Monache femministe a Larung Gar. Il problema dell’ordinazione monastica femminile.

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Larung Gar

Nella contea di Serthar, dentro la provincia del Sichuan, si erge uno dei fiori all’occhiello della cultura tibetana in Cina: Larung Gar, la più grande università buddhista del mondo. Chiamato anche “Istituto Buddhista di Serthar”, venne costruito in un posto inizialmente disabitato, e non è affatto semplice arrivarci: la città più vicina, Chengdu, è a 400 Km di distanza e ci vogliono molte ore in macchina (anche una giornata intera in inverno!) per raggiungerlo.

La maestosità di questo sito è impressionante: nel corso del tempo sono state costruite migliaia casette in legno e vi abitano oltre 10000 monaci. Le case ricoprono tutte le montagne circostanti e sono costruite talmente vicine tra di loro da sembrare le une sopra le altre. E’ una città intera dedita esclusivamente allo studio delle scienze tibetane.

Il visionario che ha costruito questa cittadina è Jigme Puntsok Rinpoche, uno dei più importanti maestri tibetani in Cina ad aver contribuito alla rinascita del Buddhismo dopo la fine della Rivoluzione Culturale.

Larung Gar è anche un ottimo esempio di integrazione multietnica, considerato che circa il dieci per cento degli studenti residenti sono di etnia cinese han, e c’è anche un certo numero di studenti provenienti da Taiwan, Hong Kong, Singapore e Malaysia. Per loro esiste un corso di studio apposito in lingua cinese, anche se i corsi più frequentati sono ovviamente quelli in lingua tibetana (nel dialetto Amdo).

Una cosa di Larung Gar è molto importante: oltre la metà degli studenti è di sesso femminile. Essendo però la maggior parte degli studenti dei monaci, i maschi e le femmine abitano in parti diverse del sito. Sono separati da un muro e si incontrano solo nell’aula magna, nello spazio antistante e nel tempio principale.

Sono proprio le donne di Larung Gar ad essere negli scorsi giorni entrate negli organi di stampa internazionali. Secondo l’Hong Kong South China Morning Post, più di 100 monache avrebbero fatto nascere un movimento improntato ad ideali femministi. Questo include anche lo studio delle figure femminili più importanti del Buddhismo e la creazione di una rivista per divulgare queste tematiche. Ed è in questo contesto che le monache avrebbero protestato contro la disparità di genere proprio del sistema monastico tibetano.

Il fatto di non poter raggiungere lo stesso livello clericale dei monaci le farebbe sentire discriminate. Alcuni monaci sono favorevoli alle loro posizioni; altri vi vedono influenze indebite della cultura occidentale, dato che il concetto di “parità di genere” era inesistente in Tibet.

Si badi bene: a Larung Gar le monache hanno il massimo delle possibilità che il sistema monastico tibetano permette, non a caso superano i monaci come numero. Possono persino prendere il titolo di Khenpo (più o meno equivalente ad un titolo di Dottore in Filosofia), ed è la prima volta nel corso della storia del Tibet che viene permesso alle donne di accedere a questo titolo.

Tuttavia la loro richiesta ha un fondamento di verità, in quanto è vero che le monache non possono accedere allo stesso grado di ordinazione monastica degli uomini, che conferirebbe alla monaca il titolo di bikshuni (bikshu invece è il monaco pienamente ordinato). L’origine del problema, però, è molto antico.

Il Buddha permetteva alle donne di accedere alla piena ordinazione monastica (che implica il rispetto di un numero enorme di voti, sia per gli uomini che per le donne); a dire il vero, inizialmente si racconta che fosse contrario. Fu l’insistenza di Ananda, il suo amato attendente, a farlo cedere. Da allora la comunità monastica femminile si formò e alcune di queste monache entrarono nella storia. Nel corso del tempo, però, questa tradizione entrò in declino ed allo stato attuale solo in alcune correnti è stata preservata. Persino nel Buddhismo Theravada (quello diffuso in Sri Lanka, Thailandia, Myanmar, etc), che è molto improntato sull’etica monastica, il monachesimo femminile è scomparso.

Una cosa importante è che diverse tradizioni buddhiste hanno sviluppato diversi codici monastici, e tra questi ci sono delle differenze minori nel tipo di voti da rispettare e nelle modalità di ordinazione. Il sistema tibetano segue quello mulasarvastivada. Il problema è che, nel sistema mulasarvastivada, la tradizione monastica femminile è completamente estinta. E considerato che questo tipo di ordinazione è possibile riceverla solo da un’altra monaca già ordinata è impossibile ricostituirla. Insomma, un monaco maschio non può dare l’ordinazione ad una monaca femmina.

C’è solo una soluzione: inglobare nel Buddhismo Tibetano il codice monastico proprio di un’altra tradizione. Il Buddhismo Cinese usa il codice Dharmagupta, ed è l’unico ad avere preservato una fiorente tradizione monastica femminile.

A questo punto, a mio avviso i problemi sono tre: il primo è l’immobilismo che caratterizza le istituzioni tibetane; il secondo è che storicamente i sistemi dharmagupta e mulasarvastivada sono indipendenti e non si riconoscono reciprocamente; il terzo è che, così facendo, ci si dovrebbe mettere in una posizione di subordinazione ad una tradizione lontana, per di più propria della cultura han.

Se il problema religioso può dirsi quasi risolto (il Buddhismo oggigiorno tende ad essere poco settario, e quindi i buddhisti tibetani dovrebbero avere facilità a riconoscere ed inglobare il sistema dharmagupta), resta il problema politico e culturale.

Non è una caso, a mio avviso, che a voler ripristinare oggigiorno il sistema monastico femminile sia proprio il diciassettesimo Karmapa Orgyen Trinlay Dorje. Primo Tulku riconosciuto dal Governo Cinese, nato e cresciuto in Cina e parlando la lingua cinese, il Karmapa ha dimostrato varie volte una grande apertura nei confronti della cultura han, con i cui esponenti religiosi ha fatto numerosi incontri in passato. Già qualche anno fa il Karmapa ha annunciato questo progetto, e anche lui riconosce che l’unico modo per realizzarlo è invitare delle monache dharmagupta, di tradizione cinese, a dare questa trasmissione.

In questi mesi sembra che si stiano facendo dei passi in avanti verso questa direzione, e pertanto è molto probabile che le monache di Larung Gar nei prossimi anni possano vedere soddisfatta la propria richiesta.

Marco Scarinci

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