di Giulio Chinappi
Un intervento armato straniero incontrerebbe non solo l’opposizione del governo militare, ma anche quella del popolo nigerino, che non si fida più delle promesse delle potenze occidentali e vede nella Russia l’unico partner affidabile di Niamey.
Da secoli gli occidentali hanno la pretesa di determinare le sorti dei popoli del resto del mondo, in particolare di quelli africani, indipendentemente dalle ragioni che muovono le loro azioni: nel migliore dei casi, ci sono persone mosse da ideali apparentemente positivi, che tuttavia peccano di presunzione e cadono in una forma di paternalismo secondo il quale i popoli africani avrebbero bisogno del loro “aiuto”; nel peggiore, invece, parliamo di predoni senza scrupoli che vedono nell’Africa un modo facile per accaparrarsi risorse naturali a basso costo.
Di fronte a queste due tendenze che si registrano nel mondo occidentale, i popoli africani aspirano invece a trovare una vera libertà all’insegna dell’autodeterminazione, liberandosi definitivamente dai retaggi coloniali e neocoloniali che continuano ad affliggere il continente. Proprio per questo motivo, la maggioranza del popolo nigerino sta appoggiando l’operato del governo militare guidato dal generale Omar Tchiani, in quanto unica via per togliere il Niger dalle grinfie delle potenze imperialiste occidentali. Sebbene un colpo di Stato sia incostituzionale per definizione, appare chiaro come i nigerini preferiscano essere guidati da una giunta militare piuttosto che da un governo servo di potenze straniere.
Non si tratta solo di una nostra elucubrazione, infatti a confermare quanto abbiamo detto è stata Premise Data, un’agenzia con sede nel Regno Unito che ha effettuato un sondaggio proprio tra la popolazione della capitale Niamey, pubblicato successivamente anche da una testata di grande prestigio come The Economist. Secondo i dati raccolti, quasi l’80% dei nigerini – precisamente il 78% – sostiene le azioni dei golpisti, mentre il 73% degli intervistati pensa che dovrebbero rimanere al potere per un periodo di tempo più lungo fino allo svolgimento di nuove elezioni.
Allo stesso tempo, il 54% ha dichiarato di non sostenere l’intervento militare di organizzazioni regionali o internazionali nella situazione. Da questo si evince come i recenti avvenimenti in Niger siano dettati soprattutto da una voglia di affrancarsi dalle influenze straniere, in particolare quelle degli Stati Uniti e della Francia, che del resto esercita il proprio potere occulto anche attraverso l’organizzazione regionale della CEDEAO, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale. Oltretutto, tra le potenze straniere, quella il cui intervento sarebbe visto con maggior favore è decisamente la Russia (50%), rispetto al 16% di consensi nei confronti degli Stati Uniti.
In un altro sondaggio effettuato dalla stessa agenzia, il 60% degli intervistati ha dichiarato di considerare la Russia il partner di politica estera più affidabile del Paese, con un netto vantaggio rispetto al Paese secondo classificato, l’Arabia Saudita, presa in considerazione dal 10% del campione. Molto più indietro gli Stati Uniti, con solamente il 5% delle opinioni, mentre ancora minore è l’affidabilità percepita dell’ex potenza coloniale, la Francia. Addirittura, nessuno degli intervistati ha preso in considerazione il Regno Unito come un partner affidabile del Niger.
Questi dati dimostrano come un eventuale intervento armato straniero in Niger, come quello minacciato dalla CEDEAO, incontrerebbe non solo la resistenza del governo militare, ma anche della maggioranza della popolazione locale. A questo bisognerebbe poi aggiungere l’intervento di altri attori regionali, come il Mali e il Burkina Faso, che hanno già dichiarato di essere pronti ad intervenire in difesa di Niamey, e potrebbero decidere di non restare a guardare neppure la Guinea, il Ciad e l’Algeria. Si tratta dunque di una situazione assai poco auspicabile, che non farebbe altro se non gettare l’intera Africa occidentale in una polveriera.
“Per quanto sfortunata sia la situazione in Niger, ricorrere alla diplomazia del cannone per risolvere tale questione non sarebbe un modo ideale di reagire, in quanto potrebbe intensificare la tensione nel Paese, mettendo a repentaglio gli sforzi poco convinti per galvanizzare il sostegno all’integrazione in Africa occidentale“, ha dichiarato Hassan Saliu, professore nigeriano di scienze politiche, intervistato dal quotidiano locale Daily Trust. Con queste parole, Saliu ha voluto soprattutto lanciare un monito nei confronti del governo del suo Paese, guidato dal presidente Bola Tinubu, che inizialmente si era mostrato come il principale sostenitore dell’intervento militare in Niger.
Invitando il governo nigeriano a mostrare prudenza e moderazione nel risolvere la situazione post-golpe in Niger, Saliu osserva che il Niger è al centro di una tempesta politica dato che “il Paese è ricco di notevoli risorse minerarie che hanno attirato l’attenzione del potenze mondiali“. Secondo l’accademico, esiste “la possibilità [che] un intervento armato in Niger [potrebbe] innescare una guerra, la cui portata non può essere prevista al momento“.
Saliu ha anche offerto una lettura più completa circa i colpi di Stato che negli ultimi anni si stanno susseguendo nei Paesi dell’Africa occidentale. Secondo l’accademico nigeriano, questa situazione richiede una riflessione più ampia sul sistema politico dei Paesi africani: “Ci sono le contraddizioni intrinseche nella democrazia liberale, che sono davvero molte e deludenti per le masse che erano insorte nella difesa della democrazia negli anni ’80 e ’90. Inoltre, l’errata convinzione che solo la via della democrazia liberale fosse in grado di offrire migliori condizioni di vita alle persone viene sempre più infranta dalle realtà esistenziali dei paesi africani“.
Anche Aleksej Zajcev, vice portavoce del ministero degli Esteri russo, ha condiviso l’opinione secondo la quale un intervento militare della CEDEAO non contribuirebbe affatto a stabilizzare la situazione in Niger, ma anzi aumenterebbe la destabilizzazione della regione. “Riteniamo che un intervento militare della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale in uno stato sovrano difficilmente contribuirebbe a raggiungere una pace duratura in Niger e a stabilizzare la situazione nella subregione in generale“, ha sottolineato Zajcev. “A questo proposito, vorremmo sottolineare che i paesi vicini al Niger, tra cui Mali, Burkina Faso, Ciad e Algeria, hanno reagito negativamente a questo scenario“.
Il CeSE-M sui social