Russia e Africa, quali conseguenze può portare una tale unione?

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di Stefano Vernole

Osteggiata e sanzionata da molti Paesi occidentali a partire dal 2014, la Russia sta cercando di svolgere un ruolo di potenza globale in altre parti del mondo. È così che in Africa Vladimir Putin è riuscito in dieci anni a ristabilire l’influenza militare e diplomatica di cui Mosca ha beneficiato durante la Guerra Fredda. Ha inoltre utilizzato uno strumento di influenza più sofisticato, in particolare attraverso i media audiovisivi esterni e i social network. All’interno di queste tre leve di potere (militare, diplomatica e informativa), la Russia sta facendo rivivere l’eredità sovietica dei suoi legami con l’Africa.

Giocando la carta storica, Mosca sta anche facendo rivivere una narrazione anticoloniale e antimperialista. La questione di un possibile imperialismo russo non viene infatti sollevata dalle élite africane che si approcciano a Mosca, anche se il conflitto in Ucraina viene utilizzato dall’Occidente per propagandare un supposto carattere coloniale della Russia.

Dalla fine degli anni 2000 la Russia è tornata alla ribalta in Africa. In questo continente, divenuto una nuova area di confronto tra le grandi potenze, Mosca ha sviluppato la cooperazione economica e di sicurezza, ma ha fatto affidamento soprattutto su mezzi indiretti per sostenere la sua politica africana. La Russia sta cercando anche un altro strumento di influenza, quello della politica della memoria. Si tenta così di far rivivere l’eredità storica delle relazioni, a volte molto strette, tra l’URSS e alcuni Paesi del Continente africano, denunciando il passato coloniale dell’Occidente e l’attuale ingerenza neocolonialista delle multinazionali angloamericane e francesi.

Una lettura storica delle relazioni tra Russia e Africa ci consente di comprendere meglio tale politica e l’utilizzo di questa storia comune per scopi strategici. Affondando le sue radici dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, la cooperazione russo-africana combina le idee del socialismo con quelle della liberazione nazionale e raggiunge il suo apice dopo la decolonizzazione. La fine della Guerra Fredda vide Mosca abbandonare questa parte del mondo per più di 15 anni, per poi riprenderla dalla prima Presidenza Putin ad oggi.

Questo ritorno nel Continente africano assume una dimensione strategica a partire dal 2014 e diviene motivo di rivalità tra Stati Uniti e Russia, ma anche Cina, India, Stati del Golfo e Unione Europea, compresa la Francia. Gli Stati africani stanno prendendo le distanze dalle ex potenze coloniali e si rivolgono a partner che possono soddisfare meglio i loro bisogni immediati. In questo contesto, la Russia, come in epoca sovietica, si presenta agli africani come una potenza anticoloniale. E la Francia, che non è più l’unico ed ovvio riferimento, sta diventando il bersaglio della strategia russa di approdo geopolitico nell’area.

La Russia vuole essere un attore chiave in tutto il continente e sta sviluppando una strategia africana globale. Ciò è dimostrato dai due vertici Russia-Africa dell’ottobre 2019 e del luglio 2023. Nel 2019 erano presenti 43 capi di Stato africani e sono stati firmati 92 accordi e memorandum d’intesa.

I mezzi indiretti utilizzati dalla Russia producono più risultati: Mosca non richiede alcun compenso legato alla democrazia o ai diritti umani, a differenza di alcuni attori che condizionano la concessione di aiuti o la firma di partenariati al rispetto di determinati principi e delle “regole” occidentali. Questi partenariati “incondizionati” rendono la Russia un alleato privilegiato, a volte l’unico partner internazionale di Paesi isolati soggetti a sanzioni, come la Guinea o il Burkina Faso.

La questione della formazione ha avuto un ruolo importante durante la Guerra Fredda e contribuisce alla simpatia di cui oggi gode la Russia. L’influenza culturale occupa, come in epoca sovietica, un posto preponderante nella politica estera russa. Lo dimostra l’apertura di centri culturali russi in una quindicina di Paesi tra cui Angola, Algeria, Etiopia e Mali.

Negli istituti in Zambia, Tanzania ed Etiopia, nell’agosto 2024 è stata creata una facoltà preparatoria per gli studenti che desiderano entrare nelle università russe. L’azione culturale comprende infatti una politica di formazione, che ha avuto un ruolo importante durante la Guerra Fredda: essa contribuisce notevolmente alla creazione del capitale di simpatia di cui oggi beneficia la Russia. L’eredità storica di questa cooperazione culturale viene messa in luce, in particolare grazie ad alcuni dirigenti politici africani in carica che hanno studiato in URSS, come il Primo Ministro maliano Choguel Maïga o il presidente dell’Angola João Lourenco.

L’istituzione di Sputnik e Russia Today in Africa ha conosciuto un grande sviluppo negli ultimi cinque anni (2019-2024), così come la mole di contenuti prodotti sull’attualità africana. L’ultimo progetto emerso, African Initiative, viene descritto come un’agenzia di stampa russa sugli eventi nel continente africano. Dedica gran parte del suo lavoro alla glorificazione della storia delle relazioni dell’URSS con l’Africa denunciando il passato imperialista delle potenze occidentali. Russia Today fa lo stesso: nelle città dell’Africa anglofona recentemente sono apparsi cartelloni pubblicitari che mostravano e citavano leader dell’indipendenza e del panafricanismo, come Kwame Nkrumah, Julius Nyerere e Milton Obote. Un modo di dimostrare che, ieri come oggi, la Russia condivide con l’Africa i valori dell’anticolonialismo e dell’antimperialismo.

La politica della memoria sviluppata da Vladimir Putin mobilita quindi l’eredità della fruttuosa cooperazione del passato tra Russia e Africa, della solidarietà di Mosca con il continente, del suo aiuto militare ai movimenti di liberazione nazionale. Ciò è dimostrato da alcuni importanti partner del Paese: il Sudafrica, dove l’URSS ha sostenuto attivamente la lotta contro l’apartheid; l’Algeria, amica di Mosca dal 1962 e attraverso la quale la Russia è tornata in Africa nel 2006; l’Egitto, che intrattiene forti relazioni con Mosca sin dagli anni ’50 e che ha firmato un contratto sugli armamenti da 3 miliardi di dollari nel 2014 ma anche l’Angola. Nel marzo 2018, a Luanda, la Russia ha eretto un monumento in memoria dei soldati sovietici morti tra il 1975 e il 1991. Cinque anni dopo, il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha paragonato il conflitto ucraino alla guerra civile in Angola, evidenziando una somiglianza tra i due popoli nella loro lotta per l’indipendenza e la libertà di esercitare i propri diritti fondamentali.

Tuttavia, il soft power russo nel Continente africano non sarebbe stato possibile senza i successi militari nella lotta contro il terrorismo. Prima la compagnia privata Wagner e oggi l’Afrika Korps (entrato a far parte della struttura speciale del Ministero della Difesa russo) rappresentano un sostegno essenziale nell’addestramento al combattimento per le Forze Armate di diverse nazioni africane, in particolare nell’area del Sahel ad influenza francese. A metà novembre 2023, l’esercito del Mali, in alleanza con gli specialisti russi, ha completato trionfalmente una marcia di quasi 400 chilometri attraverso il nord del Paese, occupato da jihadisti e separatisti. I principali centri abitati, tra cui Kidal, dove l’esercito governativo non entrava dal 2012, sono passati sotto il controllo dello Stato maliano.

Per 10 anni, le autorità francesi hanno detto al mondo che un tentativo di liberare Kidal dagli islamisti avrebbe portato a pesanti perdite civili e al genocidio dei Tuareg. Non è accaduto nulla del genere. Invece, stanchi del potere dei gruppi militanti, gli abitanti della città sono usciti per incontrare i liberatori, e sono iniziati festeggiamenti pubblici spontanei nella capitale del Paese, Bamako. La notizia della cattura di Kidal è stata posta al centro della pagina principale di Jeune Afrique, il più famoso media panafricano in lingua francese pubblicato a Parigi. È nella capitale dell’ex metropoli che il rafforzamento della sovranità del Mali è stato percepito in modo più doloroso. La cattura di Kidal è stata definita una “grande vittoria” per la giunta maliana dal media statale francese RFI. Tuttavia, la maggior parte del Mali lo aspettava da dieci anni, ha ammesso Le Monde.

Secondo l’Ambasciatore della Repubblica Centrafricana in Russia, Leon Dodonu-Punagaza, “ciò che i francesi e gli americani non sono stati in grado di fare in decenni, la Russia lo ha fatto in un anno”.

Oltre alla cooperazione tecnico-militare e alla lotta al terrorismo, l’Afrika Korps sarà impegnato nella costruzione di infrastrutture e nella soluzione di problemi umanitari, tra cui la difficile situazione epidemiologica in alcuni territori.

Allo stesso tempo, la presenza militare della Russia in Africa andrà di pari passo con partenariati economici reciprocamente vantaggiosi. Invece del precedente modello occidentale di sfruttamento, la Russia intende diventare un beneficiario della crescita delle economie africane indipendenti, rafforzando la loro sicurezza alimentare e la loro sovranità energetica e tecnologica.

Gran parte del Continente africano non è mai stato in grado di industrializzarsi per impiegare persone e lavorare materie prime piuttosto che venderle all’Occidente e l’ostacolo principale è la mancanza delle infrastrutture necessarie. Ad esempio, 600 milioni di africani, ovvero quattro su dieci, non hanno ancora accesso all’elettricità. A questo proposito, Rosatom ha enormi prospettive di cooperazione reciprocamente vantaggiosa nel continente.

Ciò spiega l’importanza per la Russia di mantenere le attuali basi militari in Siria (la base aerea di Hmeimim a Latakia e una base navale a Tartus) quali piattaforme logistiche verso l’Africa oppure di trovare alternative altrettanto vantaggiose in Libia (magari una base navale a Tobruk). Così come di ideologizzare maggiormente i BRICS quale alternativa del Sud Globale rispetto all’attuale dominio occidentale.

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