di Giulio Chinappi
Principale fautore dell’apertura delle relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare Cinese, Taneti Maamau ha ottenuto un terzo mandato consecutivo alla guida dell’arcipelago dell’Oceano Pacifico.
La Repubblica di Kiribati è uno Stato arcipelagico composto da 33 isole, di cui ventuno abitate, con una popolazione di appena 110.000 persone. La maggioranza di queste isole facevano parte della colonia britannica delle isole Gilbert, fino all’indipendenza raggiunta il 12 luglio del 1979, e ancora oggi l’aggettivo di “gilbertese” viene spesso utilizzato ad indicare gli abitanti e la lingua locali. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, le isole vennero occupate dal Giappone, e furono teatri di battaglie tra i nipponici e gli Stati Uniti. Nel dopoguerra, invece, vennero utilizzate dal Regno Unito e dagli Stati Uniti come campo di prova per armi nucleari, lasciando conseguenze persistenti in termini di salute ed ecologia che perdurano ancora oggi.
Nonostante il suo peso limitato per quanto riguarda l’estensione territoriale e la portata demografica, Kiribati ha assunto un ruolo significativo negli ultimi anni nella geopolitica dell’Oceano Pacifico, un’area che dal 1945 è stata prevalentemente sotto la sfera d’influenza statunitense, ma che ora vede la Cina inserirsi come nuovo attore protagonista.
Per quanto riguarda Kiribati, la svolta nella politica estera del governo con sede a Tarawa Sud, sull’isoletta di Bairiki, ha avuto luogo dopo l’elezione di Taneti Maamau, leader del Tobwaan Kiribati Party (TKP), alla presidenza, nel 2016. In contrasto con le politiche dei governi precedenti, Maamau ha dato importanza al rafforzamento dell’economia nazionale, fino ad allora troppo dipendente dall’Australia e dagli Stati Uniti, e ha impostato una politica volta ad alleviare i problemi sociali del paese, come la disoccupazione e l’alto costo della vita.
Soprattutto, nel settembre 2019, Maamau ha dato vita ad una svolta storica nelle relazioni diplomatiche di Kiribati, ritirando il riconoscimento alla sedicente “Repubblica di Cina”, ovvero Taiwan, per aprire le relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare Cinese. Questa decisione ha portato ad una scissione interna al TKP, con tredici deputati che sono passati all’opposizione, fondando il Kiribati First Party (KFP). Tuttavia, la scissione non ha affatto indebolito la posizione di Maamau, che nel 2020 ha ottenuto un secondo mandato con oltre il 59% delle preferenze.
Sempre nel 2020, Kiribati ha ufficialmente aderito alla Belt and Road Initiative, la Nuova Via della Seta promossa dalla Cina. Questo ha permesso a Kiribati di beneficiare della cooperazione con la Cina in numerosi settori, a partire da quello economico. Negli ultimi anni, la cooperazione con la Cina ha permesso a Kiribati di dare vita ad un importante sviluppo delle infrastrutture, che a loro volta hanno favorito lo sviluppo della pesca e del turismo. Ma il governo gilbertese ha fatto appello a Pechino anche in altri ambiti, come quello della sicurezza, con le forze di polizia cinesi che sono state chiamate a sostegno di quelle locali, nonostante le proteste di Australia e Stati Uniti.
È dunque in questo contesto che si sono svolte le elezioni gilbertesi di quest’anno, con le legislative (svoltesi su due turni, il 14 e il 19 agosto) che hanno preceduto le presidenziali (25 ottobre). Nonostante gli attacchi dell’opposizione interna sostenuta dalle forze occidentali, il TKP di Maamau ha ottenuto una schiacciante vittoria alle elezioni legislative, conquistando 33 dei 45 seggi che compongono il parlamento locale, denominato Maneaba ni Maungatabu (Camera dell’Assemblea). La principale forza di opposizione, il Boutokaan Kiribati Moa Party (BKM), nato nel 2020 dalla fusione tra il KFP e il Boutokaan te Koaua (lett. “Pilastri della Verità”, BK), ha invece accusato una grave sconfitta, eleggendo solo otto deputati. Il quadro del nuovo parlamento viene completato da quattro deputati indipendenti, compreso il seggio riservato alla comunità Banaba residente sull’isola di Rabi, appartenente alle Figi, dopo la deportazione effettuata dai giapponesi nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Questo ha permesso al TKP di eleggere senza problemi Willie Tokataake come nuovo presidente del parlamento, un ruolo che invece in precedenza era stato assegnato all’opposizione vista la situazione di equilibrio tra i due principali partiti (nella precedente legislatura sia il TKP che il BKM disponevano di 22 deputati).
I risultati delle legislative sono stati confermati anche alle elezioni presidenziali, dove Taneti Maamau ha ottenuto la vittoria con il 53,7% delle preferenze, superando nettamente il candidato dell’opposizione, Kaotitaake Kokoria, fermo al 43,5%. Maamau ha dunque ottenuto il suo terzo mandato consecutivo alla presidenza di Kiribati, che, secondo la Costituzione dell’arcipelago, sarà anche l’ultimo.
Nonostante l’opposizione abbia accusato Maamau di voler trasformare Kiribati in uno Stato a partito unico, la netta vittoria ottenuta sia alle legislative che alle presidenziali dimostra il forte sostegno da parte della popolazione nei confronti delle sue politiche, che hanno permesso un miglioramento della situazione economica dell’arcipelago, anche grazie alla cooperazione con la Cina. A causa di oltre 100 anni di colonizzazione, sfruttamento e abusi occidentali, infatti, Kiribati è rimasto a lungo un paese sottosviluppato, afflitto inoltre dalle pesanti conseguenze del cambiamento climatico, che ne mettono addirittura a repentaglio l’esistenza.
Alla luce di questo retaggio storico, la cooperazione con la Cina è dunque stata vista come una via d’uscita da questa spirale negativa che durava da quasi due secoli. Come ricordato in precedenza, Pechino ha sostenuto Kiribati nella costruzione e nell’aggiornamento delle sue infrastrutture, trascurate durante i tempi coloniali e rimaste gravemente inadeguate. Inoltre, l’assistenza medica della Cina ha migliorato il sistema sanitario del paese e la salute della popolazione, tra le meno colpite al mondo dalla pandemia di Covid-19.
Come affermato da Ruth Cross, deputata eletta nella circoscrizione di Tarawa Sud, in un’intervista al Global Times, la competizione geopolitica tra Stati Uniti e Cina non interessa gli elettori gilbertesi, che invece guardano piuttosto ai miglioramenti della situazione economica: “Ciò che è più importante per il paese è il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, in particolare migliorare i livelli di istruzione e le competenze imprenditoriali. Con le forti aspirazioni di sviluppo del paese, l’obiettivo finale è promuovere l’indipendenza economica di Kiribati con autosufficienza e autodeterminazione“.
Nonostante la campagna mediatica anticinese lanciata dagli Stati Uniti nei piccoli paesi dell’Oceano Pacifico, i governi di questi arcipelaghi, come nel caso di Kiribati, riconoscono perfettamente la differenza tra la politica imperialista statunitense e quella cinese, che invece si basa sul principio dei “quattro pieni rispetti” nei confronti dei paesi insulari del Pacifico:
- pieno rispetto della sovranità e all’indipendenza dei paesi insulari, sostenendo il principio dell’uguaglianza tra tutti i paesi, grandi o piccoli;
- pieno rispetto della volontà dei paesi insulari del Pacifico, in quanto un’estesa consultazione e contributo congiunto sono il miglior e unico percorso verso benefici condivisi e risultati vantaggiosi per tutti;
- alto apprezzamento e pieno rispetto per tradizioni culturali delle nazioni insulari del Pacifico, sostegno per l’armonia piuttosto che per l’uniformità e adesione allo sviluppo collettivo di culture diverse;
- pieno rispetto per gli sforzi dei paesi insulari del Pacifico per cercare forza attraverso l’unità e sostegno per l’attuazione della Strategia 2050 per il Continente Blu del Pacifico, contribuendo così alla costruzione di un Pacifico Blu pacifico, armonioso, sicuro, inclusivo e prospero.
Il percorso di Kiribati riflette dunque un desiderio di emancipazione economica e politica che cerca di superare secoli di colonizzazione e marginalizzazione. La cooperazione con la Cina, con i suoi investimenti nelle infrastrutture e nel settore sanitario, rappresenta per il governo di Maamau un’opportunità per rafforzare l’indipendenza e migliorare la qualità della vita della popolazione. Nonostante le pressioni e le critiche provenienti dall’Occidente, il sostegno popolare dimostrato nelle recenti elezioni conferma la fiducia della popolazione in questo nuovo cammino, orientato alla crescita e alla resilienza contro sfide come i cambiamenti climatici.
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