“Considero la promozione di una cooperazione centro-europea più forte come uno dei pilastri fondamentali della mia politica estera e europea. I dodici paesi membri dell’Unione europea, che si estendono nella zona compresa tra i tre Mari europei, il mare Adriatico, il Mar Nero e il Mar Baltico – Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia – hanno un enorme potenziale nel migliorare la loro cooperazione a vantaggio di tutta l’Unione europea e della più ampia comunità transatlantica”.
Con queste parole, Kolinda Grabar – Kitarović, Presidente della Croazia, apre il numero (monotematico) di dicembre della newsletter presidenziale dal titolo Adriatic – Baltic – Black Sea initiative. A triangle of stronger partnership. (1)
Il 30 settembre 2015, ai margini della 70a sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, il Presidente croato ha riunito di propria iniziativa quei Paesi associati da comuni interessi in Europa centrale e orientale con lo scopo di unire le forze per una fiducia reciproca e supportare le istanze comuni in seno alle istituzioni comunitarie. Così, il primo meeting informale (2) del gruppo ha visto i rappresentanti di Croazia, Austria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Slovenia, Slovacchia, Romania e Polonia sedere ad un tavolo per iniziare ad organizzare politiche di interesse comune in tre campi principali quali energia, trasporti, telecomunicazioni. L’iniziativa promossa da Kolinda Grabar – Kitarović non costituisce un gruppo formale, non è una organizzazione di tipo politico ma, bensì, ad oggi, intende essere una cornice di riferimento dove le collaborazioni tra i vari Paesi aderenti possono essere incanalate e le energie concentrate per raggiungere obiettivi comuni.
A siffatta volontà non poteva mancare il forte appoggio della Polonia che dall’elezione del conservatore Andrzej Duda alla carica di Presidente della Repubblica sta cercando di porsi quale Paese guida dell’Europa centro-orientale. A dare una rapida occhiata alla cartina, si nota come i Paesi interessati all’Iniziativa dei Tre Mari coprano quel territorio europeo interessato dall’Intermarium (Międzymorze, in polacco) , progetto (geo)politico perseguito dal leader polacco Josef Pilsudski negli anni compresi tra i due conflitti mondiali mirante alla realizzazione di una federazione dei Paesi dell’Europa centrale e orientale sotto l’egida di una Polonia nuovamente indipendente. La dottrina Intermarium, quindi, come paradigma di organizzazione e concettualizzazione spaziale cui soggiace(va) la volontà di riempire quel vuoto geografico naturale tra Germania e Russia (Impero, Unione delle Repubbliche Socialiste oppure Federazione) occupato dallo Stato polacco; una concettualizzazione che, nei progetti, avrebbe permesso a Varsavia di porsi come agente regionale capace di emanciparsi dall’influenza forte dei propri vicini. Nel 1933, Frederic Ogg, in un articolo dal titolo Poland’s new foreign policy scriveva che per anni le basi di questa politica era stata una solida alleanza con la Francia mentre la nuova visione si basava sull’evidenza che per troppo tempo il mondo aveva trattato la Polonia come un satellite della Francia nelle principali tematiche internazionali. La Polonia deve emanciparsi dalla subordinazione e far capire alle Nazioni che, in qualità di uno dei più grandi e popolosi Paesi dell’Europa, è pronta a stare in piedi da sola e parlare con la sua voce. (3)
Il generale Pilsudski aveva compreso che la geografia era un avversario della Polonia, intrappolata tra una Germania ed una Russia che non sarebbero rimaste definitivamente deboli: per tali motivi, propugnò l’idea di una federazione di stati dell’Europa centrale e orientale (Cecoslovacchia, Romania, Ungheria, Lituania, Lettonia, Estonia, Bielorussia e Jugoslavia) sotto l’egida di Varsavia che avrebbe preservato le sovranità dei Paesi minacciati dall’attivismo militare dell’Unione sovietica; una federazione le cui elités si sarebbero orientate ai valori europei contro l’affermarsi delle istanze russe, che riportava alla memoria i fasti del Regno di Polonia e Lituania e della dinastia jagellonica terminata nel XVIII secolo e che si modellava sul piano di Adam Czartoryski, ex Ministro degli Esteri della Russia zarista, che, già nel 1830, proponeva la creazione di uno stato di tipo federale polacco – lituano cui collegò l’indipendentismo degli altri Paesi dell’Europa orientale capaci di sviluppare, in seguito, una vasta alleanza regionale che coprisse i territorio dal Mar Baltico al Mar Nero. (4)
A raccogliere l’eredità del leader polacco fu, Józef Beck, ministro degli Esteri della Polonia durante la Seconda Guerra Mondiale, il quale sostenne la nascita di un forte blocco diplomatico-militare in Europa orientale contro i piani egemonici della Germania nazista. La cosiddetta Terza Europa di Beck fallì per l’aperta ostilità dell’Ungheria, mentre anche gli altri Paesi della regione mostrarono scarso interesse ad allearsi con la Polonia, insospettiti dal revisionismo territoriale di Varsavia verso la Cecoslovacchia. Negli anni ’70 sulla rivista Kultura, periodico politico-letterario stampato a Parigi e indirizzato agli immigrati polacchi, lo scrittore e attivista politico Jerzy Giedroyc insieme con il giornalista Juliusz Mieroszewski elaborò una dottrina politica che riconosceva il bisogno di riconciliare i Paesi del centro e dell’Est Europa: Polonia e Unione sovietica avrebbero rifiutato eventuali ambizioni imperiali e rivendicazioni territoriali controverse accettando le modifiche di confine del dopoguerra e, al contempo, invitando i due Paesi ad abbandonare la loro lotta per il dominio di altri paesi dell’Europa orientale; la dottrina dei due intellettuali polacchi sosteneva fortemente l’indipendenza degli Stati che si affacciano sul Mar Baltico oltre che della Bielorussia e dell’Ucraina (5).
La dottrina ULB respingeva la divisione di Yalta e i blocchi politico-militari, temporanei ed insignificanti sul lungo periodo, a favore di un più profondo legame tra gli Stati che si fondasse non sulla potenza delle armi. Caduto il comunismo e finita la Guerra Fredda, con la Polonia nuovamente indipendente dall’influenza sovietica la dottrina ha informato le prima mosse di Varsavia nella politica estera di accettazione della sovranità incondizionata dei paesi dell’Europa orientale (Ucraina, Lituania, Lettonia, Estonia e Bielorussia) con i quali i trattati di cooperazione sono stati firmati in tempi stretti. La Terza Repubblica di Polonia era un paese in cui si metteva tutto in discussione, tranne che la politica estera. Indipendentemente dall’appartenenza, ogni governo teneva alcune priorità salde: rafforzamento dell’indipendenza per l’adesione all’UE e alla NATO (membro dal 1999), emancipazione delle nazioni dell’Europa orientale e facilitazione dell’accesso di queste nel consesso occidentale delle relazioni economiche, politiche e militari.
Nel 1991 nasce il Gruppo di Visegrad (V4, forum cui partecipano Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) esperienza che porta Varsavia ad una progressiva affermazione come attore geopolitico regionale all’interno dei Paesi dell’Europa centro-orientale mentre la scelta atlantica fu istintiva e si guidata dall’avversione verso un’altra possibile Yalta e dalla volontà di superare la trappola geopolitica di Paese costretto tra due potenze.
Bisogna aspettare gli anni della Presidenza di Lech Aleksander Kaczynski, il 2005 e il 2010, perché le istanze di matrice jagellonica muovessero la politica estera di Varsavia. Si registra un risveglio del sentimento antirusso, alimentato dalla retorica di Kaczynski che nell’agosto del 2008, nei giorni della Seconda guerra in Ossezia del Sud, a Tbilisi pronunciava un discorso dai contenuti inequivocabili: siamo qui oggi per esprimere piena solidarietà, Siamo qui, leaders di cinque stati: Polonia, Ucraina, Estonia, Lettonia e Lituania. Siamo qui per prendere parte alla lotta. Per la prima volta per un periodo molto lungo, i nostri vicini del Nord, e per noi anche del Nord e Est, hanno mostrato la loro faccia che noi abbiamo conosciuto per secoli. Questi vicini pensano che le Nazioni che vivono intorno a loro debbano essere loro subordinate. Noi diciamo “no”. Questo stato è la Russia. Questo Paese pensa che i vecchi tempi dell’impero caduto meno di venti anni fa siano tornati. Che ancora la dominazione sarà la caratteristica della regione. Non lo sarà. […] Tutti noi abbiamo avuto modo di conoscere la dominazione nello stesso o in tempi diversi. […] Ma come la situazione oggi differisce da quella di molti anni fa? Noi siamo tutti insieme. Oggi il mondo deve reagire anche se riluttante. Noi siamo qui in modo che il mondo reagisca ancora più forte, specialmente l’UE e la NATO. […] E vorrei dire, non solo a voi ma anche ai nostri amici comuni dell’Unione europea che l’Europa Centrale, e la Georgia, e l’intera regione conterà, e che noi siamo un’entità. E sappiamo molto bene che oggi è la Georgia, domani sarà l’Ucraina, dopodomani saranno gli Stati baltici, e poi potrebbe venire il tempo per il mio Paese, la Polonia. Siamo profondamente convinti che la nostra membership nella NATO e nell’UE porranno fine al periodo degli appetiti russi. (6)
Le operazioni militari in Georgia hanno rappresentato per Varsavia l’inizio di un ritorno su larga scala dell’Orso russo e, nell’occasione, il Presidente della Repubblica Kaczynski ha annunciato la creazione di un cordone di Stati minacciati dall’imperialismo di Mosca, dall’Estonia all’Azerbaigian, sotto la protezione di Washington.
La Polonia non ha ambizioni di impero ma, in questo nuovo millennio, si è imposta come potenza regionale capace di porsi come guida dei Paesi vicini incapaci di difendersi da soli e memori della paura della potenza russa saggiata nel corso della Storia. La Polonia a guida Kaczynski (compresa l’azione del fratello Jaroslaw) aveva una politica estera essenziale e netta: Russia e Germania erano i nemici, gli Stati Uniti gli amici. La partnership bilaterale con Washington è tuttavia soltanto una delle sfaccettature della politica estera di Varsavia che aspira a combinare un forte orientamento transatlatico con un impegno verso una più profonda cooperazione militare e politica tra NATO e UE. Questo è importante perché l’azione politica della Polonia nella regione è guidata dall’ambizione di creare una politica di sicurezza e difesa europea integrata verso i Paesi dell’est europeo. Per questo motivo la Polonia ha supportato un ulteriore allargamento della NATO e delle istituzioni europee verso i vicini ucraini, georgiani, bielorussi e, inoltre, ai Paesi dell’ex Jugoslavia e perfino del Kazakhstan, Turkmenistan e Uzbekistan.
Nel 2008, Varsavia ha promosso insieme con il Governo svedese il Partenariato orientale, un programma di associazione che l’Unione europea, nel quadro della politica europea di vicinato, ha in corso con Armenia, Azerbaigian, Georgia, Ucraina e Bielorussia con il fine di favorire un avvicinamento di questi sei Paesi a Bruxelles.
Dal 2010, con l’affermazione elettorale del partito Piattaforma Civica l’orientamento della politica estera vira verso un riavvicinamento a Germania e Russia con, al contempo, un minore impegno nel Gruppo di Visegrad.
La vittoria di Andrzej Duda alla elezioni presidenziali del maggio 2015 ha riportato in agenda le idee di stampo jagelloniche: ispirato dai suoi modelli di riferimento, Pilsudsky, Giedroyc e il compianto Lech Kaczynski, Duda ha rilanciato una nuova strategia diplomatica per la Polonia cui si rivendica un ruolo più assertivo in Europa e all’interno della NATO e di paese guida dei Paesi dell’Europa centro – orientale, tradizionalmente poco consiederati dai principali membri delle istituzioni comunitarie. Nel suo discorso di insediamento il nuovo presidente ha affermato che abbiamo bisogno di maggiori garanzie da parte della NATO. Nell’attuale situazione geopolitica difficile, come ben sapete, questo riguarda non solo la Polonia, ma l’intera Europa centro-orientale (7) e ha, poi, aggiunto che si sarebbe adoperato per una maggiore presenza della NATO in questa parte d’Europa, anche sul territorio polacco eha annunciato la volontà di costituire un’alleanza regionale sul modello dell’Intermarium che permetta alla Polonia di perseguire la sua naturale vocazione di guida regionale di tutta una serie di Stati senza altra scelta, accomunati da problematiche geopolitiche che il resto dell’Europa non ha e fatica a comprendere.
Nel portare a realizzazione il proprio piano, l’alleanza regionale dovrebbe riuscire ad allargarsi verso est, verso quell’Ucraina che indipendente, nel pensiero di Pilsudski, era conditio sine qua non di una Polonia indipendente. Non a caso nel 2004 Varsavia ha dato un forte e attivo contributo alla rivoluzione arancione che ha portato i sostenitori di Viktor Juščenko a contestare i risultati, denunciando brogli elettorali, e a restare in piazza fino a che non fosse stata concessa la ripetizione della consultazione elettorale. Anche se il coinvolgimento dell’Ucraina nell’alleanza assuma un significato fortemente strategico e rappresenti l’elemento chiave perché l’Intermarium giochi il suo ruolo di leader regionale al meglio, che si verifichi quanto desiderato è alquanto improbabile. Almeno nel medio periodo. Più percorribile la via che porta un allargamento verso sud, vale a dire Romania e Bulgaria e, nelle intenzioni di Duda, verso la Croazia fin o a raggiungere la Macedonia.
Se la Polonia rappresenta la culla storica dell’Intermarium, la Croazia è l’opportunità per la confederazione di emergere come nuovo soggetto globale in virtù dell’accesso diretto al mare dal momento che il Paese ha accesso diretto al Mar Mediterraneo e non ha le acque circondate da altri Paesi come, invece, succede per gli Stati Baltici o quelli che si affacciano sul Mar Nero.(8)
Così strutturato, l’Intermarium avrebbe un enorme potenziale sia per l’intera Unione europea e, soprattutto, per la comunità transatlantica più ampiamente intesa: la ferma volontà della Polonia di insistere sull’allargamento europeo verso est e l’insistita richiesta di truppe permanenti dell’Alleanza atlantica sul proprio suolo sono funzionali al raggiungimento di un ruolo guida nel settore orientale del Vecchio Continente. Nell’ambito di difesa occidentale, infatti, sembra essere sempre più accentuato il ruolo riservato alle potenze regionali in una sorta di applicazione delle idee di Donald Rumsfeld (e dell’ala repubblicana a lui afferente) che volevano una unipolarità multipolare coniugata con il lead from behind attuato dall’amministrazione Obama, ad esempio, in Libia. Con la formazione dell’Intermarium si attuerebbe un passaggio da un’europa bipolare a guida franco-tedesca ad una tripolare con un blocco di paesi centro-orientali che davanti al pericolo delle vicende eurasiatiche sarebbe forte alleato di Washington nel fronteggiare Mosca. In questa cornice di riferimento, l’Intermarium si snoderebbe su tre assi: il Viking Bloc (guidato dalla Svezia), il blocco del neo-commonwealth a guida polacca e il blocco del Mar Nero basato sulla cooperazione tra Romania e Bulgaria.
In quest’ottica, non è un caso che l’iniziativa promossa dal Presidente croato Grabar – Kitarović sia stato accolto con favore dall’Atlantic Council, un think tank che ha tra le sue finalità quella di promuovere la leadership americana e promuovere accordi internazionali basati sul ruolo centrale della comunità atlantica nell’affrontare le sfide del XXI secolo. Tutto è ancora allo stato primordiale, ma intanto, ad inizio ottobre, la Croazia è stata invitata a partecipare ad una riunione del Gruppo di Visegrad mentre il primo meeting ufficiale dell’Adriatic – Baltic – Black Sea initiative si terrà a Zagabria nel corso del 2016.
Andrea Turi
NOTE AL TESTO
1. Il documento è consultabile (e scaricabile) dal seguente indirizzo:
http://predsjednica.hr/files/NEWSLETTER%20VIEWS%20and%20NEWS_no%202.pdf
2. Il primo incontro formale si terrà nel 2016 a Zagabria, capitale della Croazia.
3. Frederic A. Ogg, Poland’s new foreign policy, A current history, Maggio 1933, numero 38, p. 239.
4. Il piano di Pilsudski intendeva, infatti, realizzare una grande federazione regionale che si estendesse dalla Finlandia fino alla Romania in una sorta di “cuscinetto” tra Germania e Russia che mettesse l’intera zona al sicuro dai progetti imperiali di queste due potenze.
5. La dottrina in questione è conosciuta anche con il nome di ULB Doctrine dove le lettere della sigla stanno per Ucraina, Lituania in rappresentanza degli Stati baltici e Bielorussia, realtà che, se indipendenti, avrebbero creato una zona cuscinetto tra Polonia e Unione sovietica.
6. Il discorso è riportato in D. Smyrgala, Intermarium. From the battle of Varna to the war in Ukraine, in Entre el Mar Baltico y el Mar Negro, Num. 1, dicembre 2014, pp. 28-37.
7. http://www.rzym.msz.gov.pl/it/c/MOBILE/attualita/il_presidente_andrzej_duda
8. In questa logica di accesso ai mari, l’inserimento dell’Ucraina nei Paesi interessati dall’Intermarium sarebbe strategico perché ridurrebbe l’accesso russo al Mar Nero così verso il Baltico Lettonia, Estonia e Lituania.
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