Articolo originale: https://aurorasito.wordpress.com/2016/05/12/gli-oppositori-di-rousseff-si-rivolgono-a-washington/
La camera bassa del Congresso brasiliano ha approvato l’impeachment della Presidentessa Dilma Roussef, inviando il procedimento in Senato. Con atto intenzionale e ricco di simbologia, il parlamentare che ha fatto passare l’impeachment la soglia dei 342 voti è stato il deputato Bruno Araujo che secondo un documento avrebbe ricevuto fondi dai giganti edili al centro dello scandalo sulla corruzione nazionale. Più significativamente, Araujo appartiene al partito di centro-destra PSDB, i cui candidati hanno perso quattro elezioni nazionali consecutive contro il partito della sinistra moderata di Rousseff, PT, e l’ultima sconfitta elettorale si era avuta solo 18 mesi prima, quando 54 milioni di brasiliani votarono la rielezione della Presidentessa Dilma. Questi due fatti su Araujo enfatizzano la natura surreale e inaudita del procedimento a Brasilia, capitale del quinto Paese più grande del mondo. Politici e partiti che hanno tentato invano per due decenni di sconfiggere il PT nelle elezioni democratiche, puntano trionfalmente al rovesciamento del voto del 2014 destituendo Dilma su basi, come è stato chiaramente dimostrato dal New York Times che sono, nella migliore delle ipotesi, assai dubbie. Anche The Economist, che da sempre disprezza il PT e i suoi programmi contro la povertà e vuole le dimissioni di Dilma, ha sostenuto che “in assenza di prove di un crimine, la destituzione è ingiustificata” e che “è un pretesto per rovesciare un presidente impopolare“. Il procedimenti, in nome della lotta alla corruzione, sono stati presieduti da uno dei politici più apertamente corrotti del mondo democratico, il presidente della Camera Eduardo Cunha, recentemente scoperto aver nascosto milioni di dollari in conti presso una banca svizzera proventi da possibili varie fonti di corruzione, e che mentì sotto giuramento negando agli investigatori del Congresso di avere conti all’estero. Dei 594 membri del Congresso, come il Globe and Mail ha riportato, “318 sono soggetti ad indagini penali” e che al loro obiettivo, la presidentessa Rousseff, “non attribuiscono alcuna accusa di irregolarità finanziaria”. Uno per uno, i parlamentari corrotti sono andati al microfono rivolto a Cunha per votare “sì” alla destituzione, dicendosi inorriditi dalla corruzione. Come preludio al voto, hanno citato una vertiginosa serie di motivazioni strane, dai “fondamenti del cristianesimo” a “non essere rossi come Venezuela o Corea del Nord” a “nazione evangelica” e “pace a Gerusalemme”. Jonathan Watts del Guardian ha trascritto parte di tale farsa: “Sì, ha votato Paulo Maluf, che si trova sulla lista rossa dell’Interpol per cospirazione. Sì, ha votato Nilton Capixaba, accusato di riciclaggio di denaro. “Per l’amor di Dio, sì!”, ha detto Silas Camara sotto inchiesta per falsificazione di documenti e sottrazione di fondi pubblici”.
E’ molto probabile che il Senato sia d’accordo ad accettare le accuse, cui seguirà la sospensione di 180 giorni della Presidentessa Dilma e l’insediamento del vicepresidente Michel Temer del PMDB, molto favorevole al mondo degli affari. Il vicepresidente stesso, come ha detto il New York Times, “è indagato per presunto acquisto illegale di un impianto di etanolo“. Temer ha recentemente riferito che il candidato favorito alla guida della squadra economica sarebbe l’amministratore delegato di Goldman Sachs in Brasile Paulo Leme. Se, dopo il processo, i due terzi del Senato vota a favore della condanna, Dilma sarà rimossa dall’incarico. Molti sospettano che lo scopo principale della rimozione di Dilma sua dare al pubblico la sensazione catartica che la corruzione sia stata sconfitta, il tutto per sfruttare la posizione di Temer per evitare ulteriori indagini su decine e decine di politici realmente corrotti che popolano i maggiori partiti. Gli Stati Uniti sono notevolmente silenziosi sull’agitazione nel secondo Paese più grande dell’emisfero, e tale posizione è stata solo accennata dai media mainstream. Non è difficile capire perché. Gli Stati Uniti hanno per anni negato con veemenza di aver avuto alcun ruolo nel colpo di Stato militare del 1964 che rovesciò il governo della sinistra, un colpo che portò a 20 anni di dittatura di destra, brutale e filo-USA. Ma i documenti segreti e le registrazioni emersi dimostrano che gli Stati Uniti avevano attivamente contribuito ad elaborare il colpo di Stato e la relazione della Commissione Verità 2014 del Brasile ha dimostrato che Stati Uniti e Regno Unito avevano aggressivamente sostenuto la dittatura e anche “interrogatori basati sulla tortura”. Il colpo di Stato appoggiato dagli Stati Uniti e la dittatura militare vanno oltre l’attuale controversia. La Presidentessa Rousseff e i suoi sostenitori hanno descritto in modo esplicito il tentativo di rovesciarli con un colpo di Stato. Un importante deputato pro-impeachment di destra che aspetta le presidenziali per diventare presidente, Jair Bolsonaro (che Intercept studiò l’anno scorso), ha esplicitamente elogiato la dittatura militare e, in particolare il colonnello Carlos Alberto Brilhante Ustra, il capo torturatore della dittatura (noto responsabile delle torture a Dilma). Il figlio di Bolsonaro, Eduardo, anche lui deputato, aveva dichiarato che votava la destituzione “per i militari del 64”: che guidarono il colpo di Stato e imposero un regime militare. L’invocazione infinita a Dio e famiglia da parte dei sostenitori dell’accusa, ha ricordato lo slogan del colpo di Stato del 1964: “La marcia della famiglia con Dio per la libertà” con cui i media degli oligarchi in Brasile sostennero il colpo di Stato del 1964 quale necessario contro la corruzione della sinistra, unendosi al sostegno dell’attuale movimento per l’impeachment contro il PT con la stessa giustificazione.
aloysio_vitort-740×486 Il rapporto di Dilma con gli Stati Uniti è stato difficile per anni, significativamente aggravato dalle sue denunce dello spionaggio dell’NSA contro l’industria brasiliana, la popolazione, la presidentessa e la stretta relazione commerciale del Brasile con la Cina. Il suo predecessore, Luiz Inácio Lula da Silva, aveva anche alienato molti funzionari statunitensi, tra l’altro, unendosi alla Turchia per negoziare un accordo separato con l’Iran sul programma nucleare, mentre Washington cercava di far pressione su Teheran. Gli addetti ai lavori di Washington capirono perfettamente che non potevano più considerare il Brasile sicuro per il capitale. Gli Stati Uniti, naturalmente, hanno una lunga e recente storia di orchestrazione di instabilità e colpi di Stato contro i governi latinoamericani di sinistra democraticamente eletti, cui erano avversi. Oltre al colpo di Stato in Brasile nel 1964, gli Stati Uniti almeno supportarono il tentativo nel 2002 di rovesciare il Presidente venezuelano Hugo Chavez, svolsero un ruolo centrale nella cacciata del presidente haitiano Jean-Bertrand Aristide nel 2004 e Hillary Clinton, allora segretaria di Stato, diede un sostegno fondamentale per legittimare il colpo di Stato in Honduras nel 2009, solo per fare qualche esempio. Molti nella sinistra brasiliana pensano che gli Stati Uniti siano attivamente coinvolti nell’instabilità del loro Paese per sbarazzarsi del partito di sinistra che punta al commercio con la Cina, invece di promuovere un governo più favorevole al business e filo-statunitense, che non potrebbe mai vincere le elezioni. Anche se alcuna prova è emersa a sostegno di questa teoria, il viaggio poco seguito dai media negli Stati Uniti di un membro chiave dell’opposizione brasiliana, probabilmente alimenta queste preoccupazioni. Il giorno dopo il voto per l’impeachment, il senatore Aloysio Nunes del PSDB era a Washington per incontrasi con i funzionari degli Stati Uniti, ma anche con gruppi di pressione e di trafficanti di ogni influenza vicini a Clinton e altre figure politiche. Il senatore Nunes incontrava il presidente e i dirigenti del Comitato per le Relazioni Estere del Senato, Bob Corker, senatore repubblicano del Tennessee, e Ben Cardin, senatore democratico del Maryland; l’assistente del segretario di Stato ed ex-ambasciatore in Brasile Thomas Shannon, e partecipava a un pranzo organizzato dalla società di lobbying di Washington Albright Stonebridge Group, guidata dall’ex-segretaria di Stato di Clinton, Madeleine Albright, e dall’ex-segretario al Commercio di Bush e amministratore delegato della società Kellogg, Carlos Gutierrez.
L’ambasciata del Brasile a Washington e l’ufficio del senatore Nunes hanno detto a The Intercept che non avevano informazioni sul pranzo. In una email, Albright Stonebridge Group ha scritto che non vi era alcuna “componente mediatica” in tale evento, che riguardava “il mondo degli affari e politico di Washington“, e che i partecipanti e gli argomenti seguiti non andavano resi pubblici. Nunes è una personalità molto importante dell’opposizione, e rivelatrice, inviato negli Stati Uniti per questi incontri di alto livello. Ha concorso per la vicepresidenza nel 2014 nella lista del PSDB che perse contro Dilma. Sarà, in particolare, ora uno dei principali esponenti dell’opposizione a condurre la lotta per deporre Dilma al Senato. Come presidente del Comitato per gli Affari Esteri del Senato brasiliano, Nunes ha sostenuto più volte che il Brasile deve riavvicinarsi a Stati Uniti e Regno Unito per formare un’alleanza. E, manco a dirlo, Nunes è fortemente implicato in accuse di corruzione; a settembre, un giudice ha ordinato un’indagine penale dopo che un informatore, un dirigente di una società edile, aveva detto agli investigatori che aveva dato a Nunes 500000 reais (140000 dollari) per la sua campagna, 300000 ufficialmente e 200000 in tangenti, per vincere un contratto con la Petrobras. Non è la prima accusa del genere contro di lui. Il viaggio a Washington di Nunes fu annunciato da Temer stesso, che agiva come se fosse già in campagna elettorale. Temer è furioso per ciò che ha visto quale cambiamento radicale e altamente sfavorevole del corso internazionale, dove la destituzione viene descritta sempre più come tentativo illegale e antidemocratico dall’opposizione, guidata da Temer stesso, per ottenere un potere immeritato. Secondo Folha, colui che si vede presidente ha ordinato a Nunes di condurre “una contro-offensiva di pubbliche relazioni” per combattere il crescente sentimento globale contro la destituzione che, secondo Temer, “demoralizza le istituzioni brasiliane“. Mostrando preoccupazione per la crescente percezione dell’opposizione brasiliana di tentare di rovesciare Dilma, Nunes ha detto che a Washington “spieghiamo che non siamo una repubblica delle banane“, e un rappresentante di Temer ha dichiarato che questa percezione “danneggia l’immagine del Brasile sulla scena internazionale“. “E’ un viaggio di pubbliche relazioni“, secondo Mauricio Santoro, professore di scienze politiche presso l’Università Statale di Rio de Janeiro, in un’intervista a The Intercept. “La sfida più grande che Aloysio deve affrontare non è il governo degli Stati Uniti, ma il loro pubblico. E qui l’opposizione sta perdendo la battaglia“. Non vi è dubbio che l’opinione pubblica internazionale si sia rivoltata contro il movimento per la destituzione istigato dall’opposizione. Anche se solo un mese prima anche i giornali occidentali raffiguravano le proteste di piazza antigovernative in termini entusiastici, ora evidenziano il fatto che le motivazioni legali per l’impeachment sono nella migliore delle ipotesi discutibili e che i suoi capi sono più coinvolti nella corruzione di Dilma. In particolare, si è detto che Temer sia preoccupato e furioso per la risoluzione di rigetto dell’Organizzazione degli Stati Americani, un’organizzazione sostenuta dagli Stati Uniti, il cui segretario generale, Luis Almagro, ha detto che il gruppo è “preoccupato dal procedimento contro Dilma, accusata di nulla“, e perché “tra coloro che chiedono l’impeachment vi sono parlamentari accusati e riconosciuti colpevoli di corruzione“; il segretario dell’Unione delle Nazioni del Sud America, Ernesto Samper, ha detto anche che la destituzione “è serio motivo di preoccupazione per la sicurezza del Brasile e della regione“. Il viaggio a Washington di tale importante figura dell’opposizione implicata in casi di corruzione, dopo il voto alla Camera per l’impeachment di Dilma, solleva almeno delle domande sulla posizione degli Stati Uniti sul rovesciamento della presidentessa. Ciò alimenterà preoccupazioni nei brasiliani sul ruolo degli Stati Uniti nell’instabilità del loro Paese. Ed evidenza molte dinamiche occulte attive nella destituzione, tra cui il desiderio di sottoporre il Brasile agli Stati Uniti e renderlo compatibile agli interessi del mondo degli affari internazionali e delle misure di austerità a scapito del programma politico che i brasiliani avevano adottato in quattro elezioni nazionali consecutive.
Aggiornamento: Prima della pubblicazione, l’ufficio del senatore Nunes ha detto a The Intercept che non avevano ulteriori informazioni sul viaggio oltre a quanto scritto nel comunicato stampa del 15 aprile. Dopo la pubblicazione, l’ufficio del senatore Nunes ha detto, in una lettera del 17 aprile a Folha che, contrariamente a quanto riferito, l’appello del vicepresidente Michel Temer non era motivo del viaggio a Washington.
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