Progetto di ricerca CeSEM, FOCUS – Balcani, la storia in movimento: quali conseguenze per l’Europa?
A Pogdorica sono giorni agitati. Dal 27 settembre, infatti, nella capitale del Montenegro centinaia di persone manifestano davanti al Parlamento per protestare contro il Governo Đukanovic accusato di corruzione, pratiche non democratiche e frodi elettorali. Le proteste sono state promosse dal Fronte Democratico, coalizione che raccoglie i principali partiti di opposizione, che ha chiamato i cittadini a scendere in strada ogni giorno, alle 18:30, fino a quando non si fossero ottenute le dimissioni dell’esecutivo e la formazione di un Governo ad interim con il solo scopo di organizzare le prime elezioni libere e democratiche della breve storia del Paese.
Il Montenegro rappresenta un unicum nel panorama politico del Vecchio Continente visto che niente sulla scena politica è mai cambiato: Milo Đukanovic, 53 anni, è il centro del potere dai primi anni ’90 e nelle ultime elezioni politiche, 2012, è stato eletto premier per la settima volta negli ultimi vent’anni. Politico dal trascorso tutt’altro che cristallino (1), il giorno dell’indipendenza del Montenegro dalla Serbia, 21 maggio 2006, dichiarò alla popolazione che in questo Paese tra quattro anni non ci sarà alcun cittadino disoccupato. Ormai tutte le questioni politiche ed economiche più complesse sono state risolte e l’obiettivo che il Governo si pone per il prossimo periodo è quello di garantire ai propri concittadini uno standard di vita europeo (2).
Dopo un periodo di vero e proprio boom durato tre anni, è arrivata una crisi che ancora non accenna a cedere il passo tanto da costringere Đukanovic a cambiare tono delle affermazioni quando, all’ultima elezione, ha detto che gli elettori sono consapevoli del peso della crisi che sta attraversando il Paese (3). I cittadini del Crna Gora, così in serbo-montenegrino, già nel febbraio del 2014, sull’onda delle proteste in Bosnia Erzegovina, avevano già manifestato contro il potere centrale nella speranza che il peso delle proteste di massa portasse ad un cambiamento nell’immediato o che questo si verificasse nel voto del 14 ottobre. Speranza disattesa dai risultati elettorali che l’opposizione vuole frutto di brogli conclamati.
Nel mese di agosto, il parlamento montenegrino ha accolto la proposta di una risoluzione a favore dell’adesione alla NATO che sarebbe stata discussa in aula nel mese di settembre. Secondo quanto riferisce il quotidiano Pobjeda, la risoluzione è stata presentata da un gruppo di deputati del Partito democratico dei socialisti (Dps, leader della maggioranza), dal capo del collegio del Partito social-democratico (Sdp, partner nella maggioranza) Borislav Banovic, dal presidente di Montenegro Positivo Darko Pajovic, dal deputato del Partito dei bosniaci musulmani Suljo Mustafic e dal rappresentante dei partiti albanesi Nik Djelosaj. Nel documento si legge che l’adesione alla Nato rappresenta un interesse dello Stato montenegrino e dell’intera società del paese (4); mercoledì 16 settembre, l’Assemblea del Montenegro ha approvato la risoluzione (5) che indica nell’Alleanza Atlantica il garante dell’integrità territoriale e della sovranità della repubblica montenegrina, oltre che via di sviluppo dello Stato di diritto e di democrazia: questo sarà un importante incentivo per l’accelerazione e il completamento coronato da successo dei negoziati di piena adesione del Montenegro all’UE (6).
Nonostante il passaggio non sia previsto dalla Carta Costituzionale, le opposizioni chiedono che la scelta del Parlamento passi dalla conferma referendaria perché NATO è una struttura seria e non vorrebbe certamente trovarsi in una situazione in cui il Paese fa il suo ingresso nell’alleanza e poi, quando cambia il governo, ne esce. Ogni modifica dello status attuale – così Andrija Mandic, leader di Nuova Democrazia Serba all’agenzia di stampa Sputnik Serbia – del Paese deve avvenire attraverso il referendum. Due terzi dei cittadini del Montenegro sono contro la NATO, e questa volontà del popolo non può essere ignorata. Ma la via è tracciata anche sotto ingerenza della ambasciatrice statunitense in Montenegro Margaret Ukaehare la quale invita il Montenegro a proseguire nel suo percorso. Tutti i Paesi un tempo governati da regimi comunisti dopo la loro integrazione nella NATO e UE hanno infatti visto un netto miglioramento delle loro condizioni (7).
Questo ultimo atto in ordine di tempo ci consente di ampliare il nostro discorso alla posizione del Montenegro in uno scenario tutt’altro che stabilizzato e terreno storicamente privilegiato per la lotta tra potenze internazionali. Una repubblica giovane cui si inserisce nel flusso della Storia dei Balcani odierni da ago della bilancia nella preservazione dell’equilibrio regionale tra USA, Europa e Russia. Benché il Montenegro [abbia] una tradizione secolare nei rapporti di amicizia con la Russia, […] un Paese che ha ricoperto un ruolo molto importante nel processo di rinnovamento dell’indipendenza montenegrina. […] In quanto uno dei Paesi al mondo di peso cruciale, è evidente che la Russia abbia i propri interessi (8). Ma anche Paesi piccoli come il Montenegro ne hanno di loro. Noi, come direttrici strategiche della nostra politica di Stato abbiamo scelto l’ingresso nella NATO e nell’Unione Europea (9).
Il dato è tratto e sulla scelta euro-atlantica di Milo Đukanovic non ci sono ombre. Per preservare l’architettura di potere pressoché familiare perpetuata in questi anni di dominio della scena politica, Đukanovic ha optato per i valori su cui si fondano la NATO e l’Unione Europea per legittimare a livello internazionale la condotta interna del suo partito aprendo fortemente ad una retorica filo-atlantica e mettendo in piedi una campagna antirussa. Ma Mosca da secoli mostra interesse ad uno sbocco su un mare caldo e coltiva ambizioni balcaniche. In virtù della comunanza culturale e religiosa e dell’amicizia che lega i due popoli, alla fine del 2013 la diplomazia russa aveva spinto per la creazione di una nuova relazione strategica con il Montenegro. Questa cooperazione prevedeva anche la possibilità per la flotta russa di ingresso nel porto di Antivari, il più grande del Paese. Con l’esplodere dalla questione ucraina, al fine di aumentare l’importanza del Montenegro agli occhi della comunità internazionale, Pogdorica ha fatto trapelare la notizia (con sapiente lavoro di spin doctoring) presentando tale richiesta come la volontà moscovita di instaurare su suolo montenegrino una base navale per le proprie navi da guerra; il passo successivo è stato quello di appoggiare l’introduzione delle sanzioni contro la Russia, scelta che il Presidente della Repubblica Filip Vujanovic ha giustificato con il fatto che se fossimo rimasti indifferenti verso queste decisioni, il nostro cammino verso l’UE si sarebbe rallentato e sarebbe stata esclusa la possibilità di invito nella NATO fatto nel Galles (10).
Il Montenegro è l’anello mancante, adriatico e mediterraneo, nella catena NATO. Ritengo che non sia importante tanto la dimensione di questo anello, quanto la sua resistenza. Siamo convinti che l’invito e il successivo ingresso del Montenegro nella NATO non potranno non rafforzare la credibilità dell’Alleanza. Le parole del premier fanno della repubblica balcanica il candidato perfetto per l’Alleanza atlantica. Se in termini di immagine e di appeal, la forte volontà di Pogdorica di entrare nella grande famiglia militare occidentale rappresenta, per i vertici NATO, il successo della Open Door Policy atlantica le cui porte sono sempre aperte per nuovi membri.
Il 14 settembre 2015, gli Stati Uniti sono usciti allo scoperto con una telefonata del vice Presidente Joe Biden al Primo Ministro montenegrino i cui toni sono riassunti nella nota stampa diffusa dalla Casa Bianca: il Vice Presidente e il Primo Ministro hanno convenuto che l’adesione del Montenegro alla NATO ancorerebbe fermamente il Montenegro nelle istituzioni euro-atlantiche, favorirebbe una maggiore stabilità regionale nei Balcani, e dimostrerebbe la credibilità della politica della porta aperta della NATO. Dopo i numerosi fallimenti in Ucraina, Libia, Afghanistan, Iraq, la NATO aveva bisogno di far vedere all’intera comunità internazionale che ha ancora una certa capacità di attrazione.
Ma, oltre a questo, l’allargamento della NATO al Montenegro non prescinde da una prospettiva geopolitica. Il controllo atlantico sull’Europa Orientale è, pressoché, completato se si considera che ne sono rimasti fuori Serbia, Bosnia Erzegovina e Macedonia, oltre al Montenegro (11) il cui ingresso rappresenta un argine per frenare l’influenza di Mosca nella regione balcanica. Nelle parole del repubblicano dell’Ohio Mike Turner, colui che ha guidato gli sforzi del Congresso a sostegno del Montenegro ed è presidente dell’Assemblea Parlamentare della NATO, di fronte ad una Russia sempre più aggressiva che sembra espandere la propria influenza nei Balcani, è imperativo che la NATO riaffermi il suo sostegno per la regione al fine di mettere in sicurezza il proprio fianco sudorientale. Per i vertici NATO, in questo scenario, il Montenegro non può essere lasciato in un vuoto geopolitico e, anzi, diventa anello strategico dal momento che è situato in profondità nella zona di azione atlantica che ha, in aggiunta, bisogno di stabilità.
Ovviamente Mosca vede nell’abbraccio tra Podgorica e Washington una chiara minaccia alla propria sicurezza nazionale, una mossa per tenerla lontana dall’Adriatico e sottrarre Pogdorica all’amicizia (e influenza) di quella Russia che ha portato investimenti significativi sul territorio montenegrino (12). Nel delicato, instabile e intricato scacchiere mediterraneo, il Montenegro rappresenta una sorta di testa di ponte dal momento che avendo uno sbocco diretto sul mare può ospitare una base navale. Questo è quello che fa di una piccola repubblica di 600.000 abitanti un Paese strategico nella strategia statunitense nella regione. Per tal ragione, il Montenegro è indispensabile agli USA più di quanto serva all’UE (13): Pogdorica può fornire basi di appoggio per interventi nell’area balcanica in caso di bisogno e, in una prospettiva di fanta(geo)politica di prendere il posto della Grecia nel caso in cui Atene continui nello sviluppo di relazioni strette con Pechino e Mosca che la porterebbero inevitabilmente fuori dalla NATO. A dicembre del 2015, il consesso atlantico avrà un nuova concubina, capace di rafforzare il suo fianco sud?
Andrea Turi
NOTE
1. Đukanovic viene indagato dalla Procura di Napoli e da quella di Bari con l’accusa di contrabbando internazionale. Nel periodo del conflitto che porterà alla disintegrazione della Federazione jugoslava, il Montenegro, infatti, diventa la piattaforma logistica dei traffici illeciti tra le due coste dell’Adriatico delle organizzazioni criminali.
2. Marija Mirjai, Montenegro: a 9 anni dall’indipendenza non è un paese felice, http://www.balcanicaucaso.org/aree/Montenegro/Montenegro-a-9-anni-dall-indipendenza-non-e-un-paese-felice-161824
3. Mustafa Canka, Sette volte Đukanovic, http://www.balcanicaucaso.org/aree/Montenegro/Sette-volte-Dukanovic-127699
4. http://www.agenzianova.com/a/55ca1152b38780.92235635/1193005/2015-08-11/montenegro-a-settembre-discussione-parlamentare-risoluzione-a-favore-della-nato
5. A favore della risoluzione hanno votato 50 deputati (il documento è stato supportato dalla coalizione con a capo il Partito Democratico dei Socialisti del Montenegro (PDS) del premier Đukanovic), 26 si sono detti contrari, mentre tre deputati si sono astenuti
6. http://sputniknews.com/politics/20150917/1027137241/montenegro-resolution-nato-alliance.html.
7. http://www.notiziegeopolitiche.net/?p=56241
8.Giordano Stabile, Montenegro, appello all’Italia: “Vogliamo la Nato e l’Europa”
http://www.lastampa.it/2015/05/26/esteri/montenegro-appello-allitalia-vogliamo-la-nato-e-leuropa-svh4erfuc53YMXCMLlsFFM/pagina.html
9. ibidem
10. http://it.sputniknews.com/italian.ruvr.ru/2014_06_21/Isteria-propagandistica-filo-NATO-in-Montenegro-0376/
Nel luglio del 2014, in Galles, il summit NATO rinvia la decisione sull’ingresso del Montenegro nell’alleanza perché, come riportò all’epoca dei fatti Associated Press, era stata riscontrata la presenza di spie russe all’interno dei servizi di informazione di Pogdorica. La ragione, più probabilmente, va ricercata nel fatto che alcuni membri come Germania e Francia ritenevano che un allargamento della NATO in piena crisi ucraina sarebbe stato visto come una mossa volta ad una ulteriore provocazione verso Mosca.
11. Tra i Paesi aspiranti all’ingresso nella NATO c’è anche la Georgia.
12. Alcuni analisti indicano nella Serbia (e soltanto di riflesso Mosca) il vero obiettivo della decisione di invitare già nel dicembre 2015 il Montenegro a prendere parte attiva all’alleanza atlantica. Con l’ingresso di Pogdorica, infatti, Belgrado si troverebbe isolata, circondata dai Paesi della NATO e si troverebbe sotto pressione per cedere alle lusinghe atlantiche e iniziare il cammino verso la NATO. Così si porta a compimento il percorso di affrancamento del Montenegro dalla Serbia e di conseguenza dalla Russia.
13. Così si legge nella Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio. Parere della Commissione sulla domanda di adesione del Montenegro all’Unione Europea, 9 novembre 2010: Nel complesso l’adesione del Montenegro avrebbe un impatto limitato sulle politiche dell’Unione Europea e non inciderebbe sulla capacità dell’Unione di proseguire, approfondendolo, il proprio sviluppo. p. 11.
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