saturie quindi poco permeabili. Su Geofinanza e geopolitica (Parenti F.M. e Rosati U., Egea 2016) Ann Lee, esperta di politica economica cinese e relazioni sino-statunitensi, delinea i tratti salienti di questo nuovo scenario competitivo, sottolineando che i principali limiti a uno sviluppo dello yuan come valuta di riserva globale – cioè capace di competere con il dollaro e l’euro – siano non solo tecnici, legati all’inerzia e al maggiore sviluppo e livello di sofisticazione dei mercati finanziari occidentali, ma soprattutto geopolitici. Lee vede negli Usa, nella loro geostrategia globale, il principale ostacolo alla possibile affermazione monetaria cinese, come alternativa relativa in un mondo più multipolare. Ciò detto, rimandiamo al testo appena citato per ulteriori approfondimenti e ritorniamo all’inserimento dello yuan negli SDR.
UN CAMBIAMENTO DOPO SETTANT’ANNI – E’ doveroso ricordare che il sistema monetario internazionale, cuore della finanza, è rimasto immutato per circa settant’anni: malgrado lo smantellamento delle regole di Bretton Woods nel 1971, il predominio del dollaro statunitense è infatti rimasto in essere e cambiamenti sostanziali non se ne sono visti, almeno fino alla decisione del 2015. Per questo è un evento storico. Peraltro è “la prima volta nella storia”, ha affermato il presidente del Fondo monetario Christine Lagarde, che gli SDR includono una nuova valuta di un Paese in via di sviluppo, posto al di fuori del blocco occidentale. Riflettendo in tal modo, ricorda ancora Lagarde, una composizione più rappresentativa dell’economia globale e, nello specifico, i progressi cinesi nel riformare gradualmente il proprio sistema finanziario e monetario. Non è un caso allora che la Cina sta registrando un crescente interesse all’estero nell’uso dello yuan e nell’acquisto di obbligazioni statali, dati i livelli di crescita e gli alti rendimenti, e che le principali banche cinesi ricoprano i primi quattro posti al livello mondiale, surclassando progressivamente quelle statunitensi secondo una recente classifica stilata da S&P Global Market Intelligence. Secondo Eswar Prasad, membro del Brookings Institution ed ex capo della divisione del Fondo monetario per la Cina, se la Repubblica popolare intraprenderà ulteriori riforme finanziarie e continuerà la sua crescita economica, lo yuan potrebbe raggiungere tra il 10 e il 15% delle riserve straniere globali nei prossimi dieci anni. Concludiamo queste considerazioni ricordando che se le condizioni materiali sottostanti la valuta cinese non fossero state particolarmente forti, il processo di ripartizione dei pesi valutari delle quote del Fondo monetario non avrebbe attributo un quasi 11% allo yuan, dietro a dollaro (41,73%) ed euro (30,93%), ma davanti allo yen (8,33%) e al pound (8,09%).
Fabio Massimo Parenti
Fonte: http://www.ilcaffegeopolitico.org/47419/cina-sdr-la-nuova-geopolitica-della-finanza-globale
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