di Giulio Chinappi
Le elezioni generali del 10 novembre 2024 a Mauritius hanno visto la vittoria schiacciante dell’opposizione guidata da Navin Ramgoolam, che ha inflitto una dura lezione al primo ministro Pravind Jugnauth. Tra scandali di intercettazioni e tensioni sociali, l’isola si prepara a un nuovo corso.
Le elezioni generali tenutesi a Mauritius lo scorso 10 novembre 2024 sono state caratterizzate da un mix di controversie, alta partecipazione elettorale e un cambiamento netto nella leadership. Con un’affluenza del 79%, il popolo di Mauritius ha espresso il suo dissenso verso l’amministrazione in carica guidata da Pravind Jugnauth e ha eletto Navin Ramgoolam come nuovo primo ministro con una vittoria schiacciante. Questo riscontro non solo riflette il desiderio di cambiamento ma sottolinea anche i temi centrali che hanno dominato la campagna elettorale: il costo della vita, la corruzione e la stabilità democratica.
La decisione di indire le elezioni è arrivata poco dopo l’accordo storico tra Mauritius e il Regno Unito sulla disputa relativa all’arcipelago delle isole Chagos. Le isole Chagos, infatti, sono state a lungo al centro di una disputa tra Port Louis e Londra, con le Maldive coinvolte come terzo pretendente alla sovranità su questo piccolo arcipelago. Nel 2022, il governo britannico di Liz Truss ha annunciato l’inizio dei negoziati con Mauritius per la risoluzione della disputa, accordo finalmente raggiunto ad inizio ottobre di quest’anno, con il Regno Unito che ha ceduto definitivamente le isole Chagos a Port Louis, mantenendo tuttavia il pieno controllo dell’isola principale, Diego Garcia, dove sia britannici che statunitensi possiedono importanti basi militari per il controllo dell’Oceano Indiano. L’accordo è stato duramente respinto dal governo delle Maldive.
Questo successo diplomatico, inizialmente visto come un trionfo per il governo Jugnauth, è stato rapidamente oscurato da uno scandalo di intercettazioni telefoniche che ha coinvolto politici, giornalisti e persino diplomatici stranieri. Le registrazioni audio, trapelate su piattaforme come TikTok, includevano conversazioni compromettenti che mettevano in luce presunti abusi di potere, corruzione e manipolazioni politiche.
In risposta allo scandalo, il governo ha imposto un controverso blocco dei social media, giustificandolo come una misura per preservare la sicurezza nazionale. Tuttavia, la decisione ha suscitato indignazione pubblica e un forte dissenso dall’opposizione, portando alla revoca del divieto, che sarebbe dovuto durare fino alle elezioni, dopo solo un giorno. Questo episodio ha messo in dubbio la credibilità del governo e ha rafforzato le accuse di autoritarismo mosse dall’opposizione contro Jugnauth, in carica dal 2017, quando assunse la carica di primo ministro in sostituzione di suo padre, Anerood Jugnauth.
Due coalizioni principali si sono affrontate in queste elezioni: l’Alliance Lepep, guidata appunto dal primo ministro uscente Pravind Jugnauth, e l’Alliance du Changement, capeggiata dall’ex primo ministro Navin Ramgoolam. Jugnauth, leader del Movimento Socialista Militante (Mouvement Socialiste Militant, MSM), puntava su un programma di continuità e promesse economiche, tra cui l’aumento dei salari minimi e delle pensioni, oltre alla riduzione delle imposte su beni essenziali. Tuttavia, il suo governo è stato criticato per il mancato controllo del costo della vita e per le suddette accuse di corruzione, elementi che lo hanno portato ad una sconfitta catastrofica.
Dall’altro lato, Navin Ramgoolam, leader del Parti Travailliste (PTr) e veterano della politica, essendo già stato primo ministro tra il 1995 e il 2000 e poi nuovamente tra il 2005 e il 2014, e a sua volta non privo di controversie personali, ha promesso una rottura con il passato. La sua campagna si è concentrata su un’agenda riformista, che includeva misure per ridurre i prezzi dei carburanti, aumentare i sussidi alle famiglie e introdurre trasporti pubblici gratuiti. Inoltre, Ramgoolam ha cavalcato l’onda dello scandalo delle intercettazioni, promettendo di smantellare il “sistema di spionaggio” del paese per garantire maggiore trasparenza e libertà ai cittadini.
Il risultato finale delle elezioni, come anticipato, ha visto un trionfo schiacciante per l’Alliance du Changement, che ha conquistato 20 delle 21 circoscrizioni dell’isola principale e il seggio dell’isola di Rodrigues. Questa vittoria rappresenta il margine più ampio ottenuto dalla coalizione vincitrice dal 1995, e segna una débâcle umiliante per Jugnauth, che ha riconosciuto la sconfitta poco dopo l’inizio dello spoglio dei voti. Nel complesso, infatti, la coalizione guidata dai laburisti ha eletto ben 60 deputati contro i due mantenuti dall’alleanza del governo uscente.
In realtà, i partiti di governo non hanno ottenuto nessuna vittoria, ma hanno potuto beneficiare del particolare sistema elettorale in vigore a Mauritius, basato sul voto a blocco plurale con panachage, che ha consentito di integrare nel parlamento quattro candidati non eletti attraverso il Best Loser System, un meccanismo che garantisce rappresentanza a minoranze etniche e religiose. L’Alliance Lepep ha ottenuto i propri scranni proprio grazie a questo sistema, mentre altri due seggi sono stati assegnati all’Alliance Libération, una formazione locale con sede sull’isola di Rodrigues, che ha offerto il proprio sostegno al nuovo governo. Gli ultimi due deputati provengono dall’Organisation du Peuple Rodriguais (OPR), un partito della sinistra radicale che segue una linea separatista per la concessione di una maggiore autonomia o addirittura dell’indipendenza all’isola di Rodrigues.
A seguito dell’ufficializzazione dei risultati elettorali, il 12 novembre, Ramgoolam è stato formalmente nominato primo ministro dal presidente Prithvirajsing Roopun, segnando il suo ritorno alla guida del paese per la terza volta. In uno dei suoi primi discorsi, ha dichiarato: “Il potere del popolo è più forte di una dittatura”, sottolineando il mandato ricevuto dagli elettori per riformare il paese.
Tra le priorità annunciate da Ramgoolam, lo smantellamento del sistema di sorveglianza è stato evidenziato come un atto simbolico per ripristinare la fiducia dei cittadini nel governo. Tuttavia, il nuovo primo ministro dovrà affrontare anche sfide significative, tra cui:
– Riforme economiche: sebbene Mauritius abbia una delle economie più stabili e diversificate dell’Africa, con un PIL pro capite di oltre 10.000 dollari, molti cittadini lamentano un aumento insostenibile del costo della vita. Il governo dovrà trovare un equilibrio tra crescita economica e politiche sociali per alleviare il peso sui consumatori.
– Corruzione e trasparenza: lo scandalo delle intercettazioni ha evidenziato la necessità di riforme istituzionali. Ramgoolam ha promesso di introdurre leggi più severe contro la sorveglianza illegale e di rafforzare le istituzioni democratiche, ma dovrà affrontare le critiche derivanti dal suo passato controverso.
– Criminalità e narcotraffico: la crescente diffusione della droga rappresenta una minaccia per la coesione sociale e la sicurezza. Programmi di prevenzione, educazione e riabilitazione saranno essenziali per affrontare questa crisi.
– Riforme costituzionali ed elettorali: l’Alliance du Changement ha proposto di rivedere il sistema elettorale e di introdurre cambiamenti per rafforzare l’indipendenza delle istituzioni chiave, come la presidenza e il parlamento.
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