Il DDL “Sicurezza”e la repressione del dissenso

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di Dario Tagliamacco

Il nuovo DDL 160 approvato velocemente nei giorni scorsi allarma gli esperti del diritto penale e le istituzioni internazionali. Anche alcuni relatori dell’ONU hanno sottolineato come certi aspetti del provvedimento siano parecchio discutibili.

Venerdì 11 aprile 2025 il presidente Sergio Mattarella ha firmato il decreto-legge “Sicurezza”, il quale contiene diverse misure sulla Polizia, l’ordinamento del sistema carcerario e la pubblica sicurezza. Il governo guidato da Giorgia Meloni ha trasformato l’originario disegno di legge in decreto per farlo approvare più velocemente e togliere al parlamento la possibilità di poter apporre modifiche sostanziali.

Un decreto-legge dopo la firma del presidente della Repubblica e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale entra in vigore. Il Parlamento ha solo 60 giorni di tempo per convertirlo in legge e pertanto i margini di intervento sono alquanto risicati. Il decreto-legge “Sicurezza” è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale l’11 aprile e le norme in esso contenute sono entrate in vigore il giorno seguente.

Il nuovo DDL riprende tutti i temi cari alla destra conservatrice in un paradigma di repressione in nome della sicurezza per criminalizzare il conflitto sociale e qualsiasi tipo di dissenso, dalle occupazioni abitative, alle carceri, dai Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri) alle manifestazioni contro la guerra, dalle lotte per il lavoro alle iniziative solidali per combattere povertà ed emarginazione. Nelle norme del nuovo decreto ci sono le basi per l’instaurazione di uno Stato di polizia, però tutto ciò, grazie alla propaganda dei principali mass media e alla disinformazione costante, viene sottovalutato da molti settori della società che potranno essere vittime di questi provvedimenti.

Il decreto-legge “Sicurezza” colpisce il diritto di manifestare di lavoratori e studenti, invece parlando di giustizia, i detenuti che vorranno protestare per le disumane condizioni nelle quali versano i penitenziari italiani avranno solamente due opzioni: la protesta passiva o il suicidio, come purtroppo è già accaduto. Anche l’Organizzazione per la sicurezza in Europa, OSCE, della quale fanno parte 57 Paesi, ha comunicato che la maggioranza degli assunti del nuovo decreto-legge potenzialmente possono minare i principi della giustizia penale e dello Stato di Diritto.

La velocità con la quale è stato approvato il nuovo pacchetto di norme è sorprendente, si evince un peggioramento della logica repressiva che veniva già seguita nei molti pacchetti sicurezza approvati negli ultimi anni. Il testo è diviso in 38 articoli, i quali aggiungono nuovi reati e attuano cambiamenti nel Codice Penale e nelle leggi di pubblica sicurezza.

Le principali misure del decreto-legge prevedono restrizioni sull’immigrazione con limiti più stringenti per i permessi di soggiorno e cancellazione speciali per casi umanitari, potenziamento dei Daspo urbani con estensione alle aree nelle quali è possibile allontanare individui considerati pericolosi inclusi piazze e luoghi di aggregazione sociale, norme contro l’accattonaggio con l’introduzione di pene più severe per le persone che praticano accattonaggio, ampliamento della video sorveglianza con l’installazione di dispositivi di controllo nuovi nei centri abitati e una raccolta dati che sotto l’aspetto della privacy non è molto chiara.

L’articolo 31 presente nel decreto-legge aumenta significativamente i poteri dei membri delle forze dell’intelligence, infatti li autorizza ad infiltrarsi in organizzazioni criminali o terroristiche fino addirittura a dirigerle, legittimando reati come terrorismo interno e banda armata. La norma inoltre obbliga gli enti pubblici come università o aziende statali a collaborare con i Servizi Segreti, quindi se il provvedimento sarà trasformato in legge potranno fornire informazioni in deroga alle leggi sulla privacy. Secondo una comunicazione ufficiale rilasciata da alcuni esponenti del M5S, la pubblica amministrazione verrà trasformata in una immensa “Ovra”.

Questo provvedimento legittima reati quali l’addestramento e le attività finalizzate al terrorismo interno, il finanziamento di comportamenti con finalità terroristiche, l’istigazione a commettere reati di banda armata e apologia di attentato allo Stato. Lo scenario che si sta materializzando è tutt’altro che roseo se guardiamo cosa hanno appurato inchieste e sentenze sulle stragi avvenute in Italia tra gli anni Settanta e Ottanta, e sugli attentati della Mafia consumati all’inizio degli anni Novanta, nelle quali è stata confermata la partecipazione materiale di apparati deviati dello Stato italiano.

La norma aggiunge anche un altro specifico caso dedicato alle proteste della popolazione contro la Tav e il Ponte sullo stretto di Messina, per ridurre al minimo le manifestazioni contro un’opera voluta dal Governo. Il DDL, all’articolo 19 introduce il reato di violenza o semplice resistenza a pubblico ufficiale, considerandolo ancora più grave se avviene per fermare la realizzazione di un’opera pubblica o infrastruttura strategica.

L’articolo 15 riguarda il sistema carcerario, consente di trattenere in prigione donne incinte e madri di figli con meno di un anno, oggi la legge prevede che il giudice in questi casi è sempre obbligato a rinviare l’esecuzione della pena, con il DDL invece sarà facoltativo, dipenderà dal rischio che la donna in questione possa commettere altri reati. Altro punto su cui si focalizza il decreto-legge è la tutela delle Forze dell’Ordine attraverso l’articolo 17, il quale condanna ogni tipo di resistenza a pubblico ufficiale, anche passiva. Pertanto viene sanzionato l’atto non violento, tuttavia giudicare la resistenza passiva è molto complicato poiché anche scendere in piazza per una protesta pacifica   potrebbe essere considerata un’azione che viola l’articolo 17. Questo aspetto preoccupa molto i dirigenti sindacali della CGIL che sostengono come tale norma riduca gli spazi del dissenso.

Il DDL “Sicurezza” è ideologico poiché inasprisce le pene contro i reati senza occuparsi delle cause degli stessi, la punizione non si presenta come reazione inevitabile se si infrange la legge bensì come soluzione. Il decreto-legge ad esempio si occupa delle occupazioni abusive senza però domandarsi perché tutto ciò succede, oppure quando parla delle carceri, condanna qualsiasi forma di protesta ma non affronta l’argomento del sovraffollamento dei penitenziari, quindi le ragioni per cui scoppiano le rivolte non vengono contemplate.

L’Italia, attraverso l’introduzione di questo decreto, si sta dirigendo verso uno Stato di polizia, il conflitto sociale si trasforma in un motivo di ordine pubblico e il Governo si muove nella costruzione di una realtà repressiva. L’allarme lanciato dall’Onu riguarda il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali garantite dallo Stato di diritto. Il decreto-legge, minando la libertà di espressione e di movimento, entra in contrasto con gli obblighi del diritto internazionale.

La criminalizzazione non riduce il disagio sociale ma rischia di trasformarlo in un problema di sicurezza pubblica, il decreto-legge “Sicurezza”, non occupandosi del perché esistano determinati problemi, potrebbe allargare ulteriormente il divario tra istituzioni e cittadini, aumentando la percezione di esclusione e ingiustizia.

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