Sudafrica: nasce il primo storico governo di coalizione sotto la guida di Cyril Ramaphosa

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di Giulio Chinappi

Per la prima volta dalla fine dell’apartheid, l’ANC, il partito di Nelson Mandela, ha dovuto stringere accordi con altri partiti per formare un governo. Questo potrebbe influenzare anche la politica estera del Sudafrica, in particolare per quanto riguarda la difesa del popolo palestinese.

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Lo scorso 29 maggio, il Sudafrica ha tenuto le sue elezioni generali per eleggere una nuova Assemblea Nazionale e le legislature provinciali in ciascuna delle sue nove province. Queste elezioni sono state le settime tenute sotto le condizioni di suffragio universale dalla fine dell’era dell’apartheid nel 1994. Per la prima volta negli ultimi trent’anni, il supporto per l’African National Congress (ANC), il partito fondato da Nelson Mandela, è diminuito significativamente, segnando un punto di svolta nella politica sudafricana e costringendo l’ANC a stipulare accordi con altre forze politiche.

Tuttavia, per gli osservatori più attenti della politica sudafricana, questi risultati non hanno rappresentato una sorpresa assoluta. Negli anni precedenti alle elezioni del 2024, infatti, il Sudafrica ha affrontato numerose sfide socio-economiche. Il Paese è stato tormentato da alti livelli di povertà, disuguaglianza, criminalità e frequenti interruzioni di corrente. Inoltre, numerosi scandali di corruzione hanno minato la fiducia dei cittadini nei confronti del governo, come quello che ha coinvolto l’ex presidente Jacob Zuma. Questi fattori hanno contribuito alla crescente insoddisfazione verso l’ANC, che aveva mantenuto il potere ininterrottamente dalla fine dell’apartheid.

L’ANC, sotto la guida dell’attuale presidente Matamela Cyril Ramaphosa, dal canto suo, ha cercato di rispondere a queste critiche implementando riforme volte a combattere la corruzione e migliorare i servizi pubblici. Inoltre, il Sudafrica si è affermato sempre più come un protagonista della politica internazionale, assumendo un ruolo di primo piano nell’ambito di consessi multilaterali come l’Unione Africana e i BRICS+, e divenendo uno dei principali sostenitori della causa palestinese. Tuttavia, queste misure non sono state sufficienti per mantenere il sostegno della maggioranza della popolazione.

Tornando alle elezioni dello scorso 29 maggio, come detto, questa hanno visto un significativo cambiamento nel panorama politico. Sebbene l’ANC sia rimasto il partito più grande, questi ha perso la maggioranza parlamentare che aveva detenuto ininterrottamente dal 1994. La Democratic Alliance (DA), un partito centrista guidato da John Steenhuisen, considerato come “il partito dei bianchi”, si è a sua volta confermato come il secondo partito più grande, ma con un leggero aumento del sostegno. Una nuova forza emergente, il partito populista di sinistra uMkhonto we Sizwe (MK), fondato sei mesi prima delle elezioni dall’ex presidente Jacob Zuma, fuoriuscito dall’ANC, ha invece ottenuto il terzo posto.

Con 159 seggi sui 400 disponibili, dunque, l’ANC non ha avuto altra scelta se non quella di iniziare le contrattazioni per la formazione di un governo di coalizione. Dopo settimane di intense trattative, il 14 giugno 2024 è stato annunciato lo storico accordo tra l’ANC di Ramaphosa e la DA di Steenhuisen, un accordo che comprende anche l’Inkatha Freedom Party (IFP) e la Patriotic Alliance (PA). Le formazioni coinvolte hanno deciso di formare un governo di unità nazionale, con Cyril Ramaphosa rieletto presidente del Sudafrica, ma restavano ancora da distribuire le altre principali cariche.

Come prevedibile, la formazione di questo primo governo di coalizione nella storia della Repubblica Sudafricana non è stata priva di sfide. Le negoziazioni tra l’ANC e la DA, in particolare, sono state caratterizzate da tensioni e disaccordi su varie questioni politiche ed economiche. La DA ha richiesto specifiche posizioni ministeriali “potenti”, tra cui il Ministero del Commercio e dell’Industria, un portafoglio chiave per lo sviluppo delle politiche economiche e per la supervisione degli sforzi di trasformazione del governo.

Le trattative si sono complicate ulteriormente quando le richieste della DA sono state considerate eccessive dall’ANC, portando a un temporaneo stallo. Tuttavia, un accordo finale è stato raggiunto, con il DA che ha ottenuto sei posizioni ministeriali, mentre l’ANC ha mantenuto il controllo su alcuni dei portafogli più cruciali. L’IFP e la PA hanno a loro volta ottenuto posizioni ministeriali all’interno del nuovo esecutivo. La presenza di vari partiti nella coalizione è stata accolta con ottimismo da alcuni analisti, che hanno visto in questo un’opportunità per un maggiore dialogo e cooperazione tra diverse fazioni politiche.

Il 19 giugno 2024, dunque, Cyril Ramaphosa è stato ufficialmente rieletto presidente del Sudafrica in una cerimonia tenutasi a Pretoria. Durante il suo discorso di inaugurazione, Ramaphosa ha enfatizzato l’importanza della collaborazione tra i partiti della coalizione per superare le sfide del paese. Ha inoltre descritto la formazione del governo di unità nazionale come un momento di significativa importanza e l’inizio di una nuova era. Ramaphosa ha annunciato che il nuovo governo lavorerà per affrontare le principali preoccupazioni dei cittadini sudafricani, tra cui la povertà, la disuguaglianza e la disoccupazione. Ha anche sottolineato la necessità di continuare le riforme per migliorare i servizi pubblici e combattere la corruzione.

Il successivo 30 giugno, Ramaphosa ha presentato il suo nuovo gabinetto, composto da 32 posizioni ministeriali, di cui venti rimaste nelle mani dell’ANC. Come anticipato, la DA ha ottenuto sei ministeri, mentre l’IFP e la PA si sono distribuiti le restanti sei posizioni. John Steenhuisen, leader della DA, ha ottenuto il Ministero dell’Agricoltura.

La formazione di un governo di coalizione rappresenta certamente una svolta significativa nella politica sudafricana. Mentre alcuni analisti vedono questo sviluppo come un’opportunità per un cambiamento positivo e una maggiore stabilità politica, altri avvertono delle possibili tensioni e instabilità derivanti dalle differenze ideologiche tra i partiti della coalizione. Oltre alle questioni interne, poi, bisognerà capire se il nuovo governo manterrà la propria posizione in materia di politica estera, vista ad esempio la presenza di alcuni partiti che mantengono una posizione neutrale sulla questione israeliano-palestinese, se non addirittura filoisraeliana come nel caso della PA.

A tal proposito, nell’accordo finale di coalizione, è stata inserita una clausola sulla politica estera in cui l’ANC e i suoi partner hanno concordato i principi su cui basare la politica estera. Nel documento si parla di una “politica estera basata su diritti umani, costituzionalismo, interesse nazionale, solidarietà, risoluzione pacifica dei conflitti, per raggiungere l’Agenda 2063 dell’Africa, cooperazione Sud-Sud, Nord-Sud e africana, multilateralismo e un mondo giusto, pacifico ed equo“.

Secondo Siphamandla Zondi, professore di politica e relazioni internazionali all’Università di Johannesburg, mentre l’ANC, come partito, non abbandonerà la sua posizione sulla Palestina, dovrà tuttavia scendere a compromessi sulle azioni governative. Questo potrebbe avere anche un’incidenza sulle azioni intraprese dal Sudafrica presso la Corte Internazionale di Giustizia per denunciare le azioni israeliane e il genocidio del popolo palestinese nella Striscia di Gaza.

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