“Traveling in Paradise”: la Cina, il Tibet e il turismo

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“La Repubblica Popolare Cinese e il Tibet”: progetto di ricerca del Cesem.

di Andrea Turi

IL RUOLO DEL TURISMO NELL’ECONOMIA CINESE

Il “grande balzo in avanti” profetizzato da Mao Zedong si proponeva, con un piano che abbracciasse sia la dimensione economica che sociale, di riformare la Cina e di mobilitare la vasta popolazione della Repubblica Popolare al fine di attuare una trasformazione del sistema rurale precedente la Rivoluzione in direzione di una moderna società comunista industrializzata.
Il grande capo comunista non riponeva alcuna fiducia nelle potenzialità del settore turistico quale leva del progresso economico considerandolo alla stregua di un mero strumento di propaganda piuttosto che un elemento caratterizzante del cammino di espansione cinese. Il turismo non era annoverato tra le forme di attività economiche appropriate ad una società modellata dal credo socialista. Per questa ragione, tolto qualche elemento legato ad un’aurea di pellegrinaggio politico in fattorie e comunità abitate da pastori rivoluzionari e fieri lavoratori, il mercato turistico, di fatto, non esisteva; la promozione delle ricchezze delle terre dell’Impero Celeste che fu era nulla al contrario dei controlli sui visitatori molteplici, severi e restrittivi.

Il paradigma di riferimento incontrò un totale cambiamento di prospettive nel 1978, anno in cui Deng Xiaoping, seguendo i dettami della sua “politica della porta aperta” dette inizio ad una nuova rivoluzione con la quale smantellò il credo iconoclasta della Rivoluzione Culturale e prese l’impegno di adottare politiche atte alla promozione degli investimenti economici, rinvigorendo la debole economia cinese. Sulla scia di quanto sperimentato e tentato nel corso degli anni settanta in altri Paesi con organizzazione di tipo socialista come la Tanzania (1), per dare lustro alla Nazione, avviarla sulla strada del progresso ed aprirla al mondo esterno, le autorità centrali di Pechino puntarono sull’industria del turismo che, nel giro di pochi anni, divenne uno dei settori trainanti dell’economia.

Da misconosciuta (e pressoché sconosciuta), l’attività turistica divenne accettabile e appropriata e si vide riconosciuta la capacità di contribuire in modo determinante alla modernizzazione del Paese della Grande Muraglia. Quello dei viaggi divenne, così, un settore strategico nella economia socialista di mercato perseguita da Pechino. Deng, il politico che, a ragione, viene considerato il creatore ed il fondatore della via cinese al turismo, espresse il suo pensiero in cinque discorsi, tenuti tra l’ottobre del 1978 ed il luglio del 1979 e attraversati da un’unica idea di fondo che fa da perno all’intero impianto programmatico: il turismo come mezzo di sviluppo economico.(2) Dice Deng, i primi giorni di gennaio del 1979, rivolgendosi al capo degli ufficiali governativi del Consiglio di Stato: “dobbiamo tentare di incrementare il reddito con tutti i mezzi tramite il turismo. Adesso dobbiamo sviluppare l’industria del turismo, dobbiamo vedere come renderla redditizia”.(3)

L’ancora acerbo sviluppo del settore offre possibilità uniche ed inesplorate per la Cina che si presenta sul palcoscenico internazionale: genera scambi con l’estero, diversifica le economie locali, stimola la costruzione di infrastrutture moderne e funzionali, allarga il mercato del lavoro, alimenta l’industria secondaria e quella dei servizi. Il turismo è una forma di modernizzazione in quanto crea trasferimenti di capitale ed expertise. Così Deng nel discorso del 17 gennaio 1979: “il nostro Paese è enorme, con molti resti culturali e patrimoni. Se riceviamo cinque milioni di visitatori, con una spesa di mille dollari a testa, noi possiamo guadagnare valuta straniera per cinque milioni di dollari in un anno”. Per lo sviluppo turistico della Cina non c’è bisogno di indebitamento estero, ma, anzi, con l’arrivo dei visitatori il Paese può arricchirsi di valuta straniera.

Nell’idea dei vertici politici centrali di Pechino, la maturazione dell’industria turistica si concentra su quattro pilastri: accessibilità, comodità, servizi ausiliari e attrazioni, siano queste naturali o culturali. Le politiche culturali si adeguano a quelle economiche. L’aspetto culturale consente al turismo di (ri)definire l’identità nazionale per mezzo dello sviluppo economico e la valorizzazione del patrimonio nazionale. La promozione delle meraviglie cinesi e delle differenze esistenti in un Paese sconfinato quale la Cina è fondamentale per accelerare lo sviluppo delle regioni a minoranza etnica e contribuire, al contempo, all’accrescere del potenziale economico nazionale. Il turismo di matrice culturale offre opportunità alle economie locali di migliorare i propri standard di vita quotidiana e di portare le minoranze etniche a bagnarsi nel grande fiume dello sviluppo economico cinese. Ancora oggi il pensare politico relativo alla tematica turistico-culturale si muove all’interno delle linee tracciate quaranta anni or sono: “la cultura è l’anima del turismo, il turismo è vettore importante per la cultura. L’integrazione del settore del turismo e dell’industria della cultura fornisce ai turisti i migliori prodotti del turismo culturale. Essi costituiscono non solo un importante contenuto per i turisti stranieri desiderosi di conoscere ed esperire la Cina e di accrescere la reciproca comprensione, ma anche un importante canale per i turisti cinesi per studiare, tramandare e comunicare la preziosa tradizione culturale e rafforzare l’orgoglio nazionale del popolo cinese”. (4)

 

IL TURISMO SUL TETTO DEL MONDO.

Con la “scoperta” del turismo, la Repubblica Popolare di Cina si aprì e si presentò al mondo esterno. In questo processo, la remota, isolata e “tradizionale” Regione Autonoma del Tibet assunse una notevole rilevanza come area sensibile di sviluppo pragmatico in virtù del suo ineguagliabile retroterra culturale e spirituale e della sua aurea di mistero che tanto affascinava (e affascina) i viaggiatori stranieri: “dobbiamo sviluppare il turismo in Tibet. Gli stranieri sono interessati al Tibet. […] Allo stesso tempo, possiamo anche aumentare le entrate turistiche. Dovremmo costruire alberghi a Lhasa. I prezzi delle camere non dovrebbero essere alti, ma gli hotel dovrebbero essere agevolati con i bagni in camera e la fornitura di acqua calda”.(5)

Le autorità di Pechino inserirono il Tibet nel piano di sviluppo turistico nazionale, decisione cruciale per il futuro economico tibetano e il rilancio della regione. L’obiettivo dichiarato fu fissato nei quindici milioni di visitatori l’anno da raggiungere entro la fine del 2015, numero capace di sviluppare un giro di affari pari a diciotto miliardi di yuan.
L’industria del turismo del Tibet, dunque, si erge a emblema, bandiera, a simbolo del rilancio economico e salvifico di una delle regioni più arretrate della Cina; la risorsa strategica per lo sviluppo dell’altopiano in chiave moderna; il volano nel riequilibrio della provincia occidentale con le altre del territorio nazionale capace di dare alla popolazione l’accesso al benessere diffuso e nuove opportunità di lavoro, fattori salienti della trasformazione della società tibetana verso la modernità.

Gli investimenti nella provincia occidentale sono stati ingenti e volti ad attrarre non solo i visitatori stranieri ma anche (se non soprattutto) la stessa popolazione cinese. Da tempo Pechino ha raggiunto la piena consapevolezza di dover attingere a quell’immensa risorsa che è rappresentata dal più vasto mercato interno del mondo per sfruttare al meglio le potenzialità turistiche. Se, infatti, alle risorse provvede il patrimonio e la geografia di cui dispone la Repubblica Popolare, la popolazione provvede ad aumentare in modo esponenziale le possibilità per l’industria del tempo libero. E il governo centrale ha saputo sfruttare al meglio questa opportunità già a partire dagli anni novanta quando promise la leisure culture, implementando il sistema nazionale di vacanze con l’aumento dei giorni a disposizione dei lavoratori per godere del proprio tempo libero, al contempo una risorsa da consumare e una forma di accumulo di capitale. Se nel 1994 i turisti cinesi erano appena 524.000, nel 2013 sono stati circa 3,262 milioni ed hanno movimentato qualcosa come 26,276 milioni di yuan, 805 yuan pro capite (nel 1994 tale dato era di 195,3) (6).

La Cina è diventata una delle destinazioni più popolari al mondo e, come conseguenza, l’indotto che ruota intorno ai viaggi è divenuto uno degli elementi di crescita di maggiore importanza anche per lo sviluppo economico non solo nazionale ma in primis regionale. La Regione Autonoma del Tibet non è, certo, rimasta esclusa dai benefici derivanti dal settore: basti pensare che nel 1995 sull’altopiano giungevano prevalentemente visitatori stranieri con una movimentazione di capitali pari a 11 milioni di dollari (attualizzati, pari a 9 milioni di euro), nel 2013 si sono registrate circa 13 milioni di presenze (+22% sul 2012) e entrate per 16 miliardi di yuan (2.4 miliardi di euro), un quinto dell’intero prodotto interno della regione. L’obiettivo, come detto in precedenza, è quello di portare 15 milioni di turisti in Tibet già nel 2015. Gli introiti derivanti dal turismo hanno portato ad una crescita dell’economia della provincia del 12% (+4.4% rispetto alla media nazionale) e attestato il prodotto interno intorno agli ottanta miliardi di yuan (circa 9.5 miliardi di euro, la metà derivante dalle attività del terziario), dato doppio rispetto a quanto fatto registrare nel 2009. In un tessuto economico dominato dalle attività primarie quali agricoltura e allevamento di bestiame, circa l’11% della popolazione della regione autonoma lavora nell’indotto turistico, di cui 5.000 nelle strutture recettive e circa un migliaio nelle catene di ristorazione (7). La regione più remota della Cina si è aperta al mondo, da territorio chiuso e isolato si è resa tassello dell’economia globale.

L’idea di operare una modernizzazione del Tibet non è certo nuova: a cavallo tra il XIX e il XX secolo, stimolata da potenze esterne (come l’Impero britannico), la via della modernità sin dall’inizio si focalizzava sullo sviluppo del traffico commerciale. È nuova l’idea di puntare ad una moderna tibetan way of life concentrando le forze e gli sforzi nel ramo turistico. Sin dal 1951, anno della liberazione della regione da parte dell’esercito popolare cinese, il Tibet è entrato nel flusso modernizzatore dal momento che numerosi cambiamenti si sono verificati a vari livelli: la società tibetana, considerata come feudale, arretrata e sottosviluppata, si relazionava con le necessità di modernizzare le strutture economico-sociali dell’altopiano. A livello centrale, sotto la spinta riformatrice avviata da Deng Xiaoping, le autorità di Pechino considerarono il turismo la chiave di sviluppo delle regioni popolate dalle minoranze etniche e per questo scopo liberarono ingenti risorse per rendere avanzate le tradizionali vie di comunicazione all’interno dei confini della regione ridisegnandone la mappa dei collegamenti. D’altronde la piena realizzazione di uno sviluppo economico da raggiungere attraverso l’industria turistica non poteva prescindere da un’estensione della rete stradale, del traffico aereo e della costruzione di nuove ferrovie, oltre a ponti, tunnel, case, nuove linee di fornitura elettrica e esperienze di energia alternativa. La funzionalità dei trasporti porta seco la crescita dei turisti che, va da sé, stimolano la crescita, in numero ed in qualità, dei servizi correlati al soggiorno quali ristoranti, alberghi, agenzie di viaggio e negozi.

Nell’immaginario collettivo, in ogni dove, il Tetto del Mondo è sinonimo di mistero e inaccessibilità, di isolamento e spiritualità, di distacco terreno e di avvicinamento al cielo, un brand intorno al quale sviluppare una narrazione turistica intorno al concept della promozione delle attrazioni autoctone e della cultura indigena, così diversa e affascinante, abile nello sfruttare appieno le opportunità derivanti dall’appeal esotico e del semplice e tradizionale way of life della regione. Per Du Jiang, vicedirettore del China National Tourism Administration, il Tibet è l’ultimo classico tesoro sulla mappa, con i suoi misteri religiosi e i molti siti storici (8).

 

STRUTTURE E INFRASTRUTTURE NEL TIBET TURISTICO

Nel 1999 viene presentato un Piano di sviluppo della Cina Occidentale con lo scopo di dare vigore a quelle zone meno sviluppate e lontane dal centro pulsante dell’economia cinese sito sulla costa orientale. Le autorità della Repubblica Popolare Cinese intendevano ridurre la povertà con il turismo e gli scambi con la facilitazione dell’apertura verso il resto del mondo. Alla crescita del Tibet è stato riservato un piano quindicennale (2005-2020) per ridurre il gap con le altre province del Paese. Chi si è avvicendato al potere ha lasciato intatte le linee guida del piano, implementandole, casomai, e aggiornandole in fieri. La strategia di Pechino è quella di costruire e sviluppare un network, una rete, di trasporti solida, efficiente, multi-nodale e integrata costituita da strade, aeroporti e ferrovie. Il Tibet, una delle regioni più affascinanti della Cina, è rimasto per secoli misterioso a causa delle difficoltà di raggiungimento. L’estensione della strada ferrata rappresentava un elemento indispensabile nel progetto infrastrutturale riservato al Tibet e nel futuro economico della provincia. Nel 2006 viene completata la prima linea ferroviaria che collega la capitale della Repubblica Popolare con Lhasa con la realizzazione della “Via del cielo” (la linea più alta al mondo che tocca i 5.072 metri di altezza e si inerpica per più dell’80% del percorso al di sopra dei 4.000 metri), il tratto di cammino ferrato che unisce Xining, capitale della provincia cinese del Qinghai, al Tibet, destinata a promuovere il turismo e a consentire l’uso razionale delle risorse naturali, accelerando il trasporto dei prodotti e spostando più facilmente merci e persone a costi ridotti. Nel giorno dell’inaugurazione, tutto l’orgoglio del successo è nelle parole di Hu Jintao, “il completamento della ferrovia Qinquai-Tibet” rappresenta “un altro grande risultato nella costruzione della modernizzazione della Cina socialista”. (9) Impresa sottolineata anche dal portavoce del Ministro degli Esteri della Repubblica Popolare: “la ferrovia ha innalzato gli standard di vita di tutte le minoranze e ha giocato un ruolo significativo nella promozione dello sviluppo dell’industria del turismo nell’area (10). Qui ricordiamo soltanto che nel corso del 2013, oltre sette milioni di passeggeri hanno percorso la linea in questione mentre l’apertura di un secondo tratto (aperto lo scorso mese di agosto) ha collegato Lhasa con Shigatse, seconda città del Tibet, coprendo 253 km. In virtù del progetto integrato delle vie di comunicazione interne alla Cina, di importanza strategica sarà l’apertura della nuova linea ferroviaria ad alta velocità Lanzhou – Urumqi che stando a quanto dichiarato dal Direttore dell’ufficio turistico della contea autonoma Datong Hui e Tu nella provincia di Qinghai, Sun Jing, il “Qinghai-Tibet Plateau vedrà un boom del turismo grazie alla nuova linea ad alta velocità Lanxin”. (11)

Lo sviluppo infrastrutturale della regione autonoma riguarda anche la rete stradale: l’antico Tibet non aveva strade in senso moderno mentre, ad oggi, è attraversato da 9.000 km di superficie di strade. Ogni provincia e borgata ha accesso al trasporto su strada, 62 contee sono raggiungibili da strade asfaltate, sono state costruite 15 tra autostrade e superstrade per un totale di 22.500 chilometri: l’arteria asfaltata Qinghai-Tibet, lunga 2.122 km, corre lungo l’asse Xining-Golmud-Lhasa ed è conosciuta come la linea vitale dei trasporti su strada, in quanto l’80% delle merci che arrivano in Tibet passano di qui; l’altra autostrada, quella del Sichuan, ha due diramazioni: una a nord, da Chengdu a Lhasa attraverso Gangtong e Qamdo corre per 2.415 km; la seconda a sud, da Chengdu a Lhasa attraversando Zogang e Bangda per 2.136 km, rappresenta il mezzo principale per collegare il Tibet alle altre province della Cina sud-occidentale.

L’autostrada Xinjiang-Tibet, invece, parte da Yecheng e si estende per un totale di 2841 km ma la maggior parte di questi si snodano per lande disabitate e mal rifornite di carburante mentre la via Yunnan-Tibet si interrompe nello Shangri-La, raggiunge poi la Contea Markam, Tibet, con una lunghezza di 800 chilometri. A testimonianza del pensiero multi-nodale e integrato tra infrastrutture e turismo, nel 2011 fu aperta al traffico la prima autostrada interna all’altopiano da Lhasa all’aeroporto Gonggar della capitale dal quale ogni anno, nei mesi dediti alla ricezione turistica (aprile-ottobre), registra 40 voli settimanali programmati. Inaugurato nel 1965, questo scalo è adesso affiancato da altri quattro aeroporti serviti da nove compagnie aeree operanti nella regione: il Banda Airport (Qamdo), il più alto al mondo (4.400 metri) e quello dotato della pista più lunga (5.5 km), il Mailing Airport (Nyingchi), il Gunsa Airport (Ngari) e il Heping Airport (Shigatse). Nel 2014 il Tibet ha aperto nove nuove rotte, portando le linee a 57 e collegandosi a 34 città della Cina.

La regione autonoma dispone di una propria compagnia “di bandiera”, la Tibet Airlines che raggiunge 23 destinazioni con una flotta di 10 velivoli.
Negli ultimi giorni del 2014, riprendendo l’invito che fu di Deng Xiaoping (“ai visitatori del Nepal deve essere permesso di raggiungere il Tibet. Questo renderebbe felici le persone del Nepal” (12)), Wang Yi, Ministro degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese, ha rilanciato il ruolo del turismo in chiave strategica nell’apertura dell’altopiano (e della Nazione) agli altri Paesi dell’Asia meridionale, soprattutto il Nepal, uno dei più importanti vicini della Cina. Sviluppare e stringere legami con Kathmandu è una delle priorità di Pechino incoraggiando la Regione Autonoma del Tibet a vitalizzare la cooperazione e gli scambi con il vicino.(13) Inoltre, il Governo centrale ha annunciato ufficialmente il progetto di collegare, entro il 2020, la città di Lhasa con le frontiere delle confinanti India, Nepal e Bhutan probabilmente con una tratta in direzione dello Stato indiano dell’Arunachal Pradesh.

NOTE

1)Cfr. Shivji, I. G., Tourism and socialist development, Tanzania Publishing House, Dar Es Salaam, 1973.
2)I cinque discorsi direzionali che si occupano delle tematiche relative al turismo sono:
– “Accelerare lo sviluppo dell’aviazione civile e il turismo” (9 ottobre 1978);
– “Il turismo deve diventare un’industria globale” (2 gennaio 1979);
– “C’è molto da raggiungere attraverso il turismo” (6 gennaio 1979);
– “Sviluppare il turismo per incrementare reddito nazionale” (17 gennaio 1979);
– “Promuovere Huangshan come meta turistica” (15 luglio 1979).
3)Deng Xiaoping, “C’è molto da raggiungere attraverso il turismo”, 6 gennaio 1979.
4)Shao Qiwei, Discorso del Direttore, Amministrazione Nazionale del Turismo della Repubblica Popolare Cinese.
5)Deng Xiaoping, “Accelerare lo sviluppo dell’aviazione civile e il turismo”, 9 ottobre 1978.
6)Dati del National Bureau of Statistics of China e consultabili al seguente indirizzo web: http://data.stats.gov.cn/english/easyquery.htm?cn=C01
7)ibidem
8)http://en.cnta.gov.cn/html/2014-9/2014-9-28-16-21-75913.html
9)Xinhua News Agency, 11 luglio 2006 http://news.xinhuanet.com
10)Xu Bo, Voice of America, 30 giugno 2006, www.voafanti.com
11)http://www.chinadaily.com.cn/m/guizhou/2014-12/27/content_19190383_2.htm
12)Deng Xiaoping, “Accelerare lo sviluppo dell’aviazione civile e il turismo”, 9 ottobre 1978.
13)http://europe.chinadaily.com.cn/business/2014-12/27/content_19180657.htm

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