di Giulio Chinappi
Il presidente in carica della Sierra Leone, Julius Maada Bio, ha ottenuto un secondo mandato superando il 55% delle preferenze al primo turno, ma non sono mancate le proteste dell’opposizione.
Indipendente dal Regno Unito sin dal 1961, la Sierra Leone ha vissuto lunghi periodi di governi militari e conflitti interni in alternanza con governi civili. Il governo civile è stato restaurato per l’ultima volta nel 1998, dando vita a quella che viene definita la Terza Repubblica, in vigore ancora oggi. Tuttavia, dal 2018, il Paese è governato da Julius Maada Bio, ex protagonista della dittatura militare, che nel 1996 era stato a capo della giunta di governo per due mesi.
Il 24 giugno, i cittadini sono stati chiamati alle urne per le nuove elezioni presidenziali, con Julius Maada Bio che si presentava alla ricerca di un secondo mandato in rappresentanza del Sierra Leone People’s Party (SLPP). Il capo di Stato uscente era chiaramente il favorito, ma il suo risultato è andato oltre le aspettative, avendo ottenuto il 56,17% delle preferenze al primo turno, e rendendo dunque inutile lo svolgimento del ballottaggio (per vincere al primo turno è infatti necessario superare il 55% dei consensi).
Nonostante la presenza di ben tredici candidati, l’opposizione ha tentato di concentrare i propri voti su Samura Kamara, personaggio che in passato ha ricoperto incarichi di primo piano come quelli di governatore della Banca della Sierra Leone (2007-2009), ministro delle Finanze (2009-2013) e ministro degli Affari Esteri (2012-2017). Il leader del partito All People’s Congress (APC), che aveva già chiuso al secondo posto nelle elezioni del 2018, raggiungendo in quell’occasione il secondo turno, ha ottenuto il 41,16% dei consensi, mentre tutti gli altri candidati non hanno superato la soglia del punto percentuale.
Dopo la pubblicazione dei risultati da parte del capo della Commissione Elettorale, Mohamed Kenewui Konneh, il settantaduenne Kamara ha affermato di rifiutare categoricamente il verdetto. “È un giorno triste per il nostro amato Paese. È un attacco frontale alla nostra nascente democrazia”, ha scritto lo sfidante attraverso i social network. “Questi risultati non sono credibili e rifiuto categoricamente l’esito così annunciato dalla Commissione Elettorale“, ha aggiunto.
Subito dopo la chiusura dei seggi, entrambi i principali candidati avevano annunciato la propria vittoria schiacciante. Il partito di Kamara aveva addirittura dato inizio ai festeggiamenti per la vittoria, ma successivamente lo stesso leader dell’APC ha denunciato che le forze di sicurezza avevano aperto il fuoco contro la sede del suo partito, anche se la polizia ha negato di aver sparato proiettili veri.
I dubbi dell’opposizione sono stati confermati anche dagli osservatori internazionali, secondo i quali la mancanza di trasparenza e comunicazione da parte dell’autorità elettorale ha portato a sfiducia nel processo elettorale. Gli ispettori hanno affermato di aver assistito a violenze in sette seggi elettorali durante l’orario di voto e in altri tre durante le fasi di chiusura e conteggio. Quando i risultati sono stati annunciati, c’erano timori che avrebbero potuto verificarsi ulteriori disordini, ma non sono stati registrati scontri di primaria importanza.
Gli stessi osservatori internazionali hanno confermato anche la segnalazione effettuata dal leader dell’opposizione Kamara, denunciando la violenza delle forze di sicurezza, che avrebbero provocato la morte di una donna nella sede dell’APC a Freetown, domenica notte, in quello che la polizia ha definito un tentativo di disperdere i sostenitori dell’opposizione.
Nel suo secondo mandato, il presidente Julius Maada Bio dovrà soprattutto far fronte alle crescenti difficoltà economiche del suo Paese. Dopo la pandemia e l’intensificarsi della crisi ucraina, la Sierra Leone ha visto il costo della vita aumentare vertiginosamente, rendendo i beni di prima necessità fuori portata per una parte consistente della popolazione di uno dei Paesi più poveri del mondo. Questa situazione ha fatto tornare alla mente della popolazione le fasi più critiche della guerra civile che ha colpito il Paese tra il 1991 ed il 2002, o l’epidemia di ebola di circa dieci anni fa.
“Secondo la Banca Mondiale, la recessione economica ha bloccato le speranze di ripresa in Sierra Leone, dove persiste una diffusa disoccupazione e più della metà della popolazione vive in condizioni di povertà”, riporta Al Jazeera. Leggendo i dati ufficiali, quasi il 60% degli oltre sette milioni di abitanti della Sierra Leone si trova ad affrontare la povertà, con la disoccupazione giovanile tra le più alte dell’Africa occidentale. A destare preoccupazione, come detto, sono soprattutto i prezzi dei beni alimentari, che stanno continuando ad aumentare, anche perché la Sierra Leone dipende fortemente dalle importazioni. Secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili, l’incremento dell’inflazione su base annua ha raggiunto il 43% ad aprile.
Per completare il quadro delle elezioni, si dovranno attendere i risultati delle legislative, che andranno a determinare la composizione del parlamento di Freetown. Tuttavia, visti i risultati delle presidenziali, ci sono pochi dubbi sul fatto che il SLPP del presidente Julius Maada Bio otterrà la maggioranza dei seggi, mentre quelli dell’opposizione andranno tutti all’APC, visto che la nuova legge elettorale prevede una soglia di sbarramento pari all’11,9% dei voti validi.
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