di Giulio Chinappi
Narendra Modi, leader del Bharatiya Janata Party (BJP), è stato nominato Primo Ministro dell’India per la terza volta consecutiva, nonostante la perdita della maggioranza assoluta. Nelle elezioni locali, intanto, il Partito Rivoluzionario ottiene una schiacciante vittoria nel Sikkim, mentre il Partito Comunista ottiene un seggio nello Stato di Odisha.
Come promesso, torniamo a parlare dell’esito delle elezioni indiane, in seguito alle quali Narendra Modi, leader del Bharatiya Janata Party (BJP), è stato nuovamente nominato Primo Ministro per la terza volta consecutiva, un risultato certamente notevole nella politica indiana, ma attenuato dal fatto che il BJP abbia perso la maggioranza assoluta, venendo costretto a formare un governo di coalizione con diverse forze regionali.
Nonostante la vittoria elettorale, Modi e il suo governo di coalizione dovranno affrontare numerose sfide, accentuate dalla forte polarizzazione che la politica dello stesso Modi ha portato nel Paese. Zoya Hasan, analista politico presso l’Università Jawaharlal Nehru di Nuova Delhi intervistato da Al Jazeera, ha sottolineato che le alleanze all’interno della coalizione potrebbero generare frizioni in futuro. Tra i partner della coalizione, in particolare, spiccano figure politiche esperte come Chandrababu Naidu e Nitish Kumar, noti per la loro abilità politica e le loro connessioni trasversali, che non esiteranno a far mancare il proprio appoggio a Modi per raggiungere i loro scopi.
La necessità del BJP di formare una coalizione potrebbe trasformare il modo in cui vengono approvate le leggi in India. In passato, il governo a maggioranza BJP è stato criticato per aver approvato leggi senza adeguati dibattiti parlamentari. Ora, con una coalizione, il processo legislativo potrebbe diventare più complesso e richiedere maggiori negoziati e compromessi. Questo scenario potrebbe portare a un maggiore controllo e bilanciamento all’interno del governo, con i partner di coalizione che potrebbero svolgere un ruolo cruciale nel modellare le politiche dell’esecutivo federale.
Una delle principali preoccupazioni degli analisti riguarda l’economia di quello che oramai rappresenta il Paese più popoloso del mondo, avendo recentemente scavalcato la Cina dal punto di vista demografico. Sebbene l’India abbia registrato una crescita economica del 8,2% nell’ultimo anno fiscale, una delle più alte tra le grandi economie mondiali, il Paese affronta problemi significativi a livello domestico, tra cui la mancanza di posti di lavoro, l’alto costo della vita e le disuguaglianze economiche. Modi ha riconosciuto la centralità della classe media, promettendo di migliorare il risparmio e la qualità della vita di questa fascia della popolazione, ma dovrebbe affrontare soprattutto il problema della povertà assoluta che imperversa in grandi aree del subcontinente.
Un altro aspetto fondamentale di queste elezioni è stata la resurrezione dell’Indian National Congress (INC), il principale partito di opposizione, guidato da Rahul Gandhi. Il partito ha quasi raddoppiato il numero di seggi parlamentari rispetto alle elezioni precedenti, ottenendo il miglior risultato dal 2014. Questo successo è stato in gran parte attribuito alle campagne di mobilitazione condotte da Gandhi, che ha intrapreso marce su larga scala attraverso il Paese per raccogliere supporto contro Modi.
Le marce, conosciute come yatras, sono state un tentativo dell’INC di connettersi con le masse e ascoltare le voci dei gruppi tradizionalmente oppressi e marginalizzati. Queste iniziative hanno aiutato Gandhi a ricostruire la sua immagine politica, soprattutto dopo la perdita del suo seggio a Amethi nel 2019. Quest’anno, ha vinto sia nel distretto di Rae Bareli che in quello di Wayanad, e dovrà scegliere quale rappresentare.
Oltre alle elezioni nazionali, si sono svolte anche e elezioni per le assemblee legislative negli Stati di Andhra Pradesh, Arunachal Pradesh, Odisha e Sikkim, che a loro volta hanno messo in evidenza la grande divisione esistente all’interno del Paese. Come avevamo sottolineato nel nostro precedente articolo, Modi è stato messo sotto accusa soprattutto per aver messo in pratica politiche fortemente discriminatorie nei confronti delle minoranze etniche e religiose, come evidenziato dal risultato negativo ottenuto dal suo BJP nello Stato del Sikkim, dove vive gran parte della popolazione Sikh, una delle più discriminate.
Le elezioni locali sono infatti state dominate dal Sikkim Krantikari Morcha (Fronte Rivoluzionario Sikkim, SKM), che ha ottenuto trentuno seggi sui trentadue a disposizione, lasciandone solamente uno all’altro partito locale, il Fronte Democratico Sikkim (Sikkim Democratic Front, SDF). Il BJP è invece rimasto escluso dall’emiciclo di Gangtok, capitale statale, ottenendo poco più del 5% delle preferenze. Inoltre, la vittoria schiacciante del SKM ai danni del più moderato SDF mostra anche una maggior radicalizzazione da parte della popolazione Sikh, spinta in questo senso dalle politiche discriminatorie del governo federale di Nuova Delhi.
Il BJP di Modi ha invece ottenuto vittorie importanti nelle elezioni in Arunachal Pradesh e Andhra Pradesh, raggiungendo in entrambi in casi una schiacciante maggioranza assoluta. Nel primo caso, infatti, il BJP da solo ha ottenuto 46 dei 60 scranni a disposizione, mentre nel secondo ha ufficialmente ottenuto solo 8 seggi, ma la coalizione National Democratic Alliance (NDA) non ha avuto rivali con 164 deputati eletti su 175. Questo si deve al fatto che nell’Andhra Pradesh la politica di destra è monopolizzata da un partito locale, il Telugu Desam Party (TDM), stretto alleato del BJP di Modi.
Infine, nello Stato di Odisha il BJP ha strappato la vittoria con 78 deputati eletti su 147, scavalcando il partito locale Biju Janata Dal (BJD), fondato dall’ex Presidente Naveen Patnaik, che invece aveva ottenuto la vittoria alle precedenti elezioni, ma che questa volta si è dovuto accontentare del secondo posto con 51 rappresentanti. Da notare che, oltre ai quattordici deputati dell’INC, l’emiciclo della capitale statale Bhubaneswar ospiterà anche un deputato del Partito Comunista d’India (Marxista), che conferma il suo seggio come nell’elezione precedente.
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