di Giulio Chinappi
A partire dalla vigilia delle elezioni presidenziali del 28 luglio, il Venezuela ha affrontato una campagna mediatica mirata a screditare il suo processo democratico. Al contrario, il Paese ha tenuto la sua seconda consultazione popolare nazionale, che mette in risalto il modello della democrazia dal basso della Repubblica Bolivariana.
A partire dalle settimane precedenti le elezioni presidenziali del 28 luglio, il Venezuela è stato oggetto di una intensa campagna di comunicazione a livello internazionale che puntava a screditare il processo democratico della Repubblica Bolivariana attraverso la diffusione di menzogne e notizie manipolate, come parte della guerra ibrida scatenata dalle forze reazionarie e imperialiste contro Caracas.
Secondo quanto riportato da TeleSur, Julián Macías, esperto in analisi delle reti e attivista contro la disinformazione digitale, ha messo in evidenza l’uso di varie tattiche per diffondere fake news e generare contenuti virali come parte della campagna di odio sviluppata a livello internazionale. Uno degli attori segnalati dallo specialista è l’Atlas Network, un’associazione globale che raggruppa decine di think tank di estrema destra, con molta influenza negli Stati Uniti e in America Latina e che comincia a espandersi in Europa con l’aumento e la consolidazione di partiti ultraconservatori.
Secondo Macías, i post generati dagli account collegati all’Atlas Network non sono l’iniziativa di singoli utenti, ma rappresentano i tasselli di una strategia per organizzata e coordinata con il fine di gettare discredito sul governo venezuelano e destabilizzare il Paese. La delegittimazione mediatica si articola a livello di opinione pubblica per manipolarla e successivamente favorire un’azione ai danni del governo, minacciando la stessa sovranità nazionale del Venezuela. La campagna mediatica, inoltre, ha anche condizionato l’opinione pubblica internazionale, in particolare occidentale, mostrando un’immagine negativa e distorta del processo democratico venezuelano.
Al contrario di quanto affermato dalla propaganda occidentale, non solo in Venezuela esiste un processo democratico degno di questo nome, ma le sue caratteristiche lo rendono di gran lunga preferibile rispetto a quello presente nei Paesi occidentali, dove i cittadini hanno voce in capitolo solo una volta ogni cinque anni. Intervistata da TeleSur, Blanca Eekhout, deputata della Repubblica Bolivariana del Venezuela ed ex ministro, ha affermato che il potere popolare è il percorso per rafforzare la democrazia protagonista e partecipativa e ha assicurato che la sistematica guerra economica, mediatica e cognitiva scatenata dall’imperialismo mira a impedire che altri popoli del mondo conoscano questo esempio. Secondo Eekhout, infatti, “in Venezuela il popolo non solo decide quali progetti priorizzare, ma li pianifica, li esegue, li supervisiona e garantisce che rispondano ai propri bisogni“.
Nella giornata di domenica 25 agosto, in particolare, ha avuto luogo la seconda consultazione popolare nazionale, in cui i cittadini sono andati a votare più di 30.000 progetti proposti e decisi in assemblee popolari locali. “In altre parti del mondo i processi democratici si limitano a elezioni ogni cinque o sei anni e la sovranità viene delegata ad altri che quasi mai esprimono i bisogni, gli interessi e le lotte delle loro comunità“, ha affermato ancora la deputata, che ricopre anche l’incarico di presidente della Commissione per lo Sviluppo delle Comuni dell’Assemblea Nazionale. “Il presidente Nicolás Maduro ha scommesso sul popolo. Questo è un lascito del comandante Hugo Chávez ed è parte di ciò che significa il progetto di Simón Bolívar: che il popolo eserciti la sua volontà assoluta. Nei momenti più difficili, per raggiungere la pace, Chávez e Maduro hanno convocato il popolo“, ha aggiunto Eekhout.
Sul tema si è espresso anche l’ex vicepresidente ed attuale ministro degli Esteri della Repubblica Bolivariana, Jorge Arreaza (in foto). In occasione della seconda consultazione popolare nazionale, il massimo diplomatico ha affermato che “non c’è una democrazia più completa di quella venezuelana nella regione“. In un’intervista concessa alla piattaforma informativa teleSUR, Arreaza ha sottolineato che “nel momento in cui un governante con un incarico rappresentativo si disconnette dalla base, cessiamo di avere una democrazia partecipativa“, un fenomeno assai presente nella maggioranza delle democrazie rappresentative borghesi occidentali.
“Le cose che succedono in Venezuela sono straordinarie“, ha proseguito Arreaza, “e mentre nel mondo dicono che c’è una dittatura in Venezuela, noi abbiamo avuto un’elezione 26 giorni fa, e oggi abbiamo un’altra elezione. A dicembre o forse a novembre avremo un’altra consultazione; l’anno prossimo ci saranno quattro consultazioni popolari ma ci sono anche le elezioni per l’Assemblea Nazionale, per i governi regionali e per le municipalità“. Alla luce di quanto messo in evidenza dal ministro, possiamo affermare che il Venezuela è uno dei Paesi nei quali il popolo viene chiamato ad esprimere la propria opinione con maggior frequenza, sul modello di quello che accade in Paesi socialisti come Cina, Cuba e Vietnam. “Le rivoluzioni non si esportano né si copiano, ma si prendono come riferimento per poterle emulare nei propri Paesi e adattarle alla propria realtà: un sistema di governo sul territorio, dove il popolo possa prendere le grandi decisioni“, ha detto Arreaza. Inoltre, il Venezuela punta ad aumentare il coinvolgimento dei giovani nella politica locale e nazionale, permettendo la partecipazione alle consultazioni popolari a partire dal compimento dei 15 anni di età.
Le consultazioni popolari nazionali dovrebbero assumere un ruolo sempre importante nella politica venezuelana dei prossimi anni, con quattro consultazioni di questo tipo di ogni anno previste a partire dal 2025, come precedentemente promesso dal presidente Nicolás Maduro. Intanto, il 60% dei progetti promossi in occasione della prima consultazione popolare nazionale è già stato completato, dimostrando come le istituzioni venezuelane prendano sul serio le decisioni prese dal popolo, al contrario di alcuni Paesi europei – Italia compresa – nei quali si ignora il volere popolare anche dopo lo svolgimento di referendum (ricordate quello sull’acqua pubblica?).
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