di Stefano Vernole (vicepresidente Centro Studi Eurasia e Mediterraneo)
La quarta edizione dell’Antalya Diplomacy Forum (ADF2025), ospitata dal Ministero degli Affari Esteri della Repubblica di Turchia, sotto gli auspici di S.E. il Presidente Recep Tayyip Erdoğan, si è tenuta dall’11 al 13 aprile 2025 nella nota località turistica sul Mar Mediterraneo. Il tema di quest’anno, “Riconquistare la diplomazia in un mondo frammentato”, riflette l’urgente necessità della diplomazia di riaffermarsi come forza stabilizzatrice, in un contesto di crescenti divisioni globali.
FONTE ARTICOLO: https://strategic-culture.su/news/2025/04/20/ad-antalya-turchia-rilancia-il-proprio-peso-diplomatico-nellarena-globale/
Le crescenti fratture geopolitiche, l’acuirsi delle disuguaglianze globali, l’aumento della violenza contro i civili, l’intolleranza verso opinioni divergenti, le incertezze causate dalle interruzioni tecnologiche e l’impatto multidimensionale della crisi climatica hanno scosso il senso comune di giustizia e intaccato la fiducia nelle istituzioni globali. L’incapacità dell’attuale sistema internazionale di trovare soluzioni a queste sfide contemporanee ha ulteriormente messo a dura prova gli sforzi di cooperazione, già in difficoltà.
In un’epoca di elevata instabilità e imprevedibilità, caratterizzata da sfide complesse e molteplici crisi, l’Antalya Diplomacy Forum si propone da anni di valutare i problemi sistemici dell’ordine multilaterale e di promuovere il dialogo sul recupero della diplomazia in un contesto internazionale in rapida evoluzione. Esso riunisce leader globali, responsabili politici, accademici, esperti del mondo imprenditoriale e rappresentanti dei media e della società civile per esplorare come la diplomazia possa invertire la rotta e guidarci in un mondo frammentato, alla ricerca di un terreno comune per un’azione collettiva. Il Forum mira a ispirare il dialogo per ridefinire il ruolo e i principi fondamentali della diplomazia in un clima sempre più polarizzato. Discutendo le cause profonde di diversi problemi, il Forum vuole incoraggiare i responsabili politici a riconsiderare la diplomazia come strumento di gestione di tempi turbolenti, concentrandosi su strumenti innovativi per la risoluzione dei conflitti, strategie di mediazione e meccanismi di cooperazione regionale. Per contribuire a creare un sistema internazionale più efficace e coeso, il Forum cerca nuove soluzioni per affrontare i fallimenti della governance globale, esaminando le disfunzioni e la mancanza di fiducia nelle organizzazioni internazionali.
Quest’anno ad Antalya si è approfondito il ruolo degli stakeholder non governativi che integrano gli sforzi diplomatici tradizionali, per scoprire come la diplomazia possa diventare più inclusiva, adattabile e resiliente. Il Forum ha offerto una piattaforma lungimirante in cui i partecipanti provenienti da tutto il mondo possono lavorare su strategie congiunte per fare della diplomazia la forza trainante della pace e della cooperazione. Un incontro di alto livello che ha riunito oltre 4.000 partecipanti, tra cui capi di Stato e di governo, ministri, leader di organizzazioni internazionali, esperti e rappresentanti della società civile.
Durante il Forum 2025, il Ministro degli Affari Esteri dell’Azerbaigian, Jeyhun Bayramov, e il Ministro degli Affari Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan, si sono incontrati per discutere lo stato attuale del processo di normalizzazione, a seguito della stesura finale del testo dell’Accordo di pace e dell‘instaurazione delle relazioni diplomatiche tra Baku ed Erevan, esprimendo la loro disponibilità a proseguire il dialogo.
Si è trattato di un piccolo successo diplomatico da parte della Turchia, dopo un certo ridimensionamento del proprio status geopolitico sofferto nelle scorse settimane.
Innanzitutto, la mancata scelta di Istanbul quale luogo per la ripresa dei colloqui di pace tra Russia e Ucraina sotto il patrocinio statunitense; contrariamente a quanto avvenuto nel marzo 2022, le parti interessate hanno preferito stavolta tenerli in Arabia Saudita, ritenendo evidentemente il ruolo di Riyad più neutrale rispetto a quello di Ankara.
In secondo luogo, il recente vertice di Samarcanda tra Unione Europea ed Asia Centrale, con l’annuncio di un partenariato strategico incentrato principalmente su trasporti, energia e progetti digitali per rafforzare la cooperazione già in atto, non ha avuto solo risvolti economici[1] ma ha registrato anche la volontà da parte dei leader presenti di rispettare i principi del diritto internazionale, compresa l’inviolabilità dei confini legittimamente riconosciuti, e la sovranità degli Stati.
La prima conseguenza è stata l’adesione delle Repubbliche dell’Asia centrale alla risoluzione 541 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, approvata dai membri dell’Organizzazione degli Stati Turchi, che condanna la proclamazione della Repubblica di Cipro Nord (RCN), la dichiara giuridicamente invalida e invita gli altri Stati a riconoscere solo il Governo greco-cipriota come legittimo. La risoluzione ribadisce inoltre le risoluzioni 365 (1974) e 367 (1975), che condannano l’operazione di pace turca a Cipro e chiedono il ritiro immediato delle truppe di Ankara.
In pratica, il Kirghizistan e il Tajikistan, approvando questa risoluzione, si sono impegnati, come già avevano fatto il Kazakistan, l’Uzbekistan e il Turkmenistan che hanno riconosciuto ufficialmente il governo greco-cipriota nominandovi un ambasciatore, a non riconoscere l’entità turca di Cipro Nord e la presenza di truppe turche sull’isola.
Lo stesso è avvenuto per la Risoluzione 550 del CSNU, secondo la quale la nomina reciproca di ambasciatori tra Turchia e RCN viene condannata come “atto secessionista e illegale” e se ne richiede l’annullamento. Si invita tutti gli Stati a non riconoscere, sostenere o aiutare questo “atto secessionista” e si invita tutti gli Stati a rispettare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica di Cipro, ovvero il Governo greco-cipriota. Si chiede pure che Varoscia (quartiere di Famagosta) non venga aperto agli insediamenti turchi e venga restituito al Governo di Nicosia.
Ankara ha preferito non commentare ufficialmente quanto avvenuto, ritenendo di poter guadagnare comunque, grazie alla sua posizione geografica strategica, dagli accordi tra l’Unione Europea e i Paesi turcofoni dell’Asia centrale. Il Corridoio di Mezzo ha posto l’accento sul ruolo crescente dell’Asia Centrale e del Caucaso nel contesto geopolitico internazionale, soprattutto alla luce delle recenti crisi energetiche e delle sanzioni euroatlantiche e la Turchia punta ad accrescere il proprio ruolo di hub energetico e garante della stabilità delle rotte commerciali eurasiatiche.
NOTE AL TESTO
[1] L’interesse di tutte le parti per il corridoio di trasporto transcaspico, che mira a collegare entrambe le regioni dimezzando i tempi di trasporto e per il quale l’Ue ha promesso 10 miliardi di euro, riceverà un rinnovato impulso. L’accordo Ue-Kazakistan, in particolare, è stato ratificato da tutti gli Stati membri dell’Unione e dal Parlamento europeo ed è entrato in vigore nel marzo 2020. Tale intesa consente all’Ue e ai suoi Stati membri di promuovere e rafforzare la cooperazione con il Kazakistan in settori politici chiave come la promozione del commercio e degli investimenti reciproci, la cooperazione in materia di giustizia e affari interni, la cooperazione economica e finanziaria, l’energia, i trasporti, l’ambiente e i cambiamenti climatici, l’occupazione e gli affari sociali, la cultura, l’istruzione e la ricerca. Le riserve minerarie di prodotti energetici e minerali strategici hanno rappresentato un importante argomento di dibattito. In particolare, per quel che attiene alle terre rare, perché proprio alla vigilia del summit, il Kazakistan ha annunciato la scoperta di vasti giacimenti che rendono il Paese la terza riserva mondiale di terre rare, dietro solo a Cina e Brasile.
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