di Giulio Chinappi
Negli ultimi tempi, l’Azerbaigian ha attirato l’attenzione internazionale per eventi di grande rilevanza, tra cui l’incontro tra il presidente Ilham Aliyev e il russo Vladimir Putin, l’invito a partecipare al vertice BRICS+, le recenti elezioni legislative e le trattative per l’accordo di pace con l’Armenia.
Nelle ultime settimane, l’Azerbaigian, piccola repubblica caucasica di grande importanza strategica per la sua posizione geografica e per le sue materie prime, si è trovato al centro dell’attenzione degli osservatori di politica internazionale per il susseguirsi di diversi eventi di rilevanza nazionale, regionale e globale.
Innanzitutto, come abbiamo avuto di sottolineare in un nostro recente articolo, il presidente azerbaigiano Ilham Aliyev ha avuto modo di accogliere il suo omologo russo Vladimir Putin tra il 18 e il 19 agosto, un’occasione nella quale i due leader hanno stretto diversi accordi di cooperazione nel settore energetico e in altri campi. Inoltre, in questa stessa occasione Putin ha invitato Aliyev a prendere parte al prossimo vertice dei BRICS+ previsto a Kazan’, il primo vertice dell’organizzazione dalla sua recente espansione di inizio anno.
Come sottolineato dal vice ministro degli Esteri russo Sergej Rjabkov, la Russia non solo ha invitato il Paese caucasico a prendere parte al vertice di Kazan’, ma sostiene risolutamente l’adesione dell’Azerbaigian ai BRICS+: “Sosteniamo la candidatura dell’Azerbaigian. Crediamo che sia un candidato forte, che, una volta entrato nei BRICS, introdurrà certamente una dinamica aggiuntiva e un’esperienza unica, inclusa l’esperienza di lavorare su più agende contemporaneamente e in chiave costruttiva, caratteristica molto tipica dei BRICS“, ha detto Rjabkov in conferenza stampa. L’Azerbaigian fa infatti parte della lunga lista di Paesi che hanno manifestato il proprio interesse per aderire alla piattaforma multilaterale, di cui la Russia è uno dei membri fondatori.
Il 1º settembre, in Azerbaigian si sono svolte anche le elezioni legislative, le prime da quando il Paese ha preso il controllo del Nagorno-Karabakh a seguito del conflitto con la vicina Armenia. I nuovi territori sono stati separati nelle regioni del Karabakh e dello Zangezur Orientale, e per la prima volta hanno preso parte alle elezioni nazionali azerbaigiane.
Nessun osservatore aveva comunque dubbi sulla vittoria del Partito Nuovo Azerbaigian (Yeni Azərbaycan Partiyası, YAP), del presidente Ilham Aliyev, che sin dall’indipendenza della repubblica caucasica occupa il ruolo di prima forza politica del Paese. In effetti, il partito di governo ha conquistato 68 dei 125 seggi nel Milli Majlis (parlamento unicamerale) del Paese, mantenendo la maggioranza assoluta degli scranni nonostante una perdita di due unità. Presentatasi molto frammentata, l’opposizione ha ottenuto tredici seggi con dieci partiti diversi: il ruolo di prima forza di opposizione spetta al Partito di Solidarietà Civica (Vətəndaş Həmrəyliyi Partiyası, VHP), con tre rappresentanti. Ben 46 seggi sono invece stati conquistati da candidati che si sono presentati come indipendenti. Nel complesso, le elezioni sono state caratterizzate da una bassa affluenza (37,24%).
Proprio nell’ambito del conflitto tra Azerbaigian e Armenia, le due parti sono ora impegnate nei colloqui per raggiungere un accordo di pace, che verosimilmente consoliderà la posizione di Baku sui territori conquistati. Lo stesso primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha infatti affermato che l’Armenia non intende riprendersi i territori persi con mezzi militari, il che rappresenta di fatto una tacita rinuncia alle terre perdute. “L’opposizione ci critica per non aver preso misure per riconquistare i territori occupati, con una superficie di oltre 200 chilometri quadrati. Per essere chiari, il territorio dell’Armenia, con una superficie di 29.743 chilometri quadrati, non è oggetto di discussione per noi. Tuttavia, non abbiamo intenzione di riprenderci questi territori con mezzi militari, né oggi né domani, perché crediamo che sia possibile restituirli pacificamente. Pertanto, l’Armenia non ha intenzioni aggressive“, ha affermato.
Secondo Pashinyan, Armenia e Azerbaigian stanno procedendo per stipulare un trattato di pace, la cui ultima bozza ha 17 articoli, 13 dei quali sono stati completamente concordati da entrambe le parti, compresa la premessa. Questa versione è stata confermata anche dal presidente Aliyev, secondo il quale le due parti si sono già accordate sull’80% degli articoli del trattato di pace, e fino ad ora hanno concordato sulla demarcazione di 13 km di confine.
Il capo del governo di Erevan ha dunque proposto a Baku di firmare i 13 articoli concordati fino ad ora prima di proseguire con in colloqui per trovare un compromesso sui restanti quattro. Gli accordi dovrebbero includere anche un collegamento tra l’Azerbaigian e la Repubblica Autonoma di Naxçıvan, regione azerbaigiana distaccata dal resto territorio nazionale, raggiungibile solo passando attraverso il territorio armeno.
Al momento, Erevan e Baku stanno portando avanti le negoziazioni secondo un formato bilaterale, ma la Russia resta a disposizione per effettuare il ruolo di mediatore in caso di necessità: “La Russia non ha mai abbandonato il suo ruolo di ‘mediatore onesto’ nel processo di negoziazione tra Armenia e Azerbaigian“, ha affermato Sergej Kopyrkin, ambasciatore russo in Armenia. “I recenti contatti del presidente russo Vladimir Putin con i partner, in particolare la sua visita di stato in Azerbaigian il 18-19 agosto e le conversazioni telefoniche con Nikol Pashinyan e Ilham Aliyev, durante le quali sono stati enfatizzati i temi della normalizzazione armeno-azera, ne sono una chiara conferma“. Il rappresentante diplomatico ha inoltre sottolineato che è stato grazie agli sforzi della Russia e di Putin personalmente che è stato possibile fermare la guerra del 2020 e sviluppare e implementare un meccanismo del gruppo di lavoro trilaterale per sbloccare i collegamenti economici e di trasporto.
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