di Giulio Chinappi
Le elezioni legislative lituane hanno segnato la sconfitta del centro-destacra e la vittoria dei socialdemocratici. Tuttavia, le polemiche legate alla formazione del nuovo governo non devono ingannare, visto che la linea del nuovo esecutivo in politica estera non dovrebbe subire cambiamenti.
Tra il 13 e il 27 ottobre, la Lituania ha organizzato le elezioni legislative su due turni, con un esito che ha rappresentato una pesante sconfitta per il governo in carica di centro-destra guidato da Ingrida Šimonytė, Primo Ministro dal 2020. L’Unione della Patria – Democratici Cristiani di Lituania (Tėvynės Sąjunga – Lietuvos Krikščionys Demokratai, TS-LKD) di Šimonytė ha infatti subito un netto ridimensionamento, passando da 50 a 28 seggi sui 141 che compongono la Seimas, il parlamento unicamerale di Vilnius.
Con il 18% delle preferenze, il partito del Primo Ministro ha subito il sorpasso da parte della principale forza di opposizione, il Partito Socialdemocratico di Lituania (Lietuvos Socialdemokratų Partija, LSDP) dell’ex Ministro della Sicurezza Sociale e del Lavoro Vilija Blinkevičiūtė (in foto), che per la prima volta nella storia ha vinto le elezioni con il 19,32% delle preferenze e ben 52 seggi conquistati. Tuttavia, sebbene la vittoria del LSDP potrebbe avere qualche effetto sulla politica interna, il cambio di guardia ai vertici del governo lituano non dovrebbe apportare significative modifiche alla linea di politica estera della repubblica baltica, visto che sia i democristiani che i socialdemocratici hanno posizioni saldamente europeiste ed atlantiste.
Anche in patria, i socialdemocratici sono stati spesso criticati per autoproclamarsi come una forza di centro-sinistra, senza tuttavia mettere in pratica nessuna delle politiche che dovrebbero caratterizzare un partito di quest’area politica. Tuttavia, la forte insoddisfazione nei confronti del governo in carica ha portato il Partito Socialdemocratico alla vittoria, con Vilija Blinkevičiūtė che sembra destinata a succedere a Ingrida Šimonytė come nuovo Primo Ministro del Paese.
Per formare il nuovo governo, Blinkevičiūtė ha immediatamente trovato il sostegno di Saulius Skvernelis, a sua volta ex Primo Minsitro tra il 2016 e il 2020 e leader dell’Unione Democratica “Per la Lituania” (Demokratų sąjunga „Vardan Lietuvos“), un partito di orientamento ambientalista, che ha ottenuto il quarto posto per la sua prima partecipaizone alle elezioni legislative, eleggendo 14 deputati. Tuttavia, i due partiti di centro-sinistra dispongono di un totale di 64 seggi su 141, un numero insufficiente per raggiungere la maggioranza, il che ha portato Blinkevičiūtė a rivolgersi ad un terzo partito per formare il nuovo esecutivo.
La scelta della leader dei socialdemocratici è ricaduta sul Partito Politico “Alba di Nemunas” (Politinė partija “Nemuno Aušra”), che alle elezioni ha ottenuto un risultato assai lusinghiero, classificandosi terzo con il 14,97% delle preferenze e venti deputati eletti, un numero che permetterebbe all’eventuale governo di raggiungere una solida maggioranza. Tuttavia, questa scelta ha suscitato non poche polemiche per via del fondatore e leader del partito, Remigijus Žemaitaitis, accusato di antisemitismo a seguito di alcune sue dichiarazioni sul massacro di Pirčiupiai, una strage di 119 civili da parte dei soldati nazisti. Nelle sue dichiarazioni, Žemaitaitis ha affermato che “i russi e gli ebrei” sarebbero stati responsabili della strage.
Il possibile ingresso del partito di Žemaitaitis nel governo ha portato a numerose reazioni di dissenso sia in patria che all’estero, al punto che persino il New York Times ha dedicato un articolo al discusso politico lituano. Ben Cardin, Presidente della Commissione per le Relazioni Estere del Senato degli Stati Uniti, ha a sua volta rilasciato una dichiarazione di denuncia di questa possibile alleanza: “La Lituania è un alleato stretto degli Stati Uniti e un partner fondamentale nella promozione dei valori democratici. Tuttavia, la decisione dei Socialdemocratici di entrare in coalizione con il Partito Nemunas — un partito il cui leader è stato incriminato per incitamento alla violenza e all’odio contro gli ebrei — mina i valori fondamentali che uniscono le nostre nazioni“, si legge nella dichiarazione ufficiale del senatore Dem. “In un momento in cui l’antisemitismo è in aumento in tutto il mondo, dare spazio alla retorica e agli atti d’odio antisemiti non è solo un tradimento degli ideali democratici condivisi, ma rappresenta anche una minaccia concreta per la sicurezza delle comunità ebraiche e delle minoranze“.
Tuttavia, le dichiarazioni di circostanza di Cardin, seppur fondate sulle gravi dichiarazioni effettivamente rilasciate da Žemaitaitis, potrebbero nascondere un’altra regione. Il partito di Žemaitaitis è infatti l’unica delle principali formazioni politiche lituane ad esprimere una linea di politica estera descritta come “leggermente euroscettica” dagli analisti, pur restando fermamente russofoba. Evidentemente, gli Stati Uniti vogliono prevenire anche il minimo cambiamento in politica estera da parte del governo lituano, ed hanno utilizzato l’antisemitismo di Žemaitaitis come pretesto per raggiungere i propri scopi, visto che in altri casi non si sono certo fatti scrupoli a sostenere vere e proprie formazioni neonaziste, come nel caso dell’Ucraina.
Quello che conta, per gli Stati Uniti, è che la Lituania, al pari di Estonia e Lettonia, continui ad essere un fedele vassallo di Washington in funzione antirussa, come dimostrano le ultime mosse del governo Šimonytė. Lo scorso mese, il parlamento di Vilnius ha infatti approvato tre leggi che denunciano i trattati economici del Paese con Russia e Bielorussia, firmati nel 1999. Il precedente 25 settembre, il governo lituano aveva già approvato una proposta per denunciare gli accordi con Russia e Bielorussia sulla cooperazione tra le agenzie doganali, rendendo definitiva una sospensione provvisoria che era de facto in vigore dal febbraio 2022.
Possiamo dunque affermare che le recenti elezioni legislative hanno certamente segnato la sconfitta del governo di centro-destra e la vittoria storica dei socialdemocratici, ma questo cambiamento dovrebbe alla fine risolversi in un nulla di fatto per quanto riguarda la politica estera. Inoltre, la formazione del nuovo governo rischia di essere offuscata dalle controversie legate all’eventuale alleanza con il Partito Nemunas, che al momento sembra quasi certa. Nonostante le polemiche, la Lituania sembra destinata a mantenere la sua linea di politica estera saldamente europeista e atlantista, rispondendo alle aspettative dei suoi padroni-alleati di Washington.
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