a cura di Giulio Chinappi
Di fronte ai nuovi dazi imposti da Washington, la Cina risponde con contromisure decise, denunciando il protezionismo e l’unilateralismo USA. L’editoriale del Global Times riafferma che “America First” non può privare le nazioni del loro legittimo diritto allo sviluppo, promuovendo invece un commercio globale equo e multilaterale.
FONTE ARTICOLO: https://giuliochinappi.wordpress.com/2025/04/11/america-first-non-puo-privare-le-altre-nazioni-del-diritto-allo-sviluppo/
Mercoledì, gli Stati Uniti hanno applicato dazi più elevati a quasi 60 partner commerciali, incluso un dazio del 104% sulle merci provenienti dalla Cina. Ciò rappresenta senza dubbio una seria provocazione al sistema commerciale mondiale e un colpo diretto alla stabilità delle catene di approvvigionamento industriali globali. In risposta, un portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha affermato che il legittimo diritto allo sviluppo del popolo cinese non può essere negato e che la sovranità, la sicurezza e gli interessi di sviluppo della Cina sono inviolabili. Nello stesso giorno, il governo cinese ha pubblicato il white paper, “La posizione della Cina su alcune questioni riguardanti le relazioni economiche e commerciali tra Cina e Stati Uniti“. Il documento evidenzia che l’ascesa dell’unilateralismo e del protezionismo negli USA ha significativamente ostacolato il corso della normale cooperazione economica e commerciale tra i due paesi, criticando gli USA per aver imposto restrizioni commerciali, come i dazi, sotto la bandiera di “America First”. La politica unilaterale degli USA non solo costituisce una palese violazione del diritto allo sviluppo delle altre nazioni, ma rappresenta anche un approccio egoista e miope che, alla fine, si ritorcerà contro di loro.
Lo sviluppo è una ricerca comune dell’umanità ed un diritto fondamentale riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Tutti i paesi e i popoli devono avere pari diritti per migliorare le proprie condizioni economiche e sociali e aumentare il tenore di vita, senza alcuna gerarchia di priorità. Pur essendo la più grande economia mondiale, gli USA hanno a lungo beneficiato delle regole commerciali; tuttavia, di fronte ai propri problemi strutturali, scelgono di trasferire l’onere ad altri paesi. Questo è estremamente egoista e irresponsabile. La logica alla base della politica “America First” si radica nell’unilateralismo e nella politica del potere, cercando di rimodellare le regole della globalizzazione attraverso dazi, blocchi tecnologici e disaccoppiamento industriale. In sostanza, si tratta di una violazione rozza e sistematica dei diritti universali allo sviluppo di tutte le nazioni.
Il principio della nazione più favorita e gli impegni di tariffa vincolata nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) sono i pilastri del sistema commerciale multilaterale, originariamente guidato e plasmato dagli USA. Essi rappresentano anche importanti garanzie istituzionali per permettere ai paesi in via di sviluppo di raggiungere un equo diritto allo sviluppo. Vari studi hanno rilevato che i dazi hanno colpito particolarmente duramente i paesi in via di sviluppo, in particolare molti dei paesi meno sviluppati. Garantire la stabilità e la forte resilienza della catena di approvvigionamento è una condizione necessaria per lo sviluppo economico di molti paesi, e il commercio estero è un modo importante per un paese di integrarsi nel processo di globalizzazione. Tuttavia, gli USA stanno ora impostando preventivamente “cancelletto” e “barriere a pedaggio” lungo questo percorso, tentando persino di monopolizzare e manipolare il diritto allo sviluppo di altri paesi. Ciò rappresenta non solo una regressione nella storia, ma anche un tradimento dei valori condivisi dall’umanità.
Le azioni unilaterali degli USA hanno già provocato diffuse contromisure internazionali. Di fronte ai “dazi reciproci” ingiustificati imposti dagli USA, la Cina risponde con fermezza. Ha annunciato un aumento addizionale dei dazi sui prodotti importati dagli USA al 84%, a partire dalle 12:01 di giovedì, mantenendo la promessa di “continuare fino in fondo” e dimostrando il proprio impegno per la difesa del sistema commerciale multilaterale. Mercoledì, la maggioranza dei 27 Stati membri dell’UE ha votato a favore di dazi di contromisura del 25% per colpire circa 21 miliardi di euro (23,2 miliardi di dollari) di merci statunitensi, in risposta ai dazi imposti dagli USA il mese scorso sulle esportazioni di acciaio e alluminio dell’UE. Anche il Canada ha dichiarato dazi di contromisura del 25% sui veicoli importati dagli USA a partire da mercoledì. È evidente che persino gli alleati tradizionali non sono disposti a pagare il conto per “America First”. Questa crescente divergenza rivela una dura verità: un approccio “America First” che mina la globalizzazione non otterrà un ampio riconoscimento e sostegno dalla comunità internazionale. Porterà solo a un isolamento sempre maggiore degli USA, con inevitabile declino della loro credibilità internazionale e della loro posizione morale.
Washington sogna di rimodellare il panorama economico globale tramite l’introduzione di barriere tariffarie, eppure sottovaluta la propria dipendenza dalle catene di approvvigionamento globali e la resilienza delle economie degli altri paesi. Paradossalmente, la politica “America First” ha in realtà principalmente danneggiato il diritto allo sviluppo del popolo americano. Le politiche di dazi elevati hanno portato ad un aumento dei costi per le materie prime importate, che non solo non sono riuscite a rivitalizzare il settore manifatturiero, ma hanno comportato una diminuzione dei profitti o addirittura bancarotta su larga scala per le piccole e medie imprese. Uno studio del US-China Business Council rileva che nei tre anni successivi al 2018, gli USA hanno perso circa 245.000 posti di lavoro a causa della guerra commerciale. “America First” non può privare gli altri del proprio diritto allo sviluppo; può solo tradursi in “conseguenze auto-inflitte.”
Ciò di cui abbiamo bisogno oggi nel mondo è giustizia, non egemonia. La giustizia significa rispettare il diritto allo sviluppo di tutti i paesi e risolvere le differenze attraverso il dialogo all’interno del quadro dell’OMC. Gli USA, sotto la scusa della “reciprocità”, stanno attuando in realtà una politica “America First” che non solo non può privare gli altri del loro diritto allo sviluppo, ma espone anche la miopia dell’unilateralismo e mette in luce la necessità di una cooperazione globale. Cooperando per contrastare la politica “America First”, che va contro il corso storico, e opponendosi fermamente a varie azioni unilaterali che sfidano il consenso internazionale, la comunità mondiale potrà meglio l’equo diritto allo sviluppo di tutti i paesi e realizzare veramente la prosperità condivisa.
Global Times – 10 aprile 2025
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