A 70 anni di distanza, dobbiamo ancora custodire lo Spirito di Bandung

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Shao Zhicheng e Zhai Kun (Global Times) | a cura di Giulio Chinappi

A 70 anni dalla storica Conferenza di Bandung, riaffiorano l’urgenza di cooperazione aperta e la solidarietà fra nazioni, in un contesto globale segnato da protezionismo e frammentazione. Lo Spirito di Bandung offre la bussola per ripristinare consenso e credibilità multilaterale.

Nel 2025 il mondo celebra il 70º anniversario della Conferenza di Bandung. L’incontro, svoltosi in Indonesia dal 18 al 24 aprile 1955, riunì 29 Paesi asiatici e africani. Grazie al consenso e al rispetto reciproco, fu emanato un comunicato finale che diede vita a ciò che poi fu chiamato Spirito di Bandung, fondato sulla solidarietà, l’amicizia e la cooperazione. Oggi il multilateralismo è sotto pressione e il sistema globale rischia di andare in frantumi. Rivisitare e commemorare lo Spirito di Bandung non è soltanto un’eredità storica, ma anche una scelta pratica.

Attualmente la logica della cooperazione internazionale — basata su apertura, consultazione e reciproco vantaggio — è messa in discussione da unilateralismo e protezionismo. La frammentazione istituzionale e lo svuotamento delle organizzazioni si sono intensificati, e i quadri di cooperazione globale si caratterizzano sempre più per esclusività e strumentalizzazione. In questo contesto, la sfida centrale per la governance mondiale è ricostruire un consenso internazionale e ripristinare la credibilità delle istituzioni. Lo Spirito di Bandung — che sottolinea il rispetto della diversità, il dialogo inclusivo e la cooperazione fondata sul consenso — offre una base normativa cruciale per avanzare.

Uno dei traguardi della Conferenza di Bandung del 1955 fu la creazione di uno spazio politico al di là del dominio delle grandi potenze e dei blocchi ideologici. Malgrado le profonde differenze di sistemi politici e livelli di sviluppo, i 29 Paesi asiatici e africani approvarono i Dieci Principi di Bandung. Lo Spirito di Bandung non fu un’estensione passiva dell’ordine internazionale esistente, bensì una ricerca precoce di equità e convivenza tra sistemi diversi. Si staccava dalla convergenza istituzionale guidata dall’Occidente e dalle divisioni ideologiche della Guerra Fredda, esprimendo una visione meridionale di equità globale. Non si proponeva di sostituire le norme vigenti, ma di correggerne le storture. Non rifiutava la diversità, bensì la abbracciava.

Nel corso dei decenni successivi, lo Spirito di Bandung è stato tessuto all’interno di organismi multilaterali come il Movimento dei Paesi Non Allineati, i BRICS e l’ASEAN. La crescita della cooperazione Sud‑Sud, l’ascesa delle organizzazioni regionali e la formalizzazione del discorso sullo sviluppo riflettono la trasformazione graduale dello Spirito di Bandung in un linguaggio istituzionale. Lo Spirito di Bandung è divenuto un modo concreto per il Sud Globale di partecipare alla governance mondiale.

È fondamentale sottolineare che lo Spirito di Bandung non era destinato a rimanere confinato nel Sud Globale. Esso non solo ha unito politicamente le nazioni asiatiche e africane, ma ha offerto indicazioni pratiche per promuovere una cooperazione Nord‑Sud più equilibrata. A 70 anni di distanza, mentre le regole globali subiscono squilibri crescenti e le ansie sullo sviluppo si approfondiscono, la ricerca di un rinnovato consenso sullo sviluppo non è soltanto una richiesta centrale del Sud Globale, ma una condizione necessaria per evitare fratture ancora più profonde nella governance mondiale.

Oggi lo Spirito di Bandung offre un prezioso punto di partenza. Riposizionare il diritto allo sviluppo e fare dello sviluppo una priorità globale sono passi essenziali per ricostruire le fondamenta della cooperazione internazionale. Principi quali uguaglianza, mutuo vantaggio e consultazione collettiva rimangono imprescindibili per la cooperazione globale.

Commemorare l’eredità dello Spirito di Bandung non deve limitarsi a un rito simbolico, ma portare alla rinascita dell’agenda globale per lo sviluppo. I Paesi possono utilizzare forum politici e piattaforme regionali per discutere concretamente di questioni quali equità istituzionale, finanziamento dello sviluppo e facilitazione commerciale, contribuendo a costruire partenariati che superino i rigidi confini Nord‑Sud. Tale cooperazione sarà un pilastro per evitare la frammentazione nella collaborazione tra Stati e mantenere la coerenza del sistema.

Settant’anni fa lo Spirito di Bandung fornì una risposta storica alla convivenza delle differenze tra nazioni. Oggi esso offre una bussola per affrontare la coercizione unilaterale, la frammentazione sistemica e gli squilibri globali.

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