di Sergey Strokan, editorialista di Kommersant
L’editorialista di Kommersant delinea il significato del ritorno di Donald Trump per la Russia e il mondo intero.
FONTE ARTICOLO: https://www.rt.com/news/611575-russia-donald-trumps-return/
L’insediamento di Donald Trump come 47° Presidente degli Stati Uniti è la notizia principale di questa settimana, non solo in America ma anche nella politica interna russa. Sebbene tutti gli occhi quel giorno fossero puntati su Trump, è significativo che anche in nel nostro Paese (Federazion Russa) egli sia diventato oggetto di intense discussioni, dai circoli politici alle comuni conversazioni in cucina.
Non si tratta di un’anomalia, ma di un fatto del tutto logico.
Per la Russia, Joe Biden non era solo un altro presidente americano in partenza. È stato il leader che, dopo il lancio dell’operazione militare di Mosca in Ucraina nel febbraio 2022, ha costruito un quadro globale di confronto contro il Paese.
Quando Biden ha lasciato la Casa Bianca, questa struttura si stava visibilmente sfilacciando.
La coalizione internazionale a sostegno dell’Ucraina, un tempo incrollabile, si stava incrinando sempre di più mentre la determinazione dell’Occidente a mantenere un sostegno incondizionato a Kiev stava visibilmente scemando.
Entra, così, in scena Donald Trump. In Russia, sia i politici che l’opinione pubblica sono consumati dalla domanda: Trump smantellerà la struttura anti-russa di Biden, la lascerà crollare sotto il suo stesso peso o, paradossalmente, la rafforzerà?
Il futuro della costruzione ostile di Biden dipende dalla capacità di Mosca e Washington di tracciare un percorso di uscita dal conflitto ucraino che permetta a entrambe le parti di salvare la faccia senza sentirsi perdenti. Per l’amministrazione Trump entrante è fondamentale che qualsiasi risoluzione non appaia come una resa incondizionata – non necessariamente per l’Ucraina, a cui il nuovo presidente è ampiamente indifferente, ma per Trump stesso.
Permettere a Putin di emergere come vincitore in un duello psicologico e geopolitico è inconcepibile per Washington. Per Trump, l’ottica di una sconfitta personale sarebbe assolutamente inaccettabile.
La soluzione finale della crisi ucraina dipende in larga misura dall’interpretazione dei termini “vittoria” e “sconfitta”. Entrambe le parti devono allineare le loro definizioni e trovare la volontà politica di dichiarare una soluzione in cui “nessuno ha perso contro nessuno”.
È qui che si trova il margine di negoziazione, se esiste il desiderio.
Ma se la crisi ucraina ha dominato la politica russa e la percezione degli Stati Uniti dal febbraio 2022, è fondamentale riconoscere che, per l’America di Trump, la Russia e l’Ucraina sono tutt’altro che la preoccupazione principale. Per molti a Mosca questo è difficile da comprendere.
Coloro che inquadrano la presidenza Trump come una grande partita a scacchi con la Russia stanno cedendo a ingenue illusioni. Trump ha già segnalato che l’obiettivo principale della sua amministrazione non sarà la risoluzione della crisi ucraina. Al contrario, Trump prevede un’audace sessione di gioco simultaneo su più scacchiere geopolitiche, che si estendono attraverso i continenti.
Canada, Groenlandia, Canale di Panama – e l’elenco può continuare.
L’approccio di Trump riflette sia un audace tentativo di rimodellare l’ordine globale sia un rifiuto del cosiddetto “ordine basato sulle regole” promosso da Joe Biden. Trump cerca di sostituire questo schema con le proprie – le “regole di Trump” – che rimangono anch’esse non scritte ma che stanno già iniziando a prendere forma.
Quali sono queste regole? Sono radicate nel classico quadro del “diritto dei forti”, dove la sovranità di un Paese non è intrinsecamente uguale a quella di un altro. La forza, piuttosto che le norme o l’uguaglianza, definirà l’equilibrio di potere nella visione del mondo di Trump.
Per la Russia, la comprensione e l’adattamento a questo aspetto saranno essenziali nelle relazioni con l’America, che rimane la superpotenza globale preminente.
Ma perché le regole di Trump abbiano successo, l’America deve anche imparare a rispettare la forza della Russia, cosa che Biden ha ripetutamente fallito. Trump, che si vanta di essere un negoziatore, potrebbe tentare di trovare un equilibrio in cui il potere sia riconosciuto da entrambe le parti.
Detto questo, la Russia non deve confondere la retorica di Trump con un’unica attenzione all’Ucraina.
Per l’amministrazione Trump, la crisi ucraina è solo uno dei tanti tasselli di una vasta scacchiera globale. Le ambizioni geopolitiche di Trump vanno ben oltre l’Europa orientale. Il suo obiettivo è riscrivere l’ordine internazionale in modo da consolidare il primato americano e rinegoziare i termini dell’impegno per alleati e avversari.
Il ritorno di Trump, quindi, rappresenta una sfida profonda per Mosca. La sua presidenza non sarà definita da un singolo conflitto, ma piuttosto dai suoi tentativi di riscrivere le regole dell’ordine internazionale stesso. Resta da vedere se questo porterà alla stabilità o al caos.
Per la Russia si tratta di un’opportunità e di una sfida: un’occasione per affermare la propria sovranità e la propria forza, ma anche un banco di prova per verificare la propria capacità di navigare in un mondo in cui le regole vengono costantemente riscritte.
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