Dalla fine della Rivoluzione Culturale, la Cina ha mostrato un’apertura via via maggiore nei confronti del Buddhismo. Il governo di Beijing non solo ne è diventato tollerante, ma ha ben presto iniziato a mostrare segni di apprezzamento di questa religione e, in particolare, alle sue attività di carità sociale. Il turismo religioso è stato incoraggiato in quanto ritenuto benefico all’economia del Paese e all’immagine dello stesso nel mondo. Il Buddhismo – che non viene più sospettato di essere un rivale ideologico – viene ormai visto come una pacifica “antica religione cinese”, patrimonio culturale della Nazione.
Tra le religioni tradizionali della Cina, è proprio il Buddhismo a godere del maggiore supporto da parte del Governo. A differenza del Taoismo e delle altre religioni cinesi, infatti, permette l’apertura di canali di comunicazione con Taiwan e con i paesi buddhisti del Sud-Est Asiatico, e ciò costituisce agli occhi di Pechino un’opportunità. E’ in questa luce che vanno comprese iniziative come il Forum Buddhista Mondiale, la cui ultima edizione ha avuto luogo il 24 e il 25 Ottobre 2015 a Wuxi, nella provincia orientale di Jiangsu.
Come nelle altre edizioni del Forum Buddhista Mondiale – tenutesi rispettivamente nella provincia di Zhejiang (2006), a Taiwan (2009) e in Hong Kong (2012) – ha visto oltre mille partecipanti da molti paesi dell’Asia Orientale. Il Forum del 2006 costituisce la prima grande conferenza religiosa tenutasi in Cina dopo il 1949. E’ indubbio il fatto che in questi Forum il Governo Cinese si ponga come sponsor del Buddhismo a livello internazionale, sottolineando il contributo che questa religione può portare in termini di “armonia sociale”. Secondo alcuni analisti, ma l’opinione è discutibile, questo supporto sarebbe mirato anche a contenere la diffusione sempre maggiore del Cristianesimo in Cina.
Secondo Jiang Jianyong, vice-presidente della China Religious Culture Communication Association, sono tre i principali obiettivi che il Forum deve perseguire: sottolineare l’importanza del Buddhismo nella promozione dello sviluppo economico, dell’armonia sociale e della prosperità culturale.
L’ultimo Forum Buddhista Mondiale, tenutosi nei giorni scorsi, ha visto anche la partecipazione di ospiti dall’Italia: Lama Gangchen e Lama Michel del Centro Kunpen NgalSo di Milano. Il Forum si è concentrato sul rapporto tra le nuove tecnologie e il Buddhismo, in particolare sull’uso di internet nella diffusione degli insegnamenti buddhisti. Il Venerabile Maestro Zong Xing, vice-presidente dell’Associazione Buddhista Cinese, ha affermato che “Dagli antichi insegnamenti buddhisti possiamo apprendere che il Buddhismo possiede la saggezza di utilizzare le nuove tecnologie per diffondere i suoi insegnamenti e il suo spirito [..]. Il Buddhismo può anche diffondere su internet energia positiva, e aiutare le persone a resistere alle informazioni dannose”.
Il Maestro Xuecheng è il Presidente dell’Associazione Buddhista Cinese e membro della Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese. Egli è stato uno dei primi insegnanti buddhisti del Paese ad aprire un Blog, ed ha più di 325600 contatti su Sina Weibo, l’equivalente cinese di Twitter. Come blogger è molto popolare e i suoi pensieri sono tradotti, online, in oltre 11 lingue.
Nel suo intervento, come riportato dall’agenzia Xinhua, il Maestro Xuecheng ha sollecitato i buddhisti di tutto il mondo a unirsi nel dialogo con le altre religioni e a diffondere (anche tramite mezzi tecnologici) la loro saggezza per la risoluzione dei problemi che sono comuni nello sviluppo della società umana. Per questo, però, è importante il dialogo non solo tra le religioni ma anche tra le varie sette del Buddhismo.
Tra i partecipanti all’incontro, degni di nota sono stati anche l’Abate Hsing Yun, uno dei più influenti monaci di Taiwan, e l’undicesimo Panchen Lama Gyaltsen Norbu. Come è risaputo, su quest’ultimo c’è una grande controversia in quanto Gyaltsen Norbu non è stato riconosciuto dal Dalai Lama, ma ciononostante è appoggiato dal Governo Centrale e da altre importanti autorità buddhiste dentro e fuori il Tibet.
Nel suo intervento, il Panchen Lama ha sottolineato l’importanza di applicare maggiori controlli affinché i monaci seguano più puramente i precetti monastici. E i monaci vaganti, quelli che non hanno dimora presso un monastero preciso, sono quelli ad essere più inclini a romperli. Con questa ed altre affermazioni, alcuni analisti hanno visto il ritorno del Panchen Lama alla linea del Partito, dopo le affermazione fatte a Marzo in cui quest’ultimo ha criticato la limitazione nel numero massimo di monaci ammissibili imposta dal Governo in alcuni monasteri del TAR.
Marco Scarinci
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