L’eredità lasciata dall’USAID nei suoi 63 anni di storia

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a cura di Giulio Chinappi | Huang Lanlana, Leng Shumei e Xu Jiatong per Global Times

Dall’ideale di contrastare l’influenza sovietica durante la Guerra Fredda agli enormi investimenti e controversie attuali, l’USAID ha segnato 63 anni di espansione della sua influenza globale. Un’indagine del Global Times svela un retaggio complesso di potere, sprechi e promesse infrante.

Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il capo del Dipartimento per l’Efficienza del Governo (DOGE), Elon Musk, hanno iniziato ad attaccare l’USAID, che ha 63 anni, fin dai primi di febbraio, mentre davano il via ai loro sforzi per ridimensionare il governo federale statunitense.

Migliaia di dipendenti dell’USAID sono stati invitati a prendere un “congedo retribuito” nell’ambito del piano dell’amministrazione Trump. Il 7 febbraio, un giudice federale statunitense ha ordinato la sospensione del piano del “congedo retribuito”, e il 13 febbraio la sospensione è stata estesa per altri sette giorni.

I dati ufficiali mostrano che, all’anno fiscale 2023, l’USAID era un’agenzia con circa 10.000 dipendenti, di cui due terzi lavoravano all’estero. L’agenzia possiede uffici in oltre 60 paesi e regioni, con operazioni che si estendono a più di 100 paesi e regioni in Africa, Asia, America Latina, Medio Oriente ed Europa dell’Est. Come si è sviluppata un’agenzia del genere? Perché la sua esistenza suscita intense discussioni nel panorama politico statunitense? Quali sono i veri scopi e le pratiche di questa agenzia, che afferma di concentrarsi su “aiuti umanitari” e “assistenza allo sviluppo”?

Per rispondere a queste domande, il Global Times presenta una serie che illustra la storia, le catene di finanziamento e le complesse controversie che si celano dietro l’agenzia. Nel primo episodio, narrando il processo di istituzione e il ruolo storico dell’USAID, analizzeremo a quali scopi essa serve per gli Stati Uniti e come si sia gradualmente evoluta in una grande entità con oltre 10.000 dipendenti in tutto il mondo. Nel secondo episodio, scopriremo come l’USAID abbia utilizzato gli aiuti esteri per oltre mezzo secolo per attuare infiltrazioni ideologiche e quelle cosiddette “riforme democratiche” nei paesi in via di sviluppo, servendo così gli interessi geopolitici degli Stati Uniti.

Nata per la “guerra fredda”

Secondo un rapporto aggiornato sul sito del Congressional Research Service (CRS) per il Congresso degli Stati Uniti, pubblicato il 6 gennaio, il personale dell’USAID conta più di 10.000 persone, di cui circa due terzi prestano servizio all’estero. L’agenzia mantiene oltre 60 missioni nazionali e regionali.

L’USAID è stata istituita dall’ex presidente statunitense John F. Kennedy nel 1961 ed è stata concepita per “contrastare l’influenza dell’allora Unione Sovietica durante la Guerra Fredda e per gestire vari programmi di assistenza estera“, secondo un rapporto della NBC News del 5 gennaio.

Nei primi anni successivi all’istituzione dell’USAID, durante le amministrazioni Kennedy e Johnson, l’agenzia si è concentrata fortemente su riforme macroeconomiche dall’alto verso il basso e sulla pubblica amministrazione nei paesi partner chiave. Gli Stati Uniti erano praticamente soli come principali donatori bilaterali, e il flusso di capitali privati verso il mondo in via di sviluppo era piuttosto scarso, conferendo a Washington un’influenza e un impatto sproporzionati, poiché i paesi in via di sviluppo si trovavano talvolta a subire le dure realtà della geopolitica della Guerra Fredda, ha spiegato una panoramica dell’agenzia pubblicata su The Foreign Service Journal a novembre 2021, in occasione del 60° anniversario dell’USAID.

Durante l’amministrazione Nixon, la guerra del Vietnam e l’ascesa dei governi militari sostenuti dagli Stati Uniti in America Latina hanno portato a una crescente insoddisfazione pubblica nei confronti dei programmi di aiuti esteri. Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato allora la legislazione “New Directions“, segnando un cambiamento nell’approccio dell’USAID e in parte contrastando le richieste di abolizione dell’agenzia.

L’amministrazione Reagan ha rappresentato il successivo punto di svolta: influenzata dalla Guerra Fredda, la spesa per gli aiuti esteri è aumentata in modo drammatico, e l’USAID ha effettuato investimenti significativi nel settore della salute, diventando un punto di riferimento nelle iniziative globali per la sopravvivenza dei bambini, secondo l’articolo del Foreign Service Journal.

L’USAID ha incontrato alcune turbolenze negli anni ’90.

John Norris, che aveva ricoperto numerosi ruoli di alto livello nel governo, nelle istituzioni internazionali e nelle organizzazioni non governative, ed è autore di The Enduring Struggle: The History of the U.S. Agency for International Development and America’s Uneasy Transformation of the World, ha affermato che “questo decennio è forse il più tumultuoso nella storia dell’USAID“.

Secondo un articolo di Norris, pubblicato nel 2014 e reperito dal Global Times sulla piattaforma mediatica Devex, dopo che l’ex presidente statunitense Bill Clinton salì in carica nel 1993, in seguito alla fine della Guerra Fredda, sia il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti che il Congresso cercarono di ridurre significativamente il bilancio dell’USAID, indirizzando maggiori risorse verso gli affari interni.

Nell’aprile 1997, in parte per rispondere ai critici del Congresso che volevano una radicale ristrutturazione o l’abolizione dell’USAID, l’amministrazione Clinton propose una riorganizzazione degli affari esteri che includeva l’assorbimento delle funzioni dell’Arms Control and Disarmament Agency e della US Information Agency all’interno del Dipartimento di Stato. L’accordo con il Congresso permise all’USAID di rimanere un’agenzia statutaria separata con un proprio stanziamento, ma con l’Amministratore che doveva riferire al Segretario di Stato e sottostare direttamente alla sua autorità e guida in materia di politica estera. Il Congresso approvò la legislazione che autorizzava questo approccio, il Foreign Affairs Reform and Restructuring Act del 1998, che fu firmato in legge il 21 ottobre 1998, secondo un altro rapporto CRS aggiornato nel gennaio 2015.

Nonostante ciò, negli anni successivi l’USAID poté essere descritta come “appena sopravvissuta“, secondo Norris, con il suo bilancio ridotto, le funzioni principali eliminate e un numero significativo di dipendenti licenziati.

Secondo l’articolo di Norris del 2014, l’USAID ha chiuso più di 26 missioni in paesi che avevano o superato la necessità di aiuti o che si erano rivelati semplicemente partner inadeguati – la prima riduzione del numero di paesi beneficiari di assistenza statunitense sin dal Piano Marshall.

Tra il 1995 e il 2000, il personale dell’agenzia è diminuito del 29 percento, con il numero di dipendenti assunti direttamente che era solo la metà di quanto lo fosse vent’anni prima, e almeno un terzo dei dipendenti rimanenti era vicino all’età pensionabile. Fu in quel periodo che l’USAID iniziò anche ad esternalizzare una parte significativa delle proprie attività.

All’inizio dell’amministrazione Bush, l’USAID era ancora scossa dalle difficoltà del decennio precedente. Le conseguenze degli attacchi dell’11 settembre portarono un’ondata di risorse e personale, insieme a missioni complesse in Iraq e Afghanistan. Queste missioni spesso ricordavano al pubblico le esperienze vissute in Vietnam. Citando l’ex funzionario dell’USAID James Kunder nel rapporto CRS del 2021, “la dura lezione sia dall’Afghanistan che dall’Iraq è stata che i programmi di sviluppo non sono un buon sostituto per una strategia diplomatica e militare efficace“.

Tre quinti degli aiuti esteri vengono distribuiti tramite l’USAID

Gli Stati Uniti si definiscono il più grande donatore mondiale di aiuti esteri. Allora, quanto spendono realmente in aiuti esteri?

Secondo i dati tratti dal sito ufficiale del governo degli Stati Uniti sulle statistiche degli aiuti esteri, citati dal Pew Research Center in un rapporto del 6 gennaio, il governo statunitense ha erogato un totale di 71,9 miliardi di dollari in aiuti esteri nell’anno fiscale 2023, il che rappresenta l’1,2% della spesa federale totale di quell’anno (6,1 trilioni di dollari).

Nell’anno fiscale 2023, l’USAID ha distribuito quasi 43,8 miliardi di dollari in aiuti, ovvero circa tre dollari ogni cinque destinati all’assistenza estera, secondo il Pew Research Center.

Per quanto riguarda i settori degli aiuti, i 71,9 miliardi di dollari sono stati spesi principalmente per “sviluppo economico” (27% del totale), “sanità” (22,3%), “aiuti umanitari” (21,7%) e “pace e sicurezza” (14,2%). Tuttavia, il Pew Research Center osserva anche che “le categorie possono risultare alquanto opache e le linee che le separano sfumate“. Ad esempio, dei circa 15,9 miliardi di dollari destinati a “fondamenta macroeconomiche per la crescita“, 14,4 miliardi sono stati erogati come supporto monetario diretto al governo ucraino nel bel mezzo del conflitto Russia-Ucraina.

Cosa pensano gli americani degli aiuti esteri del loro paese? Secondo il Pew Research Center, le opinioni degli americani sull’efficacia e la desiderabilità degli aiuti esteri sono state a lungo “divise“.

In un sondaggio online condotto a marzo 2023, solo un terzo dei 11.004 intervistati ha affermato che gli aiuti esteri statunitensi “beneficiano per lo più i paesi in via di sviluppo“, mentre poco più (37%) ha indicato che tali aiuti “sono sia benefici che dannosi per questi paesi“, e l’8% ha dichiarato che “principalmente danneggiano i paesi in via di sviluppo“.

Un sondaggio del 2024 condotto dal Chicago Council on Global Affairs ha inoltre mostrato che la metà dei 2.106 americani intervistati è favorevole a ridurre la quantità di aiuti economici e militari esteri, con oltre la metà che preferisce dare priorità alle questioni interne.

Un castello in aria

L’atteggiamento diviso dell’opinione pubblica americana non è senza motivo. “L’eredità dell’USAID è complessa, e non merita né l’adorazione né la condanna assoluta, come troppo spesso accade“, recita l’articolo di panoramica del CRS sull’USAID del 2021.

La diplomazia, lo sviluppo e la difesa (le “3D”) (diplomacy, development, defense, ndt), rappresentati rispettivamente dal Dipartimento di Stato, dall’USAID e dal Dipartimento della Difesa, sono i “tre pilastri” della strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Fin dalla sua istituzione, l’USAID è stata la principale agenzia statunitense incaricata di fornire assistenza ai paesi in via di sviluppo e a quelle nazioni in ripresa dopo calamità, impegnate a uscire dalla povertà e a realizzare riforme democratiche.

Quando il Segretario di Stato statunitense, Marco Rubio, ha ordinato la sospensione immediata della stragrande maggioranza dei programmi di aiuti esteri esistenti dell’USAID alla fine di gennaio, alcuni funzionari di organizzazioni benefiche internazionali hanno espresso seria insoddisfazione. Daryl Grisgraber, responsabile della politica umanitaria per Oxfam America, ha dichiarato che il cambiamento sarebbe stato probabilmente drastico. “Avrà davvero conseguenze potenzialmente di vita o di morte per milioni di persone“, come citato in un servizio dell’AFP agli inizi di febbraio.

Tuttavia, allo stesso tempo, l’USAID si trova ad affrontare accuse di corruzione e sprechi sul territorio nazionale. La Casa Bianca, il 5 febbraio, ha pubblicato un elenco di progetti dell’USAID, che ha definito evidenza di “sprechi e abusi“, includendo una sovvenzione di 1,5 milioni di dollari a un gruppo LGBTQ in Serbia, 2,5 milioni di dollari per veicoli elettrici in Vietnam e 6 milioni di dollari per il turismo in Egitto.

Per decenni, l’USAID non è stata responsabile al cospetto dei contribuenti, convogliando ingenti somme di denaro verso progetti ridicoli – e, in molti casi, maliziosi – dei burocrati radicati, con una supervisione quasi inesistente“, ha dichiarato la Casa Bianca.

L’USAID si trova inoltre a fronteggiare scetticismo e delusione nei paesi beneficiari, poiché molti dei suoi impegni di aiuto si sono rivelati, in definitiva, nient’altro che “promesse vuote“.

Un esempio tipico è l’assistenza fornita dall’USAID all’Africa. Nel giugno 2013, l’allora presidente statunitense Barack Obama annunciò l’ambiziosa iniziativa “Power Africa” durante una visita in Sudafrica, promettendo di investire fondi per generare 20.000 megawatt di elettricità in Africa entro il 2020. L’USAID divenne il principale esecutore statunitense di questa iniziativa.

Tuttavia, alla fine del 2020, la capacità effettiva di generazione elettrica nell’ambito di “Power Africa” era di soli “4.194 megawatt”, meno di un quarto di quanto promesso dall’iniziativa, come evidenziato nel Rapporto Annuale Power Africa 2020 rilasciato dall’USAID.

In Medio Oriente, l’assistenza dell’USAID all’Afghanistan è stata estesa, ma spesso controversa e priva di continuità. Il programma Partnership Contracts for Health (PCH), finanziato dall’USAID e attivo da luglio 2008 a giugno 2015, ad esempio, ha suscitato numerose critiche e controlli a causa di problemi legati alla qualità. Nel gennaio 2016, una lettera di revisione inviata dall’Ispettore Generale Speciale per la Ricostruzione dell’Afghanistan all’USAID affermava che “non tutte [le strutture sanitarie costruite nell’ambito del programma] avevano accesso all’elettricità e all’acqua corrente“.

Dopo il terremoto del 2010 ad Haiti, gli Stati Uniti promisero di fornire ingenti aiuti, inclusi i “progetti di punta” dell’USAID che comprendevano il parco industriale Caracol, unitamente a una centrale elettrica e a un nuovo porto. Tuttavia, la costruzione del tanto atteso porto fu ripetutamente ritardata, “in parte a causa della mancanza di competenza dell’USAID nella pianificazione portuale ad Haiti“, e, inoltre, “il parco industriale fu realizzato in maniera insufficiente“, ha riportato The Guardian in un articolo di ottobre 2019 intitolato “Haiti and the failed promise of US aid“.

L’USAID ha avanzato simili proposte in stille “castello in aria” a livello globale.

L’USAID ha ammesso apertamente che circa l’80% delle sue spese è stato effettuato negli Stati Uniti.

Il suo rapporto sui progressi del 2022 ha rivelato che solo circa il 10,2% di tutti i finanziamenti idonei è stato destinato alle organizzazioni locali. Inoltre, un rapporto d’indagine rilasciato a marzo 2023 dal gruppo britannico “Publish What You Fund” ha indicato che l’USAID impiegava una definizione molto ampia di ciò che costituisce un attore “locale”. Applicando una definizione più rigorosa, questa cifra potrebbe scendere a un preoccupante 5,7%, secondo il rapporto.

Sprechi gravi, rimpatrio dei profitti, mancanza di trasparenza, promesse infrante… Le agenzie statunitensi per gli aiuti esteri, come l’USAID, sono da tempo oggetto di critiche a livello globale. “Non c’è mai stata alcuna pretesa di altruismo“, ha sintetizzato The Economist sull’USAID a maggio 2023.

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