di Andrea Turi
Era il 30 novembre del 2001 quando la banca d’investimento multinazionale americana e società di servizi finanziari Goldman Sachs pubblicò il Global Economics Paper no: 66 dal titolo Building Better Global Economic BRICs: a firmarlo Jim O’Neill, noto economista ed ex presidente di Goldman Sachs Asset Management, il quale per la prima volta utilizzò l’acronimo BRIC per identificare Brasile, Russia, India e Cina, vale a dire quelle economie emergenti che avrebbero svolto un ruolo importante nell’economia globale del XXI secolo, poiché – con i loro tassi di crescita – potevano potenzialmente essere in grado di rimodellare i mercati globali e le dinamiche geopolitiche, ridisegnando, così, gli equilibri mondiali.
O’Neill scrisse questo articolo in un periodo in cui l’espansione economica dei Paesi occidentali era stagnante, mentre le economie di Brasile, Russia, India e Cina stavano crescendo così rapidamente che il PIL aggregato dei quattro Paesi era superiore a quello dei membri del G7; questo spinse l’economista a suggerire che i quattro Paesi avrebbero avuto un impatto sempre più marcato sulle dinamiche economiche globali con la conseguenza che le istituzioni internazionali avrebbero dovuto adattarsi a questo scenario non più remoto: ad esempio, il Gruppo dei Sette (G7), avrebbe dovuto provvedere ad una riduzione della rappresentanza degli Stati europei da 3 ad 1 e, di conseguenza, gettare le basi per una riforma dell’organizzazione che riunisce sette delle principali economie avanzate del mondo cogliendo l’opportunità di incorporare la Cina e probabilmente il Brasile e la Russia e possibilmente l’India, espandendo il corpo centrale dell’organo chiave di coordinamento della politica economica globale a 8 o 9[1]”.
Considerando la loro capacità di offrire opportunità di mercato e crescita molto superiori rispetto ai cosiddetti Paesi sviluppati e industrializzati, O’Neill ipotizzò anche che i quattro Paesi del BRIC avrebbero attratto una quantità sempre più significativa di investimenti internazionali e, alla luce di questa espansione del loro peso economico, avrebbero assunto un ruolo sempre più rilevante anche nella politica globale, influenzando temi come commercio internazionale, sicurezza, e politiche ambientali.
Lo stesso O’Neill collaborò due anni più tardi al lavoro di Dominic Wilson e Roopa Purushothaman – pubblicato nella medesima serie Global Economics Paper di Goldman Sachs con il titolo di Dreaming With BRICs: The Path to 2050 – in cui si evidenziava come la differenza di reddito pro capite tra BRIC e Paesi sviluppati si sarebbe ridotta col tempo, segnalando una convergenza economica che, nel 2050, avrebbe portato Brasile, Russia, India e Cina a diventare una forza molto più grande nell’economia mondiale. Tracciando una mappa della crescita del PIL, del reddito pro capite e dei movimenti valutari delle economie dei BRIC fino a metà del XXI secolo, gli analisti arrivarono alla conclusione che “i risultati sono sorprendenti. Se le cose andranno bene,in meno di 40 anni le economie dei BRIC potrebbero essere più grandi del G6[2] in termini di dollari. Entro il 2025 potrebbero rappresentare oltre la metà delle dimensioni del G6. Dell’attuale G6, solo gli Stati Uniti e il Giappone potrebbero essere tra le sei maggiori economie in dollari nel 2050. L’elenco delle dieci maggiori economie mondiali potrebbe essere molto diverso nel 2050. Le maggiori economie del mondo (per PIL) potrebbero non essere più le più ricche (per reddito pro capite), rendendo più complesse le scelte strategiche delle imprese[3]”.
Riprendendo le intuizioni dell’articolo di O’Neill che nel 2001 aveva offerto una visione innovativa dello scenario economico futuro a livello globale evidenziando il potenziale di alcuni mercati emergenti e ponendo le basi per l’inizio di un dialogo economico-politico tra Paesi non afferenti il campo occidentale, il report economico prevedeva che i Paesi del BRIC avrebbero sperimentato una crescita economica molto più rapida rispetto alle economie sviluppate e industrializzate con la conseguenza di registrare significativi cambiamenti nella distribuzione della ricchezza su scala mondiale visto che, con la crescita dei rispettivi PIL nazionali, le economie BRIC avrebbero registrato anche una rapida espansione della classe media, fatto che avrebbe spinto la domanda di beni di consumo e di infrastrutture; ciascuna realtà del BRIC veniva identificata con dei punti di forza specifici: il Brasile poteva contare su agricoltura e risorse naturali, la Federazione Russa sulle ingenti risorse energetiche di cui dispone, l’India sul settore dei servizi, la Cina sulla manifattura. Scrivono gli estensori del report nell’introduzione che “nella nostra recente ricerca globale abbiamo sottolineato l’importanza di pensare al mondo invia di sviluppo, concentrandoci sulle caratteristiche chiave dello sviluppo e della globalizzazione che riteniamo importanti per gli investitori con una prospettiva di lungo periodo. Uno dei temi principali di questo lavoro è che, nei prossimi decenni, lacrescita generata dai grandi Paesi in via di sviluppo, in particolare i BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), potrebbe diventare una forza molto più grande nell’economia mondiale di quanto non lo sia ora e molto più grande di quanto molti investitori attualmente si aspettino[4]”.
Secondo l’analisi di Wilson e Purushothaman, se i BRIC avessero mantenuto il ritmo di crescita previsto avrebbero potuto superare le economie del G6 entro il 2050 e, così, aumentando la loro influenza su questioni economiche, finanziarie e politiche globali, trasformare la struttura dell’economia globale: “una crescita maggiore può portare a rendimenti più elevati e a una maggiore domanda di capitale. Il peso dei BRIC nei portafogli di investimento potrebbe aumentare sensibilmente. Iflussi di capitale potrebbero spostarsi ulteriormente a loro favore, provocando importanti riallineamenti valutari. L’aumento dei redditi potrebbe anche portare queste economie a spostarsi nel “punto di forza” della crescita per diversi tipi di prodotti, in quanto i modelli di spesa locali cambiano. Questo potrebbe essere un importante fattore determinante per la domanda e i prezzi di una serie di materie prime[5]”.
Il lavoro dei due economisti di Goldman Sachs ha avuto il merito di porre l’attenzione anche sulle dinamiche demografiche, un fattore che avrebbe giocato un ruolo importante nel modo in cui il mondo cambierà. Anche all’interno dei BRIC, gli impatti demografici variano notevolmente. Si prevede che il declino della popolazione in età lavorativa avverrà generalmente più tardi rispetto alle economie sviluppate, ma sarà più marcato in Russia e Cina rispetto a India e Brasile[6].
Il concetto di BRIC è, allora, diventato una parte fondamentale della discussione economica globale e ha portato alla concreta creazione del blocco politico dei BRICS, un’alleanza informale tra questi Paesi volta principalmente all’aumento della cooperazione politica ed economica. È stata la Russia a vederne per prima le potenzialità e a dare l’impulso alla effettiva creazione del gruppo quando il 20 settembre 2006, a margine di una sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, su proposta del Presidente Vladimir Putin si è tenuta la prima riunione a livello ministeriale dei BRICS; a quell’incontro parteciparono i ministri degli Esteri di Russia, Brasile e Cina e il ministro della Difesa indiano che trovarono un punto in comune nell’esprimere il loro interesse all’espansione della cooperazione multilaterale tra i quattro Paesi.
Così meno di due anni più tardi, il 16 maggio 2008, Ekaterinburg (Federazione Russa) ha ospitato la riunione dei ministri degli Esteri dei BRICS al termine della quale è stato emesso un comunicato congiunto che rifletteva le posizioni comuni sulle questioni più importanti dello sviluppo globale; un altro passo importante è stato compiuto il 9 luglio 2008, quando il Presidente russo Dmitry Medvedev ha incontrato il Presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, il Primo Ministro indiano Manmohan Singh e il Presidente cinese Hu Jintao a margine del Vertice del Gruppo degli 8 (G8)[7] di Toyako, in Giappone.
Il 16 giugno 2009, sempre ad Ekaterinburg, si è tenuto il primo vertice dei BRIC al termine del quale è stato adottato un documento congiunto che definiva gli obiettivi del gruppo per promuovere il dialogo e la cooperazione tra i nostri Paesi in modo costante, proattivo, pragmatico, aperto e trasparente. Questo il comunicato congiunto del vertice di Ekaterinburg: “noi, leader della Repubblica Federativa del Brasile, della Federazione Russa, della Repubblica dell’India e della Repubblica Popolare Cinese, abbiamo discusso della situazione attuale dell’economia globale e di altre questioni urgenti dello sviluppo globale, nonché delle prospettive di ulteriore rafforzamento della collaborazione all’interno del BRIC, in occasione del nostro incontro a Ekaterinburg il 16 giugno 2009.
Siamo giunti alle seguenti conclusioni:
1. Sottolineiamo il ruolo centrale svolto dai vertici del G20 nell’affrontare la crisi finanziaria. Essi hanno favorito la cooperazione, il coordinamento delle politiche e il dialogo politico sulle questioni economiche e finanziarie internazionali.
2. Invitiamo tutti gli Stati e gli organismi internazionali competenti ad agire con vigore per attuare le decisioni adottate al Vertice del G20 di Londra del 2 aprile 2009. Collaboreremo strettamente tra di noi e con altri partner per garantire ulteriori progressi dell’azione collettiva al prossimo Vertice del G20 che si terrà a Pittsburgh nel settembre 2009. Auspichiamo un esito positivo della Conferenza delle Nazioni Unite sulla crisi economica e finanziaria mondiale e il suo impatto sullo sviluppo, che si terrà a New York dal 24 al 26 giugno 2009.
3. Ci impegniamo a portare avanti la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, in modo da riflettere i cambiamenti dell’economia globale. Le economie emergenti e in via di sviluppo devono avere maggiore voce e rappresentanza nelle istituzioni finanziarie internazionali, i cui capi e dirigenti dovrebbero essere nominati attraverso un processo di selezione aperto, trasparente e basato sul merito. Riteniamo inoltre che vi sia una forte necessità di un sistema monetario internazionale stabile, prevedibile e più diversificato.
4. Siamo convinti che un’architettura finanziaria ed economica riformata debba basarsi, tra l’altro, sui seguenti principi:
– processo decisionale e attuativo democratico e trasparente presso le organizzazioni finanziarie internazionali;
– solida base giuridica;
– compatibilità delle attività delle istituzioni nazionali di regolamentazione e degli organismi internazionali di definizione degli standard;
– rafforzamento delle pratiche di gestione del rischio e di vigilanza.
5. Riconosciamo l’importante ruolo svolto dal commercio internazionale e dagli investimenti diretti esteri nella ripresa economica mondiale. Invitiamo tutte le parti a collaborare per migliorare il contesto del commercio e degli investimenti internazionali. Esortiamo la comunità internazionale a mantenere stabile il sistema commerciale multilaterale, a frenare il protezionismo commerciale e a spingere per ottenere risultati completi ed equilibrati dall’Agenda di sviluppo di Doha dell’OMC.
6. I Paesi più poveri sono stati i più colpiti dalla crisi finanziaria. La comunità internazionale deve intensificare gli sforzi per fornire risorse finanziarie liquide a questi Paesi. La comunità internazionale deve inoltre impegnarsi per ridurre al minimo l’impatto della crisi sullo sviluppo e garantire il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. I Paesi sviluppati dovrebbero rispettare l’impegno di destinare lo 0,7% del reddito nazionale lordo all’assistenza ufficiale allo sviluppo e compiere ulteriori sforzi per aumentare l’assistenza, la riduzione del debito, l’accesso al mercato e il trasferimento di tecnologia per i Paesi in via di sviluppo.
7. L’attuazione del concetto di sviluppo sostenibile, che comprende, tra l’altro, la Dichiarazione di Rio, l’Agenda per il XXI secolo e gli accordi ambientali multilaterali, dovrebbe essere un vettore importante nel cambiamento del paradigma dello sviluppo economico.
8. Siamo a favore del rafforzamento del coordinamento e della cooperazione tra gli Stati nel settore energetico, compresi i produttori e i consumatori di energia e gli Stati di transito, nel tentativo di ridurre l’incertezza e garantire stabilità e sostenibilità. Sosteniamo la diversificazione delle risorse e dell’approvvigionamento energetico, comprese le energie rinnovabili, la sicurezza delle rotte di transito dell’energia e la creazione di nuovi investimenti e infrastrutture energetiche.
9. Sosteniamo la cooperazione internazionale nel campo dell’efficienza energetica. Siamo pronti a un dialogo costruttivo su come affrontare il cambiamento climatico sulla base del principio della responsabilità comunema differenziata, data la necessità di combinare le misure di protezione del clima con i passi per adempiere ai nostri compiti di sviluppo socio-economico.
10. Riaffermiamo di rafforzare la cooperazione tra i nostri Paesi in settori socialmente vitali e di intensificare gli sforzi per la fornitura di assistenza umanitaria internazionale e per la riduzione dei rischi di catastrofi naturali. Prendiamo atto della dichiarazione sulla sicurezza alimentare globale rilasciata oggi come un importante contributo dei Paesi BRIC agli sforzi multilaterali per creare le condizioni sostenibili per questo obiettivo.
11. Riaffermiamo di far progredire la cooperazione tra i nostri Paesi nel campo della scienza e dell’istruzione con l’obiettivo, tra l’altro, di impegnarsi nella ricerca fondamentale e nello sviluppo di tecnologie avanzate.
12. Sottolineiamo il nostro sostegno a un ordine mondiale multipolare più democratico e giusto, basato sullo Stato di diritto internazionale, sull’uguaglianza, sul rispetto reciproco, sulla cooperazione, sull’azione coordinata e sul processo decisionale collettivo di tutti gli Stati. Ribadiamo il nostro sostegno agli sforzi politici e diplomatici per risolvere pacificamente le controversie nelle relazioni internazionali.
13. Condanniamo fermamente il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni e ribadiamo che non può esistere alcuna giustificazione per alcun atto di terrorismo, in nessun luogo e per nessuna ragione. Prendiamo atto che il progetto di Convenzione globale contro il terrorismo internazionale è attualmente all’esame dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e ne chiediamo l’urgente adozione.
14. Esprimiamo il nostro forte impegno nei confronti della diplomazia multilaterale con le Nazioni Unite che svolgono un ruolo centralenell’affrontare le sfide e le minacce globali. A questo proposito, riaffermiamo la necessità di una riforma globale delle Nazioni Unite al fine di renderle più efficienti in modo che possano affrontare le sfide globali odierne in modo più efficace. Ribadiamo l’importanza che attribuiamo allo status dell’India e del Brasile negli affari internazionali e comprendiamo e sosteniamo le loro aspirazioni a svolgere un ruolo maggiore nelle Nazioni Unite.
15. Abbiamo concordato misure per promuovere il dialogo e lacooperazione tra i nostri Paesi in modo incrementale, proattivo, pragmatico, aperto e trasparente. Il dialogo e la cooperazione tra i Paesi BRIC favoriscono non solo gli interessi comuni delle economie di mercato emergenti e dei Paesi in via di sviluppo, ma anche la costruzione di un mondo armonioso di pace duratura e prosperità comune.
16. La Russia, l’India e la Cina accolgono con favore il gentile invito del Brasile al prossimo vertice BRIC che ospiterà nel 2010[8].
A partire da quell’anno, il lavoro dei BRICS si è sviluppato sulla base di piani d’azione approvati durante vertici annuali che hanno visto celebrarsi l’ultimo dal 22 al 24 ottobre 2024, quando i leader di Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica si sono riuniti a Kazan – Federazione Russa – per il XVI vertice che si è tenuto sotto il tema “Rafforzare il multilateralismo per uno sviluppo e una sicurezza globali giusti” ed ha visto per la prima volta la partecipazione di Egitto, Etiopia, Repubblica Islamica dell’Iran, Emirati Arabi Uniti in qualità di membri, a seguito della loro adesione formale all’organizzazione avvenuta a conclusione del XV vertice svoltosi a Johannesburg, Sudafrica.
Al termine dei lavori è stata adottata la Dichiarazione di Kazan che in 134 punti distribuiti in 43 pagine, in un preambolo e quattro sezioni – rafforzamento del multilateralismo, sicurezza globale e regionale, cooperazione finanziaria ed economica e scambi umanitari – affronta temi chiave quali l’ulteriore sviluppo dell’associazione e la cooperazione economica tra i Paesi del gruppo BRICS, la posizione su varie questioni di portata globale, la gestione e la risoluzione delle crisi regionali – comprese quelle in Ucraina e in Medio Oriente – oltre a una riforma delle più importanti istituzioni internazionali come l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il suo consiglio di sicurezza (i capi di Stato dei Paesi BRICS, infatti, hanno espresso il loro sostegno a una riforma globale delle Nazioni Unite, compreso il Consiglio di Sicurezza, con l’obiettivo di renderlo più democratico, rappresentativo ed efficace).
La Dichiarazione adottata a Kazan delinea la visione condivisa del gruppo dello stato attuale del sistema internazionale, approcci comuni o sovrapposti ai problemi globali fondamentali e alle crisi regionali, nonché percezioni dei contorni per l’ordine mondiale desiderabile e raggiungibile, come visto dai membri del gruppo. Sebbene nella Dichiarazione non vi siano programmi specifici o mappe indicanti la strada maestra da seguire, questa copre una serie di obiettivi chiave che il gruppo dovrebbe o potrebbe perseguire entro i prossimi due anni. È chiaro che il documento riflette il molto lavoro approfondito e persistente svolto da esperti e funzionari governativi a vari livelli riuniti in formati multilaterali negli ultimi due mesi.
Il preambolo indica che “noi, leader dei Paesi BRICS, ci siamo riuniti a Kazan, nella Federazione Russa, dal 22 al 24 ottobre 2024 per il XVI Vertice BRICS, tenutosi sotto il tema: “Rafforzare il multilateralismo per un giusto sviluppo e sicurezza globale”.
Ribadiamo l’importanza di rafforzare ulteriormente la solidarietà e la cooperazione dei BRICS sulla base dei nostri interessi reciproci e delle nostre priorità chiave e di rafforzare ulteriormente il nostro partenariato strategico.
Riaffermiamo il nostro impegno verso lo spirito BRICS di rispetto e comprensione reciproci, uguaglianza sovrana, solidarietà, democrazia, apertura, inclusione, collaborazione e consenso. Sulla base di 16 anni di vertici BRICS, ci impegniamo ulteriormente a rafforzare la cooperazione nell’ambito del BRICS allargato sotto i tre pilastri della cooperazione politica e di sicurezza, economica e finanziaria, culturale e interpersonale e a potenziare il nostro partenariato strategico a beneficio dei nostri popoli attraversola promozione della pace, di un ordine internazionale più rappresentativo e più equo, di un sistema multilaterale rinvigorito e riformato, dello sviluppo sostenibile e della crescita inclusiva.
[…] Accogliamo con favore il notevole interesse dei Paesi delSud globale per i BRICS e approviamo le modalità della categoria dei Paesi partner dei BRICS. Crediamo fermamente che l’estensione del partenariato BRICS con i Paesi meno sviluppati contribuirà ulteriormente a rafforzare lo spirito di solidarietà e la vera cooperazione internazionale a beneficio di tutti. Ci impegniamo a promuovere ulteriormente lo sviluppo istituzionale dei BRICS[9].
Il gruppo ha già affrontato molteplici crisi e sfide globali e ha ribadito in modo ufficiale e condiviso il proprio impegno a promuovere un ordine mondiale multipolare, più equo e giusto, in cui tutte le nazioni abbiano pari voce in capitolo negli affari globali. Ciò si riflette nell’invito della dichiarazione a una maggiore rappresentanza dei Paesi emergenti e in via di sviluppo nelle istituzioni internazionali: si legge, infatti, che “notiamo l’emergere di nuovi centri di potere, di decisioni politiche e di crescita economica, che possono aprire la strada a un ordine mondiale multipolare più equo, giusto, democratico ed equilibrato”, aggiungendo che questo sistema sarebbe più vantaggioso per i Paesi in via di sviluppo rispetto all’attuale ordine internazionale a guida occidentale. I Paesi BRICS hanno, così, accolto con favore la crescente influenza di organizzazioni regionali quali l’Unione Africana e l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO); organizzazioni che sono considerate piattaforme importanti per poter promuovere una sempre maggiore cooperazione economica, sicurezza e scambi culturali tra i loro Stati membri.
La dichiarazione chiede, inoltre, un rafforzamento dell’Organizzazione Mondiale del Commercio al fine di risolvere le controversie commerciali e, secondo i valori che stanno alla base dell’unione del gruppo (“Riaffermiamo il nostro impegno allo spirito BRICS di rispetto e comprensione reciproci, uguaglianza sovrana, solidarietà, democrazia, apertura, inclusione, collaborazione e consenso”), è stato sottolineato che tutti i Paesi hanno il diritto di perseguire i propri percorsi di sviluppo e di prendere decisioni sui propri affari interni senza interferenze da parte di altri Stati.
I BRICS hanno preso atto del “notevole interesse” espresso dai Paesi del Sud globale a collaborare con il blocco – se non proprio a farne parte – e hanno, quindi, approvato le modalità di attuazione per una nuova categoria di “Paesi partner[10]” poiché “siamo fermamente convinti che l’estensione del partenariato BRICS con i Paesi emergenti e in via di sviluppo contribuirà ulteriormente a rafforzare lo spirito di solidarietà e la veracooperazione internazionale a beneficio di tutti”.
La Dichiarazione si oppone fermamente alle misure coercitive messe in campo dall’Occidente a guida statunitense, condannando tutte le sanzioni e le iniziative unilaterali afferenti alla medesima sfera in quanto incompatibili con il diritto internazionale, sottolineando, inoltre, le loro implicazioni di vasta portata per quei diritti umani di cui l’Occidente si fa paladino nel mondo.
A Kazan si è anche deciso di sviluppare un commercio nelle valute locali dei Paesi aderenti al gruppo, i quali riconoscono i benefici diffusi provenienti da strumenti di pagamento transfrontalieri più rapidi, meno costosi, più efficienti, trasparenti, sicuri e inclusivi, basati sulla riduzione al minimo delle barriere commerciali e sulla garanzia di un accesso non discriminatorio – il riferimento probabilmente è all’esclusione della Russia dal sistema di pagamento occidentale SWIFT in seguito allo scoppio dell’operazione militare speciale russa in Ucraina – e accolgono “con favore l’uso di valute locali nelle transazioni finanziarie tra i Paesi BRICS e i loro partner commerciali” chiedendo, dunque, la creazione di un’iniziativa per i pagamenti transfrontalieri. Parlando con la Presidente della Nuova Banca di Sviluppo dei Brics, Dilma Rousseff, Vladimir Putin ha affermato che l’uso di valute locali al posto del dollaro o dell’euro “aiuta a mantenere lo sviluppo economico il più possibile libero dalla politica nel contesto del mondo di oggi[11]”.
Nell’intervenire alla cerimonia di apertura del secondo giorno del 9° incontro annuale della Nuova Banca di Sviluppo (NDB) tenutosi a Città del Capo, in Sudafrica, il 30 agosto 2024, la stessa Rousseff aveva informato la platea della volontà di espandere l’uso delle valute locali per finanziare lo sviluppo sostenibile delle economie emergenti e dei Paesi in via di sviluppo poiché i mercati emergenti – e con loro i Paesi cui fanno riferimento – devono affrontare sfide significative per raggiungere lo sviluppo sostenibile, una giusta transizione – come l’ha definita l’ex Presidente del Brasile – che richiede un’enorme quantità di risorse e finanziamenti a lungo termine evitando un massiccio e dannoso indebitamento; da qui, la necessità di mettere in atto due azioni: in primo luogo, incanalare la liquidità internazionale verso i Paesi in via di sviluppo e ridurre l’onere degli alti tassi di interesse; in secondo luogo, sviluppare alternative, come il finanziamento in valuta locale, per aumentare lo spazio fiscale per gli investimenti. “L’uso della moneta locale è quindi un’opzione strategica”, ha dichiarato la presidente della NDB, dal momento che “promuovendo le transazioni in valuta locale, facilitiamo anche la crescita degli investimenti, aiutando i governi e il settore privato a superare il disallineamento dei flussi di cassa tra progetti e finanziamenti. Questo approccio offre una maggiore prevedibilità e riduce gli elevati costi associati alle esigenze di copertura”. Per questo motivo, per il periodo 2022-2026, l’espansione dell’uso delle valute locali è uno dei principali obiettivi strategici della cosiddetta Banca dei BRICS, un’istituzione che, inoltre, sta mettendo in atto piattaforme orientate allo sviluppo sostenibile in valuta locale riconoscendo, così, l’urgenza di mettere a disposizione dei Paesi membri finanziamenti per il 30% del totale nelle valute locali dei membri mutuatari.
La stessa linea è stata confermata a Kazan, in un incontro tenutosi a margine del vertice, tra la stessa Dilma Rousseff e il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, durante il quale è stato sottolineato che i Paesi del Sud globale hanno grandi necessità finanziarie e che ci sono difficoltà nell’ottenere questi prestiti: “abbiamo avuto molti investimenti, ma non sono ancora sufficienti per le esigenze dei Paesi BRIC. Per questo è fondamentale rendere disponibili i finanziamenti in valuta locale attraverso piattaforme specifiche. La Nuova Banca di Sviluppo è impegnata a fornire finanziamenti non solo per progetti sovrani, ma anche per progetti del settore privato”, ha dichiarato la sua Presidente. Il presidente russo ha ringraziato la presidente della NBD e auspicato un maggiore utilizzo delle valute nazionali: “apprezziamo molto quello che ha fatto negli ultimi anni. L’aumento dei pagamenti in valuta locale permette di ridurre i tassi di servizio del debito, di aumentare l’indipendenza finanziaria dei Paesi membri dei Brics, di minimizzare i rischi geopolitici e, per quanto possibile nel mondo di oggi, di svincolare lo sviluppo economico dalla politica”, ha osservato il Presidente Putin[12].
D’altronde, la recente campagna di sanzioni senza precedenti condotta dagli Stati Uniti contro Mosca ha costretto la Federazione Russa e gli altri membri dei BRICS a cercare modi alternativi per portare avanti gli scambi commerciali; lo stesso Putin aveva già dichiarato che il Paese stava passando attivamente all’uso delle valute nazionali nel commercio transfrontaliero con i suoi partner BRICS e che i membri del gruppo stavano sviluppando congiuntamente un quadro di pagamento e regolamento da utilizzare negli scambi commerciali, una necessità strategica visto che lo sganciamento dal dollaro statunitense rafforzerebbe l’indipendenza finanziaria e ridurrebbe i rischi geopolitici[13].
Il documento sostiene anche il finanziamento di progetti in valuta locale da parte della Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS e la sua crescita fino a diventare una “primaria istituzione di sviluppo multilaterale”. Per quel che riguarda l’aspetto economico-finanziario, i BRICS propongono un rinnovamento delle istituzioni finanziarie globali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, con l’obiettivo di integrarvi maggiormente i Paesi in via di sviluppo e favorire, così, le condizioni basilari per la creazione di un sistema finanziario più equo rispetto all’attuale.
Per quanto riguarda il contesto delle crisi internazionali, il documento approvato a Kazan esprime seria preoccupazione per i conflitti armati in corso, con un’attenzione particolare alla guerra ucraina e all’escalation della violenza in Medio Oriente. La Dichiarazione sottolinea l’importanza di promuovere la sicurezza globale attraverso la diplomazia, la mediazione e il dialogo inclusivo. Pur riconoscendo la “necessità di rispettare le legittime e ragionevoli preoccupazioni di tutti i Paesi in materia di sicurezza”, il gruppo ha sottolineato la “necessità di impegnarsi nella prevenzione dei conflitti, anche affrontandone le cause profonde”.
Per quanto riguarda lo scenario ucraino, i leader dei BRICS hanno evidenziato la necessità che la diplomazia ritrovi il suo posto di rilievo nelle trattative per la fine delle ostilità accogliendo, così, con favore le proposte avanzate da Russia, Cina e Turchia. Poiché i Paesi BRICS hanno adottato una politica di neutralità riguardo al conflitto tra Russia e Ucraina, la dichiarazione non impegna il gruppo a sostenere nessuna delle due parti[14]. Al contrario, è stato sottolineato che “tutti gli Stati dovrebbero agire coerentemente con gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite” e riconosciute “le pertinenti proposte di mediazione e i buoni uffici volti a una risoluzione pacifica del conflitto attraverso il dialogo e la diplomazia”. Kiev, tuttavia, ha respinto tutte le proposte di pace tranne la propria con la quale si chiede a Mosca di pagare totalmente le riparazioni per i danni di guerra, di ripristinare i confini dell’Ucraina del 1991 e di consegnare i suoi funzionari ai tribunali per i crimini di guerra, richieste respinte da Mosca e tacciate come pura illusione.
Chiedendo, di fatto, una soluzione globale e duratura del conflitto, il linguaggio del documento redatto a Kazan è vicino a quello adottato in una dichiarazione rilasciata ad ottobre da Brasile, Cina e un’altra dozzina di Paesi che hanno aderito al gruppo Amici della pace: Pechino ha raccolto intorno a sé alcuni Paesi del Sud Globale e creato un gruppo internazionale con l’obiettivo di porre fine alla guerra in Ucraina attraverso una piattaforma alternativa al “piano di vittoria” di Zelensky, unanimemente ignorato dalla Comunità Internazionale. A margine dei lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi in un incontro con il consigliere del presidente del Brasile, Celso Amorim, ha dichiarato che “il nuovo gruppo per le iniziative di pace si chiama Amici della Pace” il quale, invece della competizione predilige lo sforzo per un dialogo inclusivo. “Gli Amici della Pace sono nati per la pace, e la Comunità Internazionale dovrebbe accoglierli. Gli Amici della Pace sono chiamati a parlare in modo obiettivo e razionale, svolgeranno un ruolo costruttivo nella soluzione politica della questione ucraina”, ha dichiarato il ministero degli Esteri cinese in un comunicato. Gli Amici della Pace non saranno un gruppo chiuso, ma una piattaforma aperta progettata per dare una voce obiettiva e razionale, svolgendo un ruolo costruttivo nella soluzione politica della crisi ucraina ed alla prima riunione del gruppo hanno partecipato rappresentanti di Algeria, Bolivia, Brasile, Cina, Colombia, Egitto, Indonesia, Kazakistan, Kenya, Messico, Sud Africa, Turchia e Zambia[15].
Il punto principale del piano sino-brasiliano è l’immediata cessazione delle ostilità “lungo l’attuale linea di demarcazione al momento dell’accordo”, il che significherebbe congelare il conflitto militare lungo la linea del fronte; uno dei paragrafi del documento richiede alle parti di aderire a tre principi di de-escalation del conflitto: non allargare il campo di battaglia, non intensificare le ostilità ed evitare provocazioni.
Per quanto riguarda l’infuocato scenario mediorientale, i leader intervenuti a Kazan hanno ribadito la “grave preoccupazione per il deterioramento della situazione e della crisi umanitaria nei Territori Palestinesi Occupati, in particolare per l’escalation di violenza senza precedenti nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania a seguito dell’offensiva militare israeliana” che ha “portato all’uccisione e al ferimento di massa di civili, allo sfollamento forzato e alla distruzione diffusa di infrastrutture civili”; è stato, inoltre, richiesto un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza, sostenendo con decisione una soluzione basata su due Stati con il riconoscimento di uno Stato palestinese sovrano e indipendente nei confini del 1967, come previsto già dalla risoluzione 181 approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 1971 con la quale venne adottato il Piano di partizione della Palestina in due Stati, uno arabo e l’altro ebraico — con Gerusalemme fruente di uno statuto particolare sotto l’egida dell’ONU.
Rimanendo in tema, i BRICS non hanno mai nascosto la volontà di riformare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in direzione di una rappresentanza più ampia per le nazioni in via di sviluppo e al Sud Globale in modo da rendere – questo l’obiettivo – la più alta tra le organizzazioni internazionali più democratica ed efficace nel rispondere alle sfide globali emergenti. Questa non è, certamente, una novità visto che già al vertice di Johannesburg, nel 2023, i Paesi del blocco si erano dichiarati a sostegno di “una riforma globale dell’ONU, compreso il suo Consiglio di Sicurezza, al fine di renderlo più democratico, rappresentativo, efficace ed efficiente e di aumentare la rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo tra i membri del Consiglio, in modo che possa rispondere adeguatamente alle sfide globali prevalenti e sostenere le legittime aspirazioni dei Paesi emergenti e in via di sviluppo dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, tra cui il Brasile, l’India e il Sudafrica, a svolgere un ruolo maggiore negli affari internazionali, in particolare nelle Nazioni Unite, compreso il suo Consiglio di Sicurezza”.
Il Ministro degli Esteri della Federazione Russa, Sergej Lavrov, aveva dichiarato che “Paesi come l’India e il Brasile, così come i rappresentanti dell’Africa, dovrebbero far parte del Consiglio di Sicurezza in modo permanente da molto tempo. Questo è necessario per garantire la rappresentatività, la rappresentanza della maggioranza globale[16]”. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si compone di 15 Paesi, di cui 5 (Russia, Gran Bretagna, Cina, Stati Uniti e Francia) sono membri permanenti con diritto di veto e 10 sono membri non permanenti, eletti per due anni. Anche l’attuale Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres – presente come invitato a Kazan – ha dichiarato che la maggior parte dei Paesi dell’ONU riconosce la necessità di riformarne il Consiglio di sicurezza poiché, parole sue, ad esempio “l’Africa è sotto-rappresentata nell’architettura finanziaria globale, così come non ha un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza. Il mondo è cambiato. La governance globale deve cambiare con essa. Abbiamo bisogno di riforme per rendere i quadri globali veramente universali e rappresentativi del mondo di oggi”. In seguito, parlando con la stampa, Guterres ha affermato che “alcune cose sono cambiate. Innanzitutto, come sapete, l’Assemblea Generale ha deciso che ogni volta che un Paese usa il veto, deve presentarsi all’Assemblea Generale per spiegare le ragioni del veto. È un piccolo passo. Main ogni caso, questo sarebbe stato inconcepibile fino a pochi anni fa”.
Sul documento approvato al termine del vertice, lucida è la considerazione di Zhao Huasheng – professore all’Università di Fudan – e Andrey Kortunov – direttore accademico del Russian International Affairs Council – i quali, in breve, concludono che la Dichiarazione suggerisce che il gruppo BRICS nel suo formato allargato è pronto per iniziare un nuovo capitolo della sua storia e vuole costruire un ordine internazionale più giusto, obiettivo da raggiungere non necessariamente distruggendo il vecchio mondo, ma, piuttosto, promuovendo uno sviluppo globale più equo attraverso la sua stessa crescita, una partecipazione attiva e la leadership. Il gruppo BRICS rappresenta chiaramente gli interessi del Sud Globale e dei Paesi in via di sviluppo, ma non si presenta al mondo come un’alleanza anti-occidentale e non cerca di erodere o distruggere le istituzioni occidentali — come invece vorrebbero le narrazioni occidentali[17].
La dichiarazione rappresenta, allora, un tentativo del gruppo di rafforzare il proprio ruolo come blocco geopolitico indipendente e di promuovere una governance globale multilaterale, più inclusiva e giusta, affrontando sfide come povertà, sicurezza e stabilità economica; la piattaforma BRICS, dicono gli accademici, “non diventerà mai una corrispondenza del G7, data la diversità del gruppo e l’assenza di un leader egemonico. Tuttavia, il gruppo non è timido nel rivendicare un nuovo ruolo più visibile nella governance globale, nonché nella definizione dei parametri del nuovo ordine mondiale. Inoltre, intende trasformarsi in una delle voci più articolate di tutto il Sud del mondo che finora rimane gravemente sottorappresentata nella maggior parte delle istituzioni internazionali multilaterali. Le probabilità sono che la dichiarazione di Kazan attirerà molta attenzione sia nelle comunità politiche che accademiche in tutto il mondo e che riceverà una buona dose di critiche ingiuste. Alcuni direbbero che la Dichiarazione si è rivelata troppo generale, troppo ambigua e non adeguatamente focalizzata su problemi specifici. Alcuni sarebbero persino tentati di liquidare il documento come irrilevante. Tuttavia, la Dichiarazione di Kazan segnala che non solo BRICS è vivo e vegeto, ma che questo è sicuramente un gruppo da guardare in futuro[18]”.
Dalle colonne digitali di The Cradle, l’analista Pepe Escobar ha commentato con entusiasmo l’esito del vertice di Kazan, tanto da scrivere che l’istituzione multilaterale ha finalmente portato mordente e sostanza a molti degli enigmi finanziari e politici globali che da tempo ostacolano un’autentica riorganizzazione dell’ordine globale. […] È stata un’esperienza straordinaria seguire nel corso dell’anno come la diplomazia russa sia riuscita a riunire con successo le delegazioni di 36 nazioni – 22 delle quali rappresentate da capi di Stato – più sei organizzazioni internazionali, tra cui le Nazioni Unite, per il vertice di Kazan. Queste delegazioni provenivano da nazioni che rappresentano quasi la metà del PIL mondiale. L’implicazione è che lo tsunami di migliaia di sanzioni imposte a partire dal 2022, oltre alle incessanti urla sull’“isolamento” della Russia, sono semplicemente scomparse nel vortice dell’irrilevanza. Ciò ha contribuito all’immensa irritazione mostrata dall’Occidente collettivo per questo straordinario incontro.
[…] La prima fase di espansione dei BRICS, lo scorso anno, si è concentrata soprattutto sull’Asia occidentale e sull’Africa nord-orientale (Iran, Emirati Arabi Uniti, Egitto ed Etiopia, mentre l’Arabia Saudita sta ancora decidendo il suo status definitivo). Ora, la nuova categoria “partner” – 13 membri – comprende, tra gli altri, quattro potenze del Sud-Est asiatico, tra cui Malesia e Indonesia, le due principali potenze dell’Heartland, Kazakistan e Uzbekistan, e la Turchia, membro della NATO. Le nazioni a maggioranza musulmana sono ovunque parte della spinta dei BRICS; parallelamente, l’Asia nel suo complesso sta rapidamente diventando territorio privilegiato dei BRICS.
Il dibattito approfondito su come sviluppare un nuovo sistema finanziario e di pagamento globale praticamente da zero – un elemento chiave della de-occidentalizzazione – è stato incessante in tutta la matrice BRICS da febbraio. All’inizio di ottobre, il Ministero delle Finanze russo ha annunciato il lancio del BRICS Bridge – ispirato al progetto mBridge: una piattaforma di pagamento digitale per il commercio transfrontaliero nelle valute nazionali.
Gli egemoni occidentali sono già spaventati. La Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), con sede in Svizzera, sta valutando di chiudere mBridge – sostenuto, tra gli altri, dalle banche commerciali dei membri BRICS Cina ed Emirati Arabi Uniti, dal partner BRICS Thailandia, dal quasi membro BRICS Arabia Saudita e dall’Autorità Monetaria di Hong Kong. La scusa è quella dei “rischi geopolitici”, un eufemismo per indicare che mBridge rende più difficile l’applicazione di sanzioni unilaterali e illegali da parte degli Stati Uniti e dell’UE.[…]
I gruppi di lavoro dei BRICS hanno anche prestato molta attenzione alla facilitazione degli investimenti; si tratta di sistemi aperti, buoni per i membri e i partner dei BRICS. Quando le aziende di qualsiasi latitudine inizieranno ad aderire, la massa critica per la crescita e gli investimenti sarà a portata di mano.
Tutto ciò incarna lo spirito con cui i BRICS inizieranno a funzionare nel 2024 – sotto la guida della presidenza russa – come un laboratorio globale, per testare ogni possibile modello, vecchio e nuovo, da applicare in modo multi-nodale. Dal punto di vista diplomatico, la Dichiarazione di Kazan ha affermato che i nuovi approcci dovrebbero essere presentati alle Nazioni Unite e al G20; tuttavia, realisticamente, non c’è alcuna prova che il blocco collettivo occidentale li riceverà a braccia aperte[19].
Per Thierry Meyssan, analista geopolitico e fondatore di ReseauVoltaire, ha scritto in un articolo dal titolo A Kazan l’ordine del mondo è precipitato che “il vertice dei BRICS a Kazan ha segnato la fine del dominio del G7 sul mondo. Le regole anglosassoni che organizzavano le relazioni internazionali saranno gradualmente sostituite da impegni vincolanti sottoscritti da ciascun Paese. Questa rivoluzione ci riporta ai tentativi fatti da Russia e Francia nel 1899 di stabilire un diritto internazionale, vanificati dalla Conferenza Atlantica e dal duopolio Stati Uniti-Regno Unito”.
Questo evento rappresenta il culmine della strategia avviata nel 2019 dal presidente brasiliano Luiz Inácio da Silva, dal primo ministro russo Vladimir Putin, dal primo ministro indiano Manmohan Singh e dal presidente cinese Hu Jintao. Il loro obiettivo era instaurare relazioni internazionali fondate sulla Carta delle Nazioni Unite, che avrebbero consentito a ogni Paese di svilupparsi. Non si trattava di opporsi all’imperialismo occidentale del G8 (di cui la Russia è stata membro fino al colpo di Stato occidentale di Maidan del 2014 in Ucraina), ma di esplorare un’altra via, senza gli anglosassoni. In un’intervista rilasciata in occasione del vertice di Kazan, Putin, citando le affermazioni del primo ministro Narendra Modi, ha ribadito che «i BRICS non sono un’organizzazione anti-occidentale, ma non-occidentale».
Nella dichiarazione finale i capi di Stato e di governo affrontano quattro questioni distinte: il multilateralismo; la cooperazione per la stabilità e la sicurezza; la cooperazione economica e finanziaria; gli scambi interpersonali.
Dopo aver preso atto che stanno emergendo nuovi centri di potere, indipendenti da quelli occidentali, i partecipanti al vertice hanno ribadito la fedeltà alla Carta delle Nazioni unite, alla cui stesura del resto parteciparono tutti i Paesi membri dei BRICS, tranne gli Emirati Arabi Uniti, all’epoca non ancora indipendenti. Poi si sono detti favorevoli a una riforma dell’Onu e delle sue agenzie, necessaria affinché le sue istituzioni possano adattarsi al mondo contemporaneo e integrarne i nuovi poteri. Nella dichiarazione finale non è stata indicata alcuna data per la riforma del Consiglio di Sicurezza e del FMI, ma è stata fissata al 2025 la scadenza per riformare l’Organizzazione mondiale del Commercio (OMC) e il Consiglio di Amministrazione della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS).
La dichiarazione definisce «illegali» le «misure coercitive unilaterali», cioè le sanzioni adottate al di fuori del Consiglio di sicurezza, siano esse politiche o economiche. I BRICS appoggiano i lavori del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC) ma non si pronunciano sulle conclusioni che ne traggono gli Occidentali. Esprimono profonda preoccupazione per i tentativi di collegare la sicurezza al programma per il cambiamento climatico. Più avanti (al paragrafo 83), condannano l’uso del pretesto climatico per imporre misure protezionistiche unilaterali, punitive e discriminatorie. Sostengono inoltre la cooperazione nella lotta contro i gas serra, conformemente all’articolo 6 degli Accordi di Parigi (§ 85).
Ricordiamo che l’Accademia delle Scienze russa rifiuta l’interpretazione occidentale antropocentrica del cambiamento climatico.
Essi s’impegnano a promuovere e a proteggere i diritti umani, compreso il diritto allo sviluppo e le libertà fondamentali, purché nell’ambito dei principi di uguaglianza e rispetto reciproco. S’impegnano anche a intensificare la lotta contro il razzismo, la discriminazione razziale, nonché la xenofobia e l’intolleranza collegate, e a combattere la discriminazione basata sulla religione, la fede o le credenze, in qualsiasi forma si manifestino nel mondo contemporaneo; infine s’impegnano a contrastare le tendenze allarmanti verso un incremento dei discorsi carichi di odio.
Nella dichiarazione finale i BRICS hanno concordato una posizione comune sui conflitti in corso, facendo riferimento alla Risoluzione 2686 (del 2023) del Consiglio di sicurezza, che denuncia i discorsi d’intolleranza e di odio, e alla Risoluzione 46/182 (1991) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sugli aiuti umanitari di emergenza. Ribadiscono altresì la necessità di rispettare le preoccupazioni legittime e ragionevoli di tutti i Paesi in tema di sicurezza.
Segue una lunga lista di prese di posizione.
• Gaza (§ 30): si sottolinea l’urgente necessità di un cessate-il-fuoco immediato, completo e permanente nella Striscia di Gaza; del rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi e i prigionieri di entrambe le parti, detenuti illegalmente; di una fornitura di aiuti umanitari prolungata e su larga scala; nonché della cessazione di tutti gli atti di aggressione. Tuttavia, si sostiene la soluzione a due Stati (il piano coloniale iniziale di Lord Peel) come unica via d’uscita pacifica possibile.
• Libano (§ 31-32): si condanna come «atto terroristico premeditato» l’esplosione di cercapersone e walkie-talkie del 17 settembre 2024. Si condannano inoltre gli attacchi contro il personale delle Nazioni Unite, le minacce alla loro sicurezza e si chiede allo Stato ebraico di cessare immediatamente questo tipo di azioni. Si chiede anche il rigoroso rispetto della Risoluzione 1701 (2006), ribadendo che essa si applica anche a Israele, che dunque deve ritirarsi dietro la “linea blu” (linea di demarcazione).
• Yemen (§ 33): Si prende posizione a favore della libertà di navigazione, ma, invece di condannare Ansar Allah come fa l’Occidente, ci si impegna ad affrontare le cause del conflitto, nonché a sostenere il dialogo e il processo di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite.
• Siria (§ 34): si insiste sulla necessità di rispettare rigorosamente la sovranità e l’integrità territorialedella Siria. Si condanna la presenza militare straniera illegale, che comporta un aumento dei rischi di un conflitto su larga scala regionale. Si sottolinea inoltre che le «sanzioni unilaterali» illegali esacerbano gravemente le sofferenze del popolo siriano. Si prende posizione anche contro l’occupazione israeliana del Golan siriano (§ 43).
• Iran (§ 35 e 37): si condanna l’attacco alla sede diplomatica della Repubblica islamica d’Iran a Damasco. Si ricorda che l’accordo JCPOA è stato convalidato dal Consiglio di sicurezza, per questa ragione gli Stati Uniti non se ne sarebbero potuti ritirare, come invece hanno fatto.
• Ucraina (§ 36): si sottolinea che tutti gli Stati dovrebbero agire in piena conformità con gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni unite (implicito sostegno all’interpretazione russa del conflitto). Si prende atto con soddisfazione delle pertinenti proposte di mediazione e buoni uffici della Cina, del Sudafrica e dell’India, vòlte a risolvere pacificamente il conflitto attraverso il dialogo e la diplomazia.
• Sudan (§ 40): si condanna l’attacco delle truppe del presidente Abdel Fattah al-Buhran alla residenza del capo della missione dell’ambasciata degli Emirati Arabi Uniti del 29 settembre 2024; attacco paragonabile a quello compiuto da Israele contro le sedi diplomatiche iraniane in Siria. Si chiede un cessate-il-fuoco immediato, permanente e incondizionato.
• Afghanistan (§ 42): si sostiene il principio di uno Stato indipendente, unito e pacifico, libero dal terrorismo, dalla guerra e dalla droga. Si sottolinea la necessità di fornire aiuti umanitari urgenti e ininterrotti al popolo afghano e di proteggere i diritti fondamentali di tutti gli afghani, comprese le donne e i diversi gruppi etnici; questo implica la revoca degli effettivi divieti di accesso all’istruzione secondaria e superiore.
• Disarmo (§ 43-46): i BRICS si dichiarano favorevoli all’accelerazione dell’attuazione delle risoluzioni per la creazione di una zona priva di armi nucleari e di altre armi di distruzione di massa in Medio Oriente (cioè la denuclearizzazione di Israele), in linea con la proposta iraniana.
Sono inoltre favorevoli a prevenire una corsa agli armamenti nello spazio, nonostante l’opposizione degli Stati Uniti.
• Terrorismo (§ 47-49): rifiutano ogni tentativo di politicizzare le questioni di lotta al terrorismo e respingono l’uso di gruppi terroristici per conseguire fini politici; sottolineano inoltre che solo i BRICS sono un’organizzazione efficace in questo settore – allusione diretta alle operazioni segrete di Stati Uniti e Regno Unito. Chiedono la rapida adozione, nell’ambito delle Nazioni Unite, della Convenzione generale sul terrorismo internazionale.
• Criminalità transnazionale (§ 50-53): su impulso della Russia, i BRICS intendono affrontare i problemi relativi alla droga, alla criminalità transnazionale e alla corruzione attraverso il rafforzamento di una risposta repressiva coordinata.
I BRICS stanno innanzitutto affrontando la necessità di una camera di compensazione per lo scambio di liquidità (senza dover passare dal sistema SWIFT, creato dalle reti stay-behind della Nato) e di un sistema di riassicurazione per rendere sicuro il trasporto mercantile (senza dover passare dalle compagnie anglosassoni o da esse controllate indirettamente).
I BRICS non affrontano il commercio dall’angolazione del libero scambio o dei dazi doganali, ma da quello della sicurezza, della resilienza, della stabilità ed efficienza delle catene di approvvigionamento. Da un anno portano avanti un programma per armonizzare e coordinare l’uso delle tecnologie informatiche (PartNIR) nell’economia e nel commercio.
Nella lotta contro le malattie, i BRICS, pur apprezzando il lavoro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), stanno sviluppando un proprio sistema di allarmee assistenza.
Per quanto riguarda la proprietà intellettuale, i BRICS, consapevoli che i diritti d’autore e altri brevetti sono oggi la principale fonte di reddito per gli anglosassoni (non già la produzione reale o finanziaria), intendono riorganizzare il sistema, puntando sulla lotta alla contraffazione piuttosto che sull’aumento delle entrate prodotte. Intendono moltiplicare la cooperazione nei programmi di ricerca, di sviluppo e d’innovazione nei settori della biomedicina, delle energie rinnovabili, delle scienze spaziali e astronomiche, delle scienze oceaniche e polari.
L’obiettivo principale dei BRICS è combattere l’ideologia anglosassone dello scontro di civiltà, appoggiandosi a due agenzie delle Nazioni Unite: l’UNICEF e l’Alleanza delle civiltà. Vogliono incrementare gli scambi interpersonali nei settori dei media, della cultura, dell’istruzione, dello sport, delle arti, dei giovani, della società civile, della diplomazia pubblica e degli scambi universitari.
In questo modo i BRICS si oppongono a unritorno al passato: il concetto di scontro di civiltà, che fu parte essenziale del discorso del presidente George Bush Jr., sembrava essere definitivamente dimenticato. È tornato di moda con la candidatura di Kamala Harris, sostenuta dai neoconservatori. Si tratta né più né meno di una riformulazione ipocritamente dotta dei vecchi discorsi violenti degli anni 1930-1945: per sopravvivere gli Occidentali non hanno altra scelta che eliminare gli altri”.
Nella parte finale dell’articolo, Osservazioni sul Vertice, Meyssan scrive che “sul fronte economico, il vertice ha fatto progressi nella de-dollarizzazione del commercio internazionale. I BRICS si stanno muovendo verso una valuta digitale. Si è parlato anche di un’autorità fiscale comune, di un tribunale per arbitrare le controversie economiche tra i Paesi membri. È emersa inoltre l’idea di una borsa dei cereali, nonché la possibilità di creare un’infrastruttura indipendente di regolamento e depositi transfrontalieri, BRICS Clear. Infine, i BRICS stanno facendo progressi nello sviluppo di un sistema di carte di pagamento, denominato BRICS Pay e presentato nel corso del vertice. Il suo funzionamento sembra relativamente classico: la carta BRICS Pay dovrebbe consentire di regolare i pagamenti in valuta nazionale attraverso l’uso di un codice QR, addebitando un portafoglio elettronico, alimentato tramite un’applicazione omonima e collegandovi una carta bancaria Visa, MasterCard o Mir. Il problema è come mantenere la completa sovranità pur partecipando a una moneta collettiva.
In termini politici, il vertice ha dimostrato soprattutto che i BRICS rifiutano le mutevoli regole dell’Occidente, stabilite dal G7 su base clientelare, preferendo il rispetto della parola data, cioè il diritto internazionale. I Paesi del Sud Globale (in contrapposizione all’Occidente Collettivo) hanno profonda consapevolezza degli impegni e dei trattati, prima firmati poi spudoratamente violati dagli anglosassoni. Gli Occidentali ritengono infatti che, in nome della democrazia, un capo di Stato o di governo eletto possa non sentirsi vincolato dalle firme di chi l’ha preceduto; per contro, gli altri Stati, da loro considerati illiberali o dittatoriali, ritengono che la firma debba comunque essere onorata. Per esempio, Donald Trump ha abbandonato il JCPOA (l’accordo sul nucleare iraniano) che il predecessore Barack Obama aveva lungamente negoziato. Joe Biden non si è a sua volta considerato impegnato dai due documenti firmati dall’amico Barack Obama: l’Accordo di Istanbul (1999) e la Risoluzione 2202 (2015) sugli Accordi di Minsk. Biden sostiene quindi che la Russia ha invaso l’Ucraina e sta violando la Carta delle Nazioni Unite, mentre numerosi testi successivi dimostrano che la Russia è l’unico Paese ad averne seguito alla lettera i principi.
Il FMI ha appena rivisto i metodi di calcolo e ha collocato il PIL russo, a parità di potere d’acquisto, al quarto posto, dietro Cina, Stati Uniti e India. Mosca ha quindi fatto un balzo del 23%, salendo dal deprimente 48° posto occupato in precedenza. Tuttavia, al di là delle realtà economiche (i BRICS rappresentano il 37% del PIL mondiale e il 45% della popolazione mondiale, mentre il G7 rappresenta il 29% del PIL e il 10% della popolazione), questo vertice ha aperto agli occhi a molti. Il mondo si è rovesciato. Non è più dominato da Washington e Londra[20].
Lydia Polgreen, giornalista del The New York Times, ha firmato un articolo titolato Abbiamo appena avuto un assaggio del mondo che verrà e nel quale scrive che “la scorsa settimana, in occasione di un sontuoso vertice globale nella città russa di Kazan, il Primo Ministro etiope Abiy Ahmed, un tempo beniamino dell’Occidente – vincitore del Premio Nobel per la Pace e in passato convinto alleato degli Stati Uniti – ha preso la parola per tessere le lodi del suo ospite: Vladimir Putin, la bête noire dell’ordine basato sulle regole: “Permettetemi di congratularmi con voi per aver mantenuto la resilienza economica in un periodo difficile”, ha commentato Abiy. “Questo periodo non è stato facile per la Russia, ma sotto la sua guida è riuscita a mantenere una resilienza economica che potrebbe essere esemplare per la maggior parte di noi”. A un orecchio inesperto potrebbe sembrare il tipo di lusinga vuota che si offre di solito in un negozio di conversazione tra leader globali. Ma per me si è trattato di un’espressione teatrale che lascia intendere il pericoloso bivio in cui si trova un mondo dilaniato dalle disuguaglianze e assediato da crisi senza fine. È stato un assaggio del mondo a venire e di come il mutevole equilibrio del potere globale sfugga sempre più alla presa dell’Occidente.
[…] La strada è stata lunga dal primo vertice dei BRIC, l’eufonico acronimo coniato da Goldman Sachs per indicare i beneficiari e gli artefici di un mondo sempre più interconnesso e globalizzato. Queste potenze – Brasile, Russia, India e Cina, a cui si è aggiunto successivamente il Sudafrica – si sono riunite per la prima volta nel 2009, in piena crisi finanziaria globale, per chiedere all’ordine mondiale dominato dall’Occidente una quota di potere commisurata alla loro crescente forza economica e geopolitica. All’epoca, per la maggior parte delle potenze coinvolte, si trattava di una serie di richieste urgenti ma relativamente amichevoli.
L’Occidente, da parte sua, sembrava pronto ad accogliere questi cambiamenti, anche se secondo i suoi tempi e le sue condizioni. “C’è sempre stato un consenso sul fatto che il multipolarismo fosse inevitabile e auspicabile, che non avrebbe portato a una rottura del sistema”, ha dichiarato Oliver Stuenkel, politologo brasiliano-tedesco ed esperto dell’alleanza BRICS. “Non si parlava di una nuova guerra fredda”.
Quindici anni dopo il mondo appare molto diverso. Guerre, pandemie, crisi climatiche e altro ancora hanno devastato il mondo. L’etica del sollevamento di tutte le barche attraverso la globalizzazione del periodo della fine della Guerra Fredda è scomparsa da tempo, sostituita in molte parti del mondo da un netto ritorno a un nazionalismo ripiegato su sé stesso e guidato dall’interesse personale a somma zero.
In mezzo a queste turbolenze, la richiesta di riforme è rimasta in gran parte senza risposta. Il dollaro statunitense rimane la valuta dominante del commercio globale e il Gruppo dei 7 ricchi, le economie sviluppate, semmai, giocano un ruolo ancora più importante nel plasmare l’economia globale, con grande dispiacere dei Paesi più poveri. Le potenti istituzioni finanziarie globali che controllano la vita di miliardi di persone, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, hanno continuato la loro tradizione di essere guidate dall’Europa e dagli Stati Uniti. Le istituzioni create verso la fine della Seconda guerra mondiale, che hanno contribuito a garantire la pace globale, restano dominate dall’Occidente.
La Russia e la Cina, invece, si sono allontanate nettamente dall’Occidente e hanno unito le forze in modo potente, cercando di unire il mondo in via di sviluppo contro una recalcitrante egemonia occidentale che lascia poco spazio all’ascesa di altri. Sostengono di parlare a nome della “maggioranza globale”, un termine che Putin ha iniziato a usare con molta libertà negli ultimi tempi, anche se nel suo caso si tratta chiaramente di opportunismo piuttosto che di solidarietà. Ma sta attingendo a una serie di risentimenti molto reali che ho sentito con crescente rabbia e frustrazione da parte di leader, studiosi e gente comune in tutto il Sud del mondo. Essi sentono dal Nord globale una serie di messaggi chiari diretti al mondo povero: Non attraversate i nostri confini. Scambiate alle nostre condizioni. (Aiutateci a sostenere l’onere della riduzione delle emissioni e non aspettatevi molta assistenza per affrontare il cambiamento climatico, nonostante il fatto che storicamente abbiamo causato quasi tutti i danni. Sostenete con noi la sovranità dell’Ucraina e la condanna dell’indifferenza russa nei confronti delle vittime civili. Ascoltate le nostre lezioni sui diritti umani, la democrazia e il diritto internazionale, ma non mettete in dubbio il nostro sostegno alla guerra sanguinosa di Israele a Gaza)”.
Il contesto internazionale attuale, plasmato in larga parte dall’egemonia statunitense e dai suoi interessi, ha, quindi, posto le condizioni perché si verificasse l’avvicinamento di altri Paesi del Sud del Mondo alla piattaforma BRICS; la conseguente espansione del gruppo ha portato ad un accrescimento dell’influenza, geopolitica, economica e commerciale di questo blocco, prospettando un sempre più probabile bilanciamento del potere in mano al campo occidentale, in particolare quello degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Per comprenderne la portata, può essere utile al lettore una rapida panoramica sull’importanza che i singoli Paesi del BRICS+ rivestono a livello regionale e globale. Per quanto riguarda i membri “fondatori”, il Brasile è il leader economico in Sud America e del Mercado Común del Sur (MERCOSUR), un’organizzazione economica e politica che promuove l’integrazione economica e commerciale tra alcuni paesi dell’America Latina; la Federazione Russa, è un potenza militare e la risorsa energetica chiave per l’Europa; l’India, con una popolazione di circa 1.4 miliardi di persone, è un grande mercato emergente e un attore strategico nello scenario indo-pacifico; la Cina è la seconda economia del mondo, una potenza ormai globale oltre che regionale; il Sudafrica è la porta di accesso economica per l’Africa.
A questi, si sono aggiunti l’Egitto, Paese con una economia mista basata sui settori agricolo, turistico e commerciale, che è un influente attore nell’area del Nord Africa e nel Medio Oriente oltre che – con il Canale di Suez – porta di ingresso al Mar Mediterraneo; gli Emirati Arabi Uniti, rilevante snodo commerciale e finanziario dell’area del Golfo Persico; l’Etiopia con il suo settore industriale in crescita, ha il potenziale per essere una delle economie africane capaci di fare da traino per lo sviluppo continentale; la Repubblica Islamica dell’Iran, potenza regionale in Medio Oriente riveste un ruolo rilevante nella produzione ed esportazione di gas e petrolio[21].
Inoltre, la crescente potenza economica dei Paesi BRICS (acronimo, ormai, datato e monco considerata la recente espansione dei Paesi aderenti all’associazione), la loro importanza come una delle principali forze trainanti dello sviluppo economico globale, la loro consistente popolazione e le abbondanti risorse naturali sono alla base della loro sempre più marcata influenza sulla scena internazionale espressa attraverso la partecipazione alle più importanti istituzioni ed organizzazioni mondiali e regionali: i Paesi BRICS, infatti, sono membri influenti delle principali organizzazioni e agenzie internazionali, tra cui l’ONU, il G20, il Movimento dei Non Allineati e il Gruppo dei 77 oltre ad essere anche membri rilevanti di varie associazioni regionali; la Federazione Russa, ad esempio, è membro della Comunità di Stati Indipendenti, dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva e dell’Unione Economica Eurasiatica; la Russia e la Cina sono membri dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai e della Cooperazione economica Asia-Pacifico; il Brasile è membro dell’Unione delle Nazioni Sudamericane, del MERCOSUR e della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi: la Repubblica del Sudafrica è membro dell’Unione africana e della Comunità di sviluppo dell’Africa australe; l’India è membro dell’Associazione dell’Asia meridionale per la cooperazione regionale.
Oggi, i Paesi aderenti alla piattaforma ospitano circa 3,3 miliardi di persone, ovvero oltre il 40% della popolazione mondiale, mentre le loro economie rappresentano – a parità di potere di acquisto – circa il 37,3% del prodotto interno lordo globale: secondo il Fondo Monetario Internazionale, la sola Cina rappresenta il 19,05% (l’India contribuisce con l’8,23%), mentre gli Stati Uniti e l’Unione Europea rappresentano ciascuno circa il 14,5%[22].
Qualche giorno prima dell’apertura del vertice di Kazan, la testata cinese Global Times aveva ospitato uno scritto di Andrey Cortunov in cui il direttore accademico del Russian International Affairs Council cercava risposta alla domanda Perché qualcuno entra a far parte di un club?, intendendo per club il gruppo BRICS. Risponde Cortunov che “l’iscrizione a un club prestigioso offre innegabili vantaggi: è un luogo in cui è possibile fare conoscenze utili, scambiare opinioni su questioni di interesse comune e divertirsi interagendo con i compagni di club. Questo è probabilmente uno dei motivi principali per cui molte nazioni del Sud del mondo vogliono unirsi a BRICS. Una caratteristica importante di BRICS è che il biglietto d’ingresso è gratuito e non ci sono quote associative. Non è necessario soddisfare numerosi criteri di adesione o elevati standard istituzionali; non ci si aspetta che prendano pesanti impegni che potrebbero compromettere la tua sovranità o mettere in discussione i tuoi interessi nazionali. La grande domanda di oggi è se gli Stati membri di BRICS abbiano ambizioni più elevate per il progetto che hanno lanciato nel 2006. Sono contenti del formato già consolidato del club o aspirano a trasformare il gruppo in qualcosa di più istituzionalizzato e potenzialmente più influente? Naturalmente, si potrebbe sostenere che la pura crescita dell’adesione a BRICS si aggiunge già alla diversità, alla legittimità e, in definitiva, alla sua influenza internazionale. Tuttavia, la crescita quantitativa non ha un costo. Potrebbe portare a moltiplicare i disaccordi all’interno di un gruppo più ampio di membri, complicando immensamente il processo decisionale.
A giudicare dai risultati preliminari della presidenza russa del 2024 all’interno di BRICS, sarebbe ragionevole concludere che le ambizioni del gruppo sono effettivamente più elevate che continuare a reclutare nuovi membri nel loro club. Una possibile intenzione è quella di trasformare il club internazionale di fantasia in un laboratorio globale.
La differenza principale tra i due è che un club riguarda la comunicazione, mentre un laboratorio riguarda risultati specifici. All’interno del laboratorio BRICS, potrebbero lavorare su nuovi approcci, concetti e linee guida e modelli di cooperazione multilaterale che, in seguito, potrebbero essere ulteriormente elaborati e personalizzati da altri organismi internazionali. Possono anche essere applicati a livello globale come parte della desiderabile “nuova normalità”.
[…] La sfida fondamentale per i vertici di BRICS è quella di spostare gradualmente l’attenzione da dichiarazioni politiche piuttosto generali a proposte e soluzioni specifiche che riflettano gli interessi fondamentali delle nazioni in via di sviluppo, che sono state a lungo sottorappresentate nella governance globale e regionale. Finora, il ruolo dei laboratori globali che progettano le regole del gioco per il sistema internazionale è stato quasi monopolizzato da un piccolo gruppo di istituzioni e forum guidati dall’Occidente. Questo monopolio ha inevitabilmente portato a gravi discrepanze all’interno del sistema, sollevando preoccupazioni per l’equità e la giustizia, per non parlare dell’efficienza del sistema. Questo non vuol dire che la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo o il FMI, il G7 o l’Unione europea dovrebbero smettere di essere una fonte di nuove norme, modelli ed elementi specifici del futuro ordine mondiale. Tuttavia, le istituzioni multilaterali dominate dall’Occidente non dovrebbero rimanerel’unica fonte di nuove norme per il mondo intero. BRICS, insieme a SCO, BRI, ASEAN e altri gruppi e iniziative non occidentali, dovrebbero salire sul palco e diventare parte del cast piuttosto che rimanere nella galleria, semplicemente osservando la trasformazione del sistema internazionale che si svolge davanti ai loro occhi.
Trasformare BRICS da un club globale in un laboratorio globale richiederà un significativo impegno politico, perseveranza e resistenza. Un singolo vertice, per quanto importante, non sarà sufficiente. Tuttavia, l’incontro a Kazan può diventare un passo importante verso questo obiettivo chiaramente realizzabile, sebbene abbastanza ambizioso.
Sempre sulle pagine online di Global Times, sull’argomento era intervenuto anche Zhu Tianxiang, decano esecutivo dell’Institute of BRICS Studies presso la Sichuan International Studies University, il quale aveva scritto che “i Paesi che mostrano interesse per l’adesione a BRICS hanno registrato un aumento significativo nel corso degli anni. Malesia e Tailandia sono gli ultimi Paesi del sud-est asiatico a manifestare interesse ad aderire al gruppo.Il numero di Paesi africani e latinoamericani che cercano di aderire a BRICS è in costante aumento e vi è anche una graduale diffusione di candidati provenienti da varie regioni dell’Asia. Si può dire che i Paesi BRICS come rappresentanti tipici della cooperazione Global South e BRICS come nuova pratica della cooperazione Sud-Sud hanno ottenuto un ampio consenso tra un numero crescente di Paesi in via di sviluppo. BRICS ha ricevuto un’attenzione positiva principalmente a causa del successo dello sviluppo reale negli ultimi quasi due decenni. L’ingiustizia e l’irrazionalità dell’attuale sistema internazionale e dell’ordine internazionale hanno continuamente danneggiato i Paesi in via di sviluppo. Questi due fattori combinati hanno spinto più mercati emergenti e Paesi in via di sviluppo verso un più stretto allineamento con BRICS. Sebbene la cooperazione finanziaria ed economica sia solo uno dei pilastri della cooperazione BRICS, è la dimensione principale che attira la maggior parte dei Paesi nel gruppo. Sullo sfondo di una lenta ripresa economica globale a lungo termine, i primi cinque membri BRICS contribuiscono per oltre il 50% alla crescita economica globale. Ora, con cinque nuovi membri, BRICS non solo vede un tasso di crescita medio migliore, ma anche un maggiore potenziale in termini di dotazione di risorse, capacità di mercato e scala di sviluppo.
Inoltre, BRICS ha aperto la strada alla creazione della New Development Bank, mobilitando risorse per infrastrutture e progetti di sviluppo sostenibile in più Paesi membri. Ciò ha dato ad altri Paesi ampia fiducia per richiedere l’adesione. Allo stesso tempo, BRICS insiste sulla risoluzione pacifica delle controversie internazionali, salvaguardando efficacemente la sicurezza globale e regionale. Promuove inoltre gli scambi culturali per migliorare la comprensione reciproca tra le persone e spinge per la convivenza e l’apprendimento reciproco tra le diverse civiltà. Inoltre, fornisce saggezza BRICS e soluzioni BRICS per altri Paesi per gestire efficacemente le relazioni internazionali. Come indica lo spirito BRICS, l’apertura e l’inclusione garantiscono a ciascun membro maggiore dignità,mentre una collaborazione rafforzata e il consenso si traducono in maggiori guadagni per tutti.
Se le iniziative di prosperità dei Paesi BRICS fungono da “forza di attrazione” che attira altri mercati emergenti e Paesi in via di sviluppo, l’obbedienza di alcuni Paesi sviluppati è la “forza di spinta” che esorta il Sud del mondo ad allinearsi gradualmente con BRICS. Di fronte all’ordine politico ed economico internazionale costruito e dominato dal blocco dei Paesi sviluppati, in particolare alcuni poteri egemonici, le nazioni in via di sviluppo hanno costantemente richiesto riforme che riflettano più accuratamente il mutevole equilibrio di potere all’interno del sistema internazionale e rappresentino meglio le loro voci e interessi. Il Sud del mondo è sempre più consapevole del fatto che devono avere un leader affidabile per massimizzare e salvaguardare i loro legittimi diritti e interessi durante il lungo e arduo processo di dialogo Nord-Sud.Questo ruolo è storicamente caduto in BRICS.
Il processo multipolare sostenuto da BRICS e il suo impegno per il multilateralismo sono in netto contrasto con l’egemonismo, la politica di potere e le sanzioni unilaterali perseguite da alcune nazioni sviluppate. Ancora più importante, l’attuale “club per ricchi” assomiglia a un cerchio chiuso, dove anche se alcuni Paesi riescono a garantire un “biglietto” alla periferia della discussione, non sono ancora in grado di raggiungere un dialogo veramente uguale e condividere i benefici con i membri di questo gruppo esclusivo.
Al contrario, BRICS ha costantemente tenuto le porte aperte, rispondendo sinceramente alle aspettative di tutte le parti. Promuove l’adesione dei membri ammissibili al gruppo attraverso azioni pragmatiche e si prepara a rispondere all’urgente necessità di una cerchia di amici in espansione stabilendo il modello del Paese partner.
In conclusione, l’appello di BRICS rimane fermamente pronto a mostrare un impatto internazionale significativo nella nuova era della “maggiore cooperazione BRICS”. Naturalmente, per mantenere e migliorare ulteriormente questa attrattiva, il gruppo deve approfondire continuamente i meccanismi istituzionali, elevare l’efficienza della cooperazione e gestire in modo competente le relazioni sensibili e complesse con altri mercati emergenti e Paesi in via di sviluppo, nonché con le nazioni sviluppate[23].
I Paesi aderenti alla piattaforma si trovano, così, in un momento cruciale per costruire sui loro risultati passati e aprire un nuovo futuro per la cooperazione. Il “Grande BRICS” allargato ha ora un peso maggiore a livello globale, segnando un nuovo punto di partenza storico per il Sud globale. Dal Medio Oriente all’Africa, dall’Asia all’America Latina, l’espansione è il risultato inevitabile della promozione di una cooperazione vantaggiosa per tutti con il gruppo che, oggi, rappresenta quasi la metà della popolazione mondiale, con una forza maggiore e una rappresentanza più ampia.In questa fase storica, inoltre, la produzione economica del BRICS allargato, calcolata a parità di potere d’acquisto, ha già superato quella del G7, diventando così un importante motore della crescita economica globale oltre che locomotiva del Sud globale; la piattaforma di cooperazione BRICS rappresenta una voce forte per il Sud globale e attira sempre più Paesi in via di sviluppo con il suo fascino unico: tra le molte organizzazioni internazionali, infatti, l’entusiasmo per le richieste di adesione è raro. Ciò dimostra pienamente che questo importante meccanismo di solidarietà e assistenza reciproca tra i Paesi in via di sviluppo si è radicato nel cuore della gente. Recenti sondaggi di opinione indicano che, agli occhi dei cittadini della maggior parte dei Paesi in via di sviluppo, l’adesione ai BRICS contribuisce a promuovere lo sviluppo economico, a migliorare i livelli commerciali, ad attrarre maggiori investimenti, a ridurre la dipendenza dal dollaro USA e a migliorare la posizione internazionale del Paese. Tutto ciò corrisponde alle esigenze comuni, ragionevoli e urgenti dei Paesi del Sud globale.
La redazione del Global Times scrive in un editoriale che il treno espresso del BRICS non solo trasporta le speranze di sviluppo del “Sud globale”, ma serve anche come forza portante per sostenere e difendere il vero multilateralismo. I Paesi BRICS sono emersi dall’ondata di economie di mercato emergenti e nazioni in via di sviluppo. Come gruppo leader del “Sud globale”, si sono costantemente dedicati alla promozione di un mondo multipolare più equo e ordinato e di una globalizzazione economica inclusiva. A differenza delle alleanze ideologiche offensive e difensive formate da alcuni Paesi occidentali, il meccanismo di cooperazione dei BRICS abbraccia diversi sistemi politici e modelli di sviluppo economico. Nella cooperazione BRICS, l’apertura e l’inclusività sono i principi, la cooperazione win-win è il fondamento e l’equità e la giustizia sono gli obiettivi. Il meccanismo dei BRICS si attiene fermamente al suo ruolo di “non iniziare un nuovo percorso, non impegnarsi in un confronto campale e non cercare di sostituire nessuno”, e non esercita mai pressioni sui Paesi partecipanti per “scegliere da che parte stare”. […] La Cina continuerà a collaborare con tutte le parti per promuovere la cooperazione tra i due Paesi[24].
Nel mondo contemporaneo, la Repubblica Popolare Cinese è una delle principali potenze globali, con un’influenza crescente in diversi ambiti: economico, politico, tecnologico e militare; la Cina è oggi la seconda economia più grande al mondo dopo gli Stati Uniti, con un PIL in costante crescita negli ultimi decenni, risultato raggiunto attraverso alla sua capacità e produzione industriale che l’ha portata ad essere la “fabbrica del mondo” grazie alla sua enorme capacità manifatturiera e alla disponibilità di manodopera; alla crescita del commercio internazionale che vede Pechino come uno dei maggiori esportatori mondiali e ha accordi commerciali con numerosi Paesi. Inoltre, gli investimenti cinesi all’estero, sia in infrastrutture che in aziende, sono aumentati enormemente anche grazie allo sviluppo dei progetti previsti dalla Belt and Road Initiative; all’innovazione e alla tecnologia visto che da anni il Paese investe massicciamente in ricerca e sviluppo, fatto che ha permesso alla Cina di diventare leader in settori come lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, la tecnologia 5G e i veicoli elettrici.
Pechino è anche uno degli attori più influenti nelle relazioni internazionali: membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, attraverso investimenti e aiuti ai Paesi in via di sviluppo, ha esteso la sua influenza, soprattutto in Asia, Africa e America Latina, guadagnando alleati strategici.
La Cina ha ampliato e modernizzato il proprio esercito – ad oggi uno dei più grandi al mondo – diventando una potenza, oltre che economica, anche militare: Pechino ha aumentato la sua presenza nel Mar Cinese Meridionale, un’area ricca di risorse naturali e strategica per le rotte commerciali, costruendo isole artificiali e basi militari, ha investito nello sviluppo di missili ipersonici, armi spaziali e cyber-warfare per consolidare il suo status ed ha compiuto significativi progressi nelle missioni spaziali, come il programma lunare e la costruzione della stazione spaziale Tiangong, dimostrando il suo avanzamento tecnologico.
Tutto questo concorre a fare della Repubblica Popolare Cinese il principale attore all’interno del gruppo dei BRICS verso il quale si relaziona con un approccio strategico e ambizioso vedendo nel gruppo un’opportunità concreta per promuovere un ordine economico e politico multipolare e ridurre l’influenza delle potenze occidentali, in particolare quella statunitense e contestare l’egemonia delle istituzioni dominate dall’Occidente, come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale; negli ultimi anni, così, la Cina ha assunto un ruolo centrale all’interno dei BRICS, promuovendo, dapprima, una maggiore collaborazione economica e diplomatica e, successivamente, sostenendo ed attuando l’espansione del gruppo ad un nuovo nucleo di Paesi, concretizzando, in questo modo, la volontà di promuovere quella multipolarità in cui anche i Paesi emergenti del Sud Globale possano avere voce in capitolo e influenza nelle decisioni prese a livello globale. La Cina, infatti, è tra i principali sostenitori dell’iniziativa “BRICS+” tanto che durante il vertice sudafricano del 2023, Pechino ha sostenuto fermamente l’espansione del gruppo per includere i nuovi membri al fine di rendere il gruppo ancora più rappresentativo dei Paesi in via di sviluppo, aumentando, così, il peso specifico economico-politico complessivo e creare un blocco capace di influenzare significativamente le dinamiche internazionali. L’inclusione di Paesi mediorientali, africani e latino-americani ha ulteriormente ramificato l’influenza ed il potenziale economico del BRICS, rafforzando, al contempo, la presenza dell’alleanza in varie regioni oggigiorno ritenute strategiche. In estrema sintesi, l’approccio cinese ai BRICS è orientato a consolidare il gruppo come un blocco influente in grado di riequilibrare il potere globale, favorendo la cooperazione tra economie emergenti.
Durante i lavori della sessione plenaria del vertice di Kazan, su questo specifico aspetto Xi ha affermato che “l’allargamento del BRICS è un’importante pietra miliare nella sua storia e un evento di riferimento nell’evoluzione della situazione internazionale. In questo vertice, abbiamo deciso di invitare molti Paesi a diventare Paesi partner, il che rappresenta un altro importante progresso nello sviluppo dei BRICS” aggiungendo che “dobbiamo costruire su questa pietra per ripartire e andare avanti con un solo cuore e una sola mente”; gli ha fatto eco l’ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Russia, Zhang Hanhui, il quale ha dichiarato che “nel 2023, il BRICS ha compiuto un passo storico verso l’espansione, con un numero crescente di Paesi che hanno espresso interesse ad aderire. Questo dimostra pienamente la forte vitalità e il fascino del meccanismo dei BRICS. La Cina sostiene i BRICS nel mantenere le porte aperte allo sviluppo e nell’abbracciare la cooperazione, nonché nell’avanzare costantemente il processo di espansione e nell’espandere continuamente la cooperazione “BRICS Plus”. L’obiettivo è quello di guidare l’ondata di cambiamento nell’era e nella tendenza dello sviluppo storico mondiale, promuovendo l’istituzione di un ordine internazionale più giusto e ragionevole. Sia i nuovi che i vecchi membri dei BRICS sono partner che condividono lo spirito dei BRICS, incentrato sull’apertura, l’inclusione e la cooperazione vantaggiosa per tutti. Riteniamo che i nuovi membri si integreranno rapidamente nella famiglia BRICS partecipando attivamente a varie attività nell’ambito del quadro BRICS, rafforzando gli scambi politici, economici e culturali e condividendo le opportunità e i vantaggi offerti dalla “maggiore cooperazione BRICS”.
A Kazan, Xi ha tenuto un importante discorso in cui, in apertura, ha sottolineato come “l’ascesa collettiva del Sud globale [sia] un tratto distintivo della grande trasformazione in atto nel mondo. La marcia congiunta dei Paesi del Sud globale verso la modernizzazione è monumentale nella storia mondiale e senza precedenti nella civiltà umana. Allo stesso tempo, la pace e lo sviluppo devono ancora affrontare gravi sfide e la strada verso la prosperità per il Sud globale non sarà diritta. Essendo in prima linea nel Sud globale, dovremmo usare la nostra saggezza e la nostra forza collettiva e assumerci la responsabilità di costruire una comunità con un futuro condiviso per l’umanità”. Tre le priorità individuate dal leader cinese e condivise con gli altri partecipanti ai lavori del vertice: “dobbiamo sostenere la pace e lottare per la sicurezza comune. Dovremmo avanzare insieme per formare una forza stabilizzante per la pace. Dovremmo rafforzare la governance della sicurezza globale ed esplorare soluzioni per affrontare sia i sintomi che le radici dei problemi dei punti caldi. Molte parti hanno risposto calorosamente alla mia Iniziativa per la sicurezza globale. Nell’ambito dell’Iniziativa, abbiamo compiuto importanti progressi nel mantenimento della stabilità regionale e in molti altri settori. La Cina e il Brasile hanno emesso congiuntamente il consenso in sei punti e hanno lanciato il gruppo degli Amici per la pace sulla crisi ucraina insieme ad altri Paesi del Sud globale. Dovremmo promuovere una rapida de-escalation per aprire la strada a una soluzione politica. Lo scorso luglio, le fazioni palestinesi si sono riconciliate a Pechino, segnando un passo fondamentale verso la pace in Medio Oriente. Dobbiamo continuare a promuovere un cessate il fuoco globale nella Striscia di Gaza e rilanciare la soluzione dei due Stati. Dobbiamo impedire che le fiamme della guerra si propaghino in Libano e porre fine alle miserabili sofferenze in Palestina e in Libano.
Dobbiamo rilanciare lo sviluppo e lottare per una prosperità comune. Il Sud globale emerge per lo sviluppo e prospera grazie allo sviluppo. Dobbiamo diventare la principale forza trainante dello sviluppo comune. Dovremmo svolgere un ruolo attivo e di primo piano nella riforma della governance economica globale e fare dello sviluppo il fulcro dell’agenda economica e commerciale internazionale. Dalla sua introduzione tre anni fa, l’Iniziativa per lo sviluppo globale ha contribuito a rendere disponibili quasi 20 miliardi di dollari di fondi per lo sviluppo e a lanciare più di 1.100 progetti. Recentemente è stato istituito a Shanghai il Centro di eccellenza dell’Alleanza globale sull’intelligenza artificiale per l’industria e la produzione. La Cina costruirà anche un portale della comunità doganale intelligente mondiale e un centro di eccellenza doganale BRICS. Accogliamo con favore la partecipazione attiva di tutti i Paesi.
Dobbiamo promuovere insieme lo sviluppo di tutte le civiltà e lottare per l’armonia tra di esse. La diversità delle civiltà è una qualità innata del mondo. Dobbiamo essere sostenitori degli scambi tra le civiltà. Dovremmo migliorare la comunicazione e il dialogo e sostenerci a vicenda nell’intraprendere il percorso di modernizzazione adatto alle nostre rispettive condizioni nazionali. L’Iniziativa per la Civiltà Globale che ho proposto ha proprio lo scopo di costruire un giardino delle civiltà mondiali in cui condividere e ammirare la bellezza di ciascuna civiltà. La Cina si coordinerà con altri per formare un’Alleanza dei Think Tanks del Sud Globale per promuovere gli scambi tra le persone e la condivisione delle esperienze di governance.
La Terza Sessione Plenaria del 20° Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese ha elaborato piani sistemici per approfondire ulteriormente la riforma in modo completo per far progredire la modernizzazione cinese. Ciò offrirà maggiori opportunità al mondo. Il mese scorso, a Pechino, si è tenuto un vertice di successo del Forum sulla cooperazione Cina-Africa e abbiamo annunciato dieci azioni di partenariato per la Cina e l’Africa per far progredire congiuntamente la modernizzazione. Questo infonderà nuova energia al Sud globale nel suo cammino verso la modernizzazione.
Indipendentemente dall’evoluzione del panorama internazionale, noi cinesi terremo sempre il Sud globale nel nostro cuore e manterremo le nostre radici nel Sud globale. Sosteniamo l’adesione di altri Paesi del Sud globale alla causa dei BRICS come membri a pieno titolo, Paesi partner o nel formato “BRICS+”, in modo da poter unire la grande forza del Sud globale per costruire insieme una comunità con un futuro condiviso per l’umanità[25].
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese ha chiesto retoricamente alla platea di Kazan se “dobbiamo lasciare che il mondo scenda nell’abisso del disordine e del caos o dobbiamo sforzarci di riportarlo sulla strada della pace e dello sviluppo?”, rispondendo e citando l’opera dello scrittore russo Nikolay Chernyshevsky Che cosa c’è da fare?, affermando che l’incrollabile determinazione e la spinta appassionata del protagonista sono esattamente il tipo di forza di volontà di cui abbiamo bisogno oggi[26].
Lo stesso Xi Jinping aveva tenuto un fondamentale intervento in occasione del XIV vertice Brics, nel 2022 a Pechino, intitolato “Promuovere un partenariato di alta qualità e intraprendere un nuovo percorso di cooperazione con i BRICS” e nel quale si delineava la visione cinese per un BRICS più forte e unito, capace di rappresentare una reale alternativa alle strutture di potere occidentali e di contribuire a un ordine mondiale multipolare e più equo. Il discorso toccò diversi temi chiave, tra cui la sovranità nazionale, la cooperazione economica e tecnologica, e la sicurezza globale; intervenuto in collegamento video la sera del 23 giugno, Xi parlò dei Paesi BRICS che erano stati capaci di abbracciare lo spirito di apertura, inclusione e cooperazione win-win che stanno alla base del gruppo e di rafforzare la solidarietà e il coordinamento dopo aver affrontato congiuntamente molte difficoltà legate al periodo storico critico per la definizione del futuro corso dell’umanità; in tale contesto, il meccanismo BRICS, infatti, aveva dimostrato resilienza e vitalità mentre la cooperazione aveva raggiunto progressi e risultati solidi. Xi sottolineò come i Paesi BRICS, in quanto importanti mercati emergenti e grandi Paesi in via di sviluppo, dovessero agire con senso di responsabilità, parlare a favore dell’equità e della giustizia, mettere insieme le forze per la ripresa economica, sostenere lo sviluppo sostenibile, contribuire congiuntamente con saggezza e idee allo sviluppo di alta qualità della collaborazione e portare forza positiva, stabilizzante e costruttiva al mondo.
In quell’occasione, Xi sottolineò il fatto che, oggigiorno, il mondo stava vivendo un’accelerazione dei cambiamenti che non si vedeva da un secolo, un fattore che pone l’umanità di fronte a sfide senza precedenti: “continuano a emergere diverse sfide per la sicurezza. L’economia mondiale deve ancora affrontare forti venti contrari nel suo percorso di ripresa e lo sviluppo globale ha subito importanti battute d’arresto. Dove è diretto il mondo: Pace o guerra? Progresso o regresso? Apertura o isolamento? Cooperazione o scontro? Queste sono le scelte dei tempi che ci troviamo ad affrontare. La storia dell’umanità, come un fiume, continua ad avanzare, con momenti di acque calme e grandi onde. Nonostante i cambiamenti in un ambiente globale in evoluzione, la tendenza storica all’apertura e allo sviluppo non invertirà la rotta e il nostro desiderio comune di affrontare insieme le sfide attraverso la cooperazione rimarrà più forte che mai. Dovremmo stare in alto e non lasciarci distrarre da nuvole fugaci, e dovremmo avere un’acuta consapevolezza della legge che regola l’avanzamento della storia. Dovremmo rifiutarci di essere sviati da qualsiasi evento o intimiditi da qualsiasi rischio. Dobbiamo essere all’altezza delle sfide e andare avanti con determinazione verso l’obiettivo di costruire una comunità con un futuro condiviso per l’umanità[27].
In primo luogo, si rendeva necessario “abbracciare la solidarietà e il coordinamento e mantenere congiuntamente la pace e la stabilità nel mondo. Noi in Cina crediamo che “la storia, se non viene dimenticata, può servire da guida per il futuro”. Nel secolo scorso, l’umanità ha attraversato il flagello di due guerre mondiali e l’ombra oscura della guerra fredda. Le tragedie del passato ci dicono che l’egemonia, la politica dei gruppi e il confronto tra blocchi non portano pace o sicurezza, ma solo guerre e conflitti. La crisi ucraina è un altro campanello d’allarme per tutti nel mondo. Ci ricorda che la fede cieca nella cosiddetta “posizione di forza” e i tentativi di espandere le alleanze militari e di cercare la propria sicurezza a scapito di quella degli altri non faranno altro che portarci in un dilemma di sicurezza.
La storia ci dice che la pace, causa comune dell’umanità, deve essere perseguita e difesa da tutti. Solo quando tutti noi avremo a cuore e sosterremo la pace e non dimenticheremo mai le dolorose lezioni della guerra, ci sarà speranza di pace. Di fronte a un mondo instabile e volatile, dobbiamo rimanere fedeli all’impegno della Carta delle Nazioni Unite e adempiere alla missione di mantenere la pace. Non molto tempo fa, ho presentato l’Iniziativa per la Sicurezza Globale, invitando tutti i Paesi a mantenere l’impegno per la visione di una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile; a mantenere l’impegno per il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i Paesi; a mantenere l’impegno per il rispetto degli scopi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite; a mantenere l’impegno per prendere sul serio le legittime preoccupazioni di tutti i Paesi in materia di sicurezza; a mantenere l’impegno per la risoluzione pacifica delle differenze e delle controversie tra i Paesi attraverso il dialogo e la consultazione; a mantenere l’impegno per la sicurezza nei settori tradizionali e non tradizionali. La Comunità Internazionale deve rifiutare i giochi a somma zero e opporsi congiuntamente all’egemonismo e alla politica di potenza. Dobbiamo costruire un nuovo tipo di relazioni internazionali basate sul rispetto reciproco, sull’equità, sulla giustizia e sulla cooperazione vantaggiosa per tutti. Dovremmo essere consapevoli di essere una comunità in cui tutti i Paesi condividono una posta in gioco comune e dovremmo fare in modo che la luce della pace raggiunga tutti gli angoli del mondo.
In secondo luogo, la necessità stringente di promuovere insieme uno sviluppo globale sostenibile. Lo sviluppo è la chiave per risolvere diversi problemi difficili e offrire una vita migliore alle persone. Oggi il processo di sviluppo globale ha incontrato grossi ostacoli, lo slancio della cooperazione internazionale allo sviluppo si è indebolito e il divario di sviluppo tra Nord e Sud continua ad aumentare. Di conseguenza, gli sforzi globali per attuare l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite hanno subito gravi battute d’arresto. Quasi 1,2 miliardi di persone in quasi 70 Paesi si trovano ad affrontare le crisi COVID-19, alimentare, energetica e del debito. Ciò che è stato raggiunto in decenni di sforzi globali per la riduzione della povertà potrebbe andare perduto.
L’anno scorso ho presentato l’Iniziativa per lo sviluppo globale e ho invitato tutti i Paesi ad attuare l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, a creare un partenariato per lo sviluppo globale unito, equo, equilibrato e inclusivo e a promuovere la cooperazione in un’ampia gamma di settori come la riduzione della povertà, la salute pubblica, l’istruzione, la connettività digitale e l’industrializzazione. Dovremmo approfondire la cooperazione per salvaguardare meglio la sicurezza alimentare ed energetica. Dovremmo cogliere le opportunità offerte dalla nuova rivoluzione scientifica e tecnologica e dalla trasformazione industriale e promuovere il flusso dei fattori di produzione che consentono l’innovazione a livello globale. Dovremmo aiutare i Paesi in via di sviluppo ad accelerare lo sviluppo dell’economia digitale e della trasformazione verde. Dovremmo inoltre impegnarci nella cooperazione per la risposta al COVID-19 e fornire più farmaci anti-COVID ai Paesi in via di sviluppo, in modo da sconfiggere il virus in tempi brevi.
In terzo luogo,Xi ribadì la volontà cinese di portare la cooperazione win-win al centro delle relazioni internazionali e della diplomazia; contrapposto al modello zero-sum (o win-lose, il successo di un attore implica necessariamente la sconfitta dell’altro), l’approccio win-win richiede empatia, capacità di negoziazione e una mentalità orientata alla cooperazione, una relazione in cui tutte le parti coinvolte cercano di ottenere benefici reciproci, evitando che il successo di una parte avvenga a discapito di un’altra. L’obiettivo comune tra le parti è quello di identificare interessi condivisi sui quali costruire un terreno di collaborazione proficua, creare un dialogo aperto alla comprensione delle esigenze e delle aspettative di ciascuna parte in causa, cercare alternative innovative che ne soddisfino i bisogni, favorire relazioni durature piuttosto che vantaggi immediati e garantire che i benefici siano distribuiti in modo equilibrato. Così, si espresse il Presidente cinese: dobbiamo superare insieme le difficoltà e perseguire congiuntamente una cooperazione vantaggiosa per tutti. Attualmente, alcune importanti catene industriali e di approvvigionamento stanno subendo interruzioni intenzionali, i prezzi delle materie prime rimangono elevati e fluttuanti, l’inflazione globale continua a salire, il mercato finanziario internazionale è in subbuglio e la ripresa economica globale sta perdendo vigore. C’è motivo di temere che l’economia mondiale possa scivolare in una crisi. In questo momento critico, superare insieme le difficoltà e perseguire la cooperazione è l’unico modo per evitare una crisi economica. Dovremmo unirci con uno scopo comune e rafforzare il coordinamento delle politiche macroeconomiche per prevenire il rallentamento e persino l’arresto della ripresa globale. I principali Paesi sviluppati dovrebbero adottare politiche economiche responsabili ed evitare ricadute politiche negative che potrebbero avere pesanti ripercussioni sui Paesi in via di sviluppo. È stato dimostrato più volte che le sanzioni sono un boomerang e un’arma a doppio taglio. Politicizzare l’economia globale e trasformarla in un proprio strumento o arma, e imporre intenzionalmente sanzioni sfruttando la propria posizione primaria nel sistema finanziario e monetario internazionale, finirà solo per danneggiare i propri interessi e quelli degli altri, infliggendo sofferenze a tutti.
Il discorso del Presidente cinese continuò parlando del dovere per il gruppo dei Paesi BRICS di essere inclusivi ed espandere congiuntamente l’apertura e l’integrazione. La rapida globalizzazione economica a cui abbiamo assistito dalla fine della Guerra Fredda ha favorito notevolmente la circolazione di beni e capitali e i progressi della tecnologia e della civiltà. Un mondo più aperto e inclusivo creerà maggiori opportunità di sviluppo per tutti e garantirà un futuro più prospero per tutti.
Da qualche tempo, tuttavia, la globalizzazione economica si scontra con venti contrari e controcorrenti. Alcuni Paesi tentano di disaccoppiarsi dagli altri, di interrompere le catene di approvvigionamento e di costruire “un piccolo cortile con alti steccati”. NellaComunità Internazionale è diffusa la preoccupazione che, se questa tendenza dovesse continuare, l’economia globale diventerebbe compartimentata e reciprocamente esclusiva. La globalizzazione economica è una risposta allo sviluppo della produttività e, come tale, rappresenta una tendenza storica inarrestabile. Chiunque tenti di far tornare indietro la ruota della storia e di bloccare il cammino degli altri non potrà che vedersi sbarrare la strada.
Come recita un antico detto cinese, “Il costante accumulo di terra rende grande il Monte Tai; l’incessante afflusso di fiumi rende profondo l’oceano”. L’inclusione, i benefici condivisi e i risultati vantaggiosi per tutti sono gli obiettivi che dobbiamo perseguire. Dobbiamo mantenere il nostro impegno per l’apertura e l’inclusione, eliminare tutte le barriere allo sviluppo della produttività e guidare la globalizzazione nella giusta direzione. In questo modo si favorirà il libero flusso di capitali e tecnologie, si libererà il pieno potenziale dell’innovazione e della creatività e si promuoverà la sinergia per stimolare la crescita economica globale. Dovremmo sostenere il sistema commerciale multilaterale incentrato sull’OMC, eliminare gli ostacoli al commercio, agli investimenti e alla tecnologia e mantenere aperta l’economia globale. Dovremmo promuovere ampie consultazioni e contributi congiunti per ottenere benefici condivisi, migliorare la governance economica globale e aumentare la rappresentanza e la voce in capitolo dei mercati emergenti e dei Paesi in via di sviluppo. Ciò garantirà che tutti i Paesi godano di pari diritti, seguano le regole da pari a pari e condividano le stesse opportunità.
Al termine di quel vertice, fu adottata la Dichiarazione di Pechino, un documento parla di “sviluppo” per 89 volte e di “cooperazione” per 105 che sottolineava come i Paesi BRICS non si riuniscono in un club chiuso o in un circolo esclusivo, ma in una grande famiglia di sostegno reciproco e in un partenariato per la cooperazione win-win. Commentandone il contenuto, la redazione del Global Times ebbe a scrivere che “i messaggi trasmessi dal Vertice BRICS meritano un’attenta lettura da parte della Comunità Internazionale, in particolare degli Stati Uniti e dei Paesi occidentali. Se lo faranno, si ritiene che approfondiranno e miglioreranno la loro comprensione dei Paesi BRICS, dei mercati emergenti rappresentati dal gruppo BRICS e delle nazioni in via di sviluppo, e correggeranno i loro pregiudizi. È un processo in cui il mondo occidentale e quello non occidentale rafforzano la comunicazione piuttosto che il confronto.
Per coincidenza, all’incirca nello stesso periodo del Vertice BRICS, i Paesi occidentali convocheranno in successione tre importanti vertici: il Vertice UE, il Vertice G7 e il Vertice NATO. Questi ultimi due, presieduti e guidati dagli Stati Uniti, sono in netto contrasto con il Vertice dei BRICS. Possiamo notare due distinte proposte di governance globale. Gli Stati Uniti e l’Occidente formano piccoli circoli, costruiscono muri e creano campi gerarchici, mentre i Paesi emergenti e in via di sviluppo sostengono attivamente la pratica di un vero multilateralismo, l’apertura e l’inclusione, nonché la cooperazione e i risultati vantaggiosi per tutti. Una proposta antiquata è in un braccio di ferro con una nuova proposta, e il futuro destino dell’umanità dipende in larga misura dall’esito di questa gara storica.
Il meccanismo dei BRICS, che sostiene lo spirito di “apertura, inclusione e cooperazione win-win”, è un vero multilateralismo. I cinque Paesi BRICS provengono datutto il mondo e quest’anno la cooperazione “BRICS Plus” comprende anche i Paesi ospiti dell’APEC e del G20. Il meccanismo dei BRICS copre un’ampia gamma di punti di vista sugli affari internazionali di Paesi di diverse regioni e di diversi stadi di sviluppo. Vale la pena ricordare che i Paesi BRICS hanno istituito un meccanismo di consultazione sulla questione del Medio Oriente. La Dichiarazione di Pechino propone anche soluzioni costruttive a questioni come l’Afghanistan, l’Iran e la Corea del Nord, che sono state ampiamente riconosciute dai Paesi della regione.
Oggi gli Stati Uniti affermano di essere impegnati nel “multilateralismo”. Ma nei meccanismi istituiti dagli Stati Uniti, anche se sembra che ci siano molte parti coinvolte, gli Stati Uniti sono l’unica forza dominante. Facendo leva sulla propria forza e posizione, gli Stati Uniti dominano totalmente la formulazione delle regole istituzionali e le regole degli Stati Uniti sono le regole principali nella loro ristretta cerchia. Alcuni media statunitensi hanno affermato che questa volta il Vertice del G7 e il Vertice della NATO formeranno “un’unità senza precedenti” sulle “grandi sfide” e salvaguarderanno “il campo democratico occidentale centrato sugli Stati Uniti”. Queste parole sembrano riportare la gente all’epoca della Guerra Fredda.
Non sorprende che nell’opinione pubblica statunitense e occidentale alcuni credano che il meccanismo dei BRICS voglia creare un’“alleanza anti-USA”. Non si tratta solo di una deliberata trappola di parole, ma anche della creazione di un “nemico immaginario”. Per mantenere l’obbedienza assoluta all’interno della cerchia ristretta, gli Stati Uniti hanno inevitabilmente bisogno di cercare e creare costantemente nemici. Tuttavia, poiché si allontana sempre più dagli interessi comuni globali, la capacità del piccolo cerchio di dominare le questioni internazionali continuerà inevitabilmente a diminuire. Il resto del mondo guarderà a questi pericolosi circoli ristretti con ansia.
Il mondo è ancora una volta giunto al bivio. Pace o guerra? Sviluppo o declino? Apertura o chiusura? Cooperazione o scontro? Queste domande fanno riflettere. In un mondo turbolento e pieno di sfide, il vertice dei BRICS è una sorpresa. Ci auguriamo che il prossimo Vertice del G7 e il Vertice della NATO non siano una sorpresa per il mondo. Abbiamo un suggerimento: il Vertice del G7 potrebbe leggere con attenzione la Dichiarazione di Pechino del 14° Vertice BRICS, e sarebbe sicuramente gratificante[28].
La Dichiarazione di Pechino conteneva i pilastri che avrebbero dovuto sorreggere il rafforzamento e la riforma del sistema multilaterale: – rendere gli strumenti di governance globale più inclusivi, rappresentativi e partecipativi per facilitare una maggiore e più significativa partecipazione dei Paesi in via di sviluppo e di quelli meno sviluppati, specialmente in Africa, ai processi e alle strutture decisionali globali e renderli più adatti alle realtà contemporanee;
– basarsi su consultazioni e collaborazioni inclusive a beneficio di tutti, nel rispetto dell’indipendenza sovrana, dell’uguaglianza, degli interessi e delle preoccupazioni reciproche e legittime, per rendere le organizzazioni multilaterali più reattive, efficaci, trasparenti e credibili; – Rendere le organizzazioni multilaterali più reattive, efficaci, trasparenti, democratiche, obiettive, orientate all’azione, alla soluzione e credibili, in modo da promuovere la cooperazione nella costruzione di relazioni internazionali basate sulle norme e sui principi del diritto internazionale e sullo spirito di rispetto reciproco, giustizia, uguaglianza, cooperazione reciprocamente vantaggiosa e realtà del mondo contemporaneo; – Utilizzare soluzioni innovative e inclusive, compresi gli strumenti digitali e tecnologici per promuovere lo sviluppo sostenibile e facilitare l’accesso equo ed economico ai beni pubblici globali per tutti;
– Rafforzare le capacità dei singoli Stati e delle organizzazioni internazionali per rispondere meglio alle sfide nuove ed emergenti, tradizionali e non, comprese quelle derivanti dal terrorismo, dal riciclaggio di denaro, dal cyber-reame, dall’infodemica e dalle fake news; – promuovere la pace e la sicurezza internazionale e regionale, lo sviluppo sociale ed economico e preservare l’equilibrio della natura, con al centro la cooperazione internazionale incentrata sulle persone[29].
Cavalcando il vento e fendendo le onde, negli ultimi 16 anni la gigantesca nave dei BRICS ha intrapreso una giusta rotta di sostegno reciproco e cooperazione vantaggiosa per tutti; quando i leader di Brasile, Russia, India e Cina si sono riuniti per il loro primo vertice a Ekaterinburg, in Russia, nel 2009, l’evento non ha attirato molta attenzione in Occidente ma oggi questo consesso allargato si trova a giocare un ruolo di primo piano in un tornante della Storia in cui l’umanità dovrebbe guardare avanti verso quel destino condiviso tanto caro a Xi Jinping basato su pace, sviluppo e prosperità condivisa.
E proprio il Presidente cinese ha svolto un ruolo centrale nello sviluppo del gruppo BRICS promuovendo fortemente una maggiore cooperazione tra le economie emergenti e delineando, al contempo, una visione di un mondo multipolare in cui i Paesi in via di sviluppo abbiano un’influenza crescente. La Cina, sotto la guida di Xi, ha visto nel BRICS uno strumento fondamentale per consolidare relazioni economiche strategiche in Asia, Africa e America Latina sulle quali costruire un nuovo concetto di governance globale fondata su un maggiore equilibrio e sul multilateralismo. Negli ultimi anni, durante i lavori dei vari vertici BRICS, Xi ha sostenuto diverse iniziative tra cui progetti comuni di commercio, investimenti e infrastrutture tra i Paesi del gruppo, evidenziando il potenziale di crescita economica derivante da una maggiore integrazione; Xi ha spinto per una riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale, con l’obiettivo di aumentare l’influenza dei Paesi BRICS e degli altri Paesi in via di sviluppo; ha sostenuto l’ampliamento del BRICS con l’entrata di nuovi membri, riflettendo la sua visione di un’alleanza più ampia di Paesi emergenti con maggiore peso sulla scena globale; ha evidenziato l’importanza della cooperazione in ambito tecnologico, dell’innovazione e della ricerca per accrescere la competitività delle economie dei Paesi BRICS: in questo ambito, la Cina ha avviato collaborazioni in settori come economia digitale, energia rinnovabile e intelligenza artificiale, aree di crescita strategica per il futuro del gruppo; sotto la guida, la Cina ha promosso all’interno del BRICS l’esplorazione di sistemi di pagamento alternativi per ridurre la dipendenza dal dollaro statunitense nel commercio internazionale, fatto che potrebbe portare a una maggiore autonomia finanziaria per i Paesi BRICS, una riduzione del potere del dollaro statunitense favorendo, così, l’internazionalizzazione dello yuan. Su questo specifico tema, interessante è il lavoro di Theryn D. Arnold che nel suo articolo De-dollarization and Global Sovereignty: BRICS’ Quest for a New Financial Paradigm[30] esplora il movimento dei Paesi BRICS per creare un’alternativa all’ordine finanziario internazionale dominato dal dollaro statunitense. Arnold analizza come la “de-dollarizzazione” rifletta il tentativo del gruppo di rafforzare la propria sovranità economica e politica, diminuendo la dipendenza dal dollaro e dal sistema finanziario globale controllato dagli Stati Uniti. I punti chiave dell’articolo sono la dominanza del dollaro e squilibri globali: il sistema finanziario internazionale è attualmente costruito attorno al dollaro, che funge da principale valuta di riserva globale e, tale predominanza, permette a Washington di godere di un’influenza sproporzionata, anche attraverso l’utilizzo di strumenti come sanzioni economiche per scopi geopolitici, una minaccia all’autonomia economica per il gruppo dei BRICS.
Così, le economie emergenti hanno deciso di procedere verso una progressiva de-dollarizzazione sia per contrastare il monopolio degli Stati Uniti sull’economia globale, sia per ridurre la volatilità e i rischi legati al dollaro, soprattutto in periodi di instabilità finanziaria che per promuovere una maggiore cooperazione Sud-Sud, rafforzando legami tra economie emergenti. Ovviamente, il processo in questione non è semplice ma presenta numerose sfide per tre ordini di motivi: perché il dollaro resta la moneta dominante nei mercati finanziari, nei pagamenti internazionali e come riserva; perché sebbene uniti nell’idea generale, i Paesi BRICS hanno agende e priorità economiche diverse; perché creare un nuovo paradigma richiede investimenti significativi e un periodo prolungato di transizione che, mal gestita, potrebbe portare ad una forte instabilità.
Arnold conclude il suo articolo affermando che la de-dollarizzazione perseguita dai BRICS è tanto un obiettivo economico quanto politico, rappresentando un tentativo di ridefinire le regole del sistema globale per garantire maggiore equità e sovranità economica: “l’iniziativa del consorzio BRICS per la de-dollarizzazione rappresenta una mossa strategica per sfidare l’egemonia del dollaro statunitense nella finanza globale. Questo sforzo mira a favorire l’indipendenza economica e a mitigare le vulnerabilità causate dalle fluttuazioni del dollaro. Promuovendo l’uso delle valute locali e creando istituzioni finanziarie alternative come la NDB, i BRICS puntano a ridistribuire il potere economico globale, sostenendo un ordine finanziario multipolare. Questo approccio rafforza la sovranità finanziaria delle nazioni in via di sviluppo e supporta un sistema finanziario globale più equo, con il potenziale di trasformare il panorama economico internazionale per meglio servire tutte le nazioni, in particolare quelle del Sud Globale[31]”.
Il gruppo ha lanciato il BRICS CLEAR, una piattaforma di compensazione e regolamento finanziario per facilitare le transazioni in valute locali, bypassando il dollaro statunitense. Il suo obiettivo principale è di ridurre la dipendenza dalla moneta statunitense e dalle istituzioni finanziarie occidentali guidate da Washington, fornendo ai Paesi BRICS e ai loro partner un mezzo per effettuare regolamenti e compensazioni dirette tra le loro valute. La promozione delle transazioni in valute locali permette di facilitare i pagamenti tra i Paesi membri utilizzando valute nazionali per ridurre i costi di conversione e aumentare l’autonomia finanziaria, stabilizzare le economie del gruppo, ridurre la vulnerabilità alle fluttuazioni del dollaro e alle sanzioni economiche, offrendo una maggiore stabilità ai Paesi BRICS nelle loro transazioni.
BRICS Clear rappresenta una parte cruciale dell’iniziativa più ampia dei BRICS per ridurre la loro dipendenza dalle strutture finanziarie globali dominate dall’Occidente, come il sistema SWIFT e le istituzioni finanziarie internazionali. Questo potrebbe segnare l’inizio di una nuova era di multipolarità finanziaria, in cui i Paesi BRICS e le economie emergenti potrebbero avere una voce più forte nell’economia globale, riducendo l’influenza del dollaro USA e delle istituzioni occidentali.
Sull’argomento, l’analista Pepe Escobar si è espresso in questi termini: BRICS Clear è un sistema multilaterale di regolamento/compensazione per il commercio all’interno dei BRICS e per il commercio tra i BRICS e i loro partner (attualmente applicato a 22 nazioni). L’obiettivo principale, ancora una volta, è bypassare SWIFT.
BRICS Clear utilizzerà le valute nazionali per il commercio internazionale. Tutte le transazioni avverranno tramite una stablecoin – una unità di conto – gestita dalla NDB, la banca dei BRICS con sede a Shanghai. Come ha sottolineato il principale economista francese Jacques Sapir, “il commercio richiede servizi di assicurazione (sia per il contratto stesso che per il trasporto); questi servizi di assicurazione comportano attività di riassicurazione. Con la BRICS (Re)Insurance Company, i BRICS stanno costruendo la loro indipendenza dalle compagnie di assicurazione occidentali.” BRICS Clear e BRICS (Re)Insurance, nel breve e medio periodo, avranno enormi conseguenze per il commercio globale e l’uso dei dollari e degli euro. I flussi commerciali, sia intra-BRICS che tra i partner BRICS – già almeno il 40% del totale globale – potrebbero crescere esponenzialmente. Parallelamente, le compagnie di assicurazione e riassicurazione controllate dall’Occidente perderanno affari. Questa è la de-dollarizzazione in pratica – probabilmente il Sacro Graal dei BRICS. Ovviamente, India e Brasile non parlano mai di de-dollarizzazione nel modo in cui lo fanno Russia, Cina e Iran, ma supportano comunque BRICS Clear.
Sapir prevede che, entro il 2030, l’effetto di BRICS Clear potrebbe portare alla riduzione della quota del dollaro nelle riserve delle banche centrali, passando “dal 58% circa al 35-40%”. Significativamente, ciò comporterebbe “massicce vendite di obbligazioni del Tesoro, causando il crollo del mercato delle obbligazioni pubbliche e difficoltà significative per il Tesoro degli Stati Uniti nel rifinanziare il debito degli Stati Uniti”.
L’”egemone” non prenderà questa cosa alla leggera, per dirla in parole povere.
Ponendosi sulla scia dei suoi predecessori, l’azione politica di Xi tende a concentrarsi sulla modernizzazione e sullo sviluppo ritenendo che la Repubblica Popolare Cinese abbia bisogno di un ambiente internazionale pacifico per poter prosperare e attraverso il suo ruolo di primo piano all’interno dei BRICS mira a posizionare la Cina come leader tra le economie emergenti e a consolidare il gruppo come blocco di bilanciamento rispetto alle alleanze guidate dai Paesi occidentali. Sostenendo l’espansione del gruppo e promuovendo una collaborazione economica più stretta, Pechino si pone l’obiettivo di costruire un mondo multipolare dove i Paesi in via di sviluppo abbiano un ruolo determinante; per raggiungerlo, la Cina ha lanciato diverse iniziative volte alla promozione della cooperazione economica, tecnologica e politica tra i membri che hanno il duplice scopo di rafforzare il gruppo e, al contempo, aumentare l’influenza delle economie emergenti nel sistema globale. La Cina è stata uno dei principali promotori della New Development Bank, istituita nel 2015 con sede a Shanghai, istituzione bancaria che finanzia progetti infrastrutturali e di sviluppo sostenibile nei Paesi BRICS e in altre economie emergenti ed è uno strumento per ridurre la dipendenza dai finanziamenti occidentali; la Cina ha, inoltre, contribuito alla creazione del Contingent Reserve Arrangement (CRA), un fondo di riserva che i membri BRICS possono utilizzare per stabilizzare le proprie economie in caso di crisi finanziaria: questo meccanismo di sostegno finanziario è un’alternativa al Fondo Monetario Internazionale (FMI) e ha l’obiettivo di aumentare la resilienza dei Paesi membri, riducendo la loro vulnerabilità alle fluttuazioni economiche globali e alla pressione finanziaria internazionale.
La Cina spinge per l’utilizzo delle valute locali negli scambi commerciali tra i membri dei BRICS, riducendo così la dipendenza dal dollaro statunitense e, negli ultimi anni, ha proposto varie iniziative per promuovere accordi commerciali in yuan, real, rublo, rupia e rand, migliorando la stabilità finanziaria interna dei Paesi membri e rafforzando la posizione della propria moneta nazionale come valuta internazionale; nel contesto di crescenti tensioni con l’Occidente, ha promosso l’idea di creare un sistema di pagamento internazionale alternativo a SWIFT, che ridurrebbe la dipendenza dai circuiti di pagamento dominati dagli Stati Uniti e sarebbe utilizzabile dai Paesi BRICS e da altre nazioni emergenti, offrendo loro maggiore autonomia finanziaria e protezione dalle sanzioni.
Pechino ha spinto per la creazione di un forum comune per la ricerca e l’innovazione tra i BRICS, promuovendo la collaborazione su temi come intelligenza artificiale, tecnologie green, biotecnologie e cybersicurezza, mentre ha avviato iniziative per rafforzare l’impegno dei BRICS verso lo sviluppo sostenibile, concentrandosi su energia rinnovabile, transizione energetica e lotta al cambiamento climatico[32]; la Cina ha spinto per una maggiore cooperazione tra i BRICS nel settore della sicurezza alimentare, per rispondere a crisi come l’aumento dei prezzi dei beni alimentari e la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento, sono state avviate iniziative per migliorare la produzione agricola, l’innovazione nel settore agroalimentare e la gestione delle risorse alimentari tra i Paesi BRICS, inoltre, su iniziativa cinese è stato istituito il BRICS Business Council per incentivare la collaborazione tra le comunità imprenditoriali dei Paesi membri.
Attraverso queste iniziative, la Cina mira a consolidare i BRICS come un blocco coeso e influente, in grado di proporre un’alternativa credibile alle istituzioni e al mondo delle regole dominate dall’Occidente.
Il professore dell’Università di Hong Kong, Joseph Y.S. Cheng, nel 2015 aveva già evidenziato il ruolo della Repubblica Popolare Cinese all’interno del gruppo BRICS nel suo articolo China’s approach to BRICS pubblicato sul Journal of Contemporary China in cui sottolineava come la crescita economica del gruppo BRICS conduce inevitabilmente ad una redistribuzione del potere all’interno del sistema internazionale. I leader cinesi oggi attribuiscono una notevole importanza a questo gruppo, e nel loro approccio si possono riscontrare elementi di realismo, liberalismo/istituzionalismo e costruttivismo.
Cheng sostiene che la partecipazione della Cina ai BRICS è in linea con il suo desiderio di rimodellare l’ordine internazionale in modo che sia meno dominato dalle potenze occidentali. Promuovendo un mondo multipolare, la Cina sfrutta i BRICS come piattaforma per difendere gli interessi delle economie emergenti e spingere per una distribuzione più equa del potere e dell’influenza globale.
Lo scritto di Cheng spiega che la strategia cinese per i BRICS combina elementi di realismo (concentrandosi sul rafforzamento della propria influenza geopolitica), di istituzionalismo liberale (lavorando attraverso quadri multilaterali) e di costruttivismo (promuovendo identità e interessi condivisi tra le nazioni non occidentali). Il quadro dei BRICS consente alla Cina di amplificare la propria voce nella governance globale, in particolare nel campo delle riforme economiche, e di sfidare il tradizionale dominio di istituzioni come il FMI e la Banca Mondiale, sostenendo alternative come la Nuova Banca di Sviluppo (NDB).
Questo approccio serve alla Cina per raggiungere gli obiettivi di sicurezza economica e stabilità geopolitica, soprattutto quando deve affrontare la rivalità con gli Stati Uniti. La partnership con i BRICS aiuta la Cina a consolidare la sua influenza in Asia, Africa e America Latina, creando alleanze che diluiscono l’influenza occidentale e forniscono alla Cina un cuscinetto diplomatico sulla scena globale. Si legge nell’articolo che i leader cinesi e gli analisti di politica estera fanno spesso riferimento all’osservazione di Deng Xiaoping secondo cui la pace e lo sviluppo sono le questioni globali più significative nell’epoca attuale; così dal 1979, i leader cinesi si sono generalmente concentrati sulla modernizzazione e sullo sviluppo, ritenendo che la Cina abbia bisogno di un ambiente internazionale pacifico. […] Gli esperti di politica estera cinese ritengono che, sebbene gli Stati Uniti rimangano l’unica superpotenza, il numero di grandi potenze sia in aumento, favorendo così la promozione del multilateralismo e della multipolarità. Allo stesso tempo, le economie emergenti occupano un ruolo più centrale sulla scena internazionale, desiderose di condividere potere e responsabilità. La Cina auspica di raggiungere la propria ascesa pacifica attraverso questi processi, piuttosto che confrontarsi direttamente con gli Stati Uniti e le altre principali nazioni sviluppate. All’interno di questa configurazione del potere internazionale, i leader cinesi considerano altamente improbabili guerre tra grandi potenze o guerre sistemiche. Le grandi potenze si trovano in una competizione accesa ma allo stesso tempo interdipendente e, conseguentemente, la cooperazione tra grandi potenze diventa inseparabile dal ruolo dei principali Paesi in via di sviluppo e delle economie emergenti, il cui aumento del loro potere economico avrà naturalmente un impatto sulla configurazione del potere internazionale e sul sistema internazionale. Questa visione del mondo aiuta a spiegare la logica dietro la partecipazione attiva della Cina al gruppo BRICS, una prospettiva essenzialmente realista, ma colorata da elementi del marxismo-leninismo: la Cina ha bisogno di un ambiente internazionale pacifico per concentrarsi sulla modernizzazione; pertanto, ha un interesse diretto nel mantenimento stabile dell’ordine internazionale esistente. Nell’era delle riforme economiche e dell’apertura verso il mondo esterno iniziata nel 1979, la Cina ha intrapreso un processo di apprendimento per comprendere le norme internazionali esistenti e allinearsi ad esse. I suoi comportamenti di politica estera sono ora più vincolati dal diritto e dalle norme internazionali, con una maggiore attenzione a mantenere la reputazione di rispetto per tali norme. Infine, nell’ultimo decennio circa, la Cina ha apertamente rivendicato il ruolo di “grande potenza responsabile”, sostenendo i principi di giustizia e moralità internazionali.
[…] I Paesi BRICS condividono interessi simili nel perseguire una maggiore influenza nella governance internazionale e percepiscono che la cooperazione come gruppo possa facilitare notevolmente questo obiettivo. Per aumentare la loro influenza nelle istituzioni internazionali, i Paesi membri dei BRICS desiderano creare un discorso che rappresenti gli interessi dei Paesi in via di sviluppo, al fine di rafforzare la legittimità delle loro richieste.
I Paesi membri dei BRICS sono interessati alla diplomazia multilaterale tra di loro e, in linea di principio. Ancora più importante, desiderano un dialogo e una cooperazione con i Paesi sviluppati occidentali su una base genuinamente egualitaria e vorrebbero assumere un ruolo attivo nel perseguire gli interessi dei Paesi in via di sviluppo. In questo modo, il gruppo BRICS sostiene che il dialogo e la cooperazione tra i suoi membri sarebbero in accordo con gli interessi comuni delle economie emergenti e dei Paesi in via di sviluppo, e faciliterebbero anche la costruzione di un mondo armonioso, di pace duratura e prosperità comune.
È importante capire che il BRICS non è un’alleanza e nemmeno un’organizzazione che impone obblighi specifici ai suoi membri ma è, piuttosto, una piattaforma di dialogo ed è improbabile che si trasformi in un’organizzazione integrata come, ad esempio, l’Unione Europea. Come ha affermato il presidente cinese Xi Jinping al 15 ° vertice BRICS tenutosi in Sudafrica nel 2023, BRICS non è un incontro per i Paesi da schierarsi, né un esercizio per creare uno scontro a blocchi; piuttosto, è uno sforzo per espandere l’architettura della pace e dello sviluppo. Nessuno in Cina o in altri Paesi prevede di trasformare BRICS in un’alleanza politica anti-occidentale o in un progetto di integrazione economica. I membri dei BRICS non hanno nemmeno preso in considerazione la formazione di un blocco politico o militare bilaterale. Il fatto è che molti Paesi in via di sviluppo stanno cercando di espandere la cooperazione all’interno di BRICS, il che spiega il forte appello del meccanismo di cooperazione BRICS. Negli ultimi anni, il gruppo si è concentrato sullo sviluppo condiviso, promuovendo la cooperazione nel commercio, negli investimenti, nell’energia e nella finanza. Ha inoltre ampliato la sua collaborazione in settori quali catene di approvvigionamento, logistica, sicurezza agricola e alimentare e pagamenti transfrontalieri per favorire la crescita economica globale.
Nell’ottica cinese, il creare alleanze e integrazioni strutturate contrasta con la filosofia della politica estera di Pechino; una filosofia che rifiuta la vecchia logica della “opposizione a blocchi” a favore dello sviluppo di “un nuovo tipo di relazioni internazionali” basata su una partnership tra Paesi con interessi comuni ma senza accordi vincolanti. Scrive il Russia Today che “per la Cina, la sovranità completa e il principio di non interferenza negli affari interni degli altri Paesi (e viceversa – resistenza all’interferenza esterna nei suoi affari interni) sono fondamentali. La Cina applica costantemente questo approccio nelle sue relazioni con altri Paesi. Non è un caso che l’Iniziativa Belt and Road, che esiste da oltre un decennio, non sia diventata un’alleanza integrata ma rimanga semplicemente un’“iniziativa”. Inoltre, l’implementazione del concetto dell’iniziativa di una “comunità di un futuro condiviso per l’umanità” prevede lo sviluppo co-operativo di un numero illimitato di Paesi basato sull’interazione reciproca. Da un lato, implica integrazione (poiché liberalizza il movimento transfrontaliero di capitali, beni e servizi); dall’altro, questa forma di integrazione rispetta la sovranità dei partecipanti e non impone loro quali organizzazioni internazionali dovrebbero aderire.
La filosofia della politica estera cinese non esclude la partecipazione a diverse iniziative di integrazione; anzi, le considera positivamente. E il BRICS è una di queste.
Per la Cina, il BRICS serve principalmente come piattaforma attraverso la quale Pechino può comunicare la sua prospettiva sulle questioni globali ad altre nazioni e coordinare posizioni su vari temi. In ultima analisi, l’adesione di altri Paesi al BRICS (molti dei quali hanno relazioni complesse con la Cina) agisce come una garanzia, evitando che vengano coinvolti in coalizioni occidentali che potrebbero essere ostili nei confronti della Cina. Questo approccio impedisce qualsiasi possibilità di dominio da parte della Cina. Se Pechino dovesse formare la propria “alleanza a compartimenti stagni”, lo farebbe secondo i propri termini e inviterebbe le nazioni che dipendono economicamente dalla Cina. Nel frattempo, Russia e India sicuramente non rientrano in questa categoria.
La Cina ha bisogno del BRICS? Decisamente sì.
Gli interessi principali per la Cina all’interno del BRICS includono la de-dollarizzazione, l’istituzione di alternative alla Banca Mondiale e al FMI, e l’aiuto al Sud del mondo per liberarsi dalla dipendenza dalle istituzioni occidentali. La piattaforma BRICS facilita queste iniziative su scala globale e amplia la loro portata oltre una singola regione, minimizzando al contempo le preoccupazioni dei partner sui rischi potenziali associati all’espansione della Cina.
Da questa prospettiva, più Paesi aderiscono al BRICS, meglio è. Come la Russia, anche la Cina apprezza grafici e tabelle che illustrano come i Paesi BRICS collettivamente superano i Paesi del G7 in termini di popolazione e vari indicatori economici. Questo si allinea con la visione della Cina della fase attuale della storia mondiale come una di “cambiamenti senza precedenti”, caratterizzata dall’ascesa di ex colonie e semi-colonie – cambiamenti che la Cina ritiene potrebbero migliorare il mondo nel suo complesso.
Tuttavia, questo non significa che la Cina veda il BRICS esclusivamente come un blocco anti-occidentale. La Cina spera anche di interagire con l’Occidente e promuovere una cooperazione reciprocamente vantaggiosa nello spirito di una “comunità di futuro condiviso per l’umanità”.
Naturalmente, al momento non si parla di Paesi dell’UE, dell’Australia o del Canada – nazioni che hanno relazioni tese con la Cina – che aderiscano al BRICS. Tuttavia, se consideriamo l’espansione geografica dell’Iniziativa Belt and Road, diventa chiaro che la Cina sta dimostrando flessibilità e apertura nelle questioni di integrazione ed è disposta a collaborare con chiunque.
Questa prospettiva suggerisce che la Cina non stia usando il BRICS come uno strumento per contrastare gli Stati Uniti. Al contrario, man mano che l’organizzazione si espande, la probabilità che si trasformi in un’alleanza militare-politica diminuisce. Tuttavia, come spiegato sopra, per la Cina questo non è uno svantaggio, ma piuttosto un vantaggio.
Nell’articolo What Is BRICS for China?[33], Alexander Lukin e Fan Xuesong analizzano come la Cina percepisce il BRICS quale strumento di crescita geopolitica e come mezzo per riformare l’ordine internazionale. Secondo Lukin, la Cina vede il BRICS non solo come un’alleanza economica, ma come un blocco strategico capace di riequilibrare le disparità economiche e politiche promosse dalle potenze occidentali. Per Pechino, il BRICS rappresenta un modo per promuovere un mondo multipolare e giusto, in cui le nazioni in via di sviluppo abbiano un’influenza maggiore.
L’approccio della Cina al BRICS è definito dalla sua visione “conservatrice”: Pechino cerca una trasformazione dell’ordine mondiale basata su riforme graduali e collaborazioni negoziate, anziché su rotture drastiche. Questo atteggiamento evidenzia come la Cina non desideri stravolgere il sistema esistente, ma piuttosto modificarlo dall’interno, collaborando con altri membri del BRICS (Brasile, Russia, India, Sudafrica) per costruire una piattaforma che dia voce ai Paesi non occidentali. Questo orientamento di “evoluzione pacifica” risulta coerente con le ambizioni della Cina di emergere come potenza globale responsabile, capace di influenzare l’ordine internazionale senza provocare conflitti o scontri diretti con l’Occidente.
Lakin sostiene che la Cina vede nella piattaforma BRICS una risorsa importante nel suo sforzo di riformare il sistema internazionale in modo che diventi più equo e serva meglio i suoi interessi; interessi che si trovano a coincidere con quelli di altri grandi Stati non occidentali che soffrono anch’essi di questo senso di ingiustizia, un problema importante che dovrebbe essere superato con l’aiuto di altri Paesi in via di sviluppo. Ma per cambiare la situazione non è necessaria una rivoluzione, bensì un’evoluzione graduale basata su negoziati e persuasione. Questa posizione fa della Cina non una potenza revisionista ma piuttosto conservatrice, all’interno del sistema internazionale esistente.
Secondo Pechino, i principali Paesi non occidentali, che formano il gruppo BRICS, hanno obiettivi simili, poiché anche loro considerano l’attuale ordine mondiale ingiusto e vogliono migliorarlo. Questo li rende partner della Cina, nonostante le differenze e le controversie esistenti con alcuni di essi – ad esempio l’India. Allo stesso tempo, Pechino non vuole distruggere o minare l’attuale sistema di governance globale, poiché ciò potrebbe portare al caos e la Cina stessa ne soffrirebbe. Vuole una riforma graduale a beneficio del mondo “non-occidentale”. Ecco perché Xi ha più volte esortato le sue controparti BRICS a rafforzare il coordinamento delle politiche all’interno dei formati multilaterali esistenti, come l’ONU, il G20 e l’OMC, ma allo stesso tempo a far progredire la cooperazione “BRICS Plus” lavorando con altri Paesi dei mercati emergenti e con i Paesi in via di sviluppo per rinnovare il sistema di governance globale.
Si legge nell’articolo che dopo il crollo dell’Unione Sovietica è iniziato un periodo di dominio unilaterale degli Stati Uniti. Ciò ha causato malcontento nelle capitali di una serie di grandi Paesi in diversi continenti, tutti con interessi diversi da quelli dell’Occidente, ma nessuno dei quali aveva risorse sufficienti per difenderli da solo. La Comunità Internazionale iniziò a discutere l’idea di un mondo multipolare, ma restava il fatto che un polo era più potente degli altri. Naturalmente, i poli più deboli cominciarono a cercare un’opportunità per coordinare i loro sforzi.
Questo non significa, tuttavia, che i BRICS stiano cercando di prendere il posto dell’Unione Sovietica. Il mondo è cambiato e gli interessi degli Stati BRICS e dei Paesi che rappresentano non sono opposti a quelli occidentali. In un mondo che sta rapidamente diventando più globale, tutto è interconnesso: nessun Paese può svilupparsi senza cooperare con gli altri, e soprattutto con le economie leader.
Tutti gli Stati BRICS collaborano strettamente con l’Occidente. Tuttavia, gli interessi dei Paesi BRICS e quelli dell’Occidente divergono su una serie di questioni globali. È su questi temi – piuttosto limitati nella loro portata – che i Paesi BRICS coordinano i loro sforzi. Si tratta principalmente di questioni legate al sistema finanziario ed economico globale: lo sviluppo dei mercati globali, la regolamentazione post-crisi e la riforma del sistema bancario e valutario mondiale e delle istituzioni (un’area in cui il coordinamento tra gli Stati BRICS ha già prodotto alcuni risultati). Ma queste non sono le uniche preoccupazioni.
Gli Stati del BRICS hanno, così, iniziato a coordinare le loro posizioni anche su altre questioni globali: l’istruzione, il cambiamento climatico, la sicurezza e la lotta al terrorismo, la lotta al traffico di droga e la gestione delle crisi regionali del mondo. I BRICS stanno gradualmente superando le sole questioni economiche per diventare un centro per lo sviluppo di approcci a tutta una serie di problemi urgenti, approcci che riflettono gli interessi del mondo non occidentale. Secondo gli osservatori cinesi, “il BRICS non è destinato a durare 1-2 anni, o addirittura 10-20: è un progetto a lungo termine e su larga scala. È un meccanismo di svolta e una forma di sviluppo alternativa a quella offerta dalle potenze occidentali. Ciascuno dei cinque Paesi BRICS è una potenza di primo piano nella propria regione. La solidarietà tra questi cinque Paesi e la partecipazione di altri centri di potere in via di sviluppo è la chiave per l’ascesa degli Stati non occidentali. Questo aspetto è importante perché i BRICS fungeranno da modello che stimola altri Paesi in via di sviluppo in tutto il mondo a diventare più attivi. Molti osservatori occidentali dichiarano costantemente che i Paesi possono svilupparsi e prosperare pienamente solo con l’aiuto dei cosiddetti sistemi “democratici” e “liberali” e attraverso l’implementazione del modello politico ed economico occidentale nella sua interezza. Tuttavia, Cina e India—ma soprattutto la Cina—sono diventate potenze emergenti non seguendo il percorso occidentale, ma aderendo ai propri modelli di sviluppo. Il successo dei Paesi BRICS darà maggiore fiducia ad altri Stati non occidentali nello svilupparsi secondo il proprio percorso, basandosi sulle proprie caratteristiche particolari.
Come osservato da Wang Wen sulle pagine del People’s Daily, una pubblicazione del Partito Comunista Cinese, «Come primo meccanismo di cooperazione multilaterale globale emerso in diversi secoli senza la partecipazione dei Paesi sviluppati dell’Occidente, i BRICS facilitano il passaggio degli Stati in via di sviluppo—che avevano quasi perso la propria voce nel sistema di governance globale—dalla periferia al centro. I Paesi BRICS—Cina, India, Brasile, Russia e Sudafrica—aderiscono fermamente all’indipendenza nazionale, promuovono la non interferenza negli affari interni di altri Stati, si adoperano per la pace internazionale, sostengono il ruolo centrale dell’ONU e invocano la creazione di un nuovo ordine politico ed economico internazionale più equo e razionale.
Dal punto di vista della storia mondiale, l’“ascesa collettiva” dei Paesi BRICS—basata sulla ricerca della pace e della cooperazione—sta creando, sotto i nostri occhi, un nuovo percorso e un nuovo modello, diverso dal modello basato sulla guerra e sulla lotta per l’egemonia attraverso il quale sono emersi gli Stati occidentali. Questo rappresenta già un contributo significativo allo sviluppo dell’umanità».
Va notato che i Paesi BRICS cooperano non solo sul piano economico, ma stanno gradualmente espandendo e approfondendo la loro cooperazione per includere ambiti come l’istruzione, la cultura, lo sport, ecc. Nel suo discorso inaugurale al Forum per la Cooperazione Internazionale della Belt and Road nel 2017, Xi Jinping ha citato un proverbio cinese: «L’amicizia, che deriva dal contatto ravvicinato tra i popoli, è la chiave per buone relazioni tra Stati». Poiché i sistemi politici, le mentalità pubbliche e le condizioni sociali differiscono così tanto tra gli Stati, solo i legami e gli scambi tra i popoli possono creare un’atmosfera di fiducia reciproca e un desiderio di unità, rafforzando le basi per una ulteriore cooperazione strategica nell’ambito dei BRICS.
I BRICS hanno affermato questa posizione in modo chiaro e ufficiale molte volte. La Dichiarazione di Goa – documento adottato al termine del vertice che si è tenuto nell’ottobre 2016 nella città di Goa, in India – afferma: “ribadiamo la nostra visione comune di profondi cambiamenti continui nel mondo mentre si transita verso un ordine internazionale più giusto, democratico e multipolare, basato sul ruolo centrale delle Nazioni Unite e sul rispetto del diritto internazionale. Riaffermiamo la necessità di rafforzare il coordinamento degli sforzi sulle questioni globali e la cooperazione pratica nello spirito di solidarietà, comprensione reciproca e fiducia. Sottolineiamo l’importanza degli sforzi collettivi nella risoluzione dei problemi internazionali e per la soluzione pacifica delle controversie attraverso mezzi politici e diplomatici, e a questo proposito, ribadiamo il nostro impegno ai principi della Carta delle Nazioni Unite”.
I BRICS non sono un club chiuso: i formati di cooperazione dei BRICS si estendono ben oltre i confini dei suoi cinque Paesi membri. Non solo il meccanismo dei BRICS è diventato una piattaforma importante per rafforzare la solidarietà e la cooperazione e per difendere gli interessi condivisi dai mercati emergenti e dai Paesi in via di sviluppo, ma sta anche giocando un ruolo sempre più significativo nel mondo e nello sviluppo globale. I BRICS sostengono l’idea di apertura ed è utile per i BRICS sviluppare dialogo e cooperazione con altri mercati emergenti e Paesi in via di sviluppo. La parte cinese è fiduciosa che il modello BRICS+ rifletta pienamente lo spirito di cooperazione dei BRICS e il desiderio di espandere costantemente l’influenza positiva della cooperazione all’interno di questo formato. Pechino è certa che fornirà maggiore “energia positiva” per stimolare la crescita economica globale, migliorare la governance globale e promuovere relazioni internazionali democratiche.
La conclusione cui perviene Lakin nel suo articolo – e che chiude questo contributo – è che “la Cina considera i BRICS una risorsa fondamentale nel suo percorso per diventare una grande potenza mondiale e per riformare il sistema internazionale, rendendolo più equo e più adatto a servire i suoi interessi. Tuttavia, secondo la visione cinese, questi interessi coincidono con quelli di altri grandi Stati non occidentali che soffrono anch’essi di questa ingiustizia, quindi questa posizione non è egoistica. Per quanto riguarda le potenze occidentali, la riforma promossa dai BRICS servirebbe anche ai loro interessi, ma le élite politiche occidentali vogliono mantenere la loro posizione di dominio mondiale. Di conseguenza, secondo la Cina, questo rappresenta un problema importante che dovrebbe essere superato con l’aiuto di altri Paesi in via di sviluppo.
Per cambiare la situazione, è necessaria un’evoluzione graduale basata su negoziati e persuasione, piuttosto che una rivoluzione. È interessante notare che questa posizione rende la Cina non una potenza revisionista, ma piuttosto conservatrice all’interno del sistema internazionale esistente. Pechino ritiene certamente che non sia la Cina, ma l’Occidente a cercare di minare le principali istituzioni politiche ed economiche internazionali, mentre la Cina, come gli altri Paesi BRICS, si è affermata come loro principale sostenitrice.
È stato Xi Jinping, e non Trump, a parlare a favore dell’ONU, del WTO, dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, del libero scambio e contro il protezionismo. Questi obiettivi sono condivisi dagli altri Paesi BRICS. È quindi evidente che i BRICS continueranno a ricoprire un’importanza cruciale per la Cina nel prossimo futuro”.
NOTE AL TESTO
[1]Jim O’Neill, Building Better Global Economic BRICs, Goldman Sachs Economics Research n.66, 30 novembre 2001.
[2]Per G6 si intende un gruppo informale di sei nazioni industrializzate che, prima della creazione del G7, comprendeva Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti. Il G6 fu fondato nel 1975 come forum per discutere questioni economiche globali.
[3]Dominic Wilson e Roopa Purushothaman, Dreaming With BRICs: The Path to 2050, Goldman Sachs Economics Research n. 99, 1 ottobre 2003, p. 1.
[4]Ibidem, p. 3.
[5]Ibidem, p. 2.
[6]Ibidem, p.5.
[7]I membri del G8 erano: Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Russia con Mosca che, aggiunta nel 1998, è stata sospesa nel 2014. Nel 2014, infatti, la Russia è stata sospesa dal gruppo in seguito alla crisi in Ucraina e all’annessione della Crimea. Da allora, il G8 è tornato a essere il G7, senza la Russia. Attualmente, il G7 continua a riunirsi per affrontare i temi globali di maggiore rilevanza, e comprende Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti, con l’Unione Europea come partecipante.
[8]http://www.brics.utoronto.ca/docs/090616-leaders.html
[9]Il testo completo della Risoluzione di Kazan è consultabile al seguente indirizzo: https://www.mea.gov.in/bilateral-documents.htm?dtl/38450/Kazan_Declaration__Strengthening_Multilateralism_For_Just_Global__Development_And_Security, La Risoluzione è scaricabile in formato pdf al seguente indirizzo: http://static.kremlin.ru/media/events/files/en/RosOySvLzGaJtmx2wYFv0lN4NSPZploG.pdf
I 13 Paesi partner della piattaforma BRICS accettati a Kazan sono: Algeria, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakhstan, Malaysia, Nigeria, Thailandia, Turchia, Uganda, Uzbekistan, Vietnam.
[11]https://www.theguardian.com/business/2024/oct/22/putin-brics-summit-russia-china-india-iran-kazan
[12]https://agenciabrasil.ebc.com.br/en/internacional/noticia/2024-10/dilma-rousseff-argues-expansion-brics-use-local-currencies
[13]https://www.rt.com/russia/606108-dumping-dollar-economy-politics-putin/
[14]Secondo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, la dichiarazione del vertice di Kazan ha prestato poca attenzione alla crisi ucraina, in quanto non è la questione centrale per il blocco economico. “Sì, è una questione importante nell’agenda russa, ma è ben lontana dall’essere la questione centrale per i BRICS. E si è riflettuto esattamente su quanto dovrebbe essere nell’agenda dei BRICS”, ha detto Peskov.
https://www.rt.com/news/606297-brics-summit-kazan-declaration
[15]Tra i Paesi aderenti all’iniziativa c’è l’Ungheria, formalmente alla guida del Semestre europeo e primo, e finora unico, Paese europeo di questo gruppo: “L’Ungheria sostiene gli sforzi diplomatici nell’ambito del piano di pace sino-brasiliano, che considera la diplomazia come un’unica soluzione, prevenendo l’escalation nucleare ed evitando di dividere il mondo in blocchi orientali e occidentali. La fornitura di armi non fa che prolungare il conflitto e aggravare le sofferenze, mentre la maggior parte dei Paesi del mondo cerca di porre fine alla guerra“,ha detto il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó durante la riunione del gruppo.
[16]https://russiaspivottoasia.com/russia-wants-africa-brazil-and-india-permanently-represented-on-the-united-nations-security-counci/
[17]https://russiancouncil.ru/en/analytics-and-comments/analytics/the-kazan-brics-declaration-a-new-world-order-manifesto/
[18]Ibidem.
[19]https://thecradle.co/articles-id/27486 tradotto da Nora Hoppe per il sito della testata L’AntiDiplomatico: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-pepe_escobar__cosa_succeder_ai_brics_dopo_kazan/39602_57467.
[20]https://www.voltairenet.org/article221438.html
[21]A questi si potrebbero aggiungere l’Arabia Saudita (Riyadh non ha ancora ratificato ufficialmente la sua adesione al BRICS), grande esportatore di petrolio, con progetti di diversificazione economica, leader OPEC e potenza regionale del Medio Oriente e l’Argentina, Paese che con l’elezione del nuovo Presidente Milei ha deciso di ritirare la sua adesione al gruppo ma che rimane un’economia rilevante nel Mercosur e nel Sud America.
[22]https://www.weforum.org/stories/2024/11/brics-summit-geopolitics-bloc-international/#:~:text=Today%2C%20BRICS%20countries%20are%20home,based%20on%20purchasing%20power%20parity.
[23]https://www.globaltimes.cn/page/202408/1317727.shtml
[24]https://www.globaltimes.cn/page/202410/1321621.shtml
[25]https://english.www.gov.cn/news/202410/24/content_WS671a572cc6d0868f4e8ec42c.html
[26]Ma Miaomiao, Greater BRICS, glittering future in Beijing Review, 31 ottobre 2024, p. 13.
[27]https://english.news.cn/20220622/2531b1cc563d4f59b11a3f2f42eea908/c.html
[28]https://www.globaltimes.cn/page/202206/1268977.shtml#:~:text=The%2014th%20BRICS%20Summit%20held,central%20role%20of%20the%20United
[29]Il documento può essere scaricato al seguente indirizzo: https://brics2023.gov.za/wp-content/uploads/2023/07/XIV%E2%80%82BRICS-Summit-Beijing-Declaration-23-June-2022.pdf
[30] Theryn D. Arnold, De-dollarization and global sovereignty: BRICS’ quest for a new financial paradigminHuman Geography, 0(0).
[31]Ibidem, pp. 4-5.
[32]In questo ambito, Pechino ha promosso la creazione di un fondo comune per progetti sostenibili, come impianti solari, eolici e per la gestione dell’acqua, in linea con gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
[33] Alexander Lukin & Fan Xuesong, What Is BRICS for China? in Strategic Analysis, 2019, pp. 1-12.
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