Cina: i casi delle rimozioni dei ministri Qin Gang e Li Shangfu

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di Giulio Chinappi

I recenti cambiamenti al vertice di quattro ministeri, compresi due portafogli cruciali come gli Esteri e la Difesa, sono stati sfruttati dalla stampa occidentale per continuare la sua campagna anticinese. Proviamo a fare chiarezza.

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Negli ultimi mesi, due importanti cambiamenti ai vertici di due ministeri fondamentali hanno avuto luogo nella Repubblica Popolare Cinese. Il 25 luglio, Qin Gang è stato rimosso dall’incarico di ministro degli Affari Esteri dopo solamente sette mesi di servizio, venendo rimpiazzato da Wang Yi, colui che in precedenza aveva già guidato il ministero per ben nove anni. Il 24 ottobre, invece, è stato il ministro della Difesa Li Shangfu ad essere rimosso dopo poco più di cinque mesi, senza che al momento sia stato nominato un sostituto.

Naturalmente, la stampa occidentale ha approfittato di questi cambiamenti per dare vita a nuove ondate di propaganda contro la Repubblica Popolare, additando il governo di Pechino con l’accusa di rimuovere i ministri in modo poco trasparente e senza motivazioni apparenti. Tuttavia, quella stessa stampa attacca la Cina quando le stesse cariche vengono ricoperte dalle stesse persone per “troppi” (a loro modo di vedere) anni consecutivi, affermando che sarebbe un segno di mancanza di democrazia. In pratica, qualsiasi fatto politico che abbia luogo in Cina diventa motivo di biasimo da parte della propaganda occidentale.

Innanzi tutto, esistono delle differenze tra il caso di Qin Gang e quello di Li Shangfu: il primo, precedentemente ambasciatore cinese a Washington, ha continuato a ricoprire fino ad ottobre il ruolo di consigliere di Stato, il che significa che ha mantenuto per qualche mese una carica importante all’interno dell’apparato cinese; il secondo, invece, ha perso simultaneamente entrambi gli incarichi, e dunque non ricopre più nessun ruolo all’interno della Repubblica Popolare. Va anche sottolineato che la procedura di rimozione e sostituzione dei ministri non avviene arbitrariamente, ma dipende da una decisione del Comitato permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo.

Il fatto che Qin Gang abbia continuato a ricoprire l’incarico di consigliere di Stato, un ruolo paragonabile a quello di un ministro senza portafoglio nei Paesi occidentali, dopo essere stato rimosso da ministro, dimostra che Qin in quel momento continuava ad avere una certa fiducia da parte del Partito Comunista e dello Stato. La sua nomina era stata effettuata con il fine di portare a un riavvicinamento con gli Stati Uniti, sfruttando la sua esperienza come ambasciatore in quel Paese, ma l’attuale situazione internazionale ha vanificato gran parte di queste speranze. È possibile che l’esperto Wang Yi sia stato rimesso al suo posto proprio in quanto considerato come l’unico diplomatico in grado di far fronte alle complesse situazioni che si stanno verificando in diverse regioni del globo.

Non dobbiamo dimenticare che alcune perplessità sulla nomina di Qin Gang erano state sollevate da molti osservatori sin dall’inizio, in quanto lo consideravano relativamente poco esperto rispetto ad altri possibili candidati e non ancora abbastanza pronto per ricoprire questo incarico complicato, nonostante la grande fiducia di cui godeva da parte del presidente Xi Jinping. È dunque possibile che Qin sia stato mantenuto nel ruolo di consigliere di Stato per permettergli di continuare a fare esperienza, mentre non sono state rilasciate informazioni circa procedimenti disciplinari contro lui, anche perché questa eventualità avrebbe portato alla sua immediata rimozione da tutte le cariche. Tuttavia, il 24 ottobre Qin ha perso anche il suo ultimo incarico, venendo rimosso senza una spiegazione ufficiale.

Vi sarebbe infine l’ipotesi secondo la quale Qin avrebbe avuto una relazione extraconiugale con un noto volto della televisione cinese. Sebbene non contravvenga a nessun regolamento, un episodio di questo titolo entrerebbe in contrasto con un regolamento etico non scritto che secondo molte fonti esisterebbe all’interno del Partito Comunista Cinese, ma che a parere dei critici sarebbe solamente un modo per coprire le epurazioni dovute a motivi extrapolitici. La notizia di gossip, tuttavia, non ha mai trovato conferme certe e potrebbe non essere legata alla sua rimozione.

Le questioni disciplinari spiegano invece il caso di Li Shangfu, la cui immediata e improvvisa rimozione non è dovuta a motivi strettamente politici. Secondo fonti non ufficiali, infatti, Li sarebbe stato sottoposto ad una procedura d’indagine per corruzione: l’indagine, che coinvolge anche altri otto funzionari, riguarderebbe l’acquisto di equipaggiamento militare, secondo un funzionario della sicurezza regionale e tre persone in diretto contatto con l’esercito cinese, in base a quanto riportato da Reuters. È possibile che le indagini siano state anche il motivo principale per la cancellazione di alcuni importanti appuntamenti dell’ex ministro, come il viaggio che avrebbe dovuto effettuare in Vietnam il 7 e 8 settembre, ufficialmente annullato per motivi di salute. Il fatto che Li Shangfu non sia stato rimpiazzato dimostra anche come la decisione sia stata presa con urgenza, il che lascia propendere per l’ipotesi di gravi violazioni disciplinari da parte dell’ex ministro.

Va anche sottolineato che l’indagine contro Li Shangfu non riguarderebbe il suo breve periodo da ministro, ma il periodo in cui dirigeva l’unità militare per gli appalti, incarico ricoperto tra il 2017 e il 2022, e precisamente alcune irregolarità risalenti all’ottobre 2017. Ricordiamo inoltre che, nel 2018, Li Shangfu fu inserito nella lista delle persone cinese soggette alle sanzioni degli Stati Uniti, nello specifico per aver acquistato armi dal più grande esportatore di armi russo, Rosoboronexport.

Questa operazione nei confronti dell’ex ministro Li è in linea con la lotta senza quartiere lanciata dal presidente Xi Jinping contro la corruzione sia nel settore pubblico che in quello privato. Tale campagna è stata a sua volta sfruttata dalla stampa occidentale, secondo la quale si sarebbe trattato solamente di un ennesimo metodo per eliminare i rivali politici interni e rafforzare la posizione politica dello stesso Xi Jinping. Eppure, tale ragionamento cade in cortocircuito nel momento in cui si considera che sia Qin Gang che Li Shangfu erano due degli uomini più vicini a Xi Jinping, e che secondo la stessa stampa occidentale sarebbero stati nominati ministri principalmente per questo motivo.

Chiudiamo con i casi mediaticamente meno noti di rimozione di un ministri cinesi, nello specifico quelli del ministro delle Finanze Liu Kun, sostituito, dopo oltre cinque anni in questo ruolo, da Lan Fo’an, e del ministro della Scienza e della Tecnologia Wang Zhigang, al cui posto è stato nominato Yin Hejun. Anche in questi casi, le fonti ufficiali non hanno fornito nessuna motivazione, per cui le ricostruzioni che si leggono rappresentano unicamente delle speculazioni prive di elementi reali.

In generale, questa serie di rimozioni ha mandato in tilt anche gli osservatori più esperti, visto l’ampio numero di interpretazioni che possono essere date in assenza di spiegazioni più plausibili. Secondo i più risoluti anticinesi, potrebbe trattarsi di un segno della debolezza di Xi Jinping e dell’esisetnza di faide interne al Partito Comunista, visto che a farne le spese sono stati alcuni di quelli che venivano considerati come fedelissimi del presidente. Altri, invece, affermano che tali vicende dimostrerebbero la forza e la risolutezza del presidente cinese, pronto a far pagare qualsiasi errore anche ai suoi uomini più fidati e in grado di prendere qualsiasi decisione senza dover fornire spiegazioni. In realtà, la Cina opera in modo tale da non lasciar trapelare i dettagli della propria politica interna all’esterno, motivo per il quale resta complicato fornire interpretazioni che non siano almeno parzialmente ideologiche.

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