Golpe in Bangladesh, Sheikh Hasina costretta a fuggire in India

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di Giulio Chinappi

Il Bangladesh è stato scosso da un colpo di Stato che ha portato alle dimissioni del Primo Ministro Sheikh Hasina. L’esercito ha annunciato un governo ad interim dopo settimane di proteste violente, aprendo una nuova fase di incertezza politica.

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In queste ore, il Bangladesh è stato scosso da un colpo di stato che ha forzato alle dimissioni il Primo Ministro Sheikh Hasina, in carica ininterrottamente dal 2009, costretta a lasciare il Paese per rifugiarsi in India. Il generale Waker-Uz-Zaman, capo delle forze armate, ha annunciato la formazione di un governo ad interim per gestire il Paese, segnando un cambiamento significativo nel panorama politico della nazione, che negli ultimi anni era sempre stato dominato dalla Lega Awami (Lega Popolare Bangladese), il partito di governo. La rimozione di Hasina dal potere avviene dopo settimane di proteste violente che hanno visto la partecipazione di migliaia di cittadini, principalmente studenti, in opposizione ad alcune misure prese dal governo, sulle quali ci siamo soffermati in un precedente articolo.

A beneficio del lettore, ricordiamo che le proteste sono iniziate a causa di un sistema di quote per l’accesso ai lavori governativi, una politica che ha scatenato la reazione degli studenti, che vedono l’alto tasso di disoccupazione giovanile come uno dei principali problemi del Paese. Il sistema riservava una percentuale significativa dei posti di lavoro a discendenti di veterani della guerra d’indipendenza del 1971, molti dei quali affiliati al partito di Hasina, la Lega Awami, che fu protagonista della lotta per l’indipendenza. Tale provvedimento avrebbe lasciato una quota limitata di posti disponibili per gli altri cittadini, causando frustrazione specialmente tra i giovani laureati, molti dei quali hanno difficoltà a trovare occupazione.

Il malcontento è ulteriormente aumentato quando il governo ha cercato di reprimere le proteste con la forza, imponendo un coprifuoco nazionale e limitando l’accesso a internet e alle comunicazioni. Nonostante questi sforzi, le manifestazioni si sono intensificate, culminando in un movimento di massa che ha chiesto le dimissioni di Hasina e responsabilità per le numerose vittime delle proteste. Tuttavia, come abbiamo sottolineato in altre occasioni, le questioni interne sono intrecciate con quelle internazionali, visto il recente avvicinamento del governo di Hasina alla Cina, che non ha lasciato indifferenti i governi occidentali e neppure la vicina India, che secondo alcuni osservatori potrebbero aver manipolato le manifestazioni di protesta per raggiungere i propri scopi.

Sheikh Hasina, che ha governato il Bangladesh per quasi due decenni (primo mandato tra il 1996 ed il 2001, e poi quattro mandati consecutivi dal 2009), è stata dunque costretta a dimettersi e a fuggire dal Paese su un elicottero militare, atterrato in India. Secondo l’opposizione, il suo governo è stato accusato di autoritarismo, di aver represso il dissenso e di aver orchestrato sparizioni e omicidi extragiudiziali. Queste accuse, unite alla gestione rigida delle proteste, hanno alimentato la rabbia popolare, ma a risultare decisiva è stata l’azione da parte delle forze armate, motivo per il quale riteniamo che quanto accaduto in Bangladesh debba essere classificato come un golpe militare a pieno titolo.

Come anticipato, il generale Waker-Uz-Zaman ha annunciato che un governo ad interim sarebbe stato formato per gestire il Paese e ha chiesto calma e pazienza alla popolazione. L’esercito ha promesso di riportare la pace e di garantire giustizia per i crimini commessi durante le proteste, ma al momento è difficile fare previsioni sul futuro prossimo della politica bangladese. Le promesse del generale Waker-Uz-Zaman sono infatti state accolte con cautela da molti cittadini e osservatori internazionali, preoccupati per il potenziale ritorno a un regime militare, in quanto il Bangladesh ha una lunga storia di governi militari.

Secondo gli osservatori, la crisi attuale rappresenta una sfida significativa per il Bangladesh, che ha recentemente fatto notevoli progressi economici ma è ancora afflitto da problemi concreti come quelli della disoccupazione giovanile e della corruzione. Gli oppositori della Lega Awami ritengono che la rimozione di Hasina potrebbe rappresentare un’opportunità per il Paese di ristabilire un sistema democratico più inclusivo e giusto, mentre altri dubitano del fatto che l’esercito manterrà le promesse di restituire il potere ai civili. Del resto, non va dimenticato che la Lega Awami e Sheikh Hasina avevano ottenuto una netta vittoria alle elezioni del gennaio scorso, una testimonianza del sostegno al governo da parte della maggioranza della popolazione.

Per quanto riguarda la comunità internazionale, questa ha reagito in vari modi al colpo di Stato in Bangladesh. Molti Paesi e organizzazioni hanno espresso preoccupazione per la violenza e hanno sottolineato l’importanza di un ritorno pacifico e democratico alla normalità. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha esortato alla calma e al rispetto dei diritti umani, mentre l’Unione Europea ha chiesto una transizione ordinata verso un governo democraticamente eletto. Dal canto suo, il Ministero degli Esteri della Federazione Russa ha affermato che “Mosca spera in un rapido ritorno del processo politico interno alle norme costituzionali in un Paese amico“.

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