di Giulio Chinappi
Lo scorso 29 dicembre il Ciad ha tenuto le sue prime elezioni parlamentari in oltre dieci anni, svoltesi nell’ambito dell’uscita della Francia dalla scena politica e militare, simbolo di un cambiamento radicale in tutta l’Africa.
Lo scorso 29 dicembre, il Ciad ha tenuto le sue prime elezioni legislative in oltre dieci anni, un momento che certamente ha rappresentato un nuovo passo in avanti nell’ambito della recente evoluzione politica del Paese saheliano. Questo voto si inserisce in un contesto di profondi cambiamenti che stanno attraversando l’Africa, dove molti Paesi stanno cercando di distaccarsi dall’influenza coloniale e di costruire un futuro più indipendente e democratico. Il Ciad, infatti, ha attraversato un periodo di transizione politica a seguito della morte del suo storico presidente Idriss Déby Itno, avvenuta nel 2021, e del passaggio del potere nelle mani del figlio Mahamat Idriss Déby Itno.
Da un lato, questo cambiamento non è stato privo di controversie, soprattutto a causa delle difficoltà che il paese sta affrontando nel riuscire a garantire una partecipazione inclusiva e democratica, così come delle sfide di sicurezza che continuano a minacciare la stabilità della regione del Sahel; dall’altro, se molti si aspettavano che il nuovo presidente seguisse le orme di suo padre, in realtà l’ascesa del giovane Déby al potere ha segnato un cambiamento radicale, soprattutto in materia di politica estera.
Le elezioni legislative del 2024 erano state annunciate come una fase finale del processo di transizione politica avviato dopo la morte del presidente Idriss Déby, che aveva governato il Ciad con pugno di ferro per oltre trent’anni. Nel 2021, alla morte di Déby, suo figlio Mahamat Idriss Déby aveva assunto il potere con un colpo di Stato, sciogliendo il parlamento e instaurando un consiglio militare di transizione. Nonostante le promesse di democratizzazione, molti oppositori hanno criticato la mancanza di pluralismo e di trasparenza durante questo periodo di transizione. Per queste ragioni, la decisione di Mahamat Déby di prolungare il periodo di transizione fino al 2024, nonostante le proteste della popolazione e dei gruppi di opposizione, ha alimentato il malcontento e ha portato a violenti scontri tra manifestanti e forze di sicurezza.
L’opposizione, infatti, ha boicottato le elezioni legislative del 29 dicembre, definendole una “farsa”. I principali partiti di opposizione, tra cui il partito Les Transformateurs dell’ex primo ministro Succès Masra, che nel 2021 aveva ottenuto il secondo posto alle elezioni presidenziali, hanno accusato il governo di cercare di legittimare un sistema politico che, secondo loro, continua a riflettere un’impostazione dinastica piuttosto che una vera transizione democratica. A tal proposito, va detto che bassa affluenza alle urne, attestata al 51,56%, ha rafforzato le preoccupazioni riguardo alla validità e alla credibilità di queste elezioni, ma questo dato risulta non dissimile da quelli registrati di recente in molti Paesi europei.
Dal punto di vista dei risultati, il partito al governo, il Mouvement Patriotique du Salut (MPS), ha ottenuto la maggioranza assoluta con il 65,96% delle preferenze e 124 seggi conquistati sui 188 a disposizione. Al secondo posto troviamo invece il Rassemblement National des Démocrates Tchadiens – Le Reveil (RNDT-Le Reveil), partito guidato dall’ex primo ministro Albert Pahimi Padacké, che ha raggiunto il 6,38% dei consensi, assicurandosi dodici scranni, mentre in terza posizione si classifica il Rassemblement pour la Démocratie et le Progrès, partito che fondato da Lol Mahamat Choua, presidente del Ciad per qualche mese nel 1979 e scomparso nel 2019, con il 4,26% e otto deputati eletti.
Le elezioni in Ciad, come anticipato, si inseriscono in un contesto più ampio di cambiamenti in corso in Africa, dove molti paesi stanno cercando di ridefinire le proprie relazioni con le ex potenze coloniali. In particolare, il Ciad ha recentemente preso decisioni significative che segnano la fine della “Françafrique“, ovvero il sistema di alleanze politiche e militari che ha caratterizzato i legami tra la Francia e le sue ex colonie in Africa. A partire dal 2023, il governo ciadiano ha deciso di interrompere la cooperazione militare con la Francia, fino a portare al ritiro delle forze francesi dal Paese. Questo movimento segue un trend che ha caratterizzato anche altri Paesi della regione del Sahel, come Mali, Burkina Faso e Niger, che hanno espulso le truppe francesi e hanno avviato un processo di avvicinamento alla Russia.
Come abbiamo avuto modo di sottolineare in altre occasioni, la fine della Françafrique è il risultato di un crescente malcontento nei confronti della presenza militare francese (e occidentale in generale) in Africa, spesso accusata di sostenere regimi autoritari e di non rispettare gli interessi delle popolazioni locali. In Ciad, il ritiro delle forze francesi è stato interpretato come una mossa del governo di Mahamat Déby per consolidare il proprio potere e guadagnare consensi tra la popolazione, che è sempre più sfiduciata nei confronti dell’ingerenza occidentale, segnando dunque un netto cambiamento di rotta nei confronti del governo precedente, quando il Ciad rappresentava uno dei principali baluardi della presenza francese in Africa.
La scelta di interrompere la cooperazione militare con la Francia ha dunque avuto una grande portata simbolica, ma anche pratica, dato che il Paese si trova a fronteggiare numerose sfide interne ed esterne, tra cui la crescente minaccia di gruppi armati come Boko Haram, che operano nel bacino del Lago Ciad, e le persistenti tensioni con i gruppi di ribelli interni, tra cui il Front pour l’Alternance et la Concorde au Tchad (FACT), che hanno minacciato più volte il governo ciadiano. Il governo, tuttavia, ritiene di essere in grado di gestire queste situazioni senza la presenza francese, probabilmente puntando a sua volta su una nuova cooperazione con Mosca.
Le elezioni legislative del Ciad, dunque, rappresentano solo un aspetto di un periodo di instabilità e di cambiamenti geopolitici che stanno attraversando la regione del Sahel e, più in generale, l’Africa. Paesi come il Mali, il Burkina Faso e il Niger, che hanno vissuto colpi di Stato militari nel corso degli ultimi anni, stanno cercando di orientarsi verso alleanze alternative, in particolare con la Russia, un attore sempre più presente in Africa, ma anche con la Cina. Dal punto di vista delle potenze imperialiste occidentali, questo cambiamento di alleanze ha sollevato preoccupazioni riguardo alla crescente influenza russa nella regione, in particolare attraverso il gruppo paramilitare Wagner, che ha rafforzato la sua presenza in vari Paesi africani, inclusi quelli vicini al Ciad, e che ora potrebbe entrare in contatto anche con il governo di N’Djamena.
Il Ciad, con la sua posizione strategica nel cuore dell’Africa centrale e le sue risorse naturali, inclusi i giacimenti petroliferi, continua ad essere un attore fondamentale nelle dinamiche di sicurezza e geopolitica della regione. Il governo ciadiano dovrà dunque garantire la stabilità del Paese puntando sulla differenziazione delle alleanze internazionali, al fine di garantirsi un nuovo ruolo nel contesto di un mondo diretto verso il multipolarismo.
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