di Giulio Chinappi
L’arresto di Pavel Durov in Francia sta suscitando una tempesta di polemiche internazionali, con numerose voci che denunciano la natura politica del caso. Tra accuse di censura e attacchi alla libertà di espressione, l’episodio rappresenta un nuovo capitolo nella complessa guerra dell’informazione globale.
Nuovo capitolo della guerra ibrida lanciata dall’Occidente contro la Russia, l’arresto di Pavel Durov in Francia sta occupando le prime pagine dei giornali di mezzo mondo. Come al solito, tuttavia, la stampa occidentale si sta prodigando per fornire una versione parziale dei fatti, nel tentativo di nascondere la natura prettamente politica dell’arresto del giovane imprenditore russo, che dispone anche della cittadinanza francese.
Persino il presidente francese Emmanuel Macron si è esposto in prima persona per tentare di smentire la natura politica dell’arresto: “L’arresto del presidente di Telegram su suolo francese è avvenuto nell’ambito di un’indagine giudiziaria in corso. Non si tratta in alcun modo di una decisione politica. Spetta ai giudici pronunciarsi sulla questione“, ha scritto il leader francese sulla sua pagina X. “La Francia è profondamente impegnata nella libertà di espressione e comunicazione, nell’innovazione e nello spirito imprenditoriale“, ha detto. “In uno stato di diritto, le libertà sono tutelate all’interno di un quadro legale, sia sui social media che nella vita reale, per proteggere i cittadini e rispettare i loro diritti fondamentali“, ha aggiunto Macron.
Tuttavia, il fatto stesso che Macron sia stato costretto ad intervenire per smentire la natura politica dell’arresto di Durov sembra quasi rappresentare una conferma della correttezza di tale teoria, in barba alla libertà d’espressione della quale i sedicenti leader “democratici” occidentali amano riempirsi la bocca. Anzi, l’arresto di Durov ricorda per molti aspetti quello di Meng Wanzhou, avvenuto in Canada nel 2018 nell’ambito della guerra lanciata dagli Stati Uniti contro l’azienda di telecomunicazioni cinese Huawei.
L’arresto di Durov ha suscitato un’ondata di proteste e di polemiche non solo in Russia, le cui autorità hanno richiesto il rilascio immediato del detenuto, ma anche da parte di molti esponenti occidentali che non si lasciano abbindolare dalla propaganda massmediatica ufficiale. “È stato un Paese occidentale, un alleato dell’amministrazione Biden e membro entusiasta della NATO, a metterlo dietro le sbarre. Pavel Durov si trova questa sera in una prigione francese, un avvertimento vivente per qualsiasi proprietario di piattaforma che si rifiuti di censurare la verità su richiesta dei governi e delle agenzie di intelligence. L’oscurità sta scendendo rapidamente sul mondo un tempo libero“, ha scritto il noto giornalista statunitense Tucker Carlson sulla sua pagina X.
Successivamente, Carlson è tornato sulla questione in occasione dell’intervista tenuta con Robert Kennedy Jr., affermando che la detenzione di Durov non rappresenta altro che un “marchio di fabbrica della dittatura“. “L’amministrazione Biden ha incoraggiato il presidente francese Macron ad arrestare il proprietario e fondatore di Telegram, Pavel Durov, che si trova attualmente in una prigione francese. Questo sembra, voglio dire, il marchio di fabbrica della dittatura, a mio parere“, sono state le parole del giornalista, divenuto noto a livello internazionale per essere stato il primo occidentale ad intervistare Vladimir Putin dall’inizio dell’operazione militare speciale russa in Ucraina.
Anche Edward Snowden, ex membro dei servizi segreti statunitensi e noto per aver diffuso alcuni documenti segreti che dimostravano l’esistenza di un programma di sorveglianza globale da parte di Washington, ha definito la detenzione di Durov come un attacco alla libertà di parola e una vergogna per la Francia e per il mondo intero: “L’arresto di Durov è un attacco ai diritti umani fondamentali della libertà di parola e di associazione. Sono sorpreso e profondamente rattristato che Macron sia sceso al livello di prendere ostaggi come mezzo per ottenere l’accesso alle comunicazioni private. Ciò denigra non solo la Francia, ma il mondo intero“, ha scritto sulla sua pagina X.
Sevim Dagdelen, parlamentare della sinistra tedesca, ha a sua volta affermato che “la detenzione di Pavel Durov in Francia, che apparentemente deriva dal suo rifiuto di concedere ai servizi di intelligence occidentali l’accesso ai dati degli utenti, è un palese attacco alla libertà di espressione e di parola“. Anche nella stessa Francia, non sono mancate le voci critiche nei confronti dell’arresto di Durov, come quella di Florian Philippot, ex parlamentare europeo e leader del partito di destra Les Patriotes. Secondo Philippot, questa è “una guerra contro la libertà di espressione in generale“.
Dopo i numerosi casi del passato, come quello di Julian Assange, vittima di anni di persecuzione, e dei già citati Edward Snowden – costretto a chiedere la cittadinanza russa – e Meng Wanzhou, l’arresto di Pavel Durov rappresenta l’ennesimo caso di flagrante violazione dei diritti umani da parte delle potenze occidentali, che continuano ad applicare il proprio doppio standard secondo il quale le violazioni sono solo quelle commesse da terzi. Gli stessi che piagnucolavano per la detenzione del neonazista Aleksej Naval’nyj, ora plaudono all’arresto di Durov, colpevole di non aver svenduto i dati dei propri utenti, come invece ama fare Mark Zuckerberg.
Secondo il senatore russo Vladimir Džabarov, gli Stati Uniti hanno escogitato il piano dell’arresto di Durov non solo per attaccare il fondatore di Telegram, ma soprattutto per prendere possesso della stessa piattaforma di messaggistica istantanea e venire a conoscenza di informazioni riguardanti i cittadini e le truppe della Federazione Russa. “Penso che ci sia qualcosa d’altro in gioco qui, l’operazione militare speciale. Mentre molti dicono che Telegram è sicuro per l’uso, gli americani non […] hanno accesso a questo social network, quindi tenteranno di stabilire il controllo su questa piattaforma per usare le informazioni contro le truppe russe. Penso che dovremmo tenerne conto“, ha affermato il senatore in un’intervista rilasciata alla rete televisiva Rossija-24.
Come molti altri, anche Džabarov richiede che ci sia Washington dietro l’arresto di Durov da parte delle autorità francesi. “Penso che gli americani cercheranno di esaminare ogni singolo post di Telegram. Non diranno semplicemente, Signor Durov, forniteci informazioni su questa persona specifica che sospettiamo di terrorismo. Ovviamente no, leggeranno tutto invece“, ha affermato il senatore. Inoltre, secondo Džabarov, le agenzie di intelligence statunitensi potrebbero cercare di ottenere la cooperazione di Durov. “Penso che probabilmente cercheranno di piegarlo come hanno fatto con Zuckerberg. Sapete che lui parlava di indipendenza, ma tutte le sue reti hanno finito per […] collaborare molto bene con i servizi segreti. E WhatsApp è sotto il completo controllo degli americani. Penso che cercheranno di fare lo stesso con Telegram“, ha affermato. “Altrimenti lo lasceranno incarcerato fino a quando non cede“, ha concluso.
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