Escludere i fornitori cinesi di telecomunicazioni sarebbe un suicidio per l’UE

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a cura di Giulio Chinappi

Secondo il media europeo Euractiv, i dati rilasciati dalla società danese di consulenza nel settore delle telecomunicazioni Strand Consult mostrano che 17 Stati membri UE “non hanno pienamente attuato lo strumento della Commissione, il 5G toolbox, che impone agli Stati membri di escludere dalla propria rete i fornitori cinesi Huawei e ZTE“. Euractiv ha inoltre citato un documento di lavoro del Parlamento Europeo risalente a marzo, secondo il quale 14 Stati membri non hanno ancora applicato alcuna restrizione nei confronti dei cosiddetti “fornitori ad alto rischio“. Questo dovrebbe infatti stimolare riflessioni all’interno dell’UE sul motivo per cui questi Stati hanno scelto di intraprendere la cooperazione 5G con la Cina, nonostante le pressioni esterne e i ripetuti avvertimenti circa i cosiddetti “rischi elevati.”

Xiang Ligang, direttore generale dell’Associazione per il Consumo di Informazioni, con sede a Pechino, ha dichiarato a Global Times che molti paesi europei non sono propensi a eliminare le apparecchiature 5G cinesi. Dopo cinque anni di esperienza pratica, hanno constatato che abbandonare la tecnologia cinese per la costruzione di un 5G nazionale non solo comporta costi esorbitanti, ma non trova nessuno disposto a farsi carico delle bollette astronomiche. Inoltre, lo smantellamento delle apparecchiature non porta né benefici tangibili né compensazioni.

A causa di preoccupazioni sulla sicurezza non giustificate e delle restrizioni imposte ai fornitori cinesi di telecomunicazioni, l’implementazione del 5G nei paesi UE si trova di fronte a un dilemma in cui “più restrizioni vengono imposte, più si resta indietro“, Nel 2020, Bruxelles aveva emesso una raccomandazione per “limitare o escludere i fornitori 5G ad alto rischio, come Huawei, dalle parti centrali delle reti di telecomunicazioni nell’UE“. Dopo quasi cinque anni di “sforzi” da parte dell’UE, la sua rete 5G rimane lenta e poco performante. Secondo l’ente mondiale delle telecomunicazioni GSMA, entro la fine del 2024 solo circa il 30 percento delle connessioni mobili in Europa avveniva tramite il 5G – una cifra ben al di sotto del 60 percento del Nord America e di quella superiore al 50 percento riscontrata in molti paesi dell’Asia orientale.

Nel 2024, il numero di stazioni base 5G in Cina ha superato i 4,1 milioni. In India sono state installate 469.000 stazioni base 5G, mentre i 27 paesi dell’UE contano insieme un totale di 460.000 stazioni base 5G. Mentre in altre parti del mondo il dispiegamento del 5G procede a ritmo sostenuto, l’Europa sta rimanendo indietro. Questo solleva inevitabilmente la domanda: chi si sta facendo carico del costo del “de-risking”? La tecnologia è intrinsecamente destinata ad essere condivisa e la cooperazione aperta è una forza trainante chiave per lo sviluppo tecnologico. Un’ossessione nel tagliare i legami condurrà solo all’isolamento di un paese, con conseguenti opportunità mancate e un futuro perduto.

Secondo alcune fonti, i deputati europei stanno valutando di imporre alla Commissione di rendere obbligatorio per legge nell’UE l’uso del 5G cybersecurity toolbox, per costringere gli Stati membri ad agire rapidamente. L’ansia di alcuni legislatori europei deriva, in parte, da una visione a somma zero della competizione tecnologica. Finora nessun paese ha dimostrato che le apparecchiature delle imprese cinesi rappresentino una minaccia per la sicurezza. Al contrario, escludendo le apparecchiature e i componenti cinesi sulla base di timori infondati, l’Europa sta, sotto la copertura del “de-risking”, minando in maniera efficace le proprie forze e capacità.

Ciò di cui l’Europa ha bisogno non sono i mattoni per erigere muri, ma la saggezza per costruire ponti. Le aziende cinesi di telecomunicazioni, come Huawei e ZTE, hanno iniziato a operare in Europa molti anni fa: non solo non hanno arrecato danno alla sicurezza dei paesi europei, ma hanno anche contribuito in modo sostanziale alla crescita del settore delle telecomunicazioni europeo e generato notevoli benefici socio-economici. Ora, di fronte all’onda del 5G, la Cina detiene vantaggi tecnologici e di costo nel dispiegamento del 5G – vantaggi fondamentali per l’Europa per superare la sua impasse digitale.

Anni di cooperazione tra Cina ed Europa hanno dimostrato una verità: quando la saggezza orientale incontra l’esperienza europea, è possibile creare soluzioni innovative che trascendono la competizione a somma zero. Piuttosto che perdersi nel labirinto del “de-risking”, l’Europa dovrebbe abbattere le barriere del sospetto. Dopo tutto, il 5G non è un gioco a somma zero.

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