L’intervento di Giappone ed UE: un fattore destabilizzante nel Mar Cinese Meridionale

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a cura di Giulio Chinappi

Giappone ed UE organizzano un seminario per funzionari della guardia costiera di paesi del Sud-Est asiatico, pretesto per contrastare la Cina. Dietro il discorso sullo “stato di diritto” si nasconde una strategia chiaramente mirata a destabilizzare il Mar Cinese Meridionale.

Secondo un rapporto dell’emittente giapponese NHK diffuso lunedì, Giappone ed UE terranno congiuntamente un seminario la prossima settimana per funzionari della guardia costiera di cinque paesi del Sud-Est asiatico, tra cui le Filippine, su come affrontare le “situazioni di zona grigia”, ovvero situazioni che non sfociano in veri e propri attacchi armati. Una fonte dell’UE, citata nel rapporto, ha espresso preoccupazione per le manovre marittime della Cina e ha sottolineato la necessità che “i paesi che condividono gli stessi valori lavorino insieme per sostenere lo stato di diritto”. Questo rivela che il cosiddetto seminario è in realtà una manifestazione di divisioni ideologiche e un residuo delle tensioni dell’epoca della Guerra Fredda che incitano al confronto regionale. Alcune forze stanno cercando di impiantare il virus del confronto tra schieramenti nel Mar Cinese Meridionale.

Le vere intenzioni di Giappone ed UE sono di intromettersi nelle controversie del Mar Cinese Meridionale, nonostante siano attori esterni, per esercitare pressione sulla Cina ed espandere la propria influenza.

Song Zhongping, esperto cinese di affari militari, ha dichiarato al Global Times martedì che il seminario congiunto pianificato per alcuni paesi del Sud-est asiatico dimostra come Giappone ed UE “non cerchino altro che creare problemi” nella regione. “In apparenza, cercano di ‘aiutare’; ma in realtà usano i cosiddetti valori per dirottare alcuni Stati membri dell’ASEAN verso un atteggiamento confrontazionale nei confronti della Cina”, ha affermato Song.

Le manovre di Giappone ed UE aggiungeranno solo ulteriore complessità alla questione del Mar Cinese Meridionale, intensificando la situazione nella regione e mettendo a rischio la pace e la stabilità.

La retorica delle “situazioni di zona grigia” è sostanzialmente una stigmatizzazione delle legittime azioni cinesi di protezione dei propri diritti. In realtà, la sovranità territoriale della Cina e i diritti e interessi marittimi nel Mar Cinese Meridionale si fondano su solide basi storiche e giuridiche. La Cina sostiene costantemente l’osservanza del diritto internazionale, il rispetto della libertà di navigazione e di sorvolo nel Mar Cinese Meridionale, come previsto dai principi universalmente riconosciuti del diritto internazionale, compresa la UNCLOS, la risoluzione pacifica delle controversie e l’esercizio dell’autocontrollo. Manipolare il concetto di “stato di diritto” per giustificare l’interferenza negli affari regionali si rivelerà inutile per Giappone ed UE.

L’essenza della convergenza tra Giappone ed Europa risiede negli interessi opportunistici degli speculatori geopolitici. Il Giappone cerca di sfruttare il potere dell’UE per compensare i costi della propria “Strategia Indo-Pacifico”, mentre l’UE tenta di mantenere la propria influenza discorsiva a livello globale attraverso il coinvolgimento nella regione Asia-Pacifico. Le loro interferenze nel Mar Cinese Meridionale sono guidate da interessi personali e servono le loro agende a scapito della stabilità regionale.

Alcune forze esterne si propongono sempre come “maestri”, ma non hanno mai veramente rispettato le aspirazioni di sviluppo dei paesi della regione. I “pacchetti di formazione” offerti da Giappone ed UE, al di là dei vuoti corsi sul “stato di diritto” e delle promesse infruttuose, possono davvero fornire un aiuto sostanziale ai paesi della regione?

I paesi della regione, in particolare quelli del Sud-Est asiatico, dovrebbero rimanere vigili nei confronti delle potenze esterne che cercano di alimentare le tensioni nel Mar Cinese Meridionale e di utilizzare queste nazioni come pedine. La Cina si impegnerà a mantenere la pace e la stabilità nella regione, impedendo che attori non regionali si intromettano negli affari interni.

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