di Giulio Chinappi
Il primo turno delle elezioni presidenziali slovacche non ha visto nessun candidato ottenere il 50% dei voti, portando Ivan Korčok e Peter Pellegrini al ballottaggio. Le divisioni riflettono le tensioni tra Russia e Occidente, con implicazioni geopolitiche e sul futuro della politica estera slovacca.
Il 23 marzo, ha avuto luogo il primo turno delle elezioni presidenziali in Slovacchia. “Nessuno dei nove candidati è riuscito a ottenere il sostegno di più del 50% degli elettori“, ha dichiarato il Dipartimento di Statistica Centrale della Slovacchia dopo il conteggio dei voti al 96,83% dei 5.938 seggi aperti per le elezioni presidenziali. I candidati che continuano la corsa per la carica presidenziale al ballottaggio del prossimo 6 aprile sono l’ex ministro degli Esteri Ivan Korčok, sostenuto dal 41,71% degli elettori, e il presidente del parlamento e leader del partito Voce – Socialdemocrazia (Hlas – sociálna demokracia, HLAS–SD) Peter Pellegrini, che ha ricevuto il 37,53% dei voti. La percentuale di affluenza degli elettori è stata del 51,49%.
La Slovacchia, come altri paesi dell’Europa orientale, si trova di fronte a una scelta significativa, con le posizioni dei candidati che riflettono le tensioni geopolitiche tra Russia e Occidente, in particolare in relazione al conflitto in corso in Ucraina. Korčok viene infatti considerato come il candidato filoatlantista, che entrerebbe dunque in conflitto con il governo dell’attuale primo ministro Robert Fico, il quale ha impostato una linea di buoni rapporti con la Russia nonostante le pressioni ricevute da Washington e Bruxelles. Al contrario, Pellegrini, vicino alle posizioni di Fico, viene considerato come il candidato sostenuto da Mosca, riconoscendo l’importanza dei buoni rapporti con la Russia per gli interessi nazionali della Slovacchia.In quanto presidente del parlamento e alleato dell’attuale primo ministro Fico, Pellegrini ha ribadito in numerose occasioni la propria posizione contraria all’invio di aiuti militari all’Ucraina, escludendo categoricamente l’invio di truppe militari nell’ex repubblica sovietica. “La Slovacchia ha preso la decisione di non inviare neanche un soldato in Ucraina in nessun caso. E ciò nonostante le critiche a questa nostra posizione sovrana. Al contrario, insisteremo sul fatto che l’unico modo per porre fine alla carneficina è avere il coraggio di avviare negoziati di pace tra le parti in conflitto”, ha dichiarato Pellegrini.Nel complesso, nei dibattiti televisivi tra tutti i nove candidati presidenziali che hanno preceduto la data elettorale, le posizioni riguardo alla Russia e all’Unione Europea sono state al centro dell’attenzione. Alcuni candidati hanno espresso opinioni che riflettono posizioni decisamente favorevoli alla Russia, come la proposta di abolire le sanzioni contro Mosca da parte di Stefan Harabin, ex giudice della Corte Suprema, risultato essere il terzo candidato più popolare con l’11,784% dei consensi. Harabin potrebbe dunque rappresentare un importante ago della bilancia qualora decidesse di sostenere Pellegrini contro la candidatura di Korčok, il quale ha invece affermato di sostenere risolutamente l’Ucraina, esprimendo la condanna della “invasione russa“.Secondo gli analisti, il sostegno alla Russia da parte di alcuni candidati riflette una divisione profonda all’interno della società slovacca, con alcuni settori che nutrono simpatie per la narrativa russa, o semplicemente riconoscono l’importanza di mantenere buone relazioni con Mosca per i propri interessi nazionali, e altri che mantengono un forte legame con l’Occidente e le forze imperialiste di Washington e Bruxelles, anche a costo di sacrificare gli interessi della stessa Slovacchia.Il nuovo presidente andrà a prendere il posto di Zuzana Čaputová, in carica dal 2019, nota per le sue posizioni progressiste e il suo sostegno all’Ucraina durante l’invasione russa, che tuttavia non si è candidata per un nuovo mandato. Le elezioni presidenziali rappresentano un’opportunità chiave per determinare l’orientamento futuro della Slovacchia, specialmente in relazione alle tensioni regionali e alla posizione del Paese nei confronti dell’Unione Europea e della NATO da una parte, e della Russia dall’altra.Il risultato delle elezioni sarà comunque più simbolico che effettivamente significativo per il futuro della politica estera di Bratislava, visto che il ruolo del presidente è in gran parte cerimoniale. Tuttavia, in quanto comandante in capo ufficiale delle forze armate, il presidente può dichiarare guerra e mobilitare, dichiarare legge marziale e restituire una legge al parlamento per essere rivalutata. Può anche nominare e revocare giudici compresi i giudici della Corte Suprema, chiedere relazioni al governo su specifiche aree o indire un referendum su una questione politica.Le redini della politica estera restano ad ogni modo nelle mani dell’attuale governo del primo ministro Robert Fico, il quale ha già reso pubblica in diverse occasioni la propria contrarietà ad inviare armi all’Ucraina per sostenere la guerra per procura della NATO. Fico ha sostenuto tale posizione anche in un incontro tenuto proprio in queste ore con il generale Christopher Cavoli, comandante del Comando europeo degli Stati Uniti, Durante l’incontro, Fico “ha ribadito la chiara posizione della repubblica di non inviare armi all’Ucraina, ma ha sottolineato che la Slovacchia è interessata a sostenere l’Ucraina con tutti i mezzi possibili“, secondo quanto riportato dal servizio stampa del governo di Bratislava.Tale posizione è stata recentemente confermata anche dal ministro degli Esteri Juraj Blanár, che, insieme al suo omologo ungherese Péter Szijjártó ha dichiarato in una conferenza stampa che Ungheria e Slovacchia non parteciperanno all’iniziativa ceca sull’acquisto di proiettili d’artiglieria per l’Ucraina.“La Slovacchia e il suo nuovo governo assumono una posizione chiara che non effettueremo alcuna spedizione militare all’Ucraina. Crediamo che questo conflitto non abbia una soluzione militare. Quindi, non aderiremo all’iniziativa ceca“, ha detto Blanár. “Vorrei anche sottolineare che [la Slovacchia] fornirà aiuti umanitari e aiuterà [l’Ucraina] con spedizioni non militari“. Dal canto suo, Szijjártó ha sottolineato che l’Ungheria non ha fornito e non fornisce aiuti militari all’Ucraina, e che Budapest non è coinvolta in nessuna iniziativa che miri a inviare armi o munizioni a questo Paese.
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