di Stefano Vernole (Vicepresidente Centro Studi Eurasia e Mediterraneo)
Il 6 febbraio 2025 Il Kashmir Solidarity Day è stato commemorato in una cerimonia solenne presso il Consolato generale del Pakistan a Milano. La diaspora pakistana, il mondo accademico, gli studenti, i giovani, i bambini e la comunità locale sono stati invitati a partecipare a una conferenza e a una mostra di pittura sulla richiesta di liberare il Kashmir dall’occupazione. Stefano Vernole Vicepresidente del CeSEM – Centro Studi Eurasia Mediterraneo ha partecipato con un intervento dedicato al rispetto del diritto internazionale nella regione.
Il Pakistan nasce nel 1947 quale casa ideale per i musulmani del Subcontinente indiano, come terra in cui gli abitanti del nord-ovest dell’India, quindi del Punjab e del Kashmir in larga parte di fede musulmana, potessero trovare una casa sicura, un luogo ove vivere la propria appartenenza religiosa al riparo dai continui conflitti con la maggioranza indù che avevano caratterizzato la prima metà del Novecento sotto il dominio britannico[1].
Ai giorni nostri, non è ancora così. Dopo l’opinata partizione della regione, dovuta alla storica strategia britannica del divide et impera, in Kashmir la situazione è tutt’altro che risolta.
Diverse associazioni dei musulmani che abitano il Kashmir hanno rilasciato nelle scorse settimane una forte dichiarazione in cui denunciano la Costituzione indiana come un documento senza vita, privo della sua essenza e dei suoi principi originali. Il 26 gennaio, Festa della Repubblica indiana, è definito un Giorno Nero; l’Ordine degli avvocati ha evidenziato l’erosione sistemica dei valori costituzionali, in particolare sotto l’attuale Governo guidato da Modi.
La Costituzione indiana, teoricamente garante di uguaglianza, giustizia e diritti umani fondamentali, è stata ridotta per l’Ordine a un mero strumento di oppressione: “Le caste programmate e altre comunità emarginate, a cui erano stati promessi protezione e progresso, ora stanno affrontando discriminazione e repressione sistematiche”.
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Le associazioni hanno sottolineato che il Jammu e Kashmir occupati illegalmente dall’India sono l’esempio più lampante di questo crollo costituzionale. Nonostante l’impiego di massicce forze militari, l’offerta di pacchetti economici e l’impiego di varie tattiche coercitive, l’India non è riuscita a normalizzare la situazione nella regione. Per i Kashmiri di tutto il mondo, il 26 gennaio è un giorno di lutto e protesta contro la negazione da parte dell’India del loro diritto all’autodeterminazione riconosciuto dalle Nazioni Unite. Le associazioni hanno poi condannato le continue violazioni dei diritti umani da parte dell’India, chiedendo un intervento globale per garantire giustizia per i Kashmiri oppressi. Hanno fatto appello alla Comunità internazionale affinché amplificasse la voce del popolo del Kashmir e facesse pressione sull’India affinché adempisse ai suoi obblighi ai sensi delle risoluzioni ONU.
I media indiani sono sempre più criticati per il loro stretto allineamento con il partito al potere Bharatiya Janata Party (BJP) e il suo genitore ideologico, il Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS). Secondo il Kashmir Media Service, essi diffondono narrazioni parziali, disinformazione e fake news, in particolare quando si tratta del Pakistan e della disputa del Kashmir. I media indiani stanno sistematicamente distorcendo i fatti, creando false narrazioni e descrivendo il Pakistan come un nemico. Questi media si concentrano nel descrivere il Kashmir come una questione interna dell’India, ignorando le dimensioni internazionali della disputa. I giornalisti e i conduttori televisivi indiani vanno a ripetere a pappagallo la narrazione ufficiale del Governo di Nuova Delhi, spesso confondendo il confine tra reportage oggettivo e propaganda. Molte personalità di spicco dei media sono state accusate di agire come canali per l’agenda Hindutva del BJP, fungendo da portavoce del regime piuttosto che da giornalisti indipendenti.
Questo ambiente mediatico tossico alimenta non solo disordini interni, ma contribuisce anche all’escalation delle tensioni tra India e Pakistan[2].
La All Parties Hurriyat Conference (movimento politico formato 10 marzo 1993 quale alleanza di 26 organizzazioni politiche, sociali e religiose) ha ribadito che il popolo di Jammu e Kashmir cerca una risoluzione pacifica chiedendo di esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione attraverso un plebiscito libero e imparziale, tenuto sotto la supervisione delle Nazioni Unite.
I leader dell’APHC hanno ricordato che l’ONU ha riconosciuto il diritto all’autodeterminazione dei Kashmiri in numerose risoluzioni, in particolare in quella approvata il 5 gennaio 1949. Nonostante abbiano sopportato 77 anni di brutale occupazione indiana, gli abitanti della regione rimangono fermi nella loro richiesta di un plebiscito supervisionato dall’ONU, come riconosciuto in passato anche dal Primo Primo Ministro indiano, Jawaharlal Nehru. Essi hanno sottolineato che il dialogo è essenziale per risolvere pacificamente la questione e che l’India deve impegnarsi in negoziati sia con il Pakistan che con la leadership del Kashmir.
I leader della Conferenza hanno anche espresso preoccupazione per le azioni dell’India del 5 agosto 2019, che miravano a rendere obsolete le risoluzioni dell’ONU sul Kashmir. L’APHC ha condannato i cambiamenti demografici e il sequestro di terreni per i cosiddetti progetti ferroviari e le township satellite, che sono visti come tentativi di influenzare i futuri risultati del plebiscito.
L’APHC ha quindi concluso che una pace duratura nella regione è impossibile senza risolvere la disputa del Kashmir in linea con le aspirazioni del proprio popolo.
Documenti ONU per Jammu e Kashmir: Risoluzioni del Consiglio di sicurezza
21 dicembre 1971 S/RES/307
Questa risoluzione richiedeva un cessate il fuoco duraturo e la cessazione delle ostilità fino al ritiro di tutte le forze armate sulla linea del cessate il fuoco in Kashmir. Richiedeva inoltre al Segretario generale di tenere informato il Consiglio “senza indugio” sugli sviluppi relativi all’attuazione della risoluzione.
6 dicembre 1971 S/RES/303
Le riunioni del Consiglio sono state convocate in seguito al deterioramento delle relazioni tra India e Pakistan a seguito di diversi incidenti, tra cui Jammu e Kashmir e nel Pakistan orientale. Inoltre, l’UNMOGIP ha segnalato violazioni da entrambe le parti dell’accordo di Karachi (1949).
5 novembre 1965 S/RES/215
Dopo che il cessate il fuoco richiesto nei documenti S/RES/209, S/RES/210, S/RES/211 e S/RES/214 non si è concretizzato, il Consiglio ha chiesto ai rappresentanti di India e Pakistan di incontrare un rappresentante del Segretario generale.
27 settembre 1965 S/RES/214
Questa risoluzione esprimeva preoccupazione per il fatto che il cessate il fuoco richiesto in S/RES209, S/RES/2010 e S/RES/211 non stava tenendo nonostante l’accordo di India e Pakistan. Il Consiglio ha chiesto alle parti di onorare il loro impegno, cessare il fuoco e ritirare tutto il personale armato.
20 settembre 1965 S/RES/211
Dopo che le richieste di cessate il fuoco in S/RES/209 e S/RES/2010 erano rimaste inascoltate, con questa risoluzione il Consiglio ha chiesto che il cessate il fuoco entrasse in vigore il 22 settembre e che entrambe le forze si ritirassero nelle posizioni detenute prima del 5 agosto.
6 settembre 1965 S/RES/210
Questa risoluzione riguardava il rapporto del Segretario generale sugli sviluppi in Kashmir. Il Consiglio ha invitato l’India e il Pakistan a cessare le ostilità nell’intera area del conflitto e a ritirare tutto il personale armato alle posizioni che ricoprivano prima del 5 agosto 1965.
4 settembre 1965 S/RES/209
Questa risoluzione riguardava il deterioramento della situazione lungo la linea del cessate il fuoco in Kashmir. Il Consiglio ha invitato sia l’India che il Pakistan a prendere tutte le misure necessarie per cessare immediatamente i combattimenti e tornare ai rispettivi lati della linea.
2 dicembre 1957 S/RES/126
Questa risoluzione riguardava la controversia tra India e Pakistan sui territori di Jammu e Kashmir.
21 febbraio 1957 S/RES/123
Questa risoluzione riguardava la controversia tra India e Pakistan sui territori di Jammu e Kashmir.
24 gennaio 1957 S/RES/122
Questa risoluzione riguardava la controversia tra India e Pakistan sui territori di Jammu e Kashmir.
23 dicembre 1952 S/RES/98
Questa risoluzione esortava l’India e il Pakistan ad avviare immediatamente negoziati sotto gli auspici del Rappresentante delle Nazioni Unite per l’India e il Pakistan, al fine di raggiungere un accordo sul numero specifico di truppe.
10 novembre 1951 S/RES/96
Questa risoluzione riguardava il rapporto del Rappresentante delle Nazioni Unite su India e Pakistan e sugli sforzi per stabilire un piano per la smilitarizzazione. Sia l’India che il Pakistan sono stati riconosciuti per la loro dichiarazione di lavorare per una soluzione pacifica, per la continuazione dell’osservanza di un cessate il fuoco e per la loro accettazione del principio secondo cui l’adesione dello Stato di Jammu e Kashmir dovrebbe essere determinata da un plebiscito libero e imparziale sotto gli auspici delle Nazioni Unite.
30 marzo 1951 S/RES/91
Questa risoluzione ha stabilito che l’UNMOGIP avrebbe continuato a supervisionare il cessate il fuoco in Kashmir con il mandato di osservare e riferire, indagare sulle denunce di violazioni del cessate il fuoco e presentare le sue conclusioni a ciascuna parte e al Segretario generale.
14 marzo 1950 S/RES/80
Questa risoluzione invitava sia l’India che il Pakistan ad attuare un programma di smilitarizzazione e poneva fine all’UNCIP.
3 giugno 1948 S/RES/51
Questa risoluzione ordinava alla Commissione di procedere senza indugio alle aree di controversia “al fine di assolvere in via prioritaria i compiti ad essa assegnati dalla risoluzione 47”.
21 aprile 1948 S/RES/47
Questa risoluzione ampliava il numero dei membri dell’UNCIP (Commissione delle Nazioni Unite per l’India e il Pakistan) e raccomandava misure che avrebbero portato alla cessazione dei combattimenti e creato le condizioni adeguate per un plebiscito libero e imparziale per decidere se lo Stato di Jammu e Kashmir avrebbe aderito all’India o al Pakistan.
20 gennaio 1948 S/RES/39
Questa risoluzione ha istituito la Commissione delle Nazioni Unite per l’India e il Pakistan (UNCIP) per indagare sulla controversia tra i due Paesi sul Kashmir ed esercitare “un’influenza mediatrice”.
17 gennaio 1948 S/RES/38
E’ stata la prima risoluzione sulla questione e ha invitato India e Pakistan ad adottare misure per migliorare la situazione in Kashmir e ad astenersi dal fare qualsiasi cosa che potesse aggravarla.
In relazione alle recenti elezioni per il Jammu e Kashmir – il primo processo elettorale dopo un decennio – tuttavia, le risoluzioni UNSC 91 del 1951 e 122 del 1957 affermano chiaramente che “tenere elezioni nello Stato conteso non equivale ad accertare i desideri del popolo del Kashmir”. Vi è l’urgente necessità che l’ONU si concentri sulla disputa di Jammu e Kashmir. Bisogna sottolineare che tale questione irrisolta da tempo nell’agenda delle Nazioni Unite rimane una preoccupazione critica per la pace e la stabilità nella regione in un ambiente caratterizzato da due potenze nucleari.
Anche se l’India è contraria all’intervento di terze parti, affermando che la questione può essere risolta bilateralmente ai sensi dell’accordo di Simla firmato il 2 luglio 1972, il suo Governo non ha fatto nulla per risolverla negli ultimi anni, anzi ha respinto tutte le aperture fatte dal Pakistan in tal senso. Inoltre, l’accordo di Simla non modifica lo status controverso del Kashmir né preclude il ruolo delle Nazioni Unite, come spiegato di seguito:
Paragrafo 1 (i) dell’accordo: afferma che la Carta delle Nazioni Unite regolerà le relazioni tra le parti. Paragrafo 1 (ii): non esclude le Nazioni Unite per una soluzione pacifica. Paragrafo 1 (iv): si riferisce alla questione del Kashmir come questione fondamentale e causa del conflitto tra le due nazioni. Paragrafo 5 (ii): protegge le posizioni riconosciute sia del Pakistan che dell’India e differenzia la “linea di controllo” dai confini internazionali. Paragrafo 7: descrive la controversia del Kashmir come una delle questioni in sospeso.
Articoli 34 e 35 della Carta delle Nazioni Unite: autorizzano il Consiglio di sicurezza a indagare su qualsiasi controversia, senza sottomettersi ad alcun accordo bilaterale. Articolo 103: gli obblighi previsti dalla Carta hanno la precedenza sugli obblighi previsti da un accordo bilaterale.
NOTE AL TESTO
[1] Cristiana Cianitto, “Pakistan, terra di fascinose contraddizioni”, in Pakistan-Italia. Economia, turismo e migrazione, Anteo, 2025, p. 11.
[2] Come spiegato da Shahid Ghumman, presidente del Kashmir Alliance Forum in Russia, “la chiave per la pace nell’Asia meridionale risiede nella risoluzione definitiva della disputa sul Kashmir”: https://24newshd.tv/05-Feb-2025/united-nations-has-legal-responsibility-to-settle-kashmir-dispute-says-lord-nazir-ahmed.
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