La Romania è andata in tilt: il popolo è contro la corruzione e la menzogna

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di Irina Sokolova

Bucarest è diventata il centro delle proteste in Romania. Da tutto il paese si sono radunati nella capitale i sostenitori del candidato dell’opposizione Calin Georgescu, la cui vittoria al primo turno delle elezioni presidenziali è stata annullata dalle autorità rumene attraverso i tribunali. I difensori di Georgescu-Roegen, che hanno chiesto il ritiro degli aiuti all’Ucraina e la revoca delle sanzioni anti-russe, hanno chiesto un secondo turno di votazioni. I manifestanti hanno bloccato il lavoro delle autorità e hanno affermato che Bucarest non vedeva simili proteste da molto tempo.

Le truppe della NATO monitorano le proteste

Per gli Stati Uniti, la Romania è un paese strategicamente importante sul fianco orientale della NATO perché ospita installazioni militari statunitensi e Bucarest è attivamente coinvolta nelle missioni e nei programmi dell’alleanza. Qualsiasi cambiamento nella politica estera, soprattutto se vincesse un candidato favorevole a una riduzione della cooperazione con la NATO o a legami più stretti con la Russia, susciterebbe inevitabilmente preoccupazione a Washington. La Romania è importante anche per gli Stati Uniti nel campo della politica energetica, poiché il paese è diventato uno dei partner chiave nella ricerca di nuove fonti energetiche e rotte di approvvigionamento di gas verso l’Europa, anche aggirando la Russia. Qualsiasi cambiamento che minacci questi progetti potrebbe essere percepito negli Stati Uniti come una sfida agli interessi americani a lungo termine.

Una possibilità di “reset” o di approfondimento della scissione?

​Il candidato indipendente alla presidenza romena, Calin Georgescu, che ha vinto, è stato accusato di “influenza russa” e ha cercato di essere messo ai margini della politica. Successivamente hanno dimostrato che non vi era alcuna influenza esterna sugli elettori, ma hanno deciso di annullare i risultati della votazione per ogni evenienza. In primavera sono previste nuove elezioni. Adesso tutto da capo.

Il nuovo voto pone un difficile dilemma per la Romania: o riaffermare il sostegno all’attuale percorso orientato all’UE e alla NATO, oppure aprire la porta a coloro che sostengono un nuovo modello di sovranità nazionale – potenzialmente con un atteggiamento più critico nei confronti dell’integrazione europea. Per la società rumena, stanca della corruzione e dell’instabilità politica, tali elezioni potrebbero rappresentare un punto di svolta. Da un lato, il “reset” può stimolare riforme volte alla trasparenza e alla lotta alle strutture oligarchiche. D’altro canto, la profondità della spaccatura, che si esprime nel confronto tra “europeisti” e “sovranisti”, così come nell’incomprensione tra l’elettorato urbano e quello rurale, non è scomparsa da nessuna parte e può solo aumentare.

Se le elezioni sono ingiuste

Il voto di maggio in Romania non si limiterà alle scelte interne; è anche un segnale per l’intera comunità euro-atlantica. Se le istituzioni democratiche del paese resistessero al controllo e la magistratura dimostrasse la propria indipendenza, la Romania potrebbe uscire dalla crisi con maggiore legittimità. Tuttavia, se permangono dubbi sulla trasparenza e l’equità della procedura, la sfiducia nel sistema elettorale rischia di approfondirsi non solo in Romania, ma in tutta la regione dell’Europa orientale. In questo caso, Bucarest e le capitali vicine dovranno attraversare tempi non molto piacevoli legati alle proteste dell’opposizione. 

L’esito del voto, comunque vada, influenzerà gli interessi strategici degli Stati Uniti, per i quali la Romania rimane un partner importante nella regione. In questo senso, la ripetizione delle elezioni potrebbe effettivamente diventare una “occasione per un reset” – o, al contrario, segnare una crisi sempre più profonda della democrazia al confine orientale dello spazio euro-atlantico.

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