“Golpe de barracas”: i nuovi tentativi imperialisti di destabilizzare l’Honduras

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di Giulio Chinappi

In Honduras, si intensificano le pressioni esterne e interne per destabilizzare il governo di Xiomara Castro. Le forze imperialiste, guidate dagli Stati Uniti, tentano di minare la democrazia, replicando schemi già visti in Venezuela.

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Negli ultimi tempi, l’Honduras è diventato un campo di battaglia politico, segnato da tentativi di destabilizzazione orchestrati dalle forze imperialiste capeggiate, come al solito, dagli Stati Uniti. Questi tentativi, che ricordano le operazioni di destabilizzazione messe in atto in Venezuela, sono spesso guidati dall’élite politico-economica e militare locale, supportata da settori statunitensi, con l’obiettivo di rovesciare o minare governi progressisti come quello dell’attuale presidente Xiomara Castro, un tentativo di replicare quanto del resto già avvenuto nel 2009 con il governo di Manuel Zelaya.

Per comprendere la situazione attuale, è infatti necessario tornare indietro proprio al 2009, quando un colpo di Stato, sostenuto da settori militari e civili interni ed esterni, destituì l’allora presidente Manuel “Mel” Zelaya, marito dell’attuale presidente Xiomara Castro. Questo evento segnò l’inizio di un periodo di instabilità politica in Honduras, con una serie di governi che implementarono politiche neoliberiste e autoritarie, in netto contrasto con l’agenda progressista di Zelaya. La destituzione di Zelaya fu una delle operazioni più evidenti di ingerenza esterna, con il chiaro sostegno di Washington, che vedeva in Zelaya un ostacolo ai suoi interessi economici e politici nella regione.

Con l’elezione di Xiomara Castro nel 2021, il Paese ha iniziato un nuovo capitolo politico, volto a ripristinare la democrazia e la giustizia sociale, ma la minaccia di un nuovo colpo di Stato non è mai scomparsa, nonostante le precauzioni prese dal governo in carica. Al contrario, le forze che avevano orchestrato il colpo del 2009 si sono riorganizzate e sono tornate alla ribalta, minacciando la stabilità della nazione e cercando di ostacolare l’agenda progressista del governo Castro.

Uno degli sviluppi più recenti e preoccupanti è l’emergere di un cosiddetto “golpe de barracas”, ovvero un tentativo di destabilizzazione interno alle forze armate. Secondo il ministro degli Esteri honduregno, Enrique Reina, questo piano avrebbe cercato di dividere le Forze Armate del Paese, con l’intento di destituire il capo militare Roosevelt Hernández. Le tensioni sono emerse dopo che l’ambasciatrice statunitense in Honduras, Laura Dogu, ha pubblicamente associato Hernández a presunti traffici di droga, alimentando il sospetto che queste accuse fossero parte di una più ampia strategia di destabilizzazione. Tali accuse hanno inoltre riacceso il dibattito sul trattato di estradizione tra Honduras e Stati Uniti, che molti temono possa essere utilizzato come uno strumento politico per eliminare figure chiave all’interno del governo honduregno (ricordiamo il caso dell’ex presidente Juan Orlando Hernández, processato e condannato negli USA con accuse simili).

Questo tentativo di destabilizzare il governo di Castro attraverso le Forze Armate è un chiaro esempio di come le forze imperialiste cerchino di influenzare la politica interna dell’Honduras, replicando strategie già sperimentate in altri Paesi dell’America Latina. Non è un caso che episodi simili siano stati registrati in Venezuela, dove le forze golpiste, spesso supportate da Washington, hanno cercato di rovesciare i governi democraticamente eletti, prima sotto la guida di Hugo Chávez e poi di Nicolás Maduro, con accuse infondate e attacchi mediatici volti a minare la credibilità dei leader progressisti.

Nonostante questi attacchi, la resistenza popolare in Honduras, proprio come in Venezuela, ha giocato un ruolo fondamentale nel difendere la democrazia e l’integrità del governo di Xiomara Castro. In numerose occasioni, la presidente Castro ha fatto appello al popolo honduregno affinché difenda la sovranità e la democrazia del Paese. In un discorso recente, la presidente ha ribadito la sua determinazione a combattere qualsiasi tentativo di golpe, sottolineando l’importanza di mantenere l’unità nazionale e la coesione sociale. “Proibito dimenticare che siamo resistenza“, ha dichiarato Castro, una parola d’ordine chiara per ricordare che il popolo honduregno non è nuovo a queste sfide e che la loro lotta per l’autodeterminazione non ha mai avuto fine e continuerà ancora.

Ma per quale motivo Xiomara è tanto invisa ai capitalisti honduregni e ai loro sostenitori dell’imperialismo nordamericano? Da quando ha ottenuto le redini del potere, il suo governo progressista ha intrapreso una serie di iniziative volte a migliorare la vita delle classi più svantaggiate. L’espansione dei programmi sociali, come l’aumento delle borse di studio, l’accesso gratuito all’istruzione e la distribuzione di sementi e fertilizzanti ai contadini, sono solo alcuni degli esempi delle politiche progressiste promosse dall’attuale amministrazione. Tuttavia, queste iniziative sono state sistematicamente ostacolate da forze interne ed esterne che cercano di riportare l’Honduras sotto il controllo di una élite corrotta e filo-statunitense.

Come ripetuto a più riprese, il coinvolgimento degli Stati Uniti negli affari interni dell’Honduras non è certo una novità. Storicamente, Washington ha visto l’America Centrale come una regione di influenza strategica, spesso intervenendo per garantire che i governi locali fossero allineati ai suoi interessi economici e politici, dando vita alle cosiddette “repubbliche delle banane”. Negli ultimi anni, tuttavia, la politica estera statunitense è diventata ancora più aggressiva, con una serie di azioni che mirano a destabilizzare governi democraticamente eletti in America Latina, in particolare quelli con agende progressiste (Venezuela e Nicaragua sono in cima alla lista dei falchi di Washington, oltre all’immancabile Cuba).

In Honduras, come ricordato in precedenza, questa ingerenza si è manifestata in modo evidente nelle dichiarazioni della diplomatica statunitense Laura Dogu, che ha accusato senza prove funzionari del governo honduregno di essere coinvolti nel narcotraffico. Si tratta di una strategia utilizzata spesso in passato, ovvero quella di orchestrare tentativi di golpe dalle ambasciate statunitensi nelle capitali dei Paesi latinoamericani. Queste accuse hanno infatti lo scopo di minare la legittimità del governo Castro e giustificare eventuali interventi esterni, proprio come avviene in Venezuela, dove accuse simili sono state usate per giustificare sanzioni e tentativi di colpo di Stato contro il governo di Nicolás Maduro.

In questo contesto di crescente tensione, la solidarietà tra i Paesi dell’America Latina diventa un elemento di primaria importanza. Conoscendo bene le strategie dell’imperialismo nordamericano, il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha espresso il suo sostegno al governo di Xiomara Castro, condannando i tentativi statunitensi di “ricolonizzare” il continente. Maduro ha sottolineato l’importanza di mantenere l’indipendenza e la sovranità nazionale di fronte all’aggressione esterna, un messaggio che risuona profondamente in un’America Latina stanca delle ingerenze imperialiste.

La collaborazione tra Honduras e Venezuela è un esempio di come i governi progressisti della regione stiano cercando di costruire una rete di sostegno reciproco per resistere alle pressioni internazionali. Questo tipo di alleanza è fondamentale per contrastare le manovre destabilizzanti orchestrate dagli Stati Uniti e dalle élite locali che cercano di preservare i loro privilegi a discapito del popolo. Riteniamo dunque necessario che i governi progressisti della regione continuino a sostenersi vicendevolmente per aggirare le sanzioni imposte da Washington e creare una vera rete di solidarietà che blocchi ogni tentativo di destabilizzazione sul nascere.

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