di Stefano Vernole (vicepresidente del Centro Studi Eurasia e Mediterraneo)
L’Africa, e in particolare il Sahel, possiede nel suo sottosuolo un patrimonio considerevole di risorse naturali, che suscitano da tempo l’interesse dei Paesi occidentali ma anche della Cina, della Turchia, dell’India, della Russia…
FONTE ARTICOLO: https://strategic-culture.su/news/2025/02/25/il-grande-gioco-nella-regione-del-sahel/
Nella zona sahelo-sahariana, oltre alla produzione di petrolio e gas in costante aumento, assistiamo, come corollario, a uno sviluppo accelerato delle energie rinnovabili: costruzione di parchi solari, parchi eolici, costruzione di dighe e impianti per l’energia idroelettrica, ma anche tecnologie legate all’idrogeno verde.
A stimolare maggiormente è il fatto che la zona saheliano-sahariana possiede altre notevoli risorse, soprattutto in termini di ricchezza e giacimenti naturali nel suo sottosuolo.
In particolare, la falda freatica più grande del mondo si estende dalla Mauritania alla Somalia, passando per Mali, Niger, Algeria, Tunisia, Libia, ecc. Più precisamente, la “falda acquifera albiana”, la più grande falda acquifera sotterranea del mondo, si estende su tre Paesi: Algeria, Libia, Tunisia e il 70% di questa falda si trova in territorio algerino, nel sud-est del Paese.
Inoltre, la zona saheliano-sahariana non ha, finora, eguali al mondo in termini di risorse naturali del sottosuolo, come uranio, oro, cobalto, zinco, diamanti, litio, rame, ecc.
In questo senso, e più in generale in termini di risorse minerarie, l’Africa rappresenta:
- 30% delle riserve minerarie mondiali;
- 40% delle riserve auree;
- 33% delle riserve di diamanti;
- 80% delle riserve di coltan (che servono ad es. per i telefoni cellulari);
- 60% delle riserve di cobalto (indispensabile per le batterie);
- 55% delle riserve di uranio.
Tuttavia, il Sahel rimane una delle zone più povere del mondo ed è costretta ad affrontare sfide alla sicurezza e importanti vulnerabilità economiche, sociali e ambientali. La fragilità è particolarmente critica nelle aree periferiche e transfrontaliere, dove i Governi hanno meno influenza e dove i servizi sociali di base hanno poca o nessuna copertura. La pressione sulle risorse naturali è una fonte ricorrente di conflitto tra agricoltori e pastori. Nonostante la rapida urbanizzazione, il 64% della popolazione saheliana vive in aree rurali e dipende principalmente dall’agricoltura e dal reddito del bestiame.
La regione saheliana è esposta a pericoli climatici e ambientali, con piogge irregolari, siccità e inondazioni ricorrenti. Nel 2025, la situazione alimentare e nutrizionale rimane estremamente preoccupante: oltre 38 milioni di persone stanno attualmente vivendo un’acuta insicurezza alimentare. La pandemia di COVID-19 e l’impatto del conflitto in Ucraina sul mercato globale dei cereali e dei fertilizzanti hanno esacerbato le vulnerabilità economiche, sanitarie e nutrizionali.
Le diverse economie dei Paesi dell’area sono spesso caratterizzate da un mercato del lavoro prevalentemente informale, da basi imponibili ristrette, da un’industrializzazione sottosviluppata e da un settore agricolo dominante, con scarsa attenzione alle attività di trasformazione.
Uno dei problemi connessi alla lotta geopolitica in quest’area riguarda il ruolo destabilizzante dei gruppi terroristici.
Nel Sahel, i gruppi armati militanti operano prevalentemente sotto l’egida della Provincia dell’Africa Occidentale dello Stato Islamico (ISWAP) o della JNIM affiliata ad al-Qaeda. Situati nella regione maggiormente colpita dall’insurrezione jihadista, i casi di Mauritania, Mali, Niger e Burkina Faso sono fondamentali per comprendere le necessità di unire gli sforzi per combattere tale piaga. La radicalizzazione è salita di livello dopo l’aggressione della NATO a Tripoli nel 2011, con l’afflusso di combattenti armati nella regione di Liptako Gourma (Sahel centrale) in seguito al crollo dello Stato libico; il Mali ha assistito alla riaccensione della ribellione dei Tuareg, organizzati sotto il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad (MNLA), che si sono allineati con molteplici gruppi jihadisti, provocando la diffusione e lo sviluppo di attività islamiste militanti nel Sahel più ampio.
La nuova Alleanza degli Stati del Sahel (AES), confederazione formata da Niger, Burkina Faso e Mali, continua nel suo percorso di decolonizzazione, anche rispetto ai Paesi africani che sono parte della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS). In linea con l’accordo firmato nel luglio 2024, i tre Paesi intendono adesso avanzare con decisione nella lotta comune al terrorismo presente nella regione. Così, l’Alleanza ha deciso di istituire una propria forza militare congiunta, composta da 5.000 uomini, per combattere le minacce portate dalle insurrezioni islamiste delle organizzazioni legate ad Al Qaeda e all’ISIS che imperversano nella regione da oltre un decennio.
La nuova coalizione ha chiesto ai membri di continuare a garantire ai tre Paesi i benefici dell’adesione, tra cui la libera circolazione all’interno della regione con un passaporto ECOWAS e benefici commerciali “nello spirito di solidarietà regionale e nell’interesse del popolo”, rimanendo fedeli all’UEMOA (Unione Economica Monetaria dell’Africa Occidentale). Tuttavia, i tre Stati hanno anche lanciato un passaporto comune e hanno in programma di creare una televisione web congiunta per combattere la “disinformazione”; il Niger ha nel frattempo espulso il Comitato della Croce Rossa Internazionale, così come meno di tre mesi fa la ONG francese ACTED e il suo partner nigerino APBE hanno dovuto chiudere i battenti.
Un fattore decisivo per la riuscita del patto riguarda l’atteggiamento del Senegal, la cui importanza regionale è nota. Nelle scorse settimane Birame Diop, Ministro della Difesa di Dakar, si è recato a Bamako dove ha incontrato il suo omologo maliano, Sadio Camara. I colloqui si sono protratti per due giorni e i ministri si sono impegnati ad avviare una più intensa collaborazione sul piano della sicurezza. Senegal e Mali condividono una frontiera lunga oltre 400 chilometri e hanno parecchi problemi in comune, tra cui la lotta contro il terrorismo e l’estremismo violento, criminalità transfrontaliera, traffici illeciti e reti criminali.
Russia e Cina offrono supporto militare e promesse di investimenti in infrastrutture senza le condizioni politiche imposte tradizionalmente da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, ma la regione del Sahel, data la sua importanza strategica, si trova ora al centro di una sfida cruciale tra le tradizionali influenze occidentali e le crescenti connessioni con i nuovi attori globali.
Un altro capitolo del “grande gioco” in atto.
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