di Andrea Puccio | occhisulmondo.info
In molti si stanno chiedendo perché Donald Trump abbia deciso di attivarsi per porre fine al conflitto in corso tra Russia e Ucraina. Le ipotesi sono molte, sicuramente occorre scartare quella che lo vedrebbe come un appassionato sostenitore della pace. Non è certamente la colomba che vorrebbe sembrare. Ma allora perché si sta adoperando per cercare la fine del conflitto?
FONTE ARTICOLO: https://www.occhisulmondo.info/2025/03/01/trump-obiettivo-cina/
Un’ipotesi realistica potrebbe essere quella che il suo obiettivo primario non sia la Russia. ma un altro paese, e questo paese potrebbe essere la Cina. Anche nella sua prima presidenza aveva più volte affermato che il nemico strategico di Washington è Pechino e per questo occorre in tutti i modi, secondo lui, impedirne lo sviluppo. Sviluppo che mette in serio pericolo l’egemonia economica degli Stati Uniti. Dico economica e non politica perché da tempo la politica è inginocchiata all’economia.
Sappiamo tutti che gli Stati Uniti non sono in grado di tenere aperti due fronti di guerra contemporaneamente, quello ucraino e quello cinese che Trump vorrebbe aprire. I dazi imposti a Pechino sono un esempio della politica trumpiana nei confronti di Pechino. dazi che, secondo lui, dovrebbero servire per riequilibrare la bilancia commerciale tra i due paesi perennemente a favore della Cina.
Altri segnali più preoccupanti dei dazi affiorano nella politica statunitense. Sembra proprio che dalla Casa Bianca si voglia usare Taiwan come proxy nel prossimo scontro tra Stati Uniti e Cina. Un po’ come è stata usata l’Ucraina da Joe Biden per attaccare la Russia.
L’esercitazione Han Kuang 41, in programma per l’estate del 2025, è destinata a diventare la più ampia e complessa nella storia militare di Taiwan. Ciò che ha attirato particolare attenzione è la partecipazione diretta degli Stati Uniti, segnando un nuovo livello di coinvolgimento nella difesa dell’isola.
La presenza del Maggiore Generale Jay M. Bargeron, alto ufficiale del Comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti (INDOPACOM), ha scatenato forti reazioni da parte della Cina, che la considera una provocazione e una minaccia alla stabilità regionale.
Il Maggiore Generale Jay M. Bargeron in passato ha guidato i colloqui di gestione dell’escalation con la Cina, ha affiancato il Ministro della Difesa di Taiwan, Wellington Koo Li-hsiung, in qualità di consulente strategico. Il suo ruolo è stato descritto come “di supporto” per rafforzare le capacità di Taipei nel rispondere a eventuali scenari di conflitto con Pechino.
Gli Stati Uniti, negli ultimi anni, hanno aumentato fortemente la loro presenza sull’isola, nel 2024, una squadra di Berretti Verdi è stata dispiegata permanentemente sull’isola di Kinmen, mentre si sono intensificate le esercitazioni congiunte con la Marina taiwanese. Inoltre, il Corpo dei Marines statunitensi ha fornito supporto alla riorganizzazione della fanteria della marina dell’isola di Taiwan, modellandola secondo i propri standard operativi.
Per capire dove va la politica di Trump, ricordo che il dipartimento di stato degli Stati Uniti, ha tolto una frase dalla sua scheda informativa sui rapporti con l’isola che recitava: “Non supportiamo l’indipendenza di Taiwan”. Evidentemente Trump e soci intendono mettere in discussione il concetto di un’unica Cina.
Secondo Wang Yunfei, ricercatore del China National Defense Policy Research Institute e commentatore militare di Phoenix TV, la partecipazione di Bargeron all’esercitazione di Taiwan rappresenta un chiaro segnale di ingerenza statunitense. In un’analisi pubblicata su 亚太瞭望台 (Osservatorio Asia-Pacifico), Wang ha dichiarato: “Gli Stati Uniti stanno trasformando Taiwan in un avamposto militare, portando la regione verso un’escalation pericolosa. Il DPP sta sopravvalutando il supporto statunitense, senza comprendere che alla fine saranno loro a pagarne le conseguenze.” Wang sostiene che la strategia di Washington miri a militarizzare Taiwan, rendendo la questione irrisolvibile con mezzi diplomatici e avvicinando l’ipotesi di un intervento armato cinese, riferisce Herta Manenti.
In questo scenario in piena evoluzione Taiwan ha deciso di acquistare armi per circa 10 miliardi di dollari innervosendo non poco Pechino e rendendo invece molto felici i produttori di armamenti statunitensi, industria questa che non teme crisi chiunque vada alla Casa Bianca.
Infine non posso non ricordare le parole di Donald Trump nelle quali afferma la necessità di ristabilire normali relazioni economiche con Mosca. Una strategia simile a quella di Nixon negli anni settanta che, al contrario, iniziò a commerciare con la Cina per impedire che si unisse economicamente con la Russia. Oggi Trump pensa che diventare nuovamente socio commerciale di Mosca possa ridurre le relazioni tra Russia e Cina, indebolendo quest’ultima.
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