XVII Verona Eurasian Economic Forum: una possibilità per il multipolarismo | Matteo Pistilli (CeSE-M) intervista Demostenes Floros

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a cura di Matteo Pistilli

Il 5 e 6 dicembre 2024, tornerà l’atteso Eurasian Economic Forum. Dopo Baku e Samarcanda, farà il suo esordio in Medio Oriente a Ras Al Khaimah negli Emirati Arabi Uniti, continuando così il percorso in quella Grande Eurasia multipolare che ha voglia di parlare e confrontarsi senza cadere nelle imposizioni di un artefatto scontro di civiltà. Dal suo punto di vista cosa aspettarci dal Forum? Quali prospettive e possibilità? Che importanza può avere per l’Italia?

Il 5 e 6 dicembre 2024, tornerà l’atteso Eurasian Economic Forum. Dopo Baku e Samarcanda, farà il suo esordio in Medio Oriente a Ras Al Khaimah negli Emirati Arabi Uniti, continuando così il percorso in quella Grande Eurasia multipolare che ha voglia di parlare e confrontarsi senza cadere nelle imposizioni di un artefatto scontro di civiltà. Dal suo punto di vista cosa aspettarci dal Forum? Quali prospettive e possibilità? Che importanza può avere per l’Italia?

In primo luogo, vorrei evidenziare il fatto che il Forum Eurasiatico di Verona nasce nel lontano 2007 e sino al 2022 si svolge ininterrottamente in questa città anche nel periodo delle restrizioni dovute al Covid, seppure da remoto. Dopo il 2022, purtroppo, diventa impossibile per gli organizzatori tenere il Forum a Verona a causa del conflitto in Ucraina, ossia il conflitto russo-Nato/ucraino, spostandosi prima a Baku in Azerbaigian e l’anno scorso a Samarcanda, in Uzbekistan. Quest’anno, per la prima volta, si abbraccia un Paese del Medio Oriente, gli Emirati Arabi Uniti. Personalmente, ho partecipato a tutte le edizioni del Forum dal 2010 compreso sino ad oggi e ho visto una continua e costante crescita dell’importanza, della partecipazione e della visibilità di questo Forum che, bisogna chiarirlo subito, è in primo luogo e soprattutto un business forum. Rappresenta, quindi, un punto d’incontro di diverse realtà che hanno come finalità quello di poter fare affari in campi diversi, che possono essere ovviamente quello dell’energia ma anche quello delle infrastrutture, della meccanica, dell’elettromeccanica, dell’agroindustria, dell’intelligenza artificiale e di tutti i temi che coinvolgono la transizione energetica.

L’ultima edizione in presenza a Verona ha visto la partecipazione di quasi 1.400 imprese fra piccole, medie e grandi, così come la partecipazione delle grandi major; ciò fa capire la dimensione che aveva raggiunto questo Forum che purtroppo, vale la pena ribadirlo, a causa delle pressioni internazionali, non si può più svolgere nella realtà scaligera.

Ho precisato che si tratta di un business forum, ma in realtà non riguarda soltanto il business, è un forum dal chiaro carattere politico e diplomatico che persegue una precisa linea che è quella del multipolarismo. E’ evidentemente un forum che si contrappone alla visione unipolare che caratterizza altri istituti che non è necessario citare per capire quali siano.

Anche quest’anno, nel Forum che si svolgerà a Ras Al Khaimah, a mio avviso, ci saranno grandi opportunità da parte delle imprese che parteciperanno di riuscire a stringere una serie di legami e di contatti con altre realtà imprenditoriali per aumentare le proprie possibilità di affari. Questo lo abbiamo visto benissimo nel corso di tutti gli anni in cui l’evento si è svolto in Italia, ma lo abbiamo visto anche quando gli organizzatori sono ripartiti dalle altre realtà così diverse e lontane, ma che hanno presentato vecchie e nuove opportunità; nelle già citate Baku e Samarcanda il forum è stato un grande successo.

E’ evidente che un forum del genere è molto importante anche per l’Italia e per le imprese italiane; il nostro Paese ha rapporti con gli Emirati Arabi Uniti che in primo luogo partono con l’energia, ma che a mio avviso non dovrebbero ridursi solo ed esclusivamente a questo tema seppur fondamentale. La questione è capire se ci può essere anche un supporto politico che possa favorire gli affari, ma non occasioni di business tout court, bensì l’occasione di accompagnare al business una visione che non sia più, né euro-centrica né americano-centrica, ma che evidenzi l’esistenza di diverse polarità all’interno del nostro mondo che non può più essere letto come è stato fatto nel corso degli ultimi 30 anni. E’ ormai evidente una multipolarità specialmente dal punto di vista economico e commerciale: per l’appunto, il Forum si inserisce su questa visione politica del contesto internazionale. 

L’energia sarà un importante tema da affrontare nel Forum, così come i suoi rapporti con la questione ambientale. Vorremmo approfittare della sua competenza nel settore, avendolo affrontato anche con due necessari libri ed altri interventi. Soffermandosi sulla sovranità energetica italiana, quale è a suo avviso la situazione ad oggi? Quali opportunità o pericoli?

Certamente, il tema dell’energia è centrale, lo è stato sempre nei Forum. Basta dare un’occhiata a chi ha partecipato per molti anni, come Eni ed Enel; successivamente Enel ha fatto un passo indietro e anche la stessa Eni si è defilata avendo però partecipato fino al termine del decennio trascorso.

Partecipano comunque altre realtà imprenditoriali italiane legate al mondo dell’energia per non parlare dei grandi colossi come la Gazprom, la Rosneft, ma anche le grandi multinazionali francesi e voglio evidenziare come addirittura BP, ExxonMobil hanno partecipato alle ultimissime edizioni del Forum che si sono svolte a Verona; ciò evidenzia ovviamente quello che è il ruolo centrale dell’energia all’interno degli incontri.

Ma, a mio avviso, sarebbe limitato identificare questo Forum come avente unico tema quello dell’energia, perché si tratta di un business forum a 360°. Non riguarda soltanto il tema dell’energia anche se è evidente che tutti quanti i settori economici possono essere ricondotti anche al tema dell’energia particolarmente quelli più recenti: dalle sfide poste dall’intelligenza artificiale a quelle della transizione energetica. Ovviamente, per un Paese come l’Italia – che è uno di quelli energeticamente più dipendenti dall’estero, essendo questa dipendenza nel corso dell’ultimo decennio quantificabile tra il 75 e l’80% – è importante partecipare o per lo meno prestare grande attenzione a questo aspetto. Anche e soprattutto alla luce della nostra limitatissima sovranità energetica che ha visto un passaggio molto chiaro nel corso degli ultimi anni: cioè il tentativo (che in parte è riuscito, ma non definitivamente come si credeva) da una parte, di abbandonare le forniture della Federazione Russa, per lo meno quelle di gas naturale hanno visto un crollo – anche se nel 2024 le importazioni, sia via tubo, sia di gas naturale liquefatto sono aumentate da parte di Roma, ma anche da parte della stessa Unione Europea – dall’altra parte, abbiamo visto un tentativo di parziale sostituzione della Federazione Russa con gli Stati Uniti d’America.

Questo aspetto pone, in una prospettiva non troppo lontana, una serie di problematiche: in primo luogo, è bene evidenziare il fatto che siamo riusciti a non avere interruzioni nella fornitura di energia nel corso delle ultime due stagioni fredde, autunno e inverno, in virtù di condizioni climatiche straordinariamente miti; in secondo luogo, siamo riusciti a non avere delle interruzioni perché fondamentalmente si è manifestata una distruzione della domanda di gas naturale, che per l’Italia vuol dire la distruzione della domanda della principale fonte utilizzata nel nostro paniere energetico attorno al 41% di tutti i consumi di energia primaria nel 2022. Ciò sta avendo come conseguenza particolarmente grave una crisi economico/manifatturiera non indifferente, visto che l’ISTAT ha registrato venti mesi consecutivi di diminuzione tendenziale della produzione industriale del nostro Paese. Ma questo non riguarda soltanto noi, aggiungerei la stessa Germania e l’Unione Europea nel suo complesso, oppure i dati di queste ultime ore della Francia: un fenomeno che ho, in primo luogo e in tempi non sospetti, definito come di lenta e costante de-industrializzazione del nostro Paese e dell’Unione Europea.

Il problema è che non sappiamo ovviamente che tipo d’inverno avremo di fronte, se continueranno ad essere così relativamente miti, oppure se saranno molto più rigidi; si tratta di un aspetto fondamentale visto che, come dicevo in precedenza, gli ultimi dati ci dicono che molto difficilmente ci “libereremo” completamente e veramente dalle forniture della Federazione Russa. Che, ribadisco, per quanto riguarda il gas naturale liquefatto e il gas naturale stanno invece aumentando nel corso del 2024 e quindi l’obiettivo di fare a meno della Federazione Russa al 2027, sia per l’Italia, sia per l’Unione Europea, a mio avviso, si allontana; nel contempo, aumentano i dubbi relativamente alla capacità degli Stati Uniti d’America di mantenere le proprie forniture di gas naturale liquefatto negli anni a venire perché, senza entrare troppo nello specifico, ci sono le problematiche attorno al cosiddetto fracking (quindi, la produzione, sia di greggio, sia di gas naturale liquefatto): come è ormai noto a tutti è una tecnica particolarmente inquinante, inoltre tali forniture non sono garantite da parte degli Stati Uniti negli anni futuri. Gli Usa, che grazie al fracking sono diventati principali produttori di petrolio e gas naturale al mondo, oltre ad essere diventati indipendenti da un punto di vista energetico, stanno raggiungendo il proprio picco e non sappiamo per quanto tempo il cosiddetto plateau, cioè la produzione, rimarrà costante o invece comincerà a diminuire. In questo caso, il problema non sarà indifferente, sia per quanto riguarda l’Italia, sia per l’Unione Europea perché gli Stati Uniti, soprattutto nel caso in cui la domanda interna di energia aumenterà, forse non potranno assicurare le esportazioni che hanno garantito nel corso degli ultimi due anni. E’ certo, invece, quello che sarà l’aumento dei consumi di energia e di gas naturale da parte di Washington in virtù soprattutto dello sviluppo dell’intelligenza artificiale a causa della quale si stanno rivedendo verso l’alto tutte le precedenti stime in quanto è ormai chiaro che consumerà tantissima energia (aspetto che era stato fondamentalmente sottostimato). Inoltre, stanno diminuendo anche le stesse risorse di scisto da parte degli Stati Uniti d’America, sia per quanto attiene il greggio, sia per quanto attiene il gas naturale; tale situazione provoca notevoli punti interrogativi: in primo luogo, questa mancata produzione avrà una ricaduta sul mercato mondiale dell’energia e in secondo luogo l’avrà ovviamente rispetto alla leadership degli Stati Uniti d’America nella produzione di petrolio e gas naturale, ma anche sull’eventualità di un loro aumento della dipendenza energetica dall’estero e da ultimo, ma non per importanza, per quanto ci riguarda direttamente, un grosso punto interrogativo rispetto alla sicurezza energetica dell’Italia e dell’Unione Europea.

Gli anni a venire, presentano tante incertezze per quanto attiene il tema dell’energia e chi riteneva che la semplice sostituzione, seppur parziale, della Federazione Russa come grande fornitore stabile negli anni e nei decenni dell’Italia e dell’Unione Europea con gli Stati Uniti d’America fosse la semplice soluzione dei problemi energetici purtroppo si sbagliava di grosso. Sia per quanto riguarda le forniture in senso stretto, sia per quanto riguarda le conseguenze sul sistema manifatturiero di Germania, Italia e dell’Unione Europea nel suo complesso.

E in relazione al nostro bisogno di materie prime come ci poniamo di fronte al mondo multipolare?

Quando si parla di mondo multipolare, non si può non partire dai BRICS e in particolar modo non si può non prendere atto dei cosiddetti BRICS plus, cioè dei suoi nuovi membri, tra cui troviamo i principali produttori di energia al mondo. Già il nucleo originale comprendeva la Federazione Russa come grande produttore di energia, ma anche il Brasile grande produttore di greggio; successivamente, dal primo gennaio 2024, abbiamo quindi visto l’entrata di altri grandi attori, come gli stessi Emirati Arabi Uniti che ci ospitano quest’anno, oppure l’Iran. Un punto interrogativo può essere posto sul ruolo dell’Arabia Saudita, per certi versi analogo a quello della Turchia, che tenta di conservare un difficile equilibrio con le nuove realtà economiche a partire da Cina e Russia, mantenendo però i legami storici, da un punto di vista politico, militare e finanziario, con gli Stati Uniti d’America. Quello che di certo va sottolineato è che i BRICS plus non comprendono soltanto grandi produttori di energia, ma anche i principali possessori di materiali di base che sono l’altro aspetto fondamentale per quanto riguarda il tema della transizione energetica.

In relazione al nostro bisogno di materie prime, non possiamo che interessarci a come il nostro Paese si pone dinanzi al mondo multipolare indipendentemente da quale sia il colore del Governo. Devo tuttavia esprimere un giudizio negativo in quanto l’Italia, è inutile negarcelo, non ha una propria sovranità e questo non le permette di esprimersi evidenziando quelli che sono i propri legittimi interessi nazionali in un contesto internazionale che è profondamente mutato da quello che era durante la Guerra Fredda. Sarebbe già qualcosa se il nostro Paese potesse esprimere una politica estera per lo meno pragmatica per quanto attiene i propri interessi che certamente devono tener conto delle nuove realtà economiche.

Potrà sembrare un paradosso, ma si ha l’impressione che la politica estera di Andreotti o a maggior ragione quella di Craxi, in alcuni momenti e rispetto a determinati Paesi, pur cadendo nel periodo della Guerra Fredda, avesse degli spazi di manovra che sono superiori a quelli che abbiamo oggi.  Spero vivamente di sbagliarmi, ma non vedo, né da parte del Governo, né da parte dell’opposizione (in Parlamento) un atteggiamento per lo meno pragmatico nella sua accezione positiva, verso l’estero, verso il mondo multipolare e verso i BRICS. Forse, l’atteggiamento che ha avuto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo ultimo viaggio in Cina, indica un tentativo di ripensamento o perlomeno la volontà da parte dell’Italia di cercare un proprio – piccolo, ma fondamentale – spazio di movimento verso una timida autonomia in politica estera. Vedremo se sarà così soprattutto in virtù del nuovo inquilino che arriverà alla Casa Bianca a gennaio 2025 e soprattutto in conseguenza di quelle che saranno le scelte economiche che andrà ad implementare la nuova Amministrazione Trump.

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