SOMMARIO: 1. Sicurezza Energetica. – 2. Instabilità nel sistema paese. – 3. Conclusioni.
La politica estera di un paese è la concretizzazione della Ragion di Stato ossia è lo strumento per difenderlo e sostenerlo, attraverso un’azione esterna volta a ridurre i rischi e a potenziare le opportunità per la sicurezza e l’economia di una comunità nazionale. L’esigenza di una politica estera efficace è tanto più evidente nelle fasi in cui, come l’attuale, il sistema internazionale è alle prese con una transizione sistemica, che in parte ha già modificato e in parte tenderà a ridisegnare le gerarchie globali. Per l’Italia, esistono rischi di arretramento che causerebbero un abbassamento ed una violazione della sicurezza del sistema paese. I nuovi scenari geopolitici che si affacciano nel 2015 comportano delle grande difficoltà e delle nuove sfide che l’Italia deve necessariamente affrontare nel nuovo anno. In particolare la crisi ucraina e la crisi libica, due realtà apparentemente distanti, fanno sorgere per Italia un nuovo scenario che la impegna su due fronti e che provoca al suo interno due conseguenze interconnesse: il problema connesso all’approvvigionamento ed alla sicurezza energetica, le criticità che si ripercuotono per il sistema paese e la minaccia terroristica.
1. Sicurezza Energetica
L’Italia nel 2013 aveva raggiunto, con sei paesi fornitori di gas naturale e petrolio (Russia, Libia, Olanda, Algeria, Qatar, Norvegia) una diversificazione del proprio portafoglio che garantiva una sicurezza dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico. La crisi Ucraina, con la conseguente interruzione dei rapporti tra Kiev e Mosca, e la crisi mediorientale, in particolare i focus di Siria e Libia, hanno ridato attualità alla questione della dipendenza Italiana degli approvvigionamenti energetici che si trovano al di fuori dei confini europei. Le principali linee di gas di approvvigionamento per l’Europa provengono dalla Russia ed anche se l’Europa ha diversificato il suo portafoglio attraverso gli accordi con la Norvegia ed i gasdotti che provengono dal Nord Africa, questa dipendenza potrebbe comportare una crisi a livello energetico, soprattutto dopo la nuova crisi libica, obbligando l’Europa e l’Italia a dover contare solo sulle risorse di Olanda e Norvegia all’interno del continente. Anche l’avanzata dell’ISIS in Siria ed in Iraq ha contribuito ad indebolire i legami energetici europei, e l’arrivo di quest’ultimo anche in Libia – nelle scorse ore infatti il califfato ha attaccato i palazzi istituzionali di Sirte – lascia intendere che le problematiche energetiche potrebbero aumentare esponenzialmente per l’Italia. La produzione e la vendita di idrocarburi su cui si fonda l’economia libica, nostro primo fornitore di petrolio e terzo di gas, non ha raggiunto i livelli e la stabilità che aveva prima della caduta di Gheddafi. Sono continue infatti le interruzioni di approvvigionamento causate dalle repentine conflittualità tra le parti sul territorio nazionale e l’attacco all’impianto francese della Total conferma che l’eventuale interruzione delle forniture dalla Libia potrebbe creare delle difficoltà per il mantenimento dell’equilibrio del bilancio energetico italiano. Alla luce delle suddette vicende la diversificazione delle fonti di approvvigionamento è un tema che rimane di costante attualità per la sicurezza non solo dell’Italia ma dell’intera Europa.
2. Instabilità nel sistema paese
Il conseguente attacco dell’Isis a Sirte è la goccia che fa traboccare il vaso nel dossier libico per l’Italia. Le conseguenze di una così forte instabilità della Libia, a sole trecento miglia delle coste italiane, provocano delle ripercussioni nel nostro sistema paese, quali il problema del terrorismo che si potrebbe ripercuotere all’interno dei confini nazionali, la conseguenza energetica con una ridimensionata attività dell’Eni nel paese, la perdita ormai totale di un partner commerciale che aveva rappresentato per l’Italia la naturale testa di ponte per il Nord Africa – le ripercussioni più evidenti quelle sorte della escalation migratoria verso le nostre coste – ed il possibile inclinarsi dei rapporti diplomatici con i paesi dell’area. Occuparci solo adesso della Libia comporta per l’Italia un costo ed un sacrificio su due fronti; sul fronte interno la decisione di uno sforzo bellico, sotto mandato Onu come ha precisato il ministro Gentiloni, comporterebbe un aumento del debito pubblico vista la necessità di trovare i fondi per la spedizione e metterebbe a dura prova il Governo qualora dovesse autorizzare un’azione militare nel paese; sul fronte esterno inasprirebbe i rapporti diplomatici con i paesi Nord Africani, primo tra tutti l’Egitto, che considera ormai la Libia un interesse primario per la sua stabilità. Bisognerebbe poi capire politicamente quale delle parti appoggiare sul territorio libico visto che sia il governo di Tobruk sia il governo di Tripoli hanno dietro le spalle rispettivamente Turchia, Egitto, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Inoltre le circostanze odierne con la Libia divisa in tre parti potrebbero comportare un bersagliamento congiunto del presunto contingente italiano che sarà presente sul territorio. Si potrebbe auspicare un azione di peacekeeping solo con un preciso accordo di cessate il fuoco tra le parti e dopo una definitiva azione diplomatica sull’intera area. Qualora invece l’Italia decidesse di affidare le sorti ad un competitor dell’area come l’Egitto andrebbe ad alterare i rapporti diplomatici che ha in Nord Africa, prima tra tutti con l’Algeria.
Ad aumentare le difficoltà per l’Italia è il dossier ucraino che sta mettendo a dura prova le cancellerie europee. Se infatti la Libia è un problema interno, la crisi ucraina fa riscoprire all’Europa i brividi di una guerra tra potenze. L’Ucraina è una crisi tra Stati che può provocare una escalation di proporzioni assai più ampie all’interno dell’Europa con conseguenze sull’intero pianeta, se infatti la storia ci insegna qualcosa è che una guerra all’interno del vecchio continente equivale ad una guerra mondiale. Le difficoltà aumentano per Italia visto l’impegno che ha con la Nato e le relazioni economiche con la Russia. È bene precisare che qualora le conseguenze della crisi portassero ad una discesa in campo delle forze della Nato l’Italia non sarebbe obbligata ad intervenire militarmente, visto che gli accordi atlantici prevedono l’obbligo di cooperazione militare solo in caso di attacco esterno ad uno degli Stati membri. Per l’Italia la Russia rappresenta un partner di primaria importanza, basti pensare che il mercato immobiliare italiano è sorretto per buona parte da imprenditori russi, ed agli accordi energetici per l’approvvigionamento del gas. Qualora gli accordi di Minsk fossero violati sarebbe auspicabile un ruolo per l’Italia di nazione cuscinetto tra l’Europa e la Russia come fu per il caso georgiano. Tuttavia la crisi ucraina ha già comportato delle conseguenze per il nostro sistema paese quali l’instabilità energetica e la parziale compromissione dei rapporti economici con la Russia; cosa ancora più preoccupante potrebbe essere il rientro in Italia di alcuni connazionali partiti per combattere nelle fila del battaglione Azov, alimentato da frange politiche di estrema destra.
3. Conclusioni
Una stagione molto complicata per la politica estera italiana, frutto di errori passati che hanno e che comportano delle conseguenze per il sistema paese italiano. Le ripercussioni che derivano dalla crisi libica ed ucraina sono le conseguenze di un cambio di fronte della politica estera statunitense. La strategia del caos praticata dagli Stati Uniti in Medio Oriente spinge l’Europa ad occuparsi in prima persona delle conseguenze che la sua ex politica estera ha lasciato nell’aerea (basti pensare alla condotta in Siria ed in Iraq). Anche in Ucraina si denota una diversa politica estera di Usa ed Europa che cozza su interessi contrastanti, se infatti i nordamericani intendono armare gli ucraini dimenticandosi delle conseguenze di una guerra in Europa le cancellerie Europee cercano, adesso più che mai, dopo aver appoggiato l’Ucraina contro la Russia, un accordo di pace per scongiurare delle conseguenze devastanti per l’intero continente.
Gaetano Mauro Potenza
Gaetano Mauro Potenza è laureato in Scienze della Difesa e della Sicurezza, si occupa di Country analisys e security management.
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