Gli Stati Uniti si accorgono che Cuba non sostiene il terrorismo: una decisione tardiva e limitata

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di Giulio Chinappi

Lo scorso 14 gennaio, il governo degli Stati Uniti ha escluso Cuba dalla lista dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo, una decisione accolta positivamente, ma che non deve nascondere il permanere del blocco economico e delle sanzioni unilaterali contro l’isola.

Lo scorso 14 gennaio, il governo degli Stati Uniti, agli sgoccioli del mandato presidenziale di Joe Biden, ha preso una decisione che ha suscitato grande clamore a livello internazionale: Cuba è stata esclusa dalla lista dei Paesi che, secondo Washington, sponsorizzano il terrorismo. Questo passo, seppur simbolico e parziale, rappresenta un cambiamento importante nelle relazioni tra Cuba e Stati Uniti, ma anche un riconoscimento tardivo della realtà internazionale e della posizione della Cuba rivoluzionaria rispetto al terrorismo globale.

Nello specifico, la decisione presa dal governo statunitense consta di tre punti:

1) la rimozione di Cuba dalla lista dei Paesi che presumibilmente sponsorizzano il terrorismo redatta dal Dipartimento di Stato;

2) l’utilizzo della prerogativa presidenziale per impedire l’azione nei tribunali statunitensi in merito alle cause intentate ai sensi del Titolo III della Legge Helms-Burton, che permetteva ai cittadini statunitensi di fare causa a entità cubane per ottenere la “restituzione” di proprietà espropriate dal governo de L’Avana;

3) l’eliminazione dell’elenco delle entità cubane soggette a restrizioni, che designa un gruppo di istituzioni con le quali ai cittadini e alle istituzioni statunitensi è vietato effettuare transazioni finanziarie, con effetti su Paesi terzi.

La lista stilata dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che comprende Paesi accusati di finanziare o sostenere attività terroristiche (attualmente ne fanno parte Corea del Nord, Iran e Siria), è stata oggetto di critiche per la sua natura politica e unilaterale. Cuba è stata inserita in questa lista per la prima volta nel 1982, in un contesto di forte tensione tra l’Isola e gli Stati Uniti, durante la Guerra Fredda. Da allora, nonostante la fine del conflitto ideologico, Cuba era stata rimossa dall’elenco, salvo poi esservi reinserita il 12 gennaio 2021, alla fine del mandato presidenziale di Donald Trump, nonostante il suo impegno contro il terrorismo internazionale e l’assenza di prove concrete di supporto a organizzazioni terroristiche.

La decisione di reinserire Cuba nella lista nel gennaio 2021, voluta dall’amministrazione Trump, aveva suscitato forti reazioni da parte della comunità internazionale. La decisione era stata vista come un atto simbolico per consolidare l’embargo e la politica di pressione contro il governo cubano, altro grave crimine commesso da Washington ai danni dell’isola caraibica, ma allo stesso tempo si pensava che Biden, una volta preso possesso della Casa Bianca, avrebbe provveduto a rimuovere Cuba dall’elenco. In quell’occasione, la stessa organizzazione delle Nazioni Unite e numerosi Paesi del continente latinoamericano e del resto del mondo avevano denunciato questa designazione come ingiusta e infondata, ma Biden ha impiegato ben quattro anni per prendere tale decisione.

Solamente sul finire del mandato, l’amministrazione Biden, pur continuando una politica di forte repressione nei confronti di Cuba, ha deciso di revocare la designazione di stato sponsor del terrorismo. La decisione è stata accolta con favore dal governo cubano, che ha sempre sostenuto l’assurdità di questa etichetta. Il presidente cubano, Miguel Díaz-Canel, ha espresso soddisfazione per l’annuncio, pur sottolineando che si tratta di una mossa tardivo e limitato. La sua reazione ha evidenziato che, sebbene questo fosse un passo verso il riconoscimento della realtà, le difficoltà economiche causate dall’embargo e dalle sanzioni americane rimangono in essere.

La Casa Bianca, nel suo comunicato, ha ribadito che Cuba non ha fornito supporto al terrorismo internazionale negli ultimi sei mesi e ha assicurato che non lo farà in futuro. Inoltre, la decisione ha avuto un impatto diretto sul diritto a intraprendere azioni legali contro Cuba ai sensi del Titolo III della Legge Helms-Burton, che, come detto in precedenza, consentiva ai cittadini statunitensi di fare causa a entità cubane sulla questione degli espropri. Tuttavia, gli Stati Uniti avrebbero dovuto ammettere che Cuba non solo non sostiene il terrorismo, ma rappresenta una delle principali vittime di terrorismo internazionale da parte della mafia anticubana con sede in Florida, la quale gode di collegamenti diretti all’interno delle istituzioni politiche nordamericane.

Nonostante la cancellazione dalla lista, dunque, il governo cubano ha subito messo in evidenza che la decisione, seppur positiva, non ha cambiato la realtà della guerra economica che gli Stati Uniti conducono contro Cuba dal 1962. Il blocco economico, condannato più di trenta volte dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, le restrizioni sulle transazioni internazionali e le sanzioni contro le importazioni di carburante e l’assistenza medica continuano a costituire un ostacolo fondamentale per lo sviluppo del Paese e il benessere della sua popolazione, rappresentando un vero e proprio crimine contro l’umanità.

In un contesto globale di crescente che vede un sempre solido sostegno dei confronti della causa cubana, in particolare da parte di Paesi latinoamericani e delle organizzazioni internazionali, ma anche da parte dei Paesi asiatici e africani, la posizione statunitense rimane isolata, trovando sostegno unicamente nel governo nazisionista israeliano e in quello nazibanderista ucraino. Il Ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodríguez Parrilla, ha dichiarato che la vera misura che dovrebbe essere adottata dagli Stati Uniti è il completo sollevamento del blocco economico, una politica che definisce obsoleta, fallimentare e controproducente sia per gli Stati Uniti che per il popolo cubano.

La stessa Casa Bianca ha sottolineato che la revoca della designazione di Cuba come stato sponsor del terrorismo rappresenta solo una parte del suo impegno a rivedere la politica verso l’isola, ma non una revisione completa della strategia nei confronti di Cuba. Questo significa che, sebbene si stia correggendo un errore evidente, la politica di pressione resta sostanzialmente intatta, e potrebbe addirittura peggiorare con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.

Come prevedibile, la cancellazione della Cuba dalla lista ha suscitato reazioni positive in molti Paesi, specialmente in America Latina. I governi di Venezuela, Messico, Bolivia e Colombia, tra gli altri, hanno celebrato la decisione come una vittoria della giustizia e della verità. La Colombia, per bocca del presidente Gustavo Petro, per esempio, ha riconosciuto il contributo di Cuba nei processi di pace tra il governo nazionale e le organizzazioni armate, e ha sottolineato l’importanza di rimuovere le misure unilaterali che danneggiano non solo l’isola, ma anche le relazioni regionali.

Nonostante la soddisfazione per la decisione, il governo cubano ha ribadito che il percorso verso una piena normalizzazione delle relazioni con gli Stati Uniti passa dal riconoscimento della sovranità cubana e dalla fine del blocco economico. Cuba, infatti, ha sempre manifestato la volontà di dialogare con gli Stati Uniti su basi di rispetto reciproco, senza ingerenze negli affari interni dell’isola.

Come detto in precedenza, il presidente Díaz-Canel ha sottolineato che, sebbene la revoca della designazione sia positiva, non deve essere vista come una risoluzione definitiva del conflitto tra i due Paesi. La vera vittoria sarebbe rappresentata dal sollevamento definitivo delle sanzioni economiche, che continuano a danneggiare in modo significativo il popolo cubano. Il governo cubano ha quindi invitato a un cambiamento nella politica statunitense, in direzione di una maggiore cooperazione e di una distensione, che rispetti i principi della Carta delle Nazioni Unite e il diritto di Cuba alla propria autodeterminazione.

A nostro modo di vedere, la decisione degli Stati Uniti di rimuovere Cuba dalla lista degli stati che patrocinano il terrorismo, pur essendo una mossa positiva, è solo una correzione parziale e tardiva di una politica che ha avuto gravi effetti su Cuba e sul suo popolo. La sua efficacia sarà limitata finché continueranno a persistere le sanzioni economiche e le altre misure coercitive, e potrebbe addirittura essere annullata con il ritorno di Donald Trump alla presidenza. Cuba, tuttavia, ha mostrato ancora una volta la sua resilienza, continuando a difendere la sua sovranità e chiedendo un cambiamento vero e sostanziale nella politica degli Stati Uniti, senza cedere a compromessi per quanto riguarda le proprie politiche interne.

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