di Matteo Pistilli
“Gli Stati Uniti possono oggi dichiarare “missione compiuta” a tutti gli effetti: la UE non è mai stata così vassalla di Washington”.
Per parlare dell’importanza del volume “La guerra russo-ucraina. Strategie e percezioni di un conflitto intraeuropeo” di Maurizio Boni, pubblicato recentemente da Il Cerchio vogliamo partire dalla precedente citazione sulla quale torneremo. Evidenziare questa frase potrebbe sembrare una scelta anomala fatta per un libro che si occupa del conflitto nell’Europa orientale. Invece è proprio in questa capacità di analisi che troviamo l’abilità dell’autore di occuparsi della guerra in questione dispiegando in maniera davvero e finalmente imparziale e rigorosa più aspetti legati al conflitto, dalle cause fino alle conseguenze, esplicitando i significati ultimi e le strategie per ogni attore in campo. Tenendosi a distanza dalle analisi emotive e propagandistiche che vanno oggi per la maggiore, Boni, che fra le altre cose è stato vicecomandante dell’Allied Rapid Reaction Corps e capo di stato maggiore del NATO Rapid Reaction Corps Italy, decostruisce gran parte delle narrative dominanti e scandaglia le dinamiche militari e strategiche di tutte le parti in causa.
E’ proprio questa capacità di interessarsi a tutte le parti a rendere il volume pregevole: siamo stati abituati dai media di massa e dalle censure sui social network, a pensare che la propaganda sia un’attività usuale solo in quei luoghi che si vogliono narrare come “altri” o ostili. E siamo ormai saturi di informazioni di dubbia e sospetta provenienza. Boni impiega una parte del suo lavoro proprio per analizzare questa guerra di informazioni e lo fa non solo riguardo la Russia, ma anche, e in maniera più necessaria perché più rara, per la parte occidentale. Dalle influenze dei think tank, fino alle pagine di Substack chiarisce al lettore il funzionamento di molte operazioni di information warfare e aiuta senza dubbio a orientarsi nella battaglia di percezioni odierne e future approfondendo il ruolo dell’Open Source Intelligence (OSINT). Molto interessante è il concetto di declassificazione strategica: “In questa guerra c’è un elemento di assoluta novità rispetto al passato: la strategia, attuata dagli attori politico militari principali occidentali, di condividere con l’opinione pubblica notizie e informazioni che un tempo sarebbero state secretate con classifica di segretezza del massimo livello”. Diventa sempre più evidente al lettore come il modo in cui sono gestite tali strategie abbia posto su un crinale molto pericoloso il futuro di tutti i popoli coinvolti.
Pericolosità da rintracciare negli aspetti più militari e strategici del conflitto che l’autore, agevolato dalla propria formazione, riesce a districare e vivisezionare a dovere. Si ricostruiscono le origini di questo conflitto di nuova generazione, dalla fase precedente dell’operazione militare speciale, gli errori di valutazione e pianificazione di Mosca, di Kiev, e dall’occidente a guida Nato. Si esaminano, fra le altre cose, l’influenza di aziende private e delle raccolte fonti per l’acquisizione da parte di Kiev di informazioni geospaziali; oppure l’autore analizza la forza russa, per capacità di combattimento e sostegno logistico, ricostruendo lo sviluppo del pensiero militare dell’ex impero sovietico, adattato all’odierno sviluppo tecnologico, dalle forze ammassate fino alla guerra di profondità agevolata dalle armi circuitanti. L’approfondimento sul pensiero di Yevgeny Primakov e Valery Gerasimov porta l’analisi geopolitica ad un alto livello e indaga sulla posizione multipolarista che si è andata assestando in larghe parti dell’elite moscovita.
Conclude il volume un’appendice di Andrea Giumetti, necessaria e utile per disinnescare la demonizzazione (e quindi l’estrema pericolosità che questa comporta) causata dalla totale ignoranza di culture vicine alla nostra come quella russa: l’anima russa, vitalistica e nichilista non può e non deve essere ignorata, così come può essere imperdonabile dimenticare chi siamo e da dove veniamo. Ed è per questo che la frase iniziale è così importante…
Lavori come questo di Boni sono necessari per colmare quel vuoto di analisi e ricerca che da anni colpisce l’Italia e l’Europa tutta. Lo studio della politica internazionale e della geopolitica è una necessità irrinunciabile, pena il subire, da una postura inerme, l’analisi e la prassi di attori che perseguono interessi diversi dal nostro. Capire le origini e lo sviluppo dello scontro fra Russia e Ucraina, un evento complesso che affonda le sue radici in dinamiche storiche e geopolitiche profonde, ci permette di mettere a fuoco quello che è mancato fino ad ora: l’Europa. La mancanza di capacità di decisione e di autonomia del nostro continente è la causa principale del disastro in atto. Gli Stati Uniti perseguono propri interessi, poco chiari se continuiamo ad abbeverarci alle fonti istituzionali: quella che sembrerebbe una geopolitica dell’errore, è l’abituale tattica di Washington, e comporta il creare continui archi di crisi, per poi lasciare a loro stessi i Paesi e le popolazioni oggetto del trattamento (questa volta è toccato a noi direttamente), e defilarsi godendosi tutti i vantaggi. Ed è perciò che per gli Usa questa è una missione compiuta: creare una guerra nel cuore dell’Europa, scavare una frattura che si vorrebbe insanabile fra Mosca e la parte occidentale del continente, obbligarci, come ha esplicitato Obama e in totale continuità Trump pochi giorni fa, ad acquistare armi, beni, servizi, direttamente oltre oceano, diventare terreno di conquista per fondi a stelle e strisce. Alle devastazioni della guerra si somma un evidente impoverimento economico, culturale e sociale di tutta Europa, oggi uno spazio a sovranità limitata. L’analisi geopolitica si rivela quindi oggi più che mai indispensabile per riconquistare una posizione di sovranità e autonomia strategica del Continente, e creare un’alternativa alla classe politica asservita all’atlantismo più acritico, unica possibilità per invertire la rotta tracciata da interessi a noi estranei.
La Guerra Russo-Ucraina. Strategie e percezioni di un conflitto intraeuropeo
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