GUERRA IN UCRAINA: CONSEGUENZE ECONOMICHE PER RUSSIA, UCRAINA, UNIONE EUROPEA E USA

Start

di Alessandro Marini

L’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022 ha avuto un impatto molto duro sulle economie dei vari Stati europei e conseguentemente ha portato a una ristrutturazione significativa dei rapporti economici tra la Russia, l’Ucraina e l’Europa. La guerra ha generato una serie di sfide economiche, tra cui l’alta inflazione, la discesa dei commerci, l’approvvigionamento energetico e le sanzioni internazionali. Per meglio comprendere il contesto in cui ci troviamo è necessario evidenziare i rapporti precedenti allo scoppio della guerra.

CONTESTO STORICO

L’Unione Sovietica cessò di esistere il 26 dicembre del 1991, da quel giorno in poi nulla fu più come prima. Analizzando l’economia, uno dei principali punti irrisolti era quello del rapporto tra Stato e imprese. Nel sistema pianificato dell’URSS i mezzi di produzione erano di proprietà pubblica, i prezzi erano fissi e i materiali venivano forniti dallo Stato. Secondo l’ideologia comunista le imprese avrebbero dovuto produrre in maniera sempre più efficiente e modernizzare continuamente le loro tecniche.

Tuttavia, quando andò al potere Gorbaciov cambiò radicalmente modus operandi, infatti smantellò l’economia centralizzata, abolì la dittatura del partito, eliminò l’obbligatorietà della dottrina marxista-leninista e allentò i meccanismi di controllo da parte del potere centrale sulle Repubbliche e sulla società. A fine 1991 Gorbaciov insieme al presidente dell’Ucraina e a quello della Bielorussia crearono la fondazione della Comunità degli Stati indipendenti che decretò la fine dell’Urss. Tuttavia, le prospettive di collaborazione economica tra Russia e Ucraina sembravano promettenti. La Russia all’epoca contava 148 milioni di abitanti mentre l’Ucraina 52, quindi si stava parlando di due Stati con una certa rilevanza. Ma il successore di Gorbaciov, Eltsin non riuscì ad imp

edire che la crisi economica si trasformasse in una catastrofe, il presidente sostituì alla politica di Gorbaciov una transizione fulminea al capitalismo che tra il 1992 e il 1998 portò al crollo del 40% del PIL russo. Nel mentre lo spazio economico comune della Comunità degli Stati Indipendenti non si concretizzò mai completamente, ma vari accordi di integrazione favorirono gli scambi all’interno dello spazio post-sovietico. Le relazioni tra Ucraina e Russia prosperarono nei settori aereospaziale, della difesa, degli idrocarburi e dei componenti industriali di precisione. Un dato significativo è che nel 2013 il 23,8% delle esportazioni ucraine era diretto in Russia, mentre il 30% delle importazioni proveniva da Mosca.

Già alla fine degli anni ’90 alcuni studiosi avevano avvertito che la nuova crisi economica che stava investendo la Russia, accompagnata al deterioramento dei rapporti tra Mosca e Washington avrebbe potuto perseguire un progetto espansionista mirato a rafforzare un nucleo slavo più grande e potente, minacciando l’indipendenza di molte ex repubbliche sovietiche, con l’Ucraina in prima linea. Per quanto riguarda il rapporto precedente all’invasione tra Russia e Unione Europea ricordiamo che la Russia era uno dei principali partner economici dell’Europa, soprattutto per quanto riguarda le forniture energetiche.

L’Unione Europea dipendeva in misura significativa dal gas naturale e dal petrolio russi, mentre le esportazioni dell’UE verso la Russia includevano macchinari, prodotti chimici e beni di consumo. L’Ucraina pur avendo una posizione geopolitica difficile era anche un partner commerciale dell’Europa, prima della guerra esportava principalmente grano, acciaio e prodotti agricoli verso l’UE. A partire dal 2014, con l’accordo di associazione UE-Ucraina, le relazioni commerciali erano già in crescita, pur essendo limitate rispetto alla Russia.

CONSEGUENZE PER LA RUSSIA

Riguardo invece le conseguenze economiche dell’invasione dell’Ucraina, è necessario soffermarci sulle sanzioni economiche applicate contro la Russia da parte dell’Unione Europea. Le sanzioni comprendono misure restrittive mirate quindi contro individui, sanzioni economiche, misure diplomatiche e misure in materia di visti. Le sanzioni economiche mirano a provocare gravi danni per la Russia a causa delle sue azioni e a ostacolare efficacemente la capacità del Paese di proseguire il conflitto. Le sanzioni individuali riguardano le persone responsabili del sostegno, del finanziamento o dell’attuazione di azioni che compromettono l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina o le persone che traggono beneficio da tali azioni.

L’UE ha adottato inoltre sanzioni nei confronti di Bielorussia, Iran e Corea del Nord in risposta al loro sostegno alla Russia nell’aggressione militare nei confronti dell’Ucraina. L’UE ha imposto sanzioni anche nei confronti di persone ed entità alla luce del costante deterioramento della situazione dei diritti umani in Russia, in particolar modo per la morte di Alexei Navalny, noto oppositore di Vladimir Putin. Nel quadro delle sanzioni economiche, l’UE ha imposto alla Russia una serie di restrizioni all’importazione e all’esportazione. Ciò significa che le entità europee non possono vendere determinati prodotti alla Russia e che le entità russe non sono autorizzate a vendere determinati prodotti all’UE. L’elenco dei prodotti vietati è concepito per massimizzare l’impatto negativo delle sanzioni sull’economia russa, limitando nel contempo le conseguenze per le imprese e i cittadini dell’UE. Le restrizioni all’esportazione e all’importazione escludono i prodotti destinati principalmente al consumo e i prodotti del settore sanitario, farmaceutico, alimentare e agricolo al fine di non danneggiare la popolazione russa.

Secondo la Commissione europea, dal febbraio del 2022 l’UE ha vietato esportazioni di beni in Russia per un valore di oltre 48 miliardi di euro e importazioni di beni dalla Russia per un valore di 91,2 miliardi di euro. In collaborazione con altri partner che condividono gli stessi principi, l’UE ha inoltre adottato una dichiarazione in cui si riserva il diritto di smettere di considerare la Russia una nazione più favorita nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). L’UE ha deciso di agire in tal senso non mediante un aumento dei dazi doganali sulle importazioni, ma attraverso una serie di misure restrittive che comprendono il divieto di importare o esportare determinate merci. L’UE e i suoi partner hanno inoltre sospeso tutti i lavori relativi all’adesione della Bielorussia all’OMC. Dal dicembre 2023 è in vigore un divieto relativo ai diamanti russi che rientra nell’iniziativa del G7 volta a sviluppare un analogo divieto coordinato sul piano internazionale nell’intento di privare la Russia di questa importante fonte di entrate.

Alcune delle merci che non possono essere esportate dall’UE verso la Russia sono le tecnologie d’avanguardia, i beni e le tecnologie specifici e necessari per la raffinazione del petrolio, attrezzature e tecnologie per l’industria dell’energia, beni di lusso, armi e materiale connesso di qualsiasi tipo ecc. mentre tra i prodotti che non possono essere importati dalla Russia verso l’Ue figurano il petrolio grezzo e prodotti petroliferi raffinati, il gas di petrolio liquefatto (GPL), carbone, acciaio, ferro e ghisa, diamanti, oro e qualsiasi altre merci che contribuiscono al rafforzamento delle capacità della Russia.

Riguardo il divieto sull’importazioni di petrolio nel giugno 2022 il Consiglio dell’UE ha adottato un sesto pacchetto di sanzioni che vieta l’acquisto, l’importazione e il trasferimento di petrolio greggio e di taluni prodotti petroliferi trasportati per via marittima dalla Russia all’UE. È prevista un’eccezione temporanea per le importazioni di petrolio greggio fornito mediante oleodotto negli stati membri dell’UE che, data la loro situazione geografica soffrono di una dipendenza specifica dagli approvvigionamenti russi e non dispongono di opzioni alternative praticabili. L’impatto del divieto sulle importazioni di petrolio è significativo, tenuto conto che circa la metà delle esportazioni totali di petrolio della Russia è destinata all’UE. Nel 2021 l’UE ha importato dalla Russia petrolio per un valore di 71 miliardi di euro.

Sempre per colpire l’economia russa, che dipende fortemente dall’importazione di servizi da imprese europee, l’UE ha vietato la fornitura di determinati servizi rilevanti per le imprese al Governo russo o a qualsiasi persona giuridica, quali società e altri enti o organismi, con sede in Russia. Altro aspetto importante delle sanzioni riguarda il blocco dell’accesso a SWIFT per le banche russe e bielorusse. Questo blocco impedisce a dieci banche russe e a quattro banche bielorusse di effettuare o ricevere pagamenti internazionali utilizzando Swift, cioè un servizio di messaggistica che facilita sostanzialmente lo scambio di informazioni tra banche e altri istituti e che collega più di 11mila entità in tutto il mondo. Di conseguenza, queste banche non possono né ottenere valuta estera né trasferimento di attività all’estero, il che si traduce in conseguenze negative per le economie russa e bielorussa.

L’UE ha perfino deciso di vietare l’uso del “sistema di trasmissione dei messaggi finanziari”, un servizio di messaggistica finanziaria specializzato sviluppato dalla Banca centrale di Russia al fine di neutralizzare l’impatto delle misure restrittive. Ciò significa che alle entità dell’UE che operano al di fuori della Russia è fatto divieto di collegarsi al sistema di trasmissione dei messaggi finanziari o a servizi di messaggistica finanziaria specializzati equivalenti.

Riguardo l’andamento dell’economia russa dal 2002 possiamo osservare come il PIL sia diminuito del 2,1% con previsione di crescita modesta o stagnazione nei prossimi anni, infatti nell’anno seguente secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale, il PIL russo ha registrato una contrazione più modesta, con una stima di calo compreso tra l’1,5% e il 2%. Sebbene il Paese sia riuscito a recuperare alcune perdite, la sua economia è stata pesantemente influenzata dalla persistente assenza di accesso ai mercati globali, dalle difficoltà nel rifornire il mercato interno di tecnologie avanzate e dalla crescente difficoltà di attrarre investimenti esteri. Osserviamo anche settori come l’automotive, l’elettronica e l’aviazione civile subire gravi contraccolpi a causa della mancanza di componenti e tecnologie occidentali.

Altro elemento interessante riguardo la Russia è la gestione del Rublo, che è stata una delle principali preoccupazioni per la Banca Centrale della Russia e per il Governo. Dopo l’invasione dell’Ucraina il rublo ha perso rapidamente valore, scivolando da circa 80 rubli per dollaro a 140 rubli per dollaro nel mese di marzo 2022.

Questo crollo è stato in gran parte dovuto alla fuga di capitali, all’incertezza economica e alle sanzioni che hanno isolato la Russia. Per evitare un’ulteriore svalutazione del rublo, la Banca centrale della Russia ha preso una serie di misure drastiche come l’aumento dei tassi d’interesse: ha innalzato rapidamente i tassi d’interesse dal 9,5% al 20% a marzo 2022 per cercare di stabilire il rublo e frenare l’inflazione. Il Governo ha poi introdotto restrizioni sulle transazioni di valuta estera, impedendo ai cittadini e alle aziende di ritirare o trasferire grosse somme di rubli all’estero. Grazie a queste misure, il rublo è riuscito a recuperare gran parte della sua perdita di valore, arrivando a circa 55-60 rubli per dollaro alla fine del 2022, in un periodo di relativa stabilizzazione.

Questo recupero è stato facilitato da un calo della domanda di importazioni e dall’aumento delle esportazioni di energia verso Paesi non occidentali, come la Cina e l’India. Inoltre la Russia ha dovuto offrire sconti significativi per vendere petrolio e gas a nuovi acquirenti, riducendo i profitti, c’è stato un vero e proprio riorientamento di Mosca verso est soprattutto un rafforzamento dei legami con la Cina. Pechino è diventata il principale partner economico della Russia, sostituendo l’UE come principale destinazione delle esportazioni russe. Le esportazioni di energia verso la Cina sono aumentate del 50% nel 2022, con accordi per pagamenti in yuan e rubli, bypassando il dollaro, la Cina ha anche fornito alla Russia tecnologie e beni di consumo, compensando parzialmente le sanzioni occidentali.

La Russia ha intensificato le esportazioni di energia non solo verso Pechino ma anche verso altri Stati come il Pakistan ma soprattutto l’India che è diventata uno dei maggiori acquirenti di petrolio russo, sfruttando i prezzi bassi per ridurre i costi energetici. Inoltre, vediamo come la Russia ha rafforzato i legami con i paesi dell’UEE (Bielorussia, Kazakistan, Armenia, Kirghizistan) per creare un mercato regionale alternativo. Questi Paesi hanno beneficiato di prezzi energetici scontati e di un maggiore accesso al mercato russo. Vediamo anche come la Russia stia sviluppando nuove rotte commerciali verso l’Asia come il corridoio Nord-Sud che collega (Russia, Iran e India) e la Via della Seta Polare (via l’Artico). Ci sono poi investimenti in infrastrutture energetiche come il gasdotto Power of Siberia 2 che mirano a incrementare le esportazioni di gas verso la Cina.

Riprendendo il discorso dei sistemi di pagamento, la Russia ne sta sviluppando di alternativi a Swift, come il sistema di messaggistica finanziaria russo; questo consente alle banche russe di scambiarsi messaggi finanziari tra di loro e con altre entità finanziarie internazionali, inclusi i pagamenti e le comunicazioni relative a trasferimenti di denaro, operazioni di credito e altre transazioni finanziarie. Il sistema operativo è principalmente all’interno della Russia, ma è stato progressivamente ampliato per includere alcune banche in altri Paesi. Le transazioni tra le banche russe vengono gestite tramite SPFS, che fornisce la piattaforma per inviare messaggi di pagamento e transazioni finanziarie in tempo reale. Sebbene SPFS sia stato creato come un’alternativa a SWIFT, la sua interoperabilità con il sistema SWIFT è limitata. Le banche russe che sono collegate a SPFS possono comunque continuare a comunicare con altre banche internazionali che sono connesse a SWIFT, ma le sanzioni internazionali e l’esclusione dalla rete SWIFT hanno reso difficile il processo di comunicazione con il sistema globale.

La Russia ha intensificato la collaborazione tecnologica con la Cina, soprattutto nei settori della difesa, dell’energia nucleare e dell’intelligenza artificiale. La Cina ha fornito componenti elettronici e tecnologie avanzate per compensare le sanzioni occidentali. Come ad esempio i semiconduttori che sono fondamentali per il funzionamento di quasi tutte le tecnologie moderne, dai dispositivi elettronici ai sistemi industriali. La Russia ha dovuto affrontare una grave carenza di semiconduttori a causa delle sanzioni che le hanno impedito di acquistare chip avanzati dai produttori occidentali, come Intel, Nvidia e Qualcomm. La Cina, attraverso aziende come SMIC (Semiconductor Manufacturing International Corporation) e altre, ha aumentato le forniture di chip e semiconduttori per aiutare la Russia a colmare il divario. Tecnologia 5G e telecomunicazioni: la Russia ha cercato di rafforzare le sue infrastrutture di telecomunicazione, mentre la Cina ha fornito apparecchiature per le reti 5G, inclusi dispositivi e infrastrutture per la rete mobile.

Huawei, un gigante cinese delle telecomunicazioni, ha continuato a fornire tecnologie per il settore delle telecomunicazioni, nonostante le difficoltà economiche e politiche. La Russia importa una varietà di componenti elettronici dalla Cina, tra cui circuiti integrati, sensori, display a cristalli liquidi (LCD), batterie e altri materiali necessari per produrre dispositivi elettronici e per il settore dell’automazione industriale. Macchinari e attrezzature industriali: la Cina fornisce anche macchinari e attrezzature industriali di vario tipo, necessari per l’industria russa, che spazia dalla produzione di energia e metalli alla produzione di beni di consumo. La cooperazione nei settori dell’ingegneria e della costruzione di macchinari è particolarmente significativa. Con le difficoltà della Russia nel rifornirsi da produttori automobilistici occidentali, la Cina ha aumentato la sua fornitura di automobili e componenti automobilistici. Marchi come Geely e BYD hanno guadagnato terreno in Russia, oltre a numerosi fornitori di componenti automobilistici.

Altra considerazione importante da fare è che le infrastrutture russe come gasdotti o porti sono ancora inadeguate per sostenere un massiccio ri-orientamento verso l’Asia. Ci riferiamo ai gasdotti: Power of Siberia che collega i giacimenti della Siberia orientale alla Cina attraverso un gasdotto lungo 3000 km che tuttavia ha capacità limitata rispetto al fabbisogno cinese; Power of Siberia 2 che è in stato di pianificazione ed è previsto per trasportare gas dalla Siberia occidentale alla Cina via Mongolia, che avrebbe un’importanza chiave per il ri-orientamento in quando potrebbe utilizzare giacimenti precedentemente destinati all’Europa. Riguardo i porti c’è quello di Vladivostok che andrebbe espanso per aumentare la capacità di liquefazione e di carico LNG. È molto importante anche l’oleodotto ESPO (Eastern Siberia-Pacific Ocean Pipeline) che trasporta petrolio dai giacimenti siberiani fino a Kozmino, è già operativo ma potrebbe essere ampliato.

CONSEGUENZE PER L’UE

La Russia è uno dei principali fornitori di gas naturale, petrolio e carbone dell’UE. Le sanzioni imposte alla Russia e la riduzione delle forniture energetiche hanno causato un’impennata dei prezzi dell’energia. Paesi come la Germania, fortemente dipendenti dal gas russo, hanno dovuto affrontare costi energetici elevati, con ripercussioni sulle industrie e sulle famiglie. I prezzi del gas sono aumentati drasticamente, raggiungendo livelli mai visti prima. Nel 2022, il prezzo del gas naturale in Europa ha raggiunto i 350 euro per megawattora in alcuni momenti, rispetto ai 20 euro/MWh del 2020. Riguardo l’elettricità poiché una parte significativa della produzione di elettricità nell’UE dipende dal gas, l’aumento de prezzo del gas ha provocato un incremento dei costi per l’elettricità. In alcuni Paesi, i prezzi dell’elettricità sono aumentati anche del 500-600% rispetto a periodi precedenti. L’aumento dei prezzi dell’energia ha avuto un impatto diretto sui consumatori finali. Le famiglie hanno visto aumentare le bollette energetiche, con conseguenze sulle loro finanze.

Allo stesso modo, le imprese, soprattutto quelle ad alta intensità energetica, hanno dovuto affrontare un significativo incremento dei costi operativi. In risposta alla crisi, l’UE ha cercato di diversificare le sue fonti di approvvigionamento energetico e ciò ha incluso: l’aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto da paesi come USA e Qatar, l’espansione delle energie rinnovabili con l’intento di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e l’aumento delle forniture di gas da altre rotte come attraverso il gasdotto Trans Adriatic Pipeline e altre infrastrutture. L’inflazione derivata dall’aumento dei prezzi dell’energia ha eroso il potere d’acquisto dei cittadini europei, riducendo la domanda interna e rallentando la crescita economica.

Nel 2022 ha raggiunto livelli record in UE, con una media di circa 9% su base annua, un incremento significativo rispetto gli anni precedenti, dove l’inflazione era relativamente contenuta, tra il 2 e il 3%. La crescita dei prezzi dell’energia ha avuto un impatto diretto sull’inflazione di base, dato che molte imprese hanno trasferito i maggiori costi sui consumatori. La gestione dell’inflazione da parte dell’UE e delle singole banche centrali, come la Banca Centrale Europea ha comportato un approccio misto che ha incluso politiche monetarie e fiscali. La BCE ha intrapreso una politica di rialzo dei tassi di interesse per contrastare con l’inflazione. A partire da luglio 2022 la BCE ha iniziato a incrementare i tassi d’interesse, portandolo dal 0% a livelli più alti, con l’intento di contenere l’inflazione e raffreddare l’economia. Questo ha reso più costoso il credito, riducendo la domanda e cercando di contenere l’inflazione.

La BCE ha anche ridotto progressivamente gli acquisti dei titoli di Stato e altri asset, cercando di ridurre la quantità di liquidità nel sistema, sebbene questo approccio sia stato bilanciato da preoccupazioni sul rischio del rallentamento economico. Molti paesi membri hanno adottato misure fiscali per sostenere famiglie e imprese colpite dall’alto costo dell’energia e dei beni di consumo. Ad esempio alcuni governi hanno introdotto sussidi energetici, indennizzi diretti alle famiglie più vulnerabili e aiuti alle imprese per evitare la chiusura o la disoccupazione a causa degli alti costi. Alcuni Paesi hanno continuato a implementare piani di stimolo economico per incentivare la crescita e contrastare gli effetti negativi dell’inflazione sull’economia. Questi piani, però, hanno creato anche preoccupazioni per l’aumento del debito pubblico.

Un altro elemento importante è la crisi alimentare che ha avuto impatti significativi sulla sicurezza alimentare e sull’economia agricola dei Paesi membri. L’Ucraina e la Russia sono infatti tra i maggiori produttori ed esportatori mondiali di materie prime agricole, come grano, mais, olio di semi di girasole e altri cereali e il conflitto ha disturbato pesantemente le catene di approvvigionamento globali, con ripercussioni anche nell’UE. L’aumento dei prezzi alimentari è stato uno degli effetti più immediati della crisi. I costi di molti alimenti di base, come il grano, la farina, l’olio di girasole, il mais e altri prodotti agricoli, sono aumentati drasticamente. Questo ha avuto due effetti principali: l’aumento dei prezzi per i consumatori e i prezzi degli alimenti nell’UE che sono aumentati in modo significativo, con picchi soprattutto per i cereali, il pane, l’olio. L’inflazione alimentare ha raggiunto livelli record, con una spinta verso l’alto che ha colpito le famiglie, soprattutto quelle a reddito più basso che hanno visto crescere il peso delle spese alimentari. Il secondo effetto è stata l’incertezza legata alla disponibilità di materie prime agricole che ha contribuito ad aumentare la volatilità dei prezzi alimentari a livello globale. La scarsità di grano, ad esempio ha causato un aumento dei prezzi dei prodotti a base di grano, come il pane e la pasta che sono alimenti di base in molte nazioni europee.

Tornando al discorso della crisi energetica l’UE ha sviluppato il piano REpowerEU, un piano volto a ridurre la dipendenza dall’energia russa. Questo piano prevede investimenti in energie rinnovabili, una maggiore diversificazione delle forniture energetiche e una maggiore efficienza energetica, con l’obbiettivo di ridurre i costi energetici a lungo termine e rendere l’Europa meno vulnerabile a crisi future. Le prospettive per l’economia dell’UE nel breve termine rimangono incerte, sebbene i prezzi dell’energia siano scesi dai picchi raggiunti nel 2022, l’incertezza geopolitica e le difficoltà legate alla ricostruzione delle catene di approvvigionamento continueranno a pesare sulla crescita. La crescita potrebbe essere rimasta contenuta nel 2023/2024 con alcuni Paesi dell’Europa orientale che dipendono maggiormente dalle importazioni di energia, più vulnerabili rispetto ad altri membri dell’UE.

CONSEGUENZE ECONOMICHE DELLA GUERRA IN UCRAINA PER GLI USA

Ora vediamo come la guerra in Ucraina ha avuto un impatto significativo sia sugli Stati Uniti che sull’Unione Europea in relazione agli USA:

dal punto di vista delle sanzioni contro la Russia, gli Stati Uniti hanno imposto severe sanzioni economiche alla Russia, con l’intento di indebolire l’economia russa e limitare le sue capacità militari. Sebbene queste sanzioni abbiano colpito Mosca, anche gli Stati Uniti hanno dovuto affrontare delle conseguenze non indifferenti, la restrizione delle esportazioni verso la Russia e le perdite nei mercati energetici (come il petrolio e il gas) ha avuto effetti indiretti su alcune industrie americane. Sicuramente uno degli effetti più significativi della guerra sugli Stati Uniti è stato il rialzo dei prezzi dell’energia, ad esempio l’incertezza derivante dalla guerra ha fatto salire il prezzo del petrolio, anche se gli USA non sono produttori di energia, l’aumento dei prezzi globali ha spinto verso l’alto anche i prezzi interni, con conseguente aumento dei costi per i consumatori e le imprese. Altro punto importante è che l’Europa per quanto dipendeva fortemente dal gas naturale russo, ha cercato di diversificare le sue forniture, in parte mirando agli Stati Uniti per il gas naturale liquefatto, questo ha comportato un aumento della domanda di GNL statunitense, contribuendo a un aumento dei prezzi dell’energia a livello mondiale. In risposta ai prezzi elevati, gli USA hanno cercato di aumentare la produzione interna di energia, accelerando alcuni progetti di estrazione di petrolio e gas. Riguardo ciò vediamo come l’industria energetica degli Stati Uniti ha affrontato dei problemi in termini di equilibrio tra la sostenibilità e la produzione a lungo termine, con pressioni politiche da parte di gruppi ecologisti e investitori che spingevano per una transizione verso fonti di energia più pulite.

Negli Usa è anche aumentata l’inflazione, soprattutto quella alimentare e energetica; essendo l’Ucraina uno dei maggiori esportatori mondiali di grano e altri prodotti agricoli, il conflitto ha interrotto queste forniture, la conseguenza è stata che i prezzi dei generi alimentari sono aumentati. Inoltre l’incertezza globale derivante dalla guerra ha spinto i costi per il trasporto e la logistica, aumentando i prezzi dei beni a livello mondiale, che si sono riflessi anche a Washington.

La Federal Riserve ha reagito con aumenti dei tassi di interesse per cercare di contenere l’inflazione, ma questo ha avuto l’effetto di rallentare la crescita economica. Altro aspetto degno di nota è che gli Stati Uniti hanno continuato a fornire supporto militare ed economico all’Ucraina, gli USA hanno inviato aiuti militari per decine di miliardi di dollari all’Ucraina, inclusi armamenti, munizioni, addestramento e altro supporto logistico. Questi aiuti sono stati cruciali per la difesa dell’Ucraina ma hanno avuto un impatto sul bilancio federale degli Stati Uniti aumentando la spesa pubblica. E oltre gli aiuti militari hanno fornito ingenti risorse per sostenere l’economia ucraina e gestire la crisi umanitaria. Questo ha avuto un impatto a lungo termine sulle finanze pubbliche degli Usa aumentando il debito federale.

C’è anche stato il rafforzamento del dollaro in un contesto di incertezze globali, perchè il dollaro statunitense è stato visto come una “moneta rifugio” sicura. Ciò ha comportato un apprezzamento del dollaro rispetto ad altre valute, come l’euro e il rublo, che ha avuto effetti sul commercio estero degli Stati Uniti. Un dollaro forte può rendere le esportazioni americane più costose e meno competitive ma allo stesso tempo favorisce gli acquisti di beni e materie prime in dollari.

La guerra ha avuto per gli Usa anche delle conseguenze geopolitiche dettate dal fatto che hanno rafforzato le alleanze con i Paesi europei e con la NATO, in particolare nella difesa contro la Russia. Questo ha aumentato cooperazione militare ed economica, ma ha anche implicato un maggiore impegno in Europa sia in termini militari che di aiuti economici. Sempre dal punto di vista geopolitico è cresciuta la rivalità con la Cina infatti le difficoltà globali in materia di approvvigionamento di risorse e il riassetto geopolitico hanno fatto sì che gli Stati Uniti cercassero di rafforzare la loro posizione economica rispetto a quella della Cina, riducendo la dipendenza delle importazioni cinesi di beni strategici e cercando di diversificare le catene di approvvigionamento.

CONSEGUENZE PER L’UCRAINA

Per descrivere al meglio le conseguenze della parte più colpita tra tutti gli attori presi in considerazione, ovvero l’Ucraina, possiamo partire dal fatto che in primis l’invasione russa ha causato una forte contrazione del Prodotto Interno Lordo dell’Ucraina. Secondo le stime della Banca Mondiale e di altre istituzioni internazionali, il Pil ucraino nel 2022 si è ridotto di circa il 30-35%, una delle recessioni più gravi mai registrate nella storia del Paese. La distruzione delle infrastrutture, la perdita di terre agricole e la chiusura di imprese hanno contribuito a questo crollo. In particolare i settori legati alla produzione e all’export tra cui l’agricoltura e l’industria pesante sono stati i più colpiti.

L’occupazione russa di alcune regioni ucraine, così come i pesanti bombardamenti sulle principali città, hanno causato danni ingenti alle infrastrutture critiche del Paese, tra le quali edifici residenziali e commerciali; infatti, vediamo che le città più colpite come Kiev, Karkiv, Mariupol e Odessa hanno visto la distruzione di numerosi edifici residenziali e centri commerciali. La Russia ha mirato a danneggiare le centrali elettriche, le linee di approvvigionamento energetico e le strutture per la distribuzione di gas, creando un grave impatto sulle forniture di energia, essenziale per l’attività economica e la vita quotidiana. Le infrastrutture di trasporto sono state devastate, impedendo sia la mobilità della popolazione che la logistica per l’approvvigionamento delle merci e per l’esportazione dei prodotti. Secondo una stima della Banca Mondiale nel 2022, il danno totale alle infrastrutture in Ucraina è stato superiore a 100 miliardi di dollari.

L’Ucraina è anche uno dei maggiori produttori e esportatori di cereali a livello globale, in particolare di grano, mais, orzo e olio di girasole, con la guerra vediamo come sia stata compromessa gravemente la capacità del Paese di produrre e esportare questi prodotti con un impatto diretto sui mercati globali. La guerra ha causato l’abbandono di terre agricole, la distruzione di impianti di stoccaggio dei raccolti e la riduzione delle risorse necessarie per il settore, come il carburante e i fertilizzanti, inoltre le mine disseminate nei campi e la guerra nelle zone a tradizioni di coltivazione hanno ridotto ulteriormente la produzione. Seppur la guerra ha ostacolato la produzione agricola, le esportazioni hanno avuto la possibilità di riprendersi un po’ nel luglio 2022 quando funzionari russi e ucraini hanno firmato la Black Sea Grain Iniziative. Questo accordo ha facilitato il passaggio sicuro delle esportazioni di grano dell’Ucraina da tre porti nel Mar Nero. Sebbene le esportazioni di grano siano rimaste al di sotto dei livelli prebellici, sono aumentate, rafforzando la sicurezza alimentare globale e l’economia ucraina. A luglio 2023, l’Ucraina aveva esportato quasi 33 milioni di tonnellate di grano e altri prodotti alimentari tramite rotte concesse dalla Black Sea Grain Iniziative.

Ma l’accordo non era a lungo termine e infatti la Russia si è ritirata nel 2023 poiché Mosca avanzava lamentale principalmente legate a questioni economiche e geopolitiche.​ Il Cremlino ha criticato il fatto che una parte significativa del grano esportato attraverso l’accordo sia andata a paesi ad alto reddito, mentre solo una piccola percentuale ha raggiunto le nazioni in via di sviluppo. Questo ha sollevato preoccupazioni sulla reale efficacia dell’accordo nel mitigare la crisi alimentare globale .

Mosca ha anche lamentato che le clausole dell’accordo che prevedevano la facilitazione delle esportazioni russe di grano e fertilizzanti non sono state rispettate. In particolare, la Russia ha richiesto la rimozione delle sanzioni indirette che ostacolano le sue esportazioni agricole, come la disconnessione della banca agricola statale russa, Rosselkhozbank, dal sistema di pagamenti SWIFT.

Mosca ha anche accusato l’Ucraina di usare i corridoi umanitari per scopi militari e di minacciare la sicurezza delle navi russe nel Mar Nero.

La guerra ha anche causato una dislocazione massiccia della popolazione ucraina, milioni di cittadini sono stati costretti a lasciare le loro case e le loro regioni a causa dei combattimenti. Secondo le stime dell’ONU, circa 8 milioni di rifugiati ucraini hanno lasciato il Paese, mentre oltre 7 milioni sono sfollati internamente e questa migrazione forzata ha sicuramente avuto effetti negativi sull’economia, in quanto ha ridotto la forza lavoro disponibile e ha portato alla perdita di capitale umani nelle regioni più colpite dalla guerra. Poi per sostenere lo sforzo bellico, l’Ucraina ha dovuto aumentare significativamente la spesa pubblica, tanto per l’acquisto di armi e munizioni quanto per il supporto alla popolazione civile danneggiata dalla guerra. Le entrate fiscali sono crollate a causa della contrazione economica, mentre la spesa pubblica è aumentata esponenzialmente perciò l’Ucraina ha visto crescere il suo debito sovrano, il Governo ha fatto affidamento su prestiti internazionali, in particolare dei Paesi occidentali e dalle istituzioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale per coprire il deficit di bilancio.

La guerra ha comportato un forte aumento dei prezzi dei beni, con l’inflazione che ha toccato livelli storicamente mai raggiunti, l’interruzione della catena di approvvigionamento, il rallentamento delle attività economiche e l’aumento dei costi di produzione sono stati fattori determinanti in questa impennata dei prezzi. Anche la valuta ucraina, la Grivnia, ha subito una notevole svalutazione rispetto alle principali valute internazionali. Nonostante gli sforzi per mantenere la stabilità monetaria, la Banca Centrale ha dovuto aumentare i tassi di interesse e applicare misure straordinarie per sostenere la Grivnia e controllare l’inflazione. Nonostante la grave situazione economica, l’Ucraina ha ricevuto un sostegno internazionale significativo. Paesi come gli USA, l’Unione Europea e altri alleati hanno fornito aiuti economici e umanitari per garantire che il Paese potesse continuare a funzionare, nonostante le difficoltà.

Gli aiuti economici hanno incluso prestiti diretti, risorse per la ricostruzione e per l’acquisto di beni essenziali, come carburante, cibo e medicine. Questi aiuti sono stati cruciali per il mantenimento dell’economia ucraina durante la guerra. Per l’economia ucraina è prevista una lunga e difficile strada verso la ripresa che dipenderà dalla fine del conflitto e dalla capacità del Paese di ricostruire le sue infrastrutture e ripristinare la fiducia degli investitori. La ricostruzione richiederà decenni e ingenti risorse, con stime che parlano di un fabbisogno di centinaia di milioni dollari. La sfida principale sarà attrarre investimenti esteri, ricostruire le industrie distrutte e garantire una crescita economica sostenibile a lungo termine, mentre il Paese dovrà affrontare le sfide legate alla sicurezza e alla stabilità politica.

Come detto le prospettive economiche dell’Ucraina sono incerte e dipendono dalla durata della guerra. Ma la ripresa è possibile, a marzo 2022, il 79% delle aziende del Paese era inattivo o sull’orlo della chiusura. Entro la fine dell’anno, questa cifra era scesa a solo il 32%, il che è notevole data l’entità della distruzione. Allo stesso modo, l’Ucraina ha evitato il fallimento burocratico con la maggior parte dei servizi pubblici rimasti accessibili.

Ciò è dovuto in gran parte a un elevato livello di digitalizzazione dopo la pandemia di Covid-19. Ma una ripresa di successo richiederà sforzi e creatività senza precedenti da parte del Governo di KIev. In futuro, i leader ucraini dovranno impegnarsi per realizzare tutti i cambiamenti strutturali che altri Paesi europei stanno attraversando da anni ma in molto meno tempo.

Questi includono l’implementazione di una produzione a basse emissioni di carbonio, il miglioramento dell’intensità energetica dell’economia e l’utilizzo dei progressi nelle tecnologie dell’informazione e nella tecnologia finanziaria per migliorare i servizi governativi. L’adesione all’Unione Europea potrebbe offrire un lontano barlume di speranza, l’Ucraina ha presentato una richiesta ufficiale per entrare nell’UE a febbraio 2022, pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione russa.

Ancora non si sa se l’Ucraina diventerà mai uno Stato UE ma, probabilmente, per Kiev sarebbe l’unica via per uscire da una situazione economica quantomeno disperata; ciò porterebbe benefici economici al Paese: infatti entrare nell’Ue significherebbe avere accesso libero a uno dei mercati più grandi del mondo, con oltre 440 milioni di consumatori, inoltre per un paese come l’Ucraina che ha forti settori agricoli e metallurgici aprirebbe enormi possibilità di export senza dazi o barriere non tariffarie.

Poi sappiamo che i nuovi paesi membri ricevono miliardi in investimenti per infrastrutture, agricoltura, sviluppo regionale e digitalizzazione, ad esempio basti vedere cosa è successo a Polonia, Slovacchia o Romania dopo l’adesione: impennata del Pil, miglioramento infrastrutturale e attrazione di investimenti esteri. Almano in teoria.

L’ingresso nell’UE, anche se gradualmente ridurrebbe il rischio percepito dagli investitori stranieri che oggi vedono l’Ucraina come ad alto rischio politico e normativo. L’europeizzazione comporta riforme anticorruzione, giustizia e governance che sono pesanti ma fondamentali per costruire un’economia stabile.

Tuttavia vero è che l’Ue sta attraversando una fase di bassa crescita strutturale ma per un’economia come quella ucraina, anche una crescita modesta può essere leva enorme grazie alla differenza di scala e produttività.

Il piano “Rearm Europe” potrebbe comportare una riallocazione delle risorse verso la difesa ma può anche rappresentare un’opportunità per l’Ucraina: infatti l’industria bellica ucraina potrebbe integrarsi in una filiera europea e in un certo senso la cooperazione difensiva significherebbe maggiore protezione per i paesi al confine dall’UE, non di certo solo un rischio.

Potrebbero esserci degli squilibri interni, con dei danneggiamenti ad alcuni settori non competitivi, tuttavia l’adesione sarebbe graduale e l’UE prevede periodi transitori proprio per evitare grandi squilibri.

Iscriviti alla nostra Newsletter
Enter your email to receive a weekly round-up of our best posts. Learn more!
icon

AREA RISERVATA TESSERATI CeSE-M

Progetto di Ricerca CeSE-M

Dispacci Geopolitici

Il CeSE-M sui social

Naviga il sito

Tirocini Universitari

Partnership

Leggi anche