di Giulio Chinappi
Il Somaliland, repubblica autoproclamatasi indipendente, è al centro di tensioni regionali tra Somalia, Etiopia ed Egitto. Tra elezioni recenti e accordi strategici, la lotta per il riconoscimento internazionale si intreccia con dispute territoriali e rivalità geopolitiche nel Corno d’Africa.
Il Somaliland, regione della Somalia autoproclamatasi indipendente dal 1991 con il nome di Repubblica del Somaliland, continua a essere al centro di dispute regionali tra Somalia, Etiopia e altri attori, riflettendo le complesse dinamiche geopolitiche del Corno d’Africa. Recenti sviluppi, tra cui l’accordo portuale con l’Etiopia e le elezioni presidenziali, hanno accentuato le tensioni e sollevato interrogativi sul futuro status del Somaliland, alla continua ricerca del riconoscimento ufficiale nell’ambito della comunità internazionale.
Dal 1991, il Somaliland ha costruito un sistema politico relativamente stabile, completo di governo, parlamento, valuta e forze armate proprie, tale da fare invidia a molti altri Paesi del continente africano. Tuttavia, nonostante oltre tre decenni di autogoverno, nessun Paese ha ufficialmente riconosciuto la sua sovranità, lasciando il Somaliland in una posizione giuridica precaria. La Somalia, da cui la regione si è separata, continua a considerarlo parte integrante del proprio territorio, opponendosi fermamente a qualsiasi tentativo di riconoscimento internazionale, ed al momento questa resta anche la posizione delle Nazioni Unite e di tutti i suoi membri.
Secondo gli analisti, tuttavia, l’accordo siglato a gennaio 2024 tra il Somaliland ed Etiopia potrebbe aver rappresentato un punto di svolta decisivo nell’ottica del riconoscimento internazionale. Il memorandum d’intesa in questione prevede infatti la concessione del porto di Berbera in leasing per 50 anni, permettendo ad Addis Abeba di ottenere un accesso diretto al Mar Rosso in cambio di un “esame approfondito” della possibilità di riconoscere l’indipendenza del Somaliland. Questo accordo ha naturalmente suscitato aspre critiche da Mogadiscio, che lo ha definito un “attacco alla sovranità” somala, contribuendo all’innalzamento delle tensioni regionali.
L’interesse dell’Etiopia nel portare avanti l’accordo con il Somaliland è chiaro: il Paese, privo di sbocchi sul mare dal 1993, data dell’indipendenza dell’Eritrea, cerca di diversificare le proprie opzioni per l’accesso commerciale, riducendo la dipendenza dai porti di Gibuti. L’attrattività del porto di Berbera risiede non solo nella sua posizione strategica sul Golfo di Aden, ma anche nel recente ammodernamento delle infrastrutture, grazie a investimenti del gruppo DP World, con sede negli Emirati Arabi Uniti. Da parte sua, il governo del Somaliland si aspetta che in cambio l’Etiopia riconosca l’indipendenza della repubblica autoproclamata e spinga per il riconoscimento della comunità internazionale.
Tuttavia, l’Etiopia deve bilanciare queste ambizioni con la necessità di mantenere relazioni stabili con i vicini, in particolare con Mogadiscio, Paese con il quale Addis Abeba ha già avuto diversi conflitti di confine in passato. La Somalia, infatti, ha espulso il proprio ambasciatore etiope a gennaio e ha minacciato di escludere le forze etiopi da future missioni di peacekeeping nel Paese. L’accordo portuale ha anche irritato Gibuti, che teme di perdere la sua posizione predominante come principale punto d’accesso marittimo per il commercio etiope.
In questo quadro già di per sé complesso, si inserisce anche un altro importante attore esterno alla regione dell’Africa orientale: l’Egitto, storico rivale dell’Etiopia, ha colto l’occasione per rafforzare i propri legami con la Somalia, consolidando un’alleanza che riflette una comune opposizione all’influenza etiope. Questo è particolarmente evidente nel contesto della disputa sul bacino idrico del Nilo e nella recente fornitura di aiuti militari al governo somalo da parte del Cairo. L’Egitto, infatti, ha anche stretto un accordo di cooperazione militare con Somalia ed Eritrea, formando una sorta di alleanza tra i principali rivali dell’Etiopia.
In questo ampio e complesso contesto di tensioni regionali si inseriscono, appunto, anche Paesi come Eritrea e Turchia, che giocano ruoli apparentemente di secondo piano, ma invero significativi. L’Eritrea, pur avendo sostenuto le forze governative etiopi durante il conflitto del Tigrè, si è dimostrata irritata per la sua esclusione dai negoziati di pace, mentre la Turchia, alleata della Somalia, ha cercato di mediare tra le parti senza ottenere risultati tangibili. Questo significa che, qualora decidesse di procedere a dare attuazione all’accordo con il Somaliland, l’Etiopia potrebbe ritrovarsi a fronteggiare un insieme di Paesi ostili, ai quali potrebbe aggiungersi anche il Sudan, che, come l’Egitto, rientra nella disputa sulle acque del Nilo.
Le elezioni presidenziali tenutesi lo scorso 13 novembre in Somaliland, che hanno finalmente avuto luogo dopo due anni di rinvii, hanno ulteriormente accentuato l’attenzione internazionale sulla regione. La vittoria di Abdirahman Mohamed Abdullahi “Irro”, leader del partito di opposizione Waddani (Partito Nazionale del Somaliland), eletto con il 63,92% delle preferenze, rappresenta un cambio di leadership significativo rispetto all’uscente presidente Muse Bihi Abdi, leader del partito Kulmiye (Partito della Pace, dell’Unità e dello Sviluppo), pesantemente sconfitto dal suo rivale (34,81%).
Nel corso della campagna elettorale, Irro ha promesso di rafforzare gli sforzi per ottenere il riconoscimento internazionale del Somaliland e ha criticato la gestione divisiva dell’accordo portuale da parte del predecessore. Nonostante ciò, l’accordo con l’Etiopia sembra destinato a rimanere una priorità per il nuovo governo, essendo considerato cruciale per lo sviluppo economico della regione. Ad ogni modo, il Somaliland ha dimostrato ancora una volta di essere uno dei pochi Paesi africani in grado di organizzare regolari elezioni in cui i partiti si alternano al potere senza incidenti, il che rende un paradosso il suo mancato riconoscimento internazionale.
Come si può facilmente evincere da questo nostro breve intervento, le dinamiche attorno al Somaliland riflettono le complesse interconnessioni geopolitiche del Corno d’Africa, una regione che è influenzata da una combinazione di interessi economici, storici e politici che coinvolgono attori locali e globali. Il Somaliland si trova dunque intrappolato in una rete di rivalità regionali: da un lato, cerca di utilizzare l’accordo con l’Etiopia come leva per ottenere il riconoscimento internazionale; dall’altro, affronta la feroce opposizione della Somalia e le riserve di attori esterni.
Per Addis Abeba, l’accesso al porto di Berbera rappresenterebbe una vittoria strategica che potrebbe essere compromessa qualora il governo etiope decidesse di riconoscere ufficialmente il Somaliland, rischiando di esacerbare le tensioni con Mogadiscio e Il Cairo. Infine, la comunità internazionale non ha mai preso una reale posizione circa il riconoscimento del Somaliland, un territorio del quale si parla poco e che non rappresenta una priorità strategica per nessuna delle grandi potenze globali, anche se nel 2022 l’ormai ex presidente Muse Bihi Abdi ha effettuato una visita negli Stati Uniti, mentre nel 2020 il Somaliland ha aperto le relazioni con Taiwan, alienandosi, di conseguenza, le simpatie di Pechino.
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