di Giulio Chinappi
I militari si sono alleati con gli storici rivali del Partito Pheu Thai (PPT) per formare un nuovo governo estromettendo i vincitori delle elezioni, il Partito Kao Klai (PKK).
Oltre quattro mesi dopo le elezioni del 14 maggio, la Thailandia ha un nuovo governo, e questo già rappresenta una prima notizia positiva. La seconda, è che l’esecutivo non sarà interamente nelle mani dei militari, visto che il nuovo primo ministro è Srettha Thavisin (in foto), esponente del PPT (Phak Phuea Thai, o Pheu Thai Party), formazione storicamente avversaria dei governi militari.
Tuttavia, il nuovo governo non sembra rispondere alle attese degli elettori thailandesi, che a maggio avevano piazzato al primo posto il PKK (Phak Kao Klai, o Move Forward Party), compahgine socialdemocratica guidata da Pita Limjaroenrat. Questi aveva tentato di formare un governo civile sostenuto da una coalizione di otto partiti, compreso il PPT, ma la sua candidatura è stata cassata dal voto negativo della maggioranza dei senatori, legati all’esercito. Di conseguenza, il PPT, secondo partito per numero di scranni, ha rotto l’alleanza con il PKK, rivolgendosi proprio ai militari per ottenere la guida dell’esecutivo.
Il 22 agosto, i membri delle due camere si sono nuovamente riuniti per votare la fiducia al governo di Srettha Thavisin, che ha ottenuto l’investitura come primo ministro grazie a 482 voti favorevoli su 747, ben al di sopra dei 374 voti necessari. Decisivi, ancora una volta, sono stati i senatori, con ben 152 membri della camera alta che si sono espressi in favore dell’insolita alleanza di governo, sostenuta da ben quindici partiti (di cui sei dispongono di un solo seggio). Considerato come un neofita della politica, il nuovo primo ministro avrà il compito di formare e tenere insieme una coalizione potenzialmente fragile, visto che in passato furono proprio i militari a porre fine ai governi del PPT, effettuando due colpi di Stato nel 2006 e nel 2014. I critici hanno definito il nuovo governo un tradimento dei risultati elettorali, ma i leader del PPT hanno difeso il compromesso con i militari, descrivendolo come una necessità per porre fine allo stallo politico e creare riconciliazione.
Magnate immobiliare, il nuovo primo ministro fa capo al partito di Thaksin Shinawatra, uno degli uomini più ricchi della Thailandia ed ex capo del governo in carica dal 2001 al 2006, che si trovava in esilio a Dubai per sfuggire alle sue vicissitudini giudiziarie. Proprio mentre il parlamento votava la fiducia al nuovo governo, Thaksin Shinawatra ha effettuato il proprio ritorno in patria dopo ben quindici anni: “Il suo ritorno è stato un momento emozionante per i sostenitori del 74enne miliardario, che ha conquistato la lealtà di milioni di persone con politiche populiste che hanno indirizzato l’attenzione e i finanziamenti verso le aree più povere del nord, in gran parte rurale, del Paese”, si legge su Al Jazeera. Le sue politiche includevano un programma sanitario universale che per la prima volta ha concesso cure praticamente gratuite per le malattie di base a decine di milioni di poveri.
Come prevedibile, l’ex primo ministro è stato rapidamente arrestato, portato in tribunale e incarcerato. Eletto per la prima volta nel 2001, Thaksin vinse nuovamente le elezioni nel 2006, prima che il suo governo venisse rovesciato dal colpo di Stato militare mentre il primo ministro si trovava a New York per un vertice delle Nazioni Unite. Accusato anche di gravi violazioni dei diritti umani nel corso di un violento conflitto nelle province meridionali del paese, a maggioranza musulmana, e di una “guerra alla droga” che ha provocato migliaia di morti, è stato successivamente condannato per abuso di potere, fatto che lo ha costretto all’esilio per sfuggire al carcere.
Secondo gli analisti, il ritorno di Thaksin Shinawatra in Thailandia farebbe parte dell’accordo tra i militari e il partito PPT per la formazione del nuovo esecutivo. I militari, infatti, chiedono da anni il ritorno di Thaksin in patria per fargli scontare la pena comminatagli, ma allo stesso tempo l’attuale situazione politica, con il PPT al governo, potrebbe permettere all’ex primo ministro di beneficiare della grazia di re Vajiralongkorn, tenendo conto anche della sua età di 74 anni. A confermarlo, secondo quanto riportato dall’agenzia stampa Associated Press, sarebbe stato Wissanu Krea-ngam, il vice primo ministro del governo uscente legato ai militari.
Il nuovo governo thailandese va dunque considerato come un compromesso che permette sia ai militari che al PPT di ottenere qualcosa di positivo: per i primi, si tratta di mantenere in parte il controllo del governo e di aver ottenuto il ritorno in patria di Thaksin, mentre per il Partito Pheu Thai il successo riguarda il ritorno alla guida del governo dopo il golpe del 2014, con la possibilità di ottenere la grazia per il proprio leader. La vittima di tutto questo resta tuttavia il PKK, che, dopo aver vinto le elezioni, si ritrova a dover guidare l’opposizione, consapevole tuttavia di avere dalla sua l’opinione pubblica (circa il 60% dei thailandesi si oppone al nuovo governo di compromesso).
Il CeSE-M sui social